El libro dell'amore/Oratione III/Capitolo III

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Oratione III - Capitolo III

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Che l’Amore è maestro di tutte l’arti.

Resta dopo questo a dichiarare come l’Amore è maestro e signore di tutte l’arti. Noi intenderemo lui essere maestro dell’arti, se considerreno nessuno potere arte alcuna trovare o imparare se non mosso da dilecto di ricercare el vero, e se chi insegna non ama e discepoli, e s’e discepoli non portano amore ad tal doctrina. Chiamasi ancora signore e governatore dell’arti, perché colui conduce a perfectione l’opere dell’arti, el quale ama l’opere dette e le persone a chi fa l’opere. Aggiugnesi che gli artefici in qualunque arte non cercano altro che l’amore. Or dimmi: che considera altro la medicina che e quattro homori del corpo diventino insieme amici e stieno benivoli, e quali nutrimenti e quali medicine ami la natura? Qui si ritruovano da Eresimaco ancora que’ doa amori e quali di sopra Pausania descripse: amore celeste e vulgare; perché la temperata complessione del corpo ha temperato amore e alle cose temperate, l’intemperata compressione ha amore contrario e a cose contrarie; a quello si vuol dare opera, a questo in nessuno modo acconsentire. Ancora nell’arte dello schermire e d’altri giuochi corporali è da ’nvestigare quale abito di corpo, che modi di exercitare e che gesti richiegga; nella agricultura qual terra, che semi e che coltura voglia, e che modo di coltura da ciascuni alberi si richiegga. Questo medesimo s’observa nella musica, gli artefici della quale ricercano che numeri qual’ numeri o più o meno amino. Costoro tra uno e due, tra uno e sette quasi nessuno amore ritruovano; ma tra uno e tre, quattro, cinque, sei e otto più vehemente amore hanno trovato. Costoro le voci acute e grave, per natura diverse, con certi intervalli e modi tra·lloro amiche fanno; onde deriva la compositione e suavità della armonia; etiandio e moti veloci e tardi insieme in modo temperano che tra·lloro amici divengono, e dimostrano concordia grata. Due sono le generationi di musica: l’una è grave e constante, l’altra molle e lasciva; quella è utile a chi l’usa, questa è dampnosa, come Platone nel libro della Republica e delle Leggi giudica; e nel Convivio suo propose a quella la musa Urania, a questa propose la musa Polimnia. Altri amano la prima generatione di musica, altri la generatione seconda: all’amore de’ primi si debbe acconsentire e concedere que’ suoni che loro amano, all’apetito degli altri si debbe resistere perché l’amore di coloro è celeste, e degli altri vulgare. È ancora nelle stelle e negli elementi una certa amicitia la quale l’Astrologia considera. In questi si ritruovano ancora que’ dua amori, perché in essi è el moderato amore, quando insieme con scambievoli proprietà temperatamente consuonano; evi ancora l’amore immoderato quando qualcuno di loro ama sé medesimo troppo e lascia gli altri. Di quello resulta grata serenità della aria, tranquilità dell’acqua, fertilità della terra, sanità degli animali; dell’altro resultano cose contrarie a queste. Finalmente la facultà de’ profeti e sacerdoti pare che in questo si rivolga, che c’insegni qual sieno l’opere degli huomini a Dio amiche e per che modo gli uomini si faccino amici a·Ddio, che modo d’amore e di carità inverso di Dio e patria e genitori e ad altri presenti e passati si debba observare. Questo medesimo nell’altre arti si può coniecturare, e insomma conchiudere l’Amore in tutte le cose essere, inverso tutte factore e conservatore di tutte, e signore e maestro d’ogn’arte. Meritamente Orfeo chiamò l’Amore «ingegnoso, di due nature, portante le chiave dello universo». In che modo sia di due nature prima da Pausania, poi da Erisimaco avete udito; e in che modo porti le chiavi del mondo possiamo da Orfeo per le cose superiori intendere. Perché, secondo che mostrammo, questo desiderio d’amplificare la propria perfectione che in tutti è infuso, spiega la nascosta e implicata fecondità di ciascuno, mentre che constrigne germinare fuori e semi, e le forze di ciascheduno trae infuori, concepe e parti, e quasi con chiavi apre e concepti e produce in luce. Per la qual cosa tutte le parti del mondo, perché sono opere d’uno artefice e membri d’una medesima machina, intra sé in essere e vivere simili, per una scambievole carità insieme si legano; in modo che meritamente si può dire l’amore nodo perpetuo e legame del mondo e delle parti sue immobile sostegno, e della universa machina fermo fondamento.