Filocolo/Libro quarto/33

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Libro quarto - Capitolo 33

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- Io - disse Menedon - consento che sia come voi dite, in quanto da voi è detto, ma a me pare che ciascuno degli altri fosse più liberale, e udite come. Egli è ben vero che ’l primo concedette la donna, ma in ciò egli non fece tanta liberalità quanto voi dite; però che se egli l’avesse voluta negare, giustamente egli non poteva, per lo giuramento fatto dalla donna, che osservare si convenia: e chi dona ciò che non può negare ben fa, in quanto se ne fa liberale, ma poco dà. E però, sì com’io dissi, ciascuno degli altri più fu cortese, però che, come io già dissi, Tarolfo avea già lungo tempo la donna disiderata e amata sopra tutte le cose, e per questa avere avea lungamente tribolato, e mettendosi per satisfazione della dimanda di lei a cercare cose quasi impossibili ad avere, le quali pure avute lei meritò di tenere per la promessa fede: la quale, sì come noi dicemmo, tenendo, non è dubbio che nelle sue mani l’onore del marito, e il rimetterle ciò che promesso gli avea, stava. La qual cosa egli fece: dunque dell’onore del marito, del saramento di lei, del suo lungo disio fu liberale. Gran cosa è l’avere una lunga sete sostenuta, e poi pervenire alla fontana e non bere per lasciare bere altrui. Il terzo ancora fu molto liberale, però che, pensando che la povertà sia una delle moleste cose del mondo a sostenere, con ciò sia cosa ch’ella sia cacciatrice d’allegrezza e di riposo, fugatrice d’onori, occupatrice di virtù, adducitrice d’amare sollecitudini, ciascuno naturalmente quella s’ingegna di fuggire con ardente disio. Il quale disio in molti per vivere splendidamente in riposo s’accende tanto, che essi a disonesti guadagni e a sconce imprese si mettono, forse non sappiendo o non potendo in altra maniera il lor disio adempiere: per la qual cosa tal volta meritano morire, o avere delle loro terre etterno essilio. Dunque, quanto deono elle piacere e essere care a chi in modo debito le guadagna e possiede! E chi dubiterà che Tebano fosse poverissimo se si riguarda ch’egli, abandonati i notturni riposi, per sostentare la sua vita, ne’ dubbiosi luoghi andava cogliendo l’erbe e scavando le radici? E che questa povertà occupasse la sua virtù ancora si può credere, udendo che Tarolfo credeva da lui essere gabbato, quando di vili vestimenti il riguardava vestito; che egli fosse vago di quella miseria uscire e divenire ricco, sappiendo ch’egli di Tesaglia infino in Ispagna venne, mettendosi per li dubbiosi cammini e incerti dell’aere alle pericolose cose per fornire la ’mpromessa fatta da lui e per ricevere quella d’altrui, in sé si può vedere: chi a tante e tali cose si mette per povertà fuggire, sanza dubbio si dee credere che egli quella piena d’ogni dolore e d’ogni affanno essere conosce. E quanto di maggiore povertà è uscito e entrato in ricca vita, tanto quella gli è più graziosa. Adunque, chi di povertà è in ricchezza venuto, e con quella il vivere gli diletta, quanta e quale liberalità è quella di chi quella dona, e nello stato, ch’egli ha con tanti affanni fuggito, consente di ritornare? Assai grandissime e liberali cose si fanno, ma questa maggiore di tutte mi pare: considerando ancora alla età del donatore che era vecchio, con ciò sia cosa che ne’ vecchi soglia continuamente avarizia molto più che ne’ giovani avere potere. Però terrò che ciascuno de’ due seguenti aggia maggiore liberalità fatta che ’l primo, e ’l terzo maggiore che niuno -.