Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 149

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All'abbadessa e monache di S. Pietro in Monticelli - Lettera 149
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[p. 23 modifica]23 I ALL’ ÀBBADESSA E MONACHE 5 DI S. PIETRO IN MONTICELLI A LIGNAJÀ IN FIRENZE (J).

I. Della rera imitazione di Gesù Cristo, sili quale procura indurle, mostrando quanto contenga alle sue spose il seguitare i suoi esempj.

II. Come ciò si eseguisca singolarmente coiros*erranza dei tre «oli fatti nella professione, ed in oltre coll’esercizio dell’orazione# e fuga delle conversazioni.

III. Come il nostro cuore deve esser lampada nutrita coll’olio dell’amiltà, ud accesa col lume del conos

mento di noi e della divina bontà, e tenuta colla mano del santo timore.


IV. Esorta in particolare Fabbadessa a ben governare le tue pecorelle, specialmente al buono esempio.

3ìttttxn 149, Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. Ìlarissime figliuole in Cristo dolce Jesù, io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi vere serve e spose di Cristo crocifisso; e per sì fatto modo seguitiate le vestigie sue, che innanzi eleggiate la morte, che trapassare i comandamenti dolci suoi’, ed i consigli, i quali voi avete promessi. O quanto è dolce e soave alla sposa consecrata a Cristo seguitare la via e la dottrina delio Spirito Santo! Quale è la via e la dottrina sua ? non è altro che amore, perocché [p. 24 modifica]tutte le altre virtù sono virtù per esso amore. La dottrino sua non è superbia, nè disobbedienzia,’«è amore proprio, nè ricchezza, nè onore, nè* stato del inondo!

non piacimento, nè diletto di corpo: non ha amore d’amare il prossimo per sè, ma per utilità nostra ci ha amati e data la vita per noi con tanto fuoco d’amore, anco è profonda e vera umilità. Or fu mai veduta tanta umilità, quanta è vedere Dio umiliato all’uomo?

la somma altezza discesa a tanta bassezza, quanta è la nostra umanità? e obbediente infino all’obbrobriosa morte della croce? Elli è paziente in tanta mansuetudine, che none è udito il grido suo per. veruna mormorazione: elli elesse povertà volontaria, quello che era somma ed eterna ricchezza, intantochè Maria dolce non ebbe panno, dove invollerlo, e nell’ ultimo, jnorendo nudo in su la croce, non ebbe luogo dove appoggiare il capo suo. Questo dolce ed innamorato Verbo fu saziato di pene e vestito d’obbrobri, dilettandosi delle ingiurie, delli scherni e villanie, sostenendo fame e sete colui che sazia ogni affamato con tanto fuoco e diletto d’amore. Elli è il dolce Dio nostro, che non ha bisogno di noi, e non ha allentato d’adoperare la nostra salute, anco ha perseverato, non lassando per la nostra ignoranzia ed ingratitudine, nè per lo grido de’giudei, che gridano che elli discenda dalla croce, non lassò però che non compisse la nostra salute.

Or questa è la dottrina e la via la quale elli ha fatta, e noi miseri miserabili pieni di difetti, non spose vere, ma adultere, facciamo tutto il contrario, perocché noi cerchiamo diletto, delizie, piaceri, amore sensitivo, uno amore proprio, del quale amore nasce discordia, disobbedicnzia: la cella si fa nemico; la conversazione (le’ secolari e di coloro cli

vivono secolarescamente si fa amico: vuole abbondare e non mancare nella sustanzia temporale, parendoli, se non abbonda sempre, aver necessità: elli si dilunga dall’amore del suo Creatore; lassa la madre dell’ orazione; anco facendo l’orazione debita, alla quale voi sete obligalc, spesse \olte

[p. 25 modifica]viene a tedio, perocché colui che non ama, ogni piccola fadiga gli pare grande a sostenere: la cosa possibile li pare impossibile a potere adoperare; e tutto questo procede dall’amore proprio, il quale nasce da superbia, e la superbia nasce da lui, fondata in molta ingratitudine ed ignoranzia e negligenzia nelle sante e buone operazioni.

II. -Non voglio dunque, dilettissime figliuole, che questo divenga a voi; ma come spose vere seguitate le vestigie dello sposo vostro, perocché altrimenti non potreste osservare quello che voi avete promesso e fatto voto, cioè, povertà, obbedienzia e continenzia.

Sapete bene che nella professione voi deste per dota il libero arbitrio vostro allo Sposo Eterno, perocché con libertà di cuore faceste la detta professione, che sono tre colonne che tengono la città dell’anima nostra e non lassano cadere in ruma, e non avendone, subito viene meno. Debba dunque la sposa esser povera volontariamente per amor di Cristo crocifisso, che li ha insegnata la via. La povertà è ricchezza e gloria delle religiose, e grande confusione è che’l si trova che elle abbino che dare. Sapete quanto male n’esce? Che se v passa questo, tutti li altri passarà, perocché colei che pone l’affetto suo in possedere, e non s’unisce con le suore, come voi dovete vivere, che dovete vivere a comune (B), ed avere tanto la grande, quanto la piccola, e la piccola quanto la grande; se noi fa, ne viene in questo difetto, che ella caderà nella incontinenzia, o mentale, o attuale, e cade nella disobbedienzia, perocché è disobbediente ali’Ordine suo, e non vuole esser corretta dal prelato, e trapassa quello che aveva promesso: unde vengono le conversazioni, di. coloro che vivono disordinatamente, vuoli secolari, vuoli religiosi, vuoli uomo, vuoli donna, che la conversazione non sia fondata in Dio non procede da altro, se non per alcuno dono o diletto o piacere che trovassero; e tanto basta quello amore, ed amistà, quanto basta il dono ed il diletto; e però dico, che colei che non [p. 26 modifica]26 possiede e che non ha che donare, dico, che, non avendo che donare, sarà tolto da lei ogni disordinata, conversazione: levata la conversazione non ha materia di svagolare la mente, nè di cadere nella immondizia, corporalmente,’ nè spiritualmente, ma trova e vorrà la conversazione di Cristo crocifisso e de’ servi dolcissimi suoi, i quali amano per Cristo e per amore della virtù, e non per propria utilità: concipe uno desiderio ed una fame della virtù,,che non pare che se ne possa saziare, e perchè vede che della madre e della fontana del. orazione trae la vita della grazia ed il tesoro delle virtù, partesi dalla conversazione delli uomini, e fugge e ricovera in cella, cercando lo Sposo suo ed abbracciandosi con esso in sul legno della santissima croce!

ine si bagna di lagrime e di sudori, ed inebbriasi del sangue del consumato ed innamorato Agnello: pascesi de’ sospiri, i quali gitta per dolci ed affocati desiderii.

Or questa è vera e reale sposa, e che realmente seguita lo Sposo suo, e come Cristo benedetto, come detto è, non lassa per veruna pena d’adoperare la salute nostra, così la sposa non lassa, nè debba lassare per veruna pena, nè fadiga, nè per fame, nè per sete, nò per alcuna necessità, che non adoperi continuamente.

l’onore di Dio, anco risponda alla tenerezza propria del corpo suo, e dolcemente dica: Confortati, anima mia, che ciò che ti manca quaggiù, t’ayanza a vita eterna, e non lassi la buona operazione con santi desiderii, nò per tentazione del dimonio, nè per fragilità della carne, nè per li perversi consiglieri del dimonio, che sono peggio che giudei, che dicono spesse volte!

descende della croce della penitenzia e della vita ordinata; e non debba lassare il servire al prossimo suo, nè di cercare la salute sua per ingratitudine, nè per ignoranzia, che non cognoscesse il servizio, non debba lassare, perocché-, se lassasse, parebbe che cercasse d’essere retribuito da loro e non da Dio, la quale cosa non si debba fare, ina prima eleggere la morte.

Con pazicnzia portale, carissime figliuole, i difetti l’nna l [p. 27 modifica]27 dell’altra, portando con pazienzia e sopportando con amore i difelli 1’una dell’ altra, e così sarete legate ed unite nel legame della carità, il quale è di tanta fortezza, die nè dimonio, no creatura vi potrà separare, se voi non vorrete.

III. Siate obbedienti infino alla morte, acciocché siate spose vere; sicché quando lo Sposo vi richiederà nell’ultima stremità della morte, voi abbiate la lampana piena e non vota, siccome vergini savie e non matte!

drittamente il cuore vostro debba essere una lampana, la quale debba essere piena d’olio, e dentrovi il lume del cognoscimento di voi e della bontà di Dio in voi, che è lume e fuoco della carità, notricato ed acceso nell’olio della vera e profonda umilità, perocché chi non ha lume di cognoscimento di sè, non si può umiliare; che con la superbia mai non si umilia: poiché la lampana è fornita, debbasi tenere in mano con una santa e vera intenzione in Dio, cioè, la mano del santo timore, il quale ha a regolare l’affetto ed il desiderio nostro: non dico timore servile, ma timore santo, che per veruna cosa vociia offendere la somma ed eterna bontà di Dio. Ogni creatura, che ha in sè ragione, ha questa lampana, perocché il cuore dell’uomo è una lampana; unde, se la mano del timore santo la tiene ritta e ella è fornita, sta bene; ma se ella è in mano di timore servile, elli la rivolta sottosopra, perocché serve ed ama d’amòre proprio per proprio diletto, e non per amore di Dio. Costui affoca il lume, e versane l’olio, perocché non v’è lume di carità e non v’é olio di vera umilità; e queste sono quelle cotali, di cui disse il nostro Salvatore: Io non vi cognosco, e non so chi voi vi sete. Adunque io voglio che siate forti e prudenti; tenete il cuore vostro, e fate che sia lampana dritta; e come la lampana è stretta da’piedi, e larga da capo, così il cuore e l’affetto si debba restringiare al mondo, ed ogni diletto, e vanità, e delizie, e piacere, e contento suo, e debba essare larga da capo, cioè, che il cuore, l’anima e l’affetto sia tutto ripo[p. 28 modifica]28 sato e posto in Cristo crocifisso: vestitevi di pene e d* obrobrii per lui: unitevi ed amatevi insieme.

IV. E voi, madonnaTabbadessa, siate madre e pastore, che poniate la vita per le vostre figliuole se’l bisogna: ritraetele dal vivere in particulare e dalla conversazione, le quali cose sono la morte dell’anime loro e disfacimento di perfezione: nella conversazione fate che voi li siate uno specchio di virtù, acciocché la virtù ammonisca più che le parole. Bagnatevi nei sangue di Cristo crocifisso. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesn dolce, Jesù amore. [p. 29 modifica]29 Annotazioni alla Lettera 119.

(A) Il monistero d s. Pietro in Monticelli a Lentiaja e faon di Firenze, e trovasi ascendo altri dalla porta di s. Frediano sulla vicina collina non molto discosto dal monistero de’ PP. di Monte Olitelo. Seguono le sne religiose la regola di s. Benedetto, e furono divutissime della nostra serafica tergine, come si pnò Tederà dalla lettera’di. Bardaccio Canigiani, che favella del felice passàggio d’essa «ni cielo, indirizzata a snor Caterina di Pietro Boni mo* naca di qnesto monistero; e dal testimonio del beato Tommaso Cafiarini nel processo. Conservasi in questo monistero an crocifisso lasciatoti dalla santa che si ha i u somma venerazione, e di esso si favella nella ginnta alla vita. .

(tì) Che dovete vivere a comune. II vivere a comune praticatosi quasi a rigore di tutta perfezione da’ pi m. cristiani della nascente Chiesa, fu introdotto d’ poi nelle loro adananze de’sagri isti latori ■Jegb Ordini religiosi; e come con molla efficacia dalla santa in più lettere s’ esorta alla perfetta osservanza dr esso, singolarmente le religiose pe’ gravi danni che sorgono dal non attenervisi, coì a gran ragione studiasi di tornarlo quelle religioni donde è parlilo dal zelo de* sommi pontefici.

S. Caterina. Opere. T. VI.

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