Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1824)/Libro primo/Capitolo 54

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Libro primo

Capitolo 54

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Quanta autorità abbi uno uomo grave
a frenare una moltitudine concitata.

Il secondo notabile sopra il testo nel superiore capitolo allegato, è, che veruna cosa è tanto atta a frenare una moltitudine concitata, quanto è la riverenzia di qualche uomo grave e di autorità, che se le faccia incontro; né sanza cagione dice Virgilio: Tum pietate gravem ac meritis si forte virum quem

Conspexere, silent, arrectisque auribus adstant. Per tanto, quello che è preposto a uno esercito, o quello che si trova in una città, dove nascesse tumulto debba rappresentarsi in su quello con maggiore grazia e più onorevolmente che può, mettendosi intorno le insegne di quello grado che tiene, per farsi più riverendo. Era, pochi anni sono, Firenze divisa in due fazioni, Fratesca ed Arrabbiata, che così si chiamavano; e venendo all’armi, ed essendo superati i Frateschi, intra i quali era Pagolantonio Soderini, assai in quegli tempi riputato cittadino, ed andandogli in quelli tumulti il popolo armato a casa per saccheggiarla; messere [p. 181 modifica]Francesco suo fratello, allora vescovo di Volterra, ed oggi cardinale, si trovava a sorte in casa; il quale, subito sentito il romore e veduta la turba, messosi i più onorevoli panni indosso, e di sopra il roccetto episcopale, si fece incontro a quegli armati, e con la presenzia e con le parole gli fermò; la quale cosa fu per tutta la città per molti giorni notata e celebrata. Conchiudo, adunque, come e’ non è il più fermo né il più necessario rimedio a frenare una moltitudine concitata, che la presenzia d’uno uomo che per presenzia paia e sia riverendo. Vedesi, adunque, per tornare al preallegato testo, con quanta ostinazione la plebe romana accettava quel partito d’andare a Veio, perché lo giudicava utile, né vi conosceva, sotto, il danno vi era; e come, nascendone assai tumulti, ne sarebbe nati scandoli, se il Senato con uomini gravi e pieni di riverenza non avesse frenato il loro furore.