Eufemio da Messina/Atto quinto

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Atto quinto

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Atto quarto A Luigi mio fratello
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ATTO QUINTO.

Continua la notte. Fuman cupamente le rovine della città.



SCENA I.

Saracini con fiaccole, ALMANZOR.


Almanzor.Per ogni dove la cercaste! ah indarno!
Oh sciagurata donna! incontro forse
Correa all’amante: e l’angiol della morte
Fra le vittime sue lei pure avvolse.
Che mai fia del sultan? Misero! il vidi
Avventarsi di nuovo entro le ardenti
Ceneri di Messina, e ad una ad una
Interrogar quelle ruine, e ovunque
Giurar ch’ei tutta resa avria la gloria
Alla sacra città, purchè mostrata
Gli fosse in vita Lodovica. A lungo
Indivisibil l’orme sue calcai,
Ma le ceneri, il fumo e le cadenti
Torri a lui mi rapian.
Voce d’Eufemio di dentro.                                                  Muori.
Almanzor.                                                                      La voce
Non è questa d’Eufemio? Onde ne venne?
Più nulla s’ode. Ahimè! in periglio è forse.
Di lui volisi in traccia.
Alcuni Saracini.                                                  Eccolo.
Almanzor.                                                                      Eufemio!


SCENA II.

EUFEMIO furibondo colla spada insanguinata, e detti.


Almanzor. Salvo tu sei: parla, che fu? Di caldo
Sangue l’acciaro tuo gronda. Non trova
Accenti il furor tuo.

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Eufemio.                                                  Là Baiazette
Spira. Carco il fellon d’oro, alle navi
Riedea: lo afferro per le infami chiome:
«A te data in custodia era mia donna
(Sclamo); dov’è?» Ch’ei di predar bramoso,
L’abbandonò, mi narra: in cor gl’immersi
Tutto il mio brando. Oh inutile vendetta!
Vane le mie, le vostre indagin fura:
Lodovica non veggio. In mar lo stesso
Baiazet forse la gettava.... Ah, quanta
Sia la ferocia vostra, afriche belve,
Contro i cristiani, io nella strage vidi!...
La donna mia voi m’uccideste!
Almanzor.                                                                      Insano,
Di nostra fè dubitar puoi?
Eufemio.                                                            Qual fede,
Se all’imperante voce mia ribelli
Non frenaste l’eccidio? Appien consunto
Il sacrificio io non volea: le porte
Come atterrate aveva io di Messina,
E il piede vincitor posto nel sangue
De’ cittadini miei, ratto sentii
Placarsi l’ira mia; mi franse il core
Improvvisa pietà, supplici udendo
Quelle prostrate turbe.... ahi qual rimasi,
Molti raffigurando o a me compagni
D’infanzia... o mastri di virtù.... o canute
D’onorande fanciulle e d’eroi madri....
Che me appellavan coi pietosi nomi
Di fratello e figliuol, ciascun pregando
Non pe’ suoi dì, ma per gli altrui! «Fermate
(A voi gridava io vanamente). Eufemio
Il duce vostro in queste mura è nato,
Sacre elle sono.» Oh rabbia! ignoto affetto
Evvi l’amor che per la patria in core
Eterno serba ogni europeo. Dagli avi
Questo affetto eredammo: in noi lo nutre
La domestica istoria, e ad ogni passo

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Un monumento degli eroi che furo;
E lo spirto che in noi ferve assetato
Di fratellevol libertà e d’onore,
Nulla estinguerlo può. Siederà il Moro
Dominator di queste piagge indarno:
Addormentar con l’ignoranza e il ferro
E il torpor de’ suoi barbari costumi
Egli vorrà la conquistata gente:
Ma folle speme fia la sua; segrete,
Sì, converranno, ma immortal le fiamme
D’amor patrio e di gloria, e più tremende
Quanto più ascose.
Almanzor.                                        Che favelli? È insania
Degl’idolatri l’adorar le mura
D’una città; di Maometto i figli
Patria non hanno altra che il campo e il cielo.
Clemenza rea sui vinti era la tua:
Di tal fralezza io vergognai: nemica
Ti fu Messina; a dritto l’atterrammo.
Eufemio. E il perdonar?... ah, virtù questa è arcana
Al cor dell’uom, se in lui mai non discese
La pietà santa del Vangel! Sospinto
Dianzi dal furor vostro io prorompea
Nella magion di Dio; fero terrore
Mi turbava la mente; io vacillava
Plaudendo con ribrezzo alla rapina
De’ sacri arredi. Volger tento il brando
Contro all’altare, e sovra il cor mi sento
Quasi ferrea una man che mi respinge.
Fuggo tra l’ombre, a freddo marmo appoggio
Il vaneggiante capo: oh spaventose
Voci! quel marmo riconosco; ei serra
D’ambo i parenti miei l’ossa onorate.
Che dicesser non so; ben mi ricorda
Che m’appellavan scellerato, e lunghi
Mettean singulti, e nell’avel fremeano....
Quindi ritrarmi voglio. Ecco alla porta
D’infra gli estinti sacerdoti immenso

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Spettro alzarsi Pacomio: il sen, la faccia,
Tutto era sangue.... e si tergea col manto,
E quel manto scotea sovra il mio crine,
E sclamava: Su te spargo la morte!
Eccolo.... ove m’ascondo?... egli m’insegue...
E oh quanta turba di piangenti spettri
Sorge a’ suoi lati! I cari figli al petto
Ogni madre si stringe, ed alla vita
Vorria tornarli co’ pietosi amplessi....
Io tutta spensi quella stirpe! e avanzo
Di lei sol resta un parricida! Ah, conscio
Di mie colpe io non era: un tenebroso
Spirto m’invase; oh patrii alberghi, oh santa
Religïon degli avi miei, te adoro!
Alla croce mi prostro!1
Almanzor.2                                                  Empio, che fai?
Saracini. Egli bestemmia!
Alcuni altri.                                        È un traditor. S’uccida.
Almanzor. I tuoi fedeli a imperversar costringi.
Olà, rispetto s’abbia al duce nostro:
Non la ragion, l'angoscia in lui favella.
Uno o più Saracini.
Ei bestemmiò il Profeta.
Eufemio.                                                            Il maledico,
E voi seco, e me stesso, e i miei trionfi:
E grato emmi il furore, onde a sbranarmi
Desío che vi scagliate: il traditore
Par man di traditori uopo è che muoia:
Ecco, ferite.
Almanzor.                              Me trafigger prima
Dovrete voi. Questo è il mortal che, acceso
Di fatidico spirto, a noi vittoria
In Europa accennava e all’Alcorano.
Dio fu con lui: se il degradò la colpa,
A Dio punirlo, a noi piangerlo spetta.
Eufemio. Cessa, Almanzor. Io a’ benefizi tuoi
Ingrato son; tu....

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Almanzor.                                                  Saracino io sono.
Eufemio.3La tua pietà magnanima.... è il più nero
De’ tuoi misfatti. All’Europeo ramingo,
Nelle arabiche tue tende, ospitale
Ombra e conforto e speme di vendette
Davi, e amicizia: ah, spegnere il dovevi!
Ma infernal l’alma tua d’amistà iniqua
Arse; perocchè lesse entro i miei sguardi
La somigliante orribile natura:
In me l’apostata ami. Esserti grato
No, non mi lice; in te me stesso abborro.
Saracini. Egli insulta Almanzor.
Eufemio.                                             La morte io chieggo,
Dacchè perduta ho Lodovica. Ottuso
Ad ogni senso di virtù è lo spirto
D’uom che de’ suoi compiè la strage: indarno
Me vincer pensi con tue nobili opre:
Io t’abborro, Almanzor; svenami.
Almanzor                                                            Ah scerno
Il tuo furente di morir desio!
No, nol crediate, ei non m’abborre: ei stanco
È de’ giorni suoi miseri, e da noi
Vorriali tronchi. Ma s’adduca a forza
Alle navi con noi: que’ sette colli
Ad atterrar rechiamci, onde si sparge
Per mille rivi idolatria: le nuove
Battaglie e il tempo al valor prisco e al senno
Renderanno il sultano.
Eufemio.                                                  Io trascinato
Da queste piagge ove, sebbene estinta,
Lodovica evvi, e tutto ch’io più adoro?
Arretratevi, infami. Ecco.... il turbante,
Che a Maometto m’agguagliò, calpesto!
A Maometto pari, un impostore
Audacissimo io fui, se non che inique
Più delle sue son le mie gesta; al regno
Della terra ei le sue genti innalzava,

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Io distrussi le mie.
Saracini.                                             Pèra!
Almanzor.                                                            Fermate.
Ossequio eterno gli giurammo.
Eufemio.                                                                      Io posso
Da’ giuramenti vostri empi disciorvi.4
S’ebbi alcun dritto su di voi, ne investo
Il pro’ Almanzor: legge vi sien miei detti:
Novo sultan, condottier vostro ei sia!
Un Saracino grida e tutti gli altri ripetono.
Almanzor è il sultan!
Almanzor.                                             No....
Eufemio.                                                            Vanamente
Schermir ti vuoi. L’ambizïon mia fera
Esca null’altra avea, fuorchè le fiamme
Dell’immenso amor mio; trascorso intero
Il mondo avrei, se ai limiti del mondo
Stavasi Lodovica: ahi, qui la perdo,
Qui cessa ogni mia speme, ogni mia forza,
Ogni sete di gloria e d’uman sangue:
Compiuto è il mio destin! Nè punto giova
Che tu (presago del mio intento) il braccio
Pietosamente mi rattenga....5 E s’anco
Mi strappi il ferro, che ti giova? ho fermo
Di morir.
Almanzor.                    Deh!

Eufemio.                                        L’ira de’ tuoi sfavilla
Orrendamente, mirali. E a che dunque
Mi trarresti alle navi? Io provocarli
Saprò così, che a lor faccia comando
Religïon di non udir tuoi cenni,
E trucidarmi a te dinanzi.
Almanzor.6                                                            Indarno
Vaneggia: niun l’ascolti.
Eufemio.                                                  Io non vaneggio:

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Di Maometto il rio culto rinego,
Abbominevol culto!
Un Saracino.                                             Udiste? Oh infami
Detti!
Tutti i Saracini.          S’uccida!
Almanzor.                                   Olà!
I Saracini.7                                             S’uccida!
Almanzor.8                                                            A costo
Il salverò de’ giorni miei.9 Sottratti.
Lo sciagurato abbandoniam.10 Venite
Meco alle navi: in nome io del Profeta
Ve l’impongo, seguitemi.11 Al tuo fianco
Fra breve riedo, ove lontano ruggia
Il furor delle schiere.12


SCENA III.

EUFEMIO solo.


                                                            Oh generoso!
Dianzi io regnava su quei forti.... Un’ora,
Un instante crollata ha la potenza
Del semidio che misurar col guardo
Devastator già i sommi troni osava!
Un sogno fu la mia grandezza: ogn’uomo
Schernirmi può, dirmisi egual.... A Eufemio
Alcun vivente dirsi egual?... cagione
Bastevol fòra ond’io viver disdegni.
La spada mia!... Che? vilipeso? ah! degna
Morte si cerchi nelle guerre ancora.

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A me di nuovo curvinsi gli alteri
Musulmani stendardi!13 Oh vista! Desso,
Teodoro! il mio re! Ben conoscesti
La smisurata mia voglia d’impero,
Cui niuna legge fatta argin si fòra;
Ed era santo il desir tuo (ma tardo
Fu) di vietar colla mia morte il lutto
Della tua casa e della patria e mio:
La morte d’un eroe salvato avrebbe
Intero un popol da foral sciagura.
Oh quale orror sento di me! No, speme
Nutrir di gloria più non posso. Abbietta,
Com’uom del volgo, inonorata fine
Qui avrommi; qui.... solo.... insepolto.... e forse
Infamemente, per le mute vie
Di quell’arsa città, da pochi miei
Concittadin superstiti, nel sangue
Strascinato.... e la mia polve esecranda
Sparsa ai venti ed al mar.... Che penso? E il nome
Di Lodovica.... pronunciar.... non oso?
Di quai cure diverso ingombrar fingo
La mente mia, se Lodovica piango,
Unica lei? Ma....14 Non m’inganno?... sorge
Sovra il cubito suo l’estinto vecchio!...
Di rimembrar la figlia sua mi vieta!
Che dice? «Muori!» Obbedïente servo
Ridivenirti vo’; chi mi dà un ferro,
Ond’io sbrami tua sete?

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SCENA IV.

LODOVICA scapigliata, fuori di sè, comparisce in fondo alla scena col pugnale brandito, e vede EUFEMIO nell'atto che egli, curvandosi vicino a TEODORO, cerca una spada.


Lodovica.15                                                  Eufemio? Ah, insulta
Al cadaver paterno! O iniquo, muori.16
Eufemio. Tu, Lodovica, e puoi? Ma giusta ammenda
È questa. Oh, ti riveggio; a te sien grazie!
Dolce m’è da tua mano.... anco la morte.17
Lodovica.... perdona. Ohimè! non odi!
Fuor di te sei?... tu inorridisci....
Lodovica.18                                                            Il padre!
O Eufemio, il padre!
Eufemio.                                             Egli ten fea comando?
Sacro comando ei feati. Io per la mano
Muoio di chi adorai.... come Dio solo
Adorato esser dee!19 Fuggimi: io sono
Di mia fraterna gente il parricida:
Un infame son io. Che sento? ah, fuggi!
D’Almanzor che ritorna odo la voce.....


SCENA ULTIMA.

ALMANZOR, e detti.


Almanzor.20Misero amico! Allontanata ho l’ira
De'musulmani brandi: ove sei?
Eufemio.                                                                 Vieni....
Almanzor.21Che veggio?
Eufemio.                              Accogli il mio sospiro estremo.

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Almanzor.Oh sciagura! Chi osò? Tu stesso....
Eufemio.                                                                      Iddio
Mi colpì! non biasmarlo.
Almanzor.                                                       E costei?...
Eufemio.                                                                      Lassa!
Vedi lo stato orribil suo: di lei
Pietà prendi, ten supplico: a’suoi’ detti,
Checchè dal labbro il dolore le strappi,
Non creder, no. Tu piangi?... Oh fido petto!
Ultima d’amistà.... prova mi dona.
Almanzor.Si.
Eufemio.     Questa derelitta in qualche albergo
Di cristiani ricovra, onde a solingo
Chiostro ritorni.... O Lodovica, il cielo,
Con penitenti lagrime tu forse
Schiudermi puoi! Giura, Almanzor, che vana
Prece.... non fo.... morendo....
Almanzor.                                                            Eufemio, il giuro!
Oh cielo! ei muore. Lodovica....
Lodovica.22                                                                      Io sono,
Io che l’uccisi!
Almanzor.                                             ... Ah, non s’ascolti: e il cenno
Dell’infelice eroe tosto s’adempia:
Quindi le saracine armi da questo
Malaugurato suol traggansi lunge!23

Note

  1. S'inginocchia.
  2. Rialzandolo.
  3. Fa un movimento di riconoscenza, poi passa allo sdegno.
  4. Con accento solenne.
  5. Almanzor gli toglie la spada.
  6. Ai suoi guerrieri.
  7. Tumultuando più forte.
  8. Rotando coraggiosamente la scimitarra contro i guerrieri, gli allontana.
  9. Essendosi scostate le turbe, Almanzor ritorna verso Eufemio, e lo spinge distante da esse.
  10. Ai Saracini.
  11. Ad Eufemio.
  12. Parte co’ guerrieri.
  13. Prende una fiaccola che ardeva in terra e va per avviarsi, ma s’arresta colpito.
  14. Guarda Teodoro e retrocede atterrito.
  15. Fermandosi in fondo.
  16. Lo ferisce, indi retrocede con grande spavento, e resta quasi impietrita simile ad una Niobe.
  17. Vacillando le si avvicina.
  18. Vorrebbe, ma non può parlare: finalmente le escono le seguenti grida con voce di terrore.
  19. Cade, e Lodovica fa un passo verso lui.
  20. Dal fondo della scena chiamando.
  21. Accorrendo a lui.
  22. Stata quasi sempre immobile si scuote.
  23. Nell’atto che conduce via Lodovica, si cala il sipario.