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Er pover'omo

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Giuseppe Gioachino Belli

1833 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura Er pover'omo Intestazione 24 giugno 2024 75% Da definire

Li polli de li vitturali Antro è pparlà dde morte, antro è mmorì
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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ER POVER’OMO.

     È una spesce[1] de quer che mme[2] successe,
A mmé, llì da l’Impresa a la Missione.
Passava un prelatino; e un lanternone[3]
De decanaccio[4] je vieniva appresso.

     Io je stese[5] la coppola; e cquer fesso[6]
Sai che mme disse? “Fatica, portrone.„
Ma eh? sso’[7] ppropio sscene? Er bove adesso
Disce cornuto all’asino.[8] Ha rraggione.

     Dimme[9] portrone a mmé, ppe’ ccristallina,[10]
Che cquanno viè[11] la sera che mme corco
Nun me sento ppiù ll’ossa de la schina;[12]

     Mentre che llòro, fijji de miggnotte,[13]
Fanno la vita der Beato Porco
Tra annà in carrozza, maggnà, bbeve[14] e ff.....

29 ottobre 1833.

Note

  1. Specie.
  2. Mi.
  3. Lanternone dicesi ad uomo lungo e mal fatto.
  4. Servitoraccio.
  5. Gli stesi. [La coppola: una specie di papalina. Donde poi scoppola, scapaccione da buttar giù la coppola; e scoppolare, scapaccionare.]
  6. Quello sgarbato.
  7. Sono.
  8. Proverbio.
  9. Dirmi.
  10. Giuramento modificato.
  11. Viene.
  12. Schiena.
  13. Bagasce.
  14. Bere.