Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina/Forma del contratto sociale dell'Uomo e della Donna

Da Wikisource.
Forma del contratto sociale dell'Uomo e della Donna
Postfazione

Noi N e N, mossi dalla nostra propria volontà, ci uniamo fino al termine della nostra vita, e per la durata delle nostre mutue inclinazioni, alle condizioni seguenti: intendiamo e vogliamo mettere le nostre fortune in comunità, riservandoci tuttavia il diritto di separarle in favore dei nostri figli, e di quelli verso cui possiamo avere un debole particolare, riconoscendo mutuamente che i nostri beni appartengono direttamente ai nostri figli, da qualunque letto provengano, e che tutti indistintamente hanno il diritto di portare il nome dei padri e madri che li hanno avuti; e ci imponiamo di sottoscrivere la legge che punisce l'abnegazione del proprio sangue. Ci obblighiamo ugualmente, in caso di separazione, di dividere la nostra fortuna, e di prelevare la porzione dei nostri figli indicata dalla legge; e in caso di unione terminata, colui che verrà a morire, rinuncerà alla metà delle sue proprietà in favore dei figli; e se l'uno morirà senza figli, chi sopravvive erediterà di diritto, a meno che colui che premuore non abbia disposto della metà del bene comune in favore di chi giudicherà in proposito.

Ecco pressappoco la formula dell'atto coniugale di cui propongo l'esecuzione. Alla lettura di questo scritto bizzarro, vedo alzarsi contro di me i bacchettoni, i puritani, il clero e tutta la sequela infernale. Ma in che misura ciò offrirà ai saggi quanto ai mezzi morali per arrivare alla perfettibilità di un governo onorato! Ne vado a dare in poche parole la prova fisica. Il ricco Epicureo senza figli trova ottima cosa andare presso il suo vicino povero ad aumentare la sua famiglia. Quando ci sarà una legge che autorizzerà la donna del povero a far adottare al ricco i suoi figli, i legami della società saranno rafforzati, e i costumi più moralizzati. Questa legge conserverà, può darsi, il bene della comunità, e conserverà il disordine che conduce tante vittime negli ospizi dell'orrore, della bassezza e della degenerazione dei principi umani dove, da tempo, geme la natura. Che i detrattori della sana filosofia cessino dunque di protestare contro i costumi primitivi, ove si vanno a perdere dentro la fonte delle loro citazioni 2 .

Vorrei anche una legge che avvantaggiasse le vedove e le signorine ingannate dalle false promesse di un uomo a cui queste si siano attaccate; vorrei, dico, che questa legge forzasse un incostante a mantenere i suoi impegni, o a un'indennità proporzionata alla sua fortuna. Vorrei ancora che questa legge fosse rigorosa contro le donne, almeno per quelle che avranno la faccia di ricorrere a una legge che avrebbero infranto con la loro cattiva condotta, se fossero state messe alla prova. Vorrei, allo stesso tempo, come ho esposto nella felicità primitiva dell'uomo, nel 1788, che le ragazze pubbliche fossero poste nei quartieri designati. Non sono le donne pubbliche che contribuiscono più alla depravazione dei costumi; queste sono le donne della società. Recuperando le ultime, si modificano le prime. Questa catena d'unione fraterna offrirà in un primo tempo il disordine, ma in seguito, produrrà alla fine un insieme perfetto.

Offro un mezzo invincibile per elevare l'anima delle donne; è di unirle a tutti gli esercizi dell'uomo: se l'uomo si ostina a trovare questo mezzo impraticabile, che egli divida la sua fortuna con la donna, non a suo capriccio, ma attraverso la saggezza delle leggi. Il pregiudizio cade, i costumi si moralizzano, e la natura riprende tutti i suoi diritti. Metteteci pure il matrimonio dei preti; il re, rinforzato sul suo trono, e il governo francese non saprà più perire.

Sarebbe ben necessario che dicessi qualche parola sui turbamenti che causa, si dice, il decreto il favore degli uomini di colore, nelle nostre isole. Si ha dove la natura freme d'orrore; si ha dove la ragione e l'umanità, non hanno ancora toccato le anime indurite; si ha soprattutto dove la divisione e la discordia agitano i loro abitanti. Non è difficile indovinare gli istigatori di questi fermenti incendiarii: ve ne sono anche in seno all'Assemblea Nazionale: essi accendono in Europa il fuoco che deve abbracciare l'America. I coloni pretendono di regnare da despoti su uomini di cui sono i padri e i fratelli; e disconoscendo i diritti della natura, ne cercano la fonte fino nella più piccola tinta di loro sangue. Questi coloni inumani dicono: il nostro sangue circola nelle loro vene, ma lo disperdiamo tutto, se è necessario, per saziare la nostra cupidigia, o la nostra cieca ambizione. È in questi luoghi, i più vicini alla natura, che il padre disconosce il figlio; sordo ai richiami del sangue, ne soffoca ogni fascino; cosa si può sperare della resistenza che gli si oppone? Reprimerla con la violenza, è renderla terribile; lasciarla ancora nei ferri, significa instradare tutte le calamità verso l'America. Una mano divina sembra diffondere attraverso tutto l'appannaggio dell'uomo, la libertà; la legge sola ha il diritto di reprimere questa libertà, se degenera in licenza; ma deve essere uguale per tutti, è questa che l'Assemblea Nazionale deve racchiudere nel suo decreto, dettato dalla prudenza e dalla giustizia. Possa la legge agire anche per lo stesso della Francia, e rendersi allo stesso modo attenta ai nuovi abusi, come lo è stata con gli antichi, che divengono ogni giorno più spaventosi! Mia opinione sarà ancora di riconciliare il potere esecutivo con il potere legislativo, perché mi sembra che l'uno sia tutto, e l'altro non sia niente; da ciò deriverà, sfortunatamente, può darsi, la perdita dell'Impero francese. Considero questi due poteri come l'uomo e la donna 3 , che devono essere uniti, ma uguali in forza e in virtù, per bene amministrare.