Del coraggio nelle malattie/VIII.
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VIII.
Gli stessi uomini di grande ingegno, benchè abbiano tutta la penetrazione negli affari fisici, mancano talvolta di coraggio. Forse per essere troppo conoscitori, si mettono troppo facilmente in orrore. Quindi è che non è raro il caso di alcuni elevati Medici ed Anatomici, i quali sapendo bene quanto intralciata e delicata sia la struttura della macchina nostra, se niente s’ammalano, temono tosto la rovina, e non v’è più per essi chi possa su ciò incoraggiarli. Gli è questo un partecipare dei difetti dell’idiote e del pusillanimo: l’uomo veramente grande è sempre costante. Questi può sentire, e sente in fatti il primo attacco d’un accidente, ma se n’avvede con senno, e si mette a contrapporvisi con coraggio.
Altri uomini si danno, che se non hanno grande sublimità d’ingegno, sono pieni di sensibilità alle più piccole sventure. Dunque il più piccolo male basta a costernarli. I primi sono infelici per aver troppo spirito; e questi per averne troppo poco; così conchiudo con Zimmermann1.
Ancor questi sarebbe desiderabile il poterli correggere, per poterli meglio medicare; perchè non v’ha dubbio, che se ci riesce mai di espellere dalla lor mente le loro larve, e introdurvi un po’ più di altezza d’animo, e di bravura, eglino s’incamminano più felicemente alla salute. Dice il filosofo Mich. Montagna2, che come alle persone si toglie la maschera per conoscerle, il simile dèe farsi colle cose tutte per meglio rilevarle e giudicarle.