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Fama, che d'auree piume

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Canzoni Letteratura Fama, che d’auree piume Intestazione 13 giugno 2023 75% Da definire

Quando Febo al re Ferèo Alcun giorno
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni di Gabriello Chiabrera


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IV

Fama, che d’auree piume
     Tutta guernita il tergo
     Di non fermare albergo
     Hai per fermo costume;
     5Te non torbido fiume,
     Te non mar procelloso
     Co’ fier muggiti arresta;
     Ma su giogo nevoso,
     Ma tra folta foresta
     10Vai pronta, vai leggiera
     Eterna messaggiera,
Con occhi vigilanti
     Trasvoli notte e giorno;
     E canti d’ogni intorno
     15Con lingue di diamanti;
     Canti de’ gran regnanti,
     Canti del vulgo scuro:
     Nè mortale accidente
     Da’ tuoi canti è securo;
     20Pur via più vivamente
     Disveli i varj ardori
     Degli amorosi cori.
Che Medea tanto ardesse
     A’ raggi di Giasone,
     25E che sul vago Adone
     Idalia si struggesse;
     Ch’Ippomene giungesse
     La fuggitiva amata,
     Tu ci racconti; e conti
     30Semele fulminata;
     D’Ermafrodito i fonti;
     L’Augel Ganimedeo;
     E’l corso Aretuseo.
Divulghi a meraviglia
     35Pietate e feritate
     E pregi di beltate
     Begli occhi e belle ciglia:
     Ma s’altri a mirar piglia
     Per l’amorosa istoria
     40Chiusa nel tuo bel canto,
     Non sente far memoria
     Dell’ammirabil vanto,
     Che’n amor più si prezza,
     Cioè vera fermezza.
45Nel petto al grande Alcide,
     E di Teseo nel core
     Fior di sì fatto amore
     Non mai per te si vide:
     Via meno il fier Pelide
     50Fatto amator godea
     Titolo tanto egregio;
     Ma se per sorte, o Dea,
     Esempio di tal pregio
     Hai di veder desío,
     55Mostrarloti voglio io.
Io d’un volto sereno
     Almo splendor mirai,
     E da sì cari rai
     Tutto avvampommi il seno:
     60Nè che venisse meno
     Ivi l’accolto ardore,
     Il valse a fare orgoglio;
     Nè sdegno, nè rigore,
     Nè forza di cordoglio,
     65Ne sforzo di martíre,
     Nè vïolenza d’ire.
Emmi sì caro il foco
     Di sì somma bellezza,
     Ch’io sostengo ogni asprezza
     70Come soave gioco:
     Ognora in ogni loco
     Tanta beltà vagheggio;
     Se sorge il Sol dall’onde,
     Nell’Alba io la riveggio;
     75E s’ei nel mar s’asconde,
     Nel sen dell’aria oscura
     Cintia la mi figura.
In fresca aura che mova,
     In vago fior di piaggia,
     80In pianta aspra selvaggia
     Il mio pensier la trova,
     Ed invan si riprova
     Novo arco, e novo dardo
     Farmi piaga amorosa;
     85Che nebbioso ogni sguardo,
     Ogni guancia rugosa,
     Ogni chioma canuta
     È per me divenuta.
Vile ed ignobil merto
     90Cui non si dà mercede
     Per sempiterna fede,
     Meco non fia per certo:
     Veggano il fianco aperto
     Gli occhi che mi feriro
     95Fin che rimango in vita;
     E l’ultimo sospiro
     Dell’estrema partita
     Col nome tuo s’invii,
     O fin de’ miei desii.