Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Secondo/Capitolo VII

Da Wikisource.
Capitolo VII

../Capitolo VI Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Terzo IncludiIntestazione 16 maggio 2012 75% Da definire

Discorso Secondo - Capitolo VI Discorso Terzo

[p. 99 modifica]

CAPITOLO VII.


Riepilogo e conclusioni del Discorso secondo.


Riassunte le cose fin qui dette nel capo che precede, ne emerge il seguente riepilogo a guisa di conclusione. 1 [p. 100 modifica] I. L’utilità della costruzione di vie ferrate, le quali rendano più facili, più pronti e men costosi i trasporti delle persone e delle merci, venne, là dove furono codeste imprese mandate a buon termine, per tal modo riconosciuta evidente, cbe generale n’è derivato il consenso de’ governanti, come de' governati a riconoscere quelle strade d’una ormai ineluttabile necessità per il progresso delle relazioni commerciali fra i varii popoli.

II. Cotesto comune convincimento, specialmente presso i privati, radicavasi per tal modo, che la costruzione preallegata si reputava una speculazione promettitrice di larghi guadagni, comunque venisse intrapresa da una società cui si lasciasse, a compenso della derivante spesa, l’esercizio della strada medesima.

Alcuni esempi succeduti nell’America del Nord, nella gran Brettagna e nel Continente d’Europa, giustificarono codesta opinione, quando però un concorso di ottime circostanze rendeva tenue la spesa, massimo l’avviamento lungo le strade suddette: produssero invece opposto risultamento in condizioni diverse; onde nacquero illusioni, che furono causa di grave pregiudicio ad alcune società fallite per troppa fiducia in mal fondate speranze, soventi volte promosse dagli speculatori che attendono all’aggiotaggio; per cui si consumò la rovina dei creduli azionisti che investivano in quelle società i loro capitali.

III. Però, se alcune di quelle speculazioni fallirono, quanto all’utile privato di coloro che tentarono l'assunto, risultò chiaramente anche ai meno veggenti, che pell’aumento derivato da quelle imprese nel moto delle relazioni commerciali, singolarmente cresciute in importanza ed in buon successo, ne venne alla prosperità dell’universale un così grande beneficio, che ogni [p. 101 modifica]regola di buon governo economico consiglia al pubblico reggimento di promuovere con opportuni ed efficaci soccorsi le imprese medesime, quando per lo migliore partito ancora, esse non si assumono direttamente per conto, opera e cura dei governi medesimi.

IV. I sussidi, ossia l'intervento governativo in coteste imprese, vennero in più modi ordinati, e l'esarne di tali modi ba dimostrato:

1.° Che le sovvenzioni di capitali per parte dell'erario alle società sono men convenienti; perchè, oltre all’essere un grave carico per la finanza pubblica, cui non fruttano adequato compenso, incitano le società a soverchi dispendi, onde riescono più inefficaci al buon esito dell’assunto.

2.° Che i prestiti di capitali conceduti dai governi alle società medesime, con o senza interessi, hanno del pari l’inconveniente di riuscire meno adequati; — d’incitare egualmente a spese soverchie, pella fiducia d’altri prestiti ancora, o del condono di quelli; — di favorire con tale fiducia le speculazioni dell’aggiotaggio, e di condurre l’erario, anche suo malgrado perchè non torni fallito l’assunto, a gravissimi ulteriori impegni, non proporzionati alle sue facoltà ed allo sperato vantaggio dell’opera.

3.° Che l’acquisto delle azioni per parte del governo, fatto membro così delle società intraprenditrici, è fra tutti gli usati modi di sussidio il peggiore; perchè o costringe il governo medesimo a partecipare nella speculazione, con incaglio di quella libera azione che è così necessaria al buon successo delle imprese d’industria privata; o, lasciando questa del tutto indipendente a persone meno interessate al buon regime dell’impresa, ne conseguitano sprechi ed abusi, i quali possono ugualmente farla tornare fallita. — Arroge a questo pericolo, che la partecipazione così regolata può favorire l’aggiotaggio con evidente scapito della moralità, e perciò della dignità e buon credito d’esso govemo.

4.° Che quando considerazioni politiche, strategiche ed economiche non consigliano l’intervento diretto ed esclusivo del governo nell’assunto, come nel più de’ casi pare dover [p. 102 modifica]succedere; ― o quando le facoltà attuali ed il credito della finanza non concedono d’appigliarsi a siffatto partito; l’assicurazione d’un interesse minimo del danaro realmente speso dagli azionisti nelle assunte opere pare, serbate certe cautele atte a prevenire ogni sopruso, il partito più conveniente, perchè proficuo ad un tempo al governo, all’impresa ed al pubblico, adequato ed efficace, non che morale; dacché favorisce la speculazione senza farla cadere nelle illusioni e ne’ danni dell’aggiotaggio.

V. Il concorso diretto del governo nella sistemazione delle prime opere occorrenti sul suolo della strada, e la concessione di poi ristretta a minor tempo alle compagnie speculatrici, del compimento delle opere, della provvista del materiale atto alla locomozione e dell’esercizio privilegiato di questa, mediante il compenso del pedaggio ed il rimborso ad valorem, terminata Timpresa, è, fra tutti gli spedienti ideati, il men economico per l’erario, il più favorevole alle società, il più gravoso ai contribuenti; — e quindi pericoloso come dannoso specialmente in sommo grado per l’incitamento che ha dato all’aggiotaggio, con vero pubblico scandalo, là dove un tal sistema adottavasi.

VI. L’affidamento d'un futuro sussidio all’industria privata, fatta impotente a proseguir nell’impresa, col pericolo della totale sua rovina, e con grave, danno, non solo privato, ma pubblico, è un atto di governo prudente, paterno ed accorto, degno di molta lode verso que’ reggitori che l’usarono od ancora lo praticherebbero in avvenire; perchè nel promettere soltanto di subentrare all’impresa, rimborsandone gli azionisti con cedole fruttanti un adequato interesse, s’impedisce il fallimento dell’impresa medesima; se ne assicurano i vantaggi all’universale; si fa contribuire il pubblico erario in ragione soltanto dell’avverato bisogno e del provato reale dispendio; come s'impone, coll'assunto pagamento de’ frutti delle cedole e successivo riscatto di esse, un carico largamente compensato ai contribuenti, mercè de’ profitti che la produzione generale ritrae dall’opera assunta e mandata a buon termine.

VII. Il sistema misto d’alcune linee maggiori o governative direttamente assunte dalla pubblica azienda a maggiore cautela di [p. 103 modifica]ogni interesse politico, strategico ed economico che vi fosse annesso, colla concessione inoltre delle altre linee minori all'industria privata, senz’altro compenso fuori quello d’un limitato godimento dell’esercizio della strada ed esazione del prezzo de' trasporti, è uno spediente il quale vuolsi, nel più de’ casi, riconoscere riuscito profittevole a preferenza d’ogni altro sussidio governativo conceduto. Perocché, lanciando il governo libero di scegliere le direzioni reputate più convenienti; di tener le tariffe a prezzi molto esigui; di servirsi de’ mezzi di trasporto per ogni occorrenza propria, specialmente delle truppe, delle derrate regali privativamente vendute, e della posta delle lettere; mentre porge al moto generale delle persone e delle cose un impulso il quale frutta all’universale aumento della produzione ed ai privati più d’un guadagno, colle linee maggiori specialmente; per mezzo di quelle minori porge all’industria privata un campo d’oneste speculazioni, presunte facilmente profittevoli, senza che siano quelle speculazioni poi così estese da rendere meno veggenti difficile il poterle giudicare, lasciandole quindi meglio abbandonate agli speculatori di borsa.

VIII. L’ultimo modo d’esercitare l’intervento governativo, onde aver strade ferrate, per mezzo d’apposita azienda, la quale le faccia costruire dai propri ingegneri, ed esercitare da essi e dai contabili, meccanici ed altri agenti che occorrono all’uopo; e ciò per l’intera rete determinata in ragione delle considerazioni politiche, strategiche ed economiche consigliate dall’interesse universale, è, fra tutti, lo spediente che più sembra atto ad assicurare il gran beneficio delle strade medesime, senza l’incontro d’alcuno dei pericoli notati parlando degli altri modi praticati per l’intervento governativo in queste imprese. I resultati conseguiti là dove codesto sistema venne attuato in tutta la sua pienezza di regole, dimostrano troppo evidentemente l'utilità dell’assunto, perchè occorra di tenerne ulteriore discorso.

IX. Le precedute discorse considerazioni ed avvertenze sembrano pertanto consigliare ai governi italiani d’adottare, dovunque la condizione finanziera attuale ed il credito governativo lo concedono, il sistema, di cui al precedente N.° VIII, od almeno [p. 104 modifica]quello descrìtto all’anteriore N.° VII. E quando siffatti partiti, per circostanze particolari del paese o del governo, non possono prendersi (della qual cosa non può farsi giudice quegli che non è sui luoghi, e non trovasi iniziato ai segreti governativi); il pubblico interesse e la moralità del governo richiedono che venga piuttosto adottata l’assicurazione dell'interesse minimo, di cui all’articolo 4.° del N.° IV, tralasciati gli altri spedienti di cui allo stesso N.° IV, come a quello N.° V, impiegate le paterne provvidenze di cui al N.° VI, ove succeda, com'è probabile, il pericolo della rovina delle imprese, concedute senz'altro concorso, oltre a quello di qualche esenzione daziaria all'industria privata libera.

X. Spiegati i princìpi di massima che ci sembrano doversi professare nell’ordinamento delle vie ferrate, e giustificati i princìpi suddetti, occorrendo coll’autorità de' già seguìti esempi, e coll'indicazione degli effetti derivati, accingiamoci ora ad esporre come l'applicazione d’ogni sistema sia o no seguita in Italia, e con qual buono o cattivo successo; come possa esserlo ancora, e come, dall'osservare o no ne’ singoli casi i canoni della scienza fin qui predicati, possano derivare le felicissime conseguenze che desideriamo, od i danni gravissimi, che Dio tenga davvero sempre lontani da qualunque punto della nostra cara patria comune!

Note

  1. A coloro che ci osservassero men necessario questo ed altri riepiloghi, che seguono, in varie parti dell’opera nostra, rispondiamo: esserci noi decisi a farli, perchè, essendo la nostra scrittura destinata a persuadere uomini d’affare coi spesso non è conceduto tempo sufficiente a leggere libri non brevi, com’è il presente; coll’offerirne ad essi un sunto in poco tempo letto, del quale possono poi trovare l’illustrazione nel corso dell’opera medesima: abbiamo creduto meglio raggiungere nel caso nostro il fine che si aveva di mira. Noi speriamo quindi, che si vorrà perdonare alla maggior mole avvenuta perciò del libro, in vista del motivo sopraindicato.