Er Monziggnorino de garbo
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ER MONZIGGNORINO DE GARBO.[1]
Quanno nun z’abbi[2] da poté ffidasse[3]
Manco[4] ppiù dde siggnori e dde prelati,
Nun c’è dda fà ggnent’antro[5] che bbuttasse[6]
Pe’ tterra, cristo mio, pe’ ddisperati.
Bbravo! perché le stime ereno bbasse,
E vvedevo li tomi arilegati,
Io mo avevo da crede[7] che ste casse
De libbri vecchi fùssino arrubbati.
Cresi[8] che, mmorto er padre, er prelatino
Volessi[9] bbastonà[10] la libbraria
Pe’ ccrompàccese[11] un schioppo e un carrettino.[12]
Che sso’[13] io? er profeta de l’urione,[14]
Pe’ ssapé[15] che li libbri che ddà vvia[16]
Monziggnore li scrocca a la lauzzione?[17]
10 gennaio 1834.
Note
- ↑ Avvertiamo che l’interlocutore qui appresso introdotto, è un certo tale, conosciuto in Roma sotto il nome del Rosso, il quale di servitore che era, messosi a fare il libraio, compera a peso o a proporzione del formato i libri de’ librai falliti, o di chiunque altro abbia desiderio o bisogno di disfarsene. Tra questi un prelatino, figlio di principe romano, acquistò a credito a un pubblico incanto (o, come dicesi, auzione) per cento scudi circa di libri, che subito rivendè a contanti al Rosso per circa scudi venti, senza mai più pagare il creditor principale. Questa è la base del seguente sonetto, nel quale il Rosso si discolpa di una specie di complicità attribuitagli in un furto, del quale non si fece altronde alcuna colpa al prelatino figlio di principe.
- ↑ Non si abbia.
- ↑ Poter fidarsi.
- ↑ Nemmeno.
- ↑ Nient’altro.
- ↑ Buttarsi.
- ↑ Da credere.
- ↑ Credetti.
- ↑ Volesse.
- ↑ Sacrificare, vendere con perdita.
- ↑ Comperarcisi.
- ↑ Vettura da caccia.
- ↑ Sono.
- ↑ Del rione.
- ↑ Per sapere.
- ↑ Vende.
- ↑ All’auzione.