Filocolo/Libro quarto/127

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Libro quarto - Capitolo 127

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Libro quarto - Capitolo 127
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Mossesi sanza ordine la scelerata masnada, e allegri del male operare salirono le disusate scale e pervennero alla bella camera, la quale ancora come l’amiraglio lasciata l’avea trovarono. Passano dentro, e veggono i due amanti abbracciati dormire: maravigliansi delle bellezze di ciascuno. Ma già per questo niuna pietà ramorbidisce i duri cuori: le scelerate mani legano i giovani colpevoli per soperchio amore. Niuno da tanta crudeltà si tira indietro, ma ciascuno più volentieri li stringe, e prendendo diletto di toccare la dilicata giovane, per merito di quello aggiungono più legami. Toccano le ruvide mani le dilicate carni, e gli aspri legami e duri li stringono, e li disordinati romori percuotono l’odorifero aere; per che i due amanti stupefatti si svegliano. E veggendosi intorno il disonesto popolo, si volsero levare per fuggire, ma i non ancora sentiti legami li ’mpedirono; e non vedendosi alcuno altro aiuto o rimedio, con dolorosa voce domandano che questo sia. Con vergognose parole è loro risposto: - Voi siete per le vostre opere morti -. La miseria, nella quale la non stante fortuna gli avea recati, niuna risposta lascia porgere convenevole a’ dolenti prieghi. Biancifiore, in reale eccellenzia vivuta infino a qui, ora come vilissima serva trattata, è dispregiata da’ disonesti parlamenti della sconvenevole gente. E Filocolo, al quale i maggiori baroni soleano porgere dilicati servigi, percosso e con le mani e con villane parole, da’ più vili è schernito. Biancifiore piange né sa che dire, e stordita non può pensare come avvenuto sia il doloroso accidente. E il romore multiplica per la torre: corre Glorizia e corrono l’altre damigelle; ciascuna prima si maraviglia, poi per pietà piange, e la bella sala, che mai dolente voce sentita non avea, ora di quelle ripiena risonando mostra il dolore maggiore. Niuna può a Biancifiore soccorso donare, ma disiderose della sua salute, lagrime e prieghi per quella porgono agl’iddii. Niuna si fa schiva di rimirare lo ignudo giovane, ma notando le sue bellezze, col pensiero menomano la colpa di Biancifiore. I contrarii fati sospingono i sergenti ad affrettarsi d’adempiere il comandamento del signore, per che i due amanti legati sono collati con lunga fune giù della torre: e acciò che ad alcuno non sia occulto il commesso peccato, vicini al prato rimangono sospesi. La rapportatrice fama con più veloce corso rapporta il male e in un momento riempie i vicini popoli dell’avvenuto male: per che con abandonato freno ciascuno corre al disonesto strazio, vaghi di vedere ciò che pietà fa loro poi debitamente spiacere. I sergenti votano la torre di loro, e armati con molti compagni guardano che alcuno non s’avvicini a’ pendenti giovani. I quali tanto così legati pendono, quanto nel duro petto dell’amiraglio pende qual pena a tale offesa voglia dare; ma poi che con diliberato animo elesse che la loro vita per fuoco finisse, comanda che nel prato siano posati, e quivi in accesi fuochi siano sanza pietà messi, acciò che di loro facciano sacrificio a quella dea, le cui forze agli sconvenevoli congiugnimenti gli condusse. Udito il comandamento, i fuochi s’accendono, e i due amanti sono messi in terra, e ignudi con sospinti passi sono tirati all’ardenti fiamme.