Favole di Esopo/Favola d'Arione, ed un Delfino

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Favola d'Arione, ed un Delfino

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Esopo - Favole di Esopo (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Favola d'Arione, ed un Delfino
Del Ragno, e della Podagra Di un Sorcio nato in una cesta
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Favola d’Arione, ed un Delfino. 238.


A
rione nobile Musico, e fu Merihymneo e fu amato grandemente da Pereandro Re de’ Corinti. Egli con l’Arte della Lira andò peregrinando per il Mondo, e guadagnò assai, e dopo alcuni anni determinò tornare a Corinto. Trovando alcuni naviganti di quel paese, si pose in Nave con quelli. Essi vedendolo assai ricco d’Oro, ed Argento deliberarono ammazzarlo, il quale come ciò intese, gli pregò, che innanzi, che l’ammazzassero lo lasciassero cantare un poco: ed essi gli fecero questa grazia avanti, che lo gittassero in Mare. Arione si arecò nella Poppa con la Lira, e mirabilmente [p. 230 modifica]cantò, come il Cigno, il suo crudel caso, sperando di commovere i Naviganti a pietà ma vedendoli duri, si gittò da se in Mare. I Naviganti andarono per il lor viaggio: Un Delfino sopra se lo prese, e lo portò sicuro in Laconica, ed esso poi andò a Corinto, è narrò al Re come la cosa sua era successa, e come era stato portato da un Delfino, ed il Re questa cosa non credette. Indi a poco tempo venendo, i Naviganti in Corinto furono dimandati se avevano inteso cosa alcuna di Arione. Essi risposero, che stava in Italia, ed era molto apprezzato. In questo apparve Arione con que’ medesimi vestimenti, e con la lira, come era quando si gittò in Mare. I Naviganti stupefatti non poterono negare il fatto, e furono castigati secondo il loro delitto.

Sentenza della favola.

Alle volte regna maggior clemenza negli animi bruti, che negli uomini, che non hanno altro di buono, che il nome.