Discorso sul testo della Commedia di Dante/XVIII

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[p. 150 modifica]XVIII. Nè il Pelli, nè altri meritamente più celebri, lessero attenti il poema di Dante, nè forse il percorsero mai dal primo all’ultimo verso; da che veggo indizj evidenti ch’essi guardarono solamente a que’ passi i quali suggeriscono date, nè li hanno raffrontati con altri che avrebbero fatto risaltare in un subito le fallacie de’ computi. Verso la fine del suo viaggio nel Paradiso, Dante ode presagire le infelici riforme d’Arrigo VII in Italia, e vede un trono apparecchiato per l’anima coronata; onde il Pelli desume, che Dante desse l’ultima mano alla sua fatica innanzi che le cose d’Arrigo VII avessero cominciato a declinare, perchè altrimenti non si vedrebbero negli ultimi canti della sua Commedia le tracce di quella speranza, la quale aveva concepita nella di lui venuta in Italia1. Il Tiraboschi, più [p. 151 modifica] esercitato a ordire cronologie, e non lasciar troppo scorgere le sue fila ogni qualvolta sono assai deboli, non guarda con l’usata sua diffidenza agli anni delle fortune di Arrigo, e sottosopra riportasi al Pelli; nondimeno, a dirne anch’egli una nuova, si prova a ritardare l’epoca dell’ultima mano al poema quasi sino all’anno 1313 quando quell’Imperadore morì2. Il loro computo pare ad essi giustificato da quelle parole di Beatrice:

     In quel gran seggio, a che tu gli occhi tieni
Per la corona che già v’è su posta,
Prima che tu a queste nozze ceni,
     Sederà l’alma che fu già Augosta
Dell’alto Arrigo, che a drizzare Italia
Verrà in prima ch’ella sia disposta3.

Or il Pelli non pose mente nè occhio al quinto e al sesto verso, dove il poeta allude non alle speranze bensì alla disperazione di riformare l’Italia; — e il Tiraboschi, citò il passo sulla fede del Pelli, o, se pur lo rilesse, non si curò gran fatto d’intendere che Dante col verso

— Prima che tu a queste nozze ceni —

fa pur predire a Beatrice, ch’ei sopravviverebbe all’Imperadore. Però il Dionisi deduce che, poichè Dante poteva dir con certezza che Arrigo sarebbe morto prima di lui, il Poema nell’anno 1313 non era ancora finito. E il Lombardi, a provare che non era finito nè pure cinque anni dopo, richiamasi all’allusione, manifestissima sul principio dell’Inferno, del capitanato di Cane della Scala nel canto XXXIII, v. 43 del Purgatorio, che nella storia d’Italia appartiene alla fine del 13184. Non però importava di uscire dalla terza Cantica dal canto da’ versi che succedono immediatamente a’ citati dal Pelli e dal Tiraboschi; e tu vedi nominato Clemente V che morì nel 1314, e poco innanzi Papa Giovanni Caorsino, eletto nel 13165.


Note

  1. Memorie per la Vita di Dante, pag. 134.
  2. Storia della Letteratura Italiana, vol. V, pag. 484.
  3. Paradiso, canto XXX, v. 433. — Diresti che il Poeta si ricordasse del capo III, vv. 20-21 dell’Apocalisse ove l’Angelo promette la cena e il trono celeste.
  4. Commento del Lombardi al verso citato.
  5. Paradiso.