Del disordine e de' rimedii delle monete nello stato di Milano/Parte prima/Teorema terzo
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TEOREMA TERZO
Quanto alle spese del monetaggio, è giusto che restino a carico della nazione, ma non vedo necessità di addossarle alle monete medesime 2. Questo accrescimento di valore, non appoggiato alla quantità intrinseca del metallo, ci farebbe ricadere in quei disordini di sproporzione che i due primi teoremi insegnano di evitare; la confusione rientrerebbe a poco a poco nell’antico suo dominio, e si verrebbe di nuovo a fare un cambio di sostanza con apparenza; di reale con immaginario 3.
Lo stesso ragionamento ci prova che le monete raffinate non devono valutarsi più dell’altre non raffinate; poichè sebbene chi le converte in altri lavori risparmi la spesa della raffinazione, pure il vantaggio di alcuni deve cedere alla prima e forse unica legge di natura, l’utilità comune, la quale nella università e semplicità delle leggi consiste.
Questa predilezione delle monete più pure altro non farebbe che obbligarci a pagare una manifattura straniera, e mantenere a spese nostre gli operai delle zecche raffinatrici, le quali estraendo il nostro oro non raffinato ce ne renderebbero minore quantità di raffinato, e di tanto impoverirebbero la nazione, facendo un traffico avvantaggioso della nostra prevenzione 4.
- ↑ Benchè in una gran somma di metallo fino la lega possa ascendere a qualche valor sensibile, pur nondimeno il non considerarsi la lega nelle monete impure, è un compenso al non valutarsi nelle monete più pure la maggior raffinazione dell’oro; così la trascuranza di questi due dati, che si compensano l’un l’altro, rende più semplice e più pieghevole il regolamento delle monete.
- ↑ “Car il ne seroit pas convenable qu’une égale quantité d’argent valût beaucoup plus ou beaucoup moins dans un seul et même endroit étant considérée comme marchandise, que quand elle tient lieu de monnoie, c’est-a-dire qu’une seule et même chose employée pour se mesurer elle même fût plus ou moins grande n’étant que mesurée que n’étant que mesurante” Puffendorf, Droit de la nature et des gens, liv. 5, ch. 1, § 16.
- ↑ La comune opinione degli uomini, e quello che è più, l’autorità d’alcuni rispettabili scrittori non è in mio favore. Fra questi ultimi pare da annoverarsi il conte Carli, al quale come Italiano debbo tutta la gratitudine per l'onore che co’ suoi scritti ha fatto alla comune nostra patria, e come scrittore di monete debbo la venerazione che l’amore del merito inspira verso i maestri dell’arte. Sembra dunque esso appigliarsi alla opinione contraria nel T. 2, pag. 409 Delle monete ec. In questo unico punto oso io discostarmi da questo grand’uomo. Le ragioni addotte mi paiono convincenti; adattando poi le teorie universali al caso presente, delle monete provinciali ormai non se ne vede più alcuna fra di noi; se dessimo loro un valore superiore all’intrinseco, rientrerebbero con tanto profitto de’ rivali e discapito nostro, quanto sarebbe il valore arbitrario accresciuto. Quanto il sistema monetario è più semplice, tanto è più atto a far muovere la gran macchina del commercio, nella quale, come in tutte le altre, la moltiplicità degli ingegni e delle ruote rende men comodo l’uso e più breve la durata.
- ↑ Come per le semplici e universali leggi del Creatore la natura si anima e si mette in moto, la confusione si disperde e cede; così con semplici e universali leggi la società si ravviva e si mantiene, cedono il disordine e l’anarchia. Quanti saranno impiegati a raffinare i metalli nella nostra nazione, saranno altrettanti cittadini i quali il pane riceveranno dal regolamento che io propongo.
Inoltre l’assegnare maggior valore alle monete più raffinate non impedirà a chi le possiede di volerne riscuotere un certo agio da chi ne ha bisogno per qualche uso, e così si verrebbe a pagare due volte l’istessa cosa, l’una in grazia della legge, e l’altra di quella fatta da chi si prevale dell’altrui bisogno; se questi è straniero, sarà un raddoppiamento di perdita.