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Er guardaportone

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Giuseppe Gioachino Belli

1847 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura Er guardaportone Intestazione 13 aprile 2025 75% Da definire

Un rompicollo Le nozze scuncruse
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1847 e 1849

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ER GUARDAPORTONE.

     Io me n’entravo co’ la pasce mia,
Quanno da un bussolotto in d’un cantone
Sarta fòra er munzù gguardaportone,
Disce: “Che vvolevù? psch, marcé vvia.„ —

     “Ihì,„ ddico, “e cch’edè ttant’arbaggia?
Lei impari a ddistingue le perzone.„
Disce: “Vu sè un gianfùtre,„ e ccór bbastone
Me stava pe’ stirà la bbiancheria.

     “Séte un gianfùtre vòi,[1]„ dico, “sor utre[2]
De ventaccio abbottat’[3]ar cimiterio:
Vòi,[1] parlanno accusì, ssete un gianfùtre.„

     Come finì? Finì ch’a sta schifenza[4]
Bbisoggnava arispónneje sur zerio.[5]
Ma cche vvòi che fascessi? usai prudenza.

31 gennaio 1847.

Note

  1. 1,0 1,1 [Con l’o largo: come spesso lo pronunziano gli stranieri.]
  2. [Otre.]
  3. [Gonfiato.]
  4. [Schifezza, sporcizia.]
  5. [Rispondergli sul serio: col coltello, o almeno co’ pugni.]