Devozzione pe' vvince ar lotto

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Giuseppe Gioachino Belli

1830 Indice:Sonetti romaneschi I.djvu sonetti caudati letteratura Devozzione pe vvince ar lotto Intestazione 2 febbraio 2024 100% Da definire

L'astrazzione La bonidizzione der Sommo Pontescife
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1830

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DEVOZZIONE PE’ VVINCE AR LOTTO.1

     Si vvó’ un terno sicuro, Titta mia,2
Senti com’hai da fane: a mezza notte
Méttete immezzo ar cerchio de ’na botte3
Co ttre requiameterne ar Nocchilia.4

     Pe’ strada attacca cento avemmaria,
Chiamanno a ignuna la mojje de Lotte;
E pe’ ccaccià Berlicche co’ Starotte,5
Di’ er Verbuncaro6 e er Noscomproleppia.7

     Doppo ditto tre vorte crïelleisònne8
E pe’ ttre antre groria in cersidèo,9
Di’ Bardassarre, Gaspero e Marchiònne.10

     E si vicino a té passa un abbreo,
Fa’ lo scongiuro a la barba d’Aronne,
Pe’ ffà crepà quer maledetto aéo.11

 Un agnusdeo
Méttece appresso e sette groliapadri
P’er bon ladrone e l’antri boni ladri.

 Trovanno quadri
Co’ la lampena accesa a la Madonna,
Di’ un deprofunni all’anima de nonna.

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 Si quarche donna
Te toccassi la farda der landao,12
Fajje er fichetto,13 e dijje: “Maramao.„14

 Si senti gnao,
È bonugurio, Titta; ma si senti
Strillà caino,15 risponni: “Accidenti.„

 Porta du’ denti
Legati cor un fir de seta cruda,
Zuppa de bava de lumaca ignuda.16

 Rinega Giuda
Igni quinici passi; e ar déto grosso
De manimanca tiè attaccato un osso

 De gatto rosso.
Coll’antra un cerchio d’argento de bollo17
Tiècce e una spina de merluzzo ammòllo.18

 Méttete in collo
La camisciòla19 ch’ha portato un morto
Co’ quattro fronne20 de cicoria d’orto.

 E si ’n abborto
Pòi avé de lucertola d’un giorno,
Tièllo in zaccoccia cotto prima ar forno.

 Bùschete21 un corno
De bufolino macellato in Ghetto,
Ch’abbi preso er crepuscolo sur tetto.

 Cór un coccetto
De pila22 rotta in culo a ’na roffiana
Ràschielo tutto ar son de la campana.23

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 Da ’na mammana24
Fatte sbruffà25 la raschiatura in testa
Cór pizzo der zinale26 o de la vesta.

 Magna ’na cresta
De gallo, e abbada che nun sii cappone,
Si nun te vòi giucà la devozzione.

 E in un cantone
Di’ tre vvorte, strappànnoce27 tre penne:
“Nunchetinòra morti nostri ammenne.„28

 Poi hai d’accenne
Tre moccoli avviati29 a la parrocchia,
Sur un fuso, un vertécchio30 e ’na conocchia.

 Appena scrocchia31
Quella cera in dell’arde, alegri Titta:
Svòrtete32 allora subbito a man dritta.

 Già té l’ho ditta
La devozzione ch’hai da dì pe’ strada,
Ma abbada a nun sbajjà, Titta, ve’!, abbada.

 Come ’na spada
Tira de lóngo insino a santa Galla,33
E lì afférmete,34 e tòcchete ’na palla.35

 Si cquella è calla,
Tòcchete l’antra; e come ’n addannato
Poi curre a San Giuanni Decollato:36

 E a ’n impiccato
Ditta ’na diasilletta37 corta corta,
Bùttete a pecorone38 in su la porta.

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 La bocca storta
Nun fà, si senti quarche risponsorio:
So’ l’anime der santo purgatorio.

 A San Grigorio39
Promette allora de fà dì ’na méssa
80Pell’anima d’un frate e ’na bbadessa.

 ‘Na callalessa40
È der restante: abbasta de stà attento
A ’gni rimore che te porta er vento.

 O fòra, o drento,
85Quello che pòi sentì tièllo da parte,
Eppoi va’ a cerca in der Libbro dell’Arte.41

 Viva er Dio Marte:
Crepi l’invidia e er diavolo d’inferno,
E buggiaratte si nun vinchi er terno!

20 agosto 1830


Note

  1. Non tutto ciò che qui si dice è vero, nè la gran parte di vero si annette tutta alla reale superstizione del lotto; ma si è voluto da me raccogliere quasi in un codice il vero insieme e il verisimile in relazione di quel che so e in compenso di quanto non so (ch’è pur molto) intorno alle matte e stravolte idee che ingombrano le fantasie superstiziose della nostra plebaglia. [Questa importante avvertenza non è nell’autografo, ma in un foglietto a parte, che l’autore lasciò insieme con altri dentro una sopraccarta, sulla quale aveva scritto: “Varianti e note per alcuni sonetti già fatti e ricopiati.„ Più tardi però, pensandoci meglio, rifece addirittura il sonetto, intitolandolo: Una bbella divozzione, come può vedersi alla data 7 dic. 32. Si veda altresì quel che ne diciamo nella Prefazione.]
  2. [Bista, Giambattista mio.]
  3. [La prima lezione di questo verso, non cancellata nell’autografo, diceva cosi: Sputa prima in ner bùscio (buco) d'una botte.]
  4. [Questo strano accozzamento di Enoc ed Elia in una sola persona, è realmente comune tra i Romaneschi; i quali, anzi, credono che alla fine del mondo, per combattere l’Anticristo, il Nocchilìa scapperà faori da una buca, sconosciuta, presso la Basilica di S. Paolo. Cfr. il sonetto: La fin der monno, 25 nov. 31.]
  5. [Astarotte.]
  6. [Et verbum caro factum est, et habitavit in nobis. Passo del Vangelo di san Giovanni, con cui ordinariamente si chiude la messa.]
  7. [Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria. Versetto col quale chi fa l’uffizio della Madonna risponde al cherico, che gli chiede la benedizione per recitare le lezioni del Notturno. Ma è anche la chiusa del rosario, delle litanie e d’altre preghiere, quando si recitano in famiglia.]
  8. [Kyrie eleison.]
  9. [Gloria in excelsis Deo.]
  10. [Baldassarre, Gaspare e Melchiorre: i Re Magi, che il volgo reputa molto potenti sulle cose misteriose.]
  11. [Propriamente, aéo è uno de’ gridi de’ cenciaioli girovaghi ebrei. Ma oggi si sente più poco. S’usa però tuttora anche in un altro senso metaforico, nel senso cioè di “malandato, guasto ecc.„ per esempio: Sto lenzolo è troppo aéo.]
  12. [Landao o landavo: soprabito piuttosto lungo. Metafora presa scherzevolmente dal franc. landau, specie di carrozza.]
  13. [Atto di scherzo o di scherno, che si fa altrui, prendendogli il mento tra il pollice e il medio, e premendogli intanto il naso o le labbra con l’indice.]
  14. [In Toscana, marameo; ed equivale a “cuccù!„ Manca però ai vocabolari. — Una canzoncina popolare, comune a molte altre parti d’Italia, e che qualcuno ha creduto potersi riferire alla morte del Maramaldo, dice cosi: Maramao, perché sei morto? Pane e vvino nun t’amancava; L’nzalata l’avevi a l’orto: Maramao, perché sei morto?]
  15. [Cioè: “se senti guaiti di cani:„ antico segno di malaugurio, come può vedersi anche in Virgilio, Georg. I, 470-71. — La locuzione: strillà (att.) caino, deriva dal grido caì caì, col quale il cane par quasi che chiami in aiuto Caino, più cane di lui. E s’usa anche metaforicamente; per esempio: Bada, ché tte fo strillà caino. E nell’Umbria si dice anche: te fo chiamà Caino. Le voci toscane guaito e guaire devono pur esse derivare da un’onomatopea simile, cioè da guaì guaì. — Cfr. i sonetti: La correzzion ecc., 11 mar. 37, e Le zzampane, 2 apr. 46.]
  16. [I Romaneschi, chiamando lumaca la “chiocciola,„ aggiungono l’epiteto di ignuda alla “lumaca„ propriamente detta. Nell’Umbria la chiamano lumaca spòlta, spogliata.]
  17. [Un anello di argento bollato, cioè d’argento buono.]
  18. [Di baccalà in molle.]
  19. [La camiciola: quella giacchettina corta corta, che portavano i popolani, buttata per lo più sulle spalle. Cfr. la nota 5 del sonetto: La milordarìa, 27 nov. 32.]
  20. [Fronde, che in romanesco vale sempre: “foglie.„]
  21. [Buscati, procurati.]
  22. [Di pentola.]
  23. [Cioè: “all’avemmaria del giorno,„ ora misteriosa. Cfr. la nota 2 del sonetto: Er portone ecc., 23 dic. 32.]
  24. [Da una levatrice.]
  25. [Fàtti sbruffare, spruzzare.]
  26. [Con l’estremità del grembiule.]
  27. [Strappandoci, lacerandoci.]
  28. [Et nunc et in hora mortis nostrae. Amen. La fine dell’avemmaria.]
  29. [Cominciati ad ardere.]
  30. [Fusaiuolo.]
  31. [Crocchia, scoppietta.]
  32. [Svòltati: voltati.]
  33. [Chiesa che s’incontra prima di arrivare all’altra di S. Giovanni Decollato.]
  34. [Férmati.]
  35. [Atto che fanno contro la iettatura, quando incontrano una persona antipatica ecc.]
  36. [Nel cimitero di questa chiesa, per cura della Confraternita fiorentina della Misericordia, a cui essa appartiene, si seppellivano i giustiziati; e alle anime di questi la gente del popolo, e specialmente le donnicciole, andavano e qualcuno va ancora, a chiedere con gran fiducia i numeri per il lotto, nel modo che è detto ne’ versi seguenti.]
  37. [Una piccola Diasilla, la quale non è altro che il Dies irae, battezzato così dal secondo emistichio (dies illa), e che il popolo nella recitazione accorcia spesso a capriccio.]
  38. [Bùttati carpone, come le pecore.]
  39. [Una messa da uno scudo sul famoso altare privilegiato di codesta Basilica libera subito un’anima dal purgatorio. Cfr. i sonetti: L’Imbo, 19 nov. 32, e L’entrat’ e usscita, ecc., 14 mar. 46.]
  40. [Una calda-a-lesso: una ballotta; ma qui sta per “un nulla.„]
  41. [Il libro de’ sogni.]