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Elogio dell'amore/L'amore infelice

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L'Amore infelice

../Elogio della donna ../Le passioni IncludiIntestazione 25 dicembre 2008 75% Saggi

Anne Louise Germaine de Staël - Elogio dell'amore (XVIII secolo)
Traduzione dal francese di Arturo Salucci (1921)
L'Amore infelice
Elogio della donna Le passioni


Quando l’amore è infelice, esso intiepidisce tutte le altre affezioni; non è possibile spiegarsi quel che avviene nell’anima; ma quel che si era guadagnato colla felicità, lo si perde nell’afflizione. L’aumento di vita che dona un sentimento il quale fa godere della natura intera si riflette su tutte le relazioni della vita e della società; ma l’esistenza è così impoverita quando quella immensa speranza è distrutta che si diventa incapaci di qualsiasi movimento spontaneo. È appunto per questo che tanti doveri comandano alle donne e sovratutto agli uomini di rispettare e di temere l’amore che ispirano, poichè questa passione può devastare per sempre lo spirito come il cuore.


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Le pene dell’amore soffocano tutti i godimenti che consistono nell’adempimento del dovere e la felicità soccombe allora che la virtù resiste.


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Perchè le condizioni felici hanno una durata così effimera? Che cosa hanno di più fragile delle altre? L’ordine naturale è forse il dolore? La sofferenza è una convulsione, pel corpo, ma è uno stato abituale per l’anima.

Ahi! Null'altro che pianto al mondo dura!(1).


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Vi hanno momenti in cui si vorrebbe abdicare l’impero di sè stesso; non c’è volontà che non si preferisca alla propria, e la persona che vuole impadronirsi di voi o può allora, senza che per ottenerlo, debba meritare la vostra stima. Ma quando ci si trova in una simile condizione, quel che occorre è non prendere alcuna risoluzione, ripiegar le vele, lasciar passare i sentimenti che ci agitano, impiegare tutta la propria forza a restare immobile.


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Gettate uno sguardo sul destino umano: alcuni istanti incantevoli di gioventù e d’amore, e lunghi anni, che sempre discendono, e conducono di rimpianto in rimpianto e di terrore in terrore, sino a quello tetro e gelido che si chiama la morte.


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Una indignazione amara e violenta può impadronirsi di voi, pensando che passerà questa vita, senza che abbiate gustato i suoi veri beni; senza che il cuore, che sta per ispegnersi, abbia mai cessato di soffrire. Che idea ci si può formare delle ricompense divine, se non si è conosciuto l’amore sulla terra?


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Ecco la storia della vita! ecco il nostro destino! onde che inghiottono altre onde, e migliaia di esseri sensibili che soffrono, che desiderano, che periscono, come quelle bolle di acqua che ondeggiano nell’aria e ricadono.

Non ci vuol meno che il crollo degli imperi per attirare la nostra attenzione, e l’uomo che pareva dover consumarsi di pietà, poichè egli solo ha la preveggenza e il ricordo del dolore, l’uomo non volta nemmeno il capo per notare le sofferenze de’ suoi simili! Chi dunque intenderà le mie grida? la natura, forse? Come segue maestosamente il suo corso! Come indipendenti da’ miei timori e dalle mie speranze sotto il suo movimento e il suo riposo? Ahimè! non posso obliarmi com’essa mi oblìa? non posso, come uno di quegli alberi, lasciarmi andare al vento del cielo senza resistere, nè lamentarmi?


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Alla vista del sole e dell’universo stellato non si sente che il bisogno di amarsi e sapersi degni l’uno dell’altro. Ma la società, la società! come rende il cuore duro e lo spirito frivolo! come fa vivere per quel che si dirà di voi! Se gli uomini si incontrassero un giorno, liberati ognuno dall’influenza di tutti, che aria pura entrerebbe nell’anima! quante nuove idee, quanti veri sentimenti la rinfrescherebbero!


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Quando lo spirito nostro s’innalza a più alti pensieri, noi sentiamo, come al sommo degli edifici elevati, una vertigine che confonde tutti gli oggetti agli sguardi nostri; ma anche allora il dolore, il terribile dolore, non si smarrisce nelle nuvole, esso le fonde, e vi si apre un varco. O mio Dio, che cosa vuole annunciare?


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Le pene d’immaginazione dipendono quasi intieramente dalle circostanze che ce le richiamano; si cancellano da se stesse, quando non si vede nè si sente nulla che ne svegli il ricordo; ma la loro potenza diviene terribile e profonda quando lo spirito è costretto a combattere ad ogni istante contro nuove impressioni. È necessario, poter distogliere la propria attenzione da un dolore importuno e distrarsene con accortezza, imperocchè ci vuole accortezza di fronte a se stessi per non soffrire troppo.


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Si parla spesso della timidezza della gioventù: quanto è dolce codesto sentimento! son le inquietudini della speranza che lo producono. Ma la timidezza della vecchiaia è la sensazione più amara di cui io possa farmi l’idea; si compone di tutto ciò che si può provare di più crudele: la sofferenza che più non si lusinga di destare interesse, e la fierezza che teme di esporsi al ridicolo.


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Le leggi della società son fatte per l’universalità degli uomini; ma quando un amore senza esempio rode il cuore, quando la perfidia ha separato due esseri che si erano scelti, che si erano amati, che si erano promessi l’un l’altro, credi tu che alcuna di codeste leggi, calcolate per le ordinarie circostanze della vita, debbano raggiungere i più nobili sentimenti?


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O sofferenze morali! come siete nascoste nel fondo del cuore di cui fate vostra preda! Voi lo divorate in segreto, sovente voi lo divorate in mezzo alle feste più brillanti; e mentre un accidente, un dolore fisico, sveglia la simpatia degli esseri più freddi, una mano di ferro vi serra il petto, vi rapisce l’aria, vi opprime il seno, senza che vi sia permesso di strappare agli altri, con qualsiasi segno esteriore, parole di commiserazione.


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Amare, suprema potenza del cuore, misterioso entusiasmo che racchiude in sè stesso la poesia, la religione e l’eroismo! che cosa avviene quando il destino ci divide da colui che aveva il segreto dell’anima nostra, e ci aveva dato la vita del cuore, la vita celeste? Che avviene quando la lontananza o la morte isolano una donna sulla terra?

LE PASSIONI

I moralisti meditano incessantemente sulle passioni e sui caratteri, e tutti i giorni se ne trovano che la riflessione non aveva preveduto e contro le quali nè l’anima nè lo spirito non sono posti in guardia.


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Le passioni esercitano in noi una tirannia tumultuosa che non ci lascia nè libertà nè riposo. Forse, ciò che faremo domani deciderà della nostra sorte; forse abbiamo detto una parola che nulla può riscattare.


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Le passioni impetuose hanno sempre per iscopo la nostra personale soddisfazione.


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Si crede che basti il dovere per comandare alle affezioni del cuore; ma esistono anime appassionate, capaci di generosità, di dolcezza, di devozione, di bontà, virtuose in tutto, se la sorte non avesse fatto loro un delitto dell’amore. Compiangete quei destini infelici, abbiate cura dei caratteri profondamente semplici.


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La passione fa rivolgere tutte le nostre forze contro noi medesimi.


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I ricordi delle virtù fanno godere ancora il cuore che se li ripete, i ricordi delle passioni non rinnovellano che il dolore.


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Si è conosciuta, si è provata quell’esistenza animata che danno i sentimenti appassionati e non si è più accessibili ad alcuni dei comuni godimenti della vita. La potenza della ragione serve a sopportare la sventura, ma la ragione non può mai crearci un solo piacere; e quando l’amore ha consumato il cuore occorrerebbe un miracolo per fare scaturire da codesto cuore così consumato la sorgente dei piaceri dolci e tranquilli.


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Nelle anime sensibili, persino la felicità non è mai senza un qualche misto di malinconia.


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Il punto culminante della passione e l’eloquenza che essa inspira non bastano all’immaginazione; si desidera sempre qualche cosa di più, e non potendo ottenerla, ci si intiepidisce e ci si stanca, mentre il debole bagliore che si scorge attraverso le nubi e tiene lungamente l’animo sospeso, la curiosità par che prometta sentimenti nuovi e nuove scoperte nell’avvenire. Nondimeno, codesta attesa non è soddisfatta; e quando si sa, finalmente, che cosa nasconde tutto codesto incanto del silenzio e dell’ignoto, anche il mistero si squarcia, e si ritorna a rimpiangere l’abbandono e il tumulto di un temperamento vivace.

Ahimè! in che modo prolungare l’incantesimo del cuore, quelle delizie dell’anima, che la fiducia e il dubbio, la felicità e la sventura, a lungo andare, dissipano ugualmente, tanto i godimenti celesti sono estranei al nostro destino. Essi attraversano talvolta il nostro cuore, unicamente, per rammentarci la nostra origine e la nostra speranza.


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Ci si può separare da quelle donne comuni che amano a caso: ma per colei che ha bisogno di ammirare ciò ch’essa ama per colei che ha giudizio penetrante, benchè la sua immaginazione sia esaltata, non v’ha, per lei, che un oggetto nell’universo.

Note

  1. Petrarca.