Er cane furistiero

Da Wikisource.
Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi II.djvu sonetti caudati letteratura Er cane furistiero Intestazione 2 novembre 2022 25% Da definire

Li soprani der Monno vecchio Er Momoriale
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

[p. 50 modifica]

ER CANE FURISTIERO

     Sete voi la padrona de cuer cane
Che vviè a mmagnà l’avanzi cquà dall’oste
E scrope1 li tigami, e arrubba er pane,
E ssi sse caccia via sarta2 a le coste?

     Duncue da parte sua v’ho d’avvisane
Che sta bbestia je svia tutte le poste,
E pportassi3 per dio cento collane
Er mi’ padrone je vo ddà le groste.4

     E aricurrete poi, sora paìna,5
Cuann’er cane è slombato in su la piazza,
Ar giudice Accemè de la farina.6

     Voi ggià rrugate perchè ssù a Ppalazzo
Ciavete7 er sor Ennenne,8 chè pper dina
Tra ccani nun ze mozzicheno un cazzo.

22 gennaio 1832

Note

  1. Scopre.
  2. Salta.
  3. Portasse.
  4. Dar le groste: battere.
  5. Azzimata.
  6. Qui, tra per ischerno ed ignoranza, colui che parla confonde il giudice A. C. Met., cioè l’uditore della camera stesso, Auditor Camerae Met., e l’altro della farina, magistrato in oggi a Roma non esistente, ma al quale per derisione si esortano a ricorrere coloro che non troverebbero giustizia altrove sulle loro querele.
  7. Ci avete.
  8. Questo nome di Ennenne è tratto dai due protogrammi N.N. che si pongono, scrivendo, nel luogo che dovrà occupare un nome personale.