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Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 148

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del monasterio di Santa Maria degli Scalzi - Lettera 148
Lettera 147 Lettera 149

[p. 17 modifica]n ALL’ ABBADESSA , * DEL MONASTERO DI SANTA. lUHlA DEGLI SCALZI IN FIRENZE (A).

I. Le esorta alla vera carità, la quale si trae dalle piaghe del Crocifisso, mostrando come da questa virtù ne nasca il desiderio de’ patimenti e de’ travagli per onore di Dio.

II. Della carità propria delle religiose e dell’osservanza de voti, ed altre virtù che produce. * III. Delle virtù proprie di quelle religiose che devono governare Fallre, e del modo d’ esercitare tal governo, cou che esorta l’abbadessa a ben governare le sue pecorelle, singolarmeule col proprio esempio.

21 sito a 143.

AL nome di fesà CrLto crocifisso e di Maria dolce.

I. ilarissima madre in Cristo dolce Jcsù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondata in vera carità, acciocché siate vera nutrice e governatrice delle vostre pecorelle; bene è vero, che non potremo nutricare altrui, se prima non nutricassimo l anima nostra di vere

reali virtù, e di virtù, non si può nutricare, se non s’attacca al petto della divina carità, dal qual petto si trae il latte della divina dolcezza. A noi, carissima madre, conviene fare come fa il fanciullo, il quale volendo prendere il latte,

[p. 18 modifica]i.8 prende la mammella della madre e meltesela in bocca, unde col mezzo della carne trae a sè il latte; e così dobbiamo fare noi, se vogliamo notricare l’anima nostra; perocché ci dobbiamo attaccare al petto di Cristo crocifisso, in cui è la madre della carità, e col mezzo della carne sua trarremo il. latte che notrica l’anima nostra, e figliuoli delle virtù, cioè, per mezzo dell’umanità di Cristo, perocché nell’ umanità cadde e sostenne la pena, ma non nella deità; e non noi potiamo notricarci di questo latte che trajamo dalla madre della carità senza pena: e differenti sono le pene, unde spesse volte sono pene di grandi battaglie, o dal dimoino, ordalle creature, con molte persecuzioni, infamie, strazii e rimproverii. Queste sono pene in loro, ma non sono pene all’anima che s’è posta a notricare a questo dolce e glorioso petto, unde ha tratto l’amore, vedendo in.Cristo crocifisso l’amore ineffabile che ci lia mostrato col mezzo di questo dolce ed amoroso verbo, e nell’amore ha trovato l’odio della propria colpa e della legge perversa sua, che sempre impugna contra allo spirito, ma sopra l’altre pene che porta l’anima, che è venuta a fame e desiderio di Dio, si sono i crociati ed amorosi desiderii, che ha per la salute di tutto quanto il mondo, perocché la carità fa questo, che ella s’inferma con quelli che sono infermi, ed è sana con quelli che sono sani: ella piagne con coloro che piangono e gode con coloro che godono, cioè, che piagne con coloro che sono nel tempo del pianto del peccato mortale, e gode con quelli che godono, che sono nello stato della grazia. Allora ha presa la carne di Cristo crocifisso, portando con pene la croce con lui; non pena allliggitiva, che disecchi l’anima, ma pena che la ingrassa, dilettandosi di seguitare le vestigie di Cristo crocifisso; ed allora gusta il latte della divina dolcezza. E con che l’ha preso ?

con la bocca del santo desiderio, intantochè, se possibile li fusse d’avere questo latte senza pena, e con esso dare vita alle virtù, perocché le virtù hanno vita [p. 19 modifica]

  • 9 dal latte dell’affocata carità, noi vorrebbe, ma più tosto elegge di volerlo con pena per 1 amore di Cristo crocifisso; perocché non li pare che sotto il capo spinato debbino stare i membri delicati, ma più tosto portare la spina insieme con lui, non eleggendo punture a suo modo, ma a modo del capo suo, e facendo così, non porta, ma il capo suo Cristo crocifisso n’è fatto portatore.

, li. O quanto è dolce questa dolce madre della carità, la quale non cerca le cose ’sue, cioè, che non cerca sè per sè, ma sè per Dio, e ciò che ella ama e desidera, ama, e desidera in lui, e fuore di lui nulla vuole possedere; ed in ogni stato che ella è, ella spende il tempo suo, secondo la volontà di Dio; unde se ella è secolare, ella vuole essere perfetta nello stato suo, se ella è religiosa suddita ella è perfetta angela terrestre in questa vita, e non appetisce, nè pone l’amore suo nel secolo, nè nella ricchezza, volendo possedere in particulare, perocché ella vede che ella farebbe conira il voto della povertà volontaria, la quale promesse d’osservare nella sua ’ professione; e non si diletta, nè vuole la conversazione di coloro che li volessero impedire il voto della castità, anco li fugge, come serpenti velenosi, e metlesi in bando delle grate e del parlatorio, e sbandisce la dimestichezza de‘ devoti e ribandiscesi alla patria della cella, siccome vera e legittima sposa, ed ine acquista al petto di Cristo crocifisso la vigilia e l’umile e continua orazione, e non solamente 1’ occhio del corpo, ma l’occhio dell’aniraa veglia in coguoscere sè medesima, la fragilità e la miseria sua passata, e la dolce bontà di Dio in sè, vedendosi essere amala ineffabilemenle dal suo Creatore; unde allora li seguita.a mano a mano la virtù dell’ umilila, ed il santo ed affocalo desiderio, il quale è quella continua orazione, della quale Paulo ci manifesta, dicendo: Che sempre dobbiamo orare senza intermissione; ed al desiderio santo, seguitano le sante e buone opeiazioui, e quella non cessa d’orare, che [p. 20 modifica]20 non cessa di bene adoperare (B). In cella fa mansione con lo Sposo eterno, abbracciando le vergogne è le pene per qualunque modo gli concede, spregiando le delizie, lo stato e l’onore del mondo, annegando la propria e miserabile volontà, ponendosi dinanzi l’obedienzia di Cristo crocifisso, il quale per l’obbedienzia del Padre e per la. salute nostra corse all’obbrobriosa morte della croce, sicché con l’obbedienzia sua è fatta obbediente, e così osserva il terzo voto dell’obbedienzia, e mai non ricalcitra all’ obbedienzia sua, nè vuole investigare la volontà di colui che comanda, ma special-, mente osserva l’obbedienzia. Or così fa il vero obbe-* diente, t ma il disobbediente sempre vuole sapere le cagioni, ed il perché gli è comandato; onde questa cotale non è mai osservatrice dell* Ordine, ma trapassatrice; ma quella che è obbediente sei pone dinanzi come specchio, ed innanzi elegge la morte che volerlo trapassare, sicché questa cotale è perfetta suddita.

III. E se ella ha a governare, ella è perfetta nello stato del reggimento; e se ella ha notneata prima l’anima sua in virtù al petto di Cristo eroe !ìsso: allora se ella è stata buona suddita, essendo poi posta a reggiare, è buona nutrice delle sue figliuole, e riluce in lei la margarita della giustiziale gitta odore d’onestà, dando esemplo a loro di santa e buona vita: e perché carità non è senza giustizia, anco è giusta l anima, che la possiede giustamente; rende a ciascuno il debito suo; unde rende a sé odio e dispiacimento di sé; a Dio rende, per alletto d’ amore, gloria e loda al nome suo ed al prossimo rende la benivolcnzia, amandolo ■ e servendolo in ciò che può: a sudditi suoi rende a ciascuno secondo il suo stato; unde al perfetto gli aita ad aumentare la virtù; allo imperfetto ed a quelli che commette difetto, la correzione e punizione poco o assai, secondo la gravezza della colpa, e secondo che il vede atto a portare, ma non lassa mai passare il difetto impunito, e con carità e non con animo gli vuole punire più tosto in questa vita, cli

poi lo sia

[p. 21 modifica]punito nell’altra; ma pensate, che se ella non avesse notricala l’anima sua, come detto è, e non portarebbe là margarita della giustizia, ma con molta ingiustizia menarebbe la vita sua, e come ladra furarebbe quello che è di Dio, e darebbelo a sè, e così quello del prossimo, e non l’amarebbe se non per propria utilità; e le figliuole sue non governarebbe se non n piacimento di sè, o delle creature, e per non dispiacerlo farebbe vista di non vedete i difetti loro, o se correggesse con la parola, pigharebbe poco luogo, perchè noi farebbe con ardire e sicurtà di cuore, perocché, perchè la vita sua non è ordinata, germina paura e timore servile, e però non ha luogo il suo correggere: non ci veggo dunque altro modo, se non di ponerci al petto di Cristo crocifisso,

per questo mezzo, per io modo detto, che gustiamo il latte della divina carità, e qui fare il suo fondamento; unde considerando me, che neuno altro remedio nè via c’è, dissi, che io desideravo di vedervi fondata in vera e perfetta carità, e così vi prego per l’amor di Cristo crocifisso che v’ingegniate d’essere, acciocché le pecorelle vostre sieno governate da voi con esemplo di buona e santa vita, ed acciocché le pecorelle, che sono fuore dell’ovile della virtù ritornino all’ovile loro; ritraetele dalle conversazioni ed animatele alla cella e fatele sollicite al coro ed al refettorio in comune, e non in particularc; e se voi noi farete giusta il vostro potere, vi saranno richieste da Dio, e, sopra alla ragione de’ pesi vostri, averete a rendere la loro. Adunque, carissima madre, non dormite più, ma destatevi dai sonno della negligenzia. Altro non vi dico.


Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù, dolce, Jesù amore. [p. 22 modifica]22.

Annotazioni alla, Lettera, 11S.

KA » monistero dello dì santa Maria degli Scalzi era già fuori di Firenze* e di esso Irovo questa memoria nella Firenze illustrata del Megliore in occasione di favellare d’nn’ acqua medicinale che già scorrea solto santa Margarita a Montici due miglia fuori della città, cioè, che ridotto quel luogo a pubblica utilità eoo edificio fatto dal comune appartenesse, al monistero di santa Maria degli Scalzi, ed oggi di sant’Agata unitoti dal pontefice Eugenio IV.

Da altre persone erudite mi vien supposto detto moni&tero non poter esser altro che l’antico monistero di Monticelli già fuori della porta Komann, ora dentro la città,dietro il convento di santa croce, trovandosi già piò volte nominato il monistero delle Scalze, ove erano e sono monache di s. Francesco, molte delle quali per l’insigne loro virtù ebbero il titolo di beate: ma trovando io che nel testo a penna del Bonconti dicesi monistero degli Scalzi e non delle Scalze, m’attengo anzi alla prima che alla seconda oppinione.

(//) Quella non cesia d’orare, che non cessa di bene adoperare. Di qual maniera debba intendersi questo detto della sauta, s’è avvisato nell’ annotazioni alla lettera 20.

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