Edipo Coloneo (Sofocle - Giusti)/Atto quarto/Scena II

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Atto quarto, scena II

../Scena I ../Scena III IncludiIntestazione 10 aprile 2022 100% Teatro

Sofocle - Edipo Coloneo (406 a.C.)
Traduzione dal greco di Giovanni Battista Giusti (1819)
Atto quarto, scena II
Atto quarto - Scena I Atto quarto - Scena III
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SCENA II.


ANTIGONE ISMENE TESEO

e detti.


antigone.

 O padre, o padre;
Perchè i Celesti a te negan vedere
Il valoroso, che ne ha salve?
edipo.
 O figlie,
Siete voi quì veracemente?
antigone.
 
Il braccio di Tesèo, de’ fidi suoi
Ne disciolse.
edipo.
 O mie care, avvicinate
Al padre vostro; e lasciate ch’io stringa

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Voi, che stringere al sen più non credea.
antigone.
Ài ciò che chiedi; il tuo desire è pago.
edipo.
Ove siete ove siete?
antigone.
 Ecco quì siamo,
E a te vicine.
edipo.
 O figlie amate!
antigone.
 Tutto
È caro a un padre.
edipo.
 O sostegni!...
antigone.
 Infelici
D’un infelice.
edipo.
 I miei più cari abbraccio,

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E, mercè vostra, io misero del tutto
Più non morrò! Deh! sostenete il destro
Mio lato, e strette al genitore, in calma
Tornate un miserando esule, il quale
Poch'anzi abbandonato era rimaso;
E brevemente mi narrate il fatto.
Chè agli anni vostri brevità si addice.
antigone.
Chi ne salvò ti stà presente, e lui
Udir conviene, o padre; e fia più breve
Quindi il nostro parlar.
edipo.
 Non ammirarti,
Figlio d’Egèo, se, fuor d’ogni speranza,
Racquistando le figlie, io favellai
Con elle a lungo. Io so che per te solo
Tal diletto in me vien; per te fur salve
Non per altri. Però pari al desio
Mercè ne renda il cielo a questa terra
E a te; chè fra voi soli io pur ritrovo

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Pietà giustizia e fede; e te ne mostro
Nelle parole il grato animo mio.
Sì, tel ridico, il mio felice stato,
Vien dà te non altronde. Ora mi porgi
La mano, o Re, ch’io la ti stringa, e baci,
Se di tanto mi degni, a te la fronte.
Ma che mai dissi? Io nato alle sventure
Un capo toccherò, cui macchia nulla
Di sventure contamina? No, tanto
Non oserò: chè sol cogli infelici
Dee divider gli affanni un infelice.
Sii pur tu sempre avventurato, e come
Festi fin or, di mia misera vita
Custodisci gli avanzi.
teseo.
 Se la gioja
Di riveder le figlie ti fè seco
Prima che meco favellar, non io
Meraviglia ne prendo, o men richiamo.
Bella coll’opre, e non colle parole

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Si fa la vita: e tu n’ài certa prova;
Chè quanto a te giurai tanto mantenni.
Ecco che salve e d’ogni offesa intatte
Io le tiFonte/commento: Pagina:Edipo Coloneo.djvu/163 rendo: come il fatto avvenne
Che giova millantare? Udir lo puoi
Dal suo labro medesmo. — Or poni mente
A quanto intesi poco fa; nè dessi
Breve detto spregiar: chè l'uom di tutto
Tener debbe ragion.
edipo.
 E dove mira
Il tuo parlar? chiaro favella, io nulla
Intendo.
teseo.
 Un del tuo sangue, e che non vive
In Tebe, supplichevole si asside
All’ara di Nettuno, all’ara stessa,
Ov’io poc’anzi sacrificio offriva,
Quando quì accorsi ai vostri gridi.

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edipo.
 E donde
Viene? E perchè là stassi?
teseo.
 Altro io non so;
Se non ch’ei prega di parlarti, e breve.
edipo.
Che sarà? Lo suo starsi in sacro loco
Indizio è d'alto affare.
teseo.
 Altro non chiede,
Dicesi, che parlarti, e poi partirsi
In tutta securtade.
edipo.
 E chi mai fia?
teseo.
Pensa se alcuno del tuo sangue in Argo
Vada in cerca di te.
edipo.
 O mio diletto

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Ospite, deh! rimanti al fianco mio.
teseo.
E che ti turba?
edipo.
 Nol cercar.
teseo.
 Deh! parla.
edipo.
Per le cose racconte ora conosco
Quel supplice.
teseo.
 E tu dillo, ond’io, se il merta,
Ne lo sgridi.
edipo.
 Signor, quegli è mio figlio
L’aborrito mio figlio, la cui voce
Udir mi fora intollerando peso.
teseo.
Come? Nol puoi tu udire, e tutta poscia
Far la tua voglia? E che ti nuoce adunque

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L’udirlo?
edipo.
 Ah! troppo ingrata al padre suona
La sua parola. Non forzarmi, o Sire,
Non forzarmi ad udirla.
teseo.
 Edipo, il loco
Pensa dove si asside, ed il rispetto,
Che comandano i Numi.
antigone.
 Ascolta, o padre,
Benchè io sia giovinetta, il mio consiglio.
Che appaghi suo disio che il Nume onori,
Che il fratel venga quì soffri. Proposto
Cangiar non ti farà, se ingrate cose
Fia che ragioni. E quale esser può danno
Udir parole? Da pensati accenti
Anno le ben concette opre più lume.
Ei di te nacque, nè, quantunque avesse
Contro di te le più ree cose imprese,

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Licito ti saria vendetta farne.
Lascia ch’ei venga. Di perversi figli
Quanti Fonte/commento: Pagina:Edipo Coloneo.djvu/163 padri non son forti nell’ira?
E pur li placa degli amici il blando
Ammonimento. A ciò, che per la madre,
E pel padre soffristi or tu non devi
Porger la mente; chè, se pur vi pensi,
Pensa ancor quanto sia funesto il fine
Di non frenato sdegno: e n’hai tu stesso
Per te medesmo nelle morte luci
Orribil prova. Ai nostri preghi adunque
Cedi. Questo non è che a lungo chiegga
Chi chiede il giusto; o che tu nieghi altrui
Del favor, che ottenesti, esser cortese
edipo.
Figlia, il tuo dir mi vince a mio malgrado.
Sia come vuoi. Solo, ospite, ti prego.
Che, s’ei quì viene, in suo poter non m’abbia.
teseo.
Una volta e non più vo’ che tu l’oda.

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Darmi vanti non so; ma, fin che i Numi
Salveranno Tesèo, fia salvo Edipo.