Del coraggio nelle malattie/VIII.
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VIII.
Gli stessi uomini di grande ingegno, benchè abbiano tutta la penetrazione negli affari fisici, mancano talvolta di coraggio. Forse per essere troppo conoscitori, si mettono troppo facilmente in orrore. Quindi è che non è raro il caso di alcuni elevati Medici ed Anatomici, i quali sapendo bene quanto intralciata e delicata sia la struttura della macchina nostra, se niente s’ammalano, temono tosto la rovina, e non v’è più per essi chi possa su ciò incoraggiarli. Gli è questo un partecipare dei difetti dell’idiote e del pusillanimo: l’uomo veramente grande è sempre costante. Questi può sentire, e sente in fatti il primo attacco d’un accidente, ma se n’avvede con senno, e si mette a contrapporvisi con coraggio.
Altri uomini si danno, che se non hanno grande sublimità d’ingegno, sono pieni di sensibilità alle più piccole sventure. Dunque il più piccolo male basta a costernarli. I primi sono infelici per aver troppo spirito; e questi per averne troppo poco; così conchiudo con Zimmermann[1].
Ancor questi sarebbe desiderabile il poterli correggere, per poterli meglio medicare; perchè non v’ha dubbio, che se ci riesce mai di espellere dalla lor mente le loro larve, e introdurvi un po’ più di altezza d’animo, e di bravura, eglino s’incamminano più felicemente alla salute. Dice il filosofo Mich. Montagna[2], che come alle persone si toglie la maschera per conoscerle, il simile dèe farsi colle cose tutte per meglio rilevarle e giudicarle.