Dalle dita al calcolatore/II/2

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2. Dalle città-stato all’impero

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[p. 27 modifica]2. Dalle città-stato all’impero

L’organizzazione politica della Mesopotamia è inizialmente incentrata sulla città-stato. L’ipotesi più accreditata riguardo alla forma di governo, nei primi stadi, è quella di un “socialismo teocratico”: socialismo perché non esiste la proprietà privata, teocratico perché tutto appartiene al dio tutelare, cioè al tempio, del quale il sacerdote è il vicario. Il “tempio” è un complesso edilizio piuttosto vasto in quanto, oltre alla ziqqurat, comprende aree per le cerimonie, abitazioni, scuole, archivi e magazzini. I più antichi documenti scritti mostrano come già la ricerca della proprietà privata e del potere porti a feroci contrasti e a lotte spietate. I sacerdoti, non soddisfatti di un potere puramente rappresentativo, si attribuiscono man mano la proprietà di una parte dei possedimenti del tempio; in questo modo divengono latifondisti e pongono le basi per la formazione di caste.

In seguito, pur restando il vicario della divinità tutelare, il sommo sacerdote assume funzioni sempre più temporali, anche a causa della progressiva articolazione della società e delle accresciute esigenze. Abita in un palazzo separato dal tempio, e conduce una vita quotidiana molto dispendiosa.

Le città-stato sumere sono continuamente in lotta fra di loro per il predominio su tutta la regione. Lugalzagesi, re di Uruk, verso il 2390 conquista tutta la zona fra Nippur e il Golfo Persico.

L’immenso sviluppo del commercio estero delle principali città sumere, se da un lato consente periodi di pace, dall’altro spinge verso l’unificazione politica ed economica della regione. Ciò avviene per opera di Sargon, re degli Accadi, una popolazione nomade che vive nella parte nord-occidentale della pianura. Lui e i suoi successori dominano un territorio che va dal Golfo Persico alle rive del Mediterraneo, dal 2350 al 2150 circa. [p. 28 modifica]L’epopea dei Sumeri finisce intorno al 2000 a.C. con la conquista da parte degli Elamiti. Tuttavia la lingua sumerica sopravvive come lingua della cultura, della poesia e del culto ancora per un millennio (come il latino).

Le risorse economiche derivanti dall’agricoltura e dal patrimonio del tempio si concentrano nelle mani dei sovrani, dei sacerdoti e dei funzionari. Ciò porta allo sviluppo di un commercio internazionale di enormi proporzioni su tutta l’area fra l’Indo, l’Egitto ed il Mediterraneo orientale. Gli scambi avvengono per via fluviale (fiumi e canali), marittima e terrestre. Questi ultimi si effettuano con grosse carovane formate anche da 200 asini e muli. Il cammello viene addomesticato solo nel II millennio a.C.

In un primo periodo, i commercianti operano su incarico del principe. Questi si accolla il rischio del carico, quelli affrontano grandi disagi e rischiano la pelle in cambio di guadagni rilevanti. Col tempo, il commercio viene monopolizzato da vere compagnie internazionali, con propri empori e scali e con un sistema di prezzi ben definiti e validi a livello internazionale. La valuta è rappresentata dall’argento.

La Mesopotamia è un paese povero di materie prime, a parte le risorse agricole. Pertanto i Sumeri sviluppano attività commerciali in tutte le direzioni per acquisire tali materie prime direttamente dai produttori e portarle in patria, dove un’industria altamente specializzata provvede alla trasformazione. L’immissione di questi oggetti sul mercato procura enorme ricchezza.

Il legname è importato in modo massiccio come materiale da costruzione, ma anche per realizzare carri, mobili, utensili vari, strumenti musicali; i cedri provengono dal Libano, i cipressi dall’Armenia, il bosso e l’ebano dalla Nubia. Altrettanto rilevante è l’importazione di metalli già dalla fine del IV millennio a.C.: l’oro dall’Egitto, dall’Asia Minore e dall’india; [p. 29 modifica]l'argento dal Tauro; il rame dall’Elam e dall’Asia Minore. Le pietre preziose necessarie per la fabbricazione dei gioielli sono importate anch’esse in quantità rilevanti: corniola, berillo, diaspro, turchese e lapislazzuli. Quest’ultimo giunge dalle regioni del Pamir e dell’Hindukush.

Scambi commerciali così estesi dimostrano senz’altro la vitalità economica del paese e la complessità degli strumenti di gestione, ma lasciano anche intuire l’ampiezza degli orizzonti culturali conseguentemente ai contatti fra le élites dei vari popoli.

I sigilli, realizzati in numero incredibile, sono di due tipi: a stampo e cilindrici. I primi risalgono anche al IV o addirittura al V millennio a.C., ma nulla si sa circa la loro funzione; vi sono raffigurati animali, piante, motivi geometrici. I sigilli cilindrici, trovati a migliaia, hanno dimensioni varie, e recano incise immagini di animali, piante o motivi astratti; sono oggetti “personali”, il loro uso chiama in causa la responsabilità e il ruolo del possessore. Si può dire che abbiano la stessa funzione della carta intestata di oggi, o di un atto di autenticazione. Infatti vengono usati anche come marchi ufficiali di chiusura; ciò è attestato dal ritrovamento di sigilli accanto a frammenti di chiusure di vasi di ceramica recanti la loro impronta.