Eros (Verga)/XXIX

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Cap. XXIX

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XXVIII XXX
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XXIX.


La contessa avea promesso ad Alberto di scrivergli, ma non ne avea fatto nulla. Ella fu alcun poco sorpresa, e, diciamolo pure, anche indispettita di non veder giungere nessuna lettera del marchesino. Questi, dall’altro lato, incaponivasi a non scriverle perchè ella non s’era curata di mandargli un sol rigo — ed entrambi senza avvedersene, si tenevano il broncio, proprio come due innamorati. La donna combatteva anche colla curiosità d’Eva, e fu vinta la prima.


«Amico mio, gli scrisse, è morto? è vivo? dov’è? Poichè i giornali non recano notizia di lei permetterà alla sua amica che se ne informi direttamente. Ha dunque seguito il mio consiglio? innamorato diggià? o s’è fatto trappista? Promise di venirmi a trovare sul lago fra i 15 e il 20 e ne abbiamo diggià 24!» [p. 153 modifica]

Al ricevere quella lettera Alberto s’era rammentato dei dolci e melanconici tramonti sull’Arno, quando la contessa gli stava accanto pensierosa; ma leggendone il contenuto cadde dal settimo cielo; e come un fanciullo che era, ebbe la temerità di voler lottare sul medesimo terreno e colle armi medesime con chi era più forte di lui; rispose:


«Ho seguíto i suoi consigli: ho viaggiato! sono a Milano, e mi diverto mezzo mondo. Sono innamorato con giudizio di una bella tosa che avevo conosciuta ad un veglione della Pergola, e che rividi qui in una certa osteria suburbana, dove un mio amico — ho molti amici — che prende moglie, ci dava un pranzo da matti per farla finita colle follìe. Si chiama Selene — l’amata — (bel nome da palcoscenico, n’è vero?) ballerina al regio teatro alla Scala, prima quadriglia, marcia in punta di piedi come niente fosse, e ci vogliamo un bene da non dire. Vedendomi ella mi riconobbe subito, e fece un oh! che ci rendeva amici vecchi. Mi chiama biondino. La nostra amicizia è stata facile e pronta, ed è per questo senza una nube. Ella vede dunque, amica mia, che non c’è nulla a temere per la mia testa. Noi non ci strappiamo i capelli, non abbiamo il più meschino geloso da sfidare, o il più piccolo balcone da scalare; non c’è la più innocente lagrima, neppur l’ombra di una vera e grande passione.... Ma tant’è, si campa lo stesso. La mia Selene è molto bella — niente [p. 154 modifica]altro — e mi dice molte cose gentili alla sua maniera, fra le altre che mi vorrebbe bene, fossi anche povero come Giobbe, e che il mio portamonete non ci ha nulla a vedere nella mia felicità. Io le credo sulla parola, e l’ho divezzata dalla birra, ella m’insegna un po’ di meneghino, così ci perfezioniamo a vicenda. Alcune volte, è vero, rimane a fissarmi con tanto d’occhi spalancati — ha occhioni magnifici — come se le stessi a parlar turco; ma sarà perchè non capisce bene il mio toscano, o perchè l’annoio colle mie fantasie: ma le son fantasie e passeranno. A proposito di fantasie, sa? la contessina Manfredini è andata a Castellammare col principe Metelliani — e la mamma, ben inteso, — Son passati per Firenze. Tutti dicevano colà che ci ritornerà o principessa o morta.

«Conclusione: Se mi facessi trappista non avrei torto?»


La contessa stava per rispondere con una lettera che incominciava: «Ella è proprio sulla via di farsi trappista!» ma si pentì e stracciò il foglio. Alberto, che cuocevasi d’avere una risposta, dopo due giorni non seppe più continuare la sua parte, e scrisse:

«Contessa mia, non so davvero perchè, ma son triste come un mortorio; quella povera ragazza non ci ha colpa, ma io nemmeno. Ho deciso di cambiar aria, ed ho bisogno che Ella mi sgridi e mi consigli come un ragazzo che sono. Mi rammento che costà, sulle rive del Lario, ci dev’essere una certa mia villetta, la quale [p. 155 modifica]era destinata ad essere il mio nido nuziale. Scaccio la paura delle nozze, e vengo a rannicchiarmici domani stesso: ne avremo 30 del mese. — Giacchè è scritto che le mie visite debbano giungere sempre in ritardo, vorrà permettermi di presentarmi a lei domani nella sera?»


Leggendo quella lettera la contessa sorrise, e poi si fece seria. Rilesse due o tre volte le poche righe, consultò il calendario, si mise al tavolino per iscrivere, e infine chiuse la lettera nel cassetto, e si alzò.