Filocolo/Libro quinto/23

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Libro quinto - Capitolo 23

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Risero delle parole di costei le stolte compagne; e poi la quarta di loro, chiamata Annavoi, disse: "Perché in tante parole ci distendiamo? Veramente nell’iddii né potenza, né senno, né bellezza dimora: e ancora più, essi detti misericordiosi da tutti i viventi, di quella niente hanno. Pietà niuna in loro si trova: tiranni e usurpatori sono dell’altrui cose. E che feci io già in dispetto di Diana, la quale vendicatrice dea è chiamata? Non le levai io con la mia bellezza e con la forza della mia lingua, delle quali due cose io fui sopra tutte le partenopensi giovani dotata, cinque fedelissimi servidori l’uno dopo l’altro, avvegna che d’età fossero dispari, però che i due già vicini erano all’arco sopra il quale umane forze più non s’avanzano ma vengono mancando, e gli altri due ancora quelle guance mostravano che dalla madre recarono, e ’l quinto non piena la barba a maggior quantità la serbava per iscemarla? Certo sì. Costoro e con la bellezza degli sfavillanti occhi e con la dolcezza del mio parlare, per lo quale meritai Sirena essere chiamata, legai io sì nelle mie reti, che avendo loro fatti gittare gli archi co’ quali prima per li boschi servivano Diana, prima de’ loro tesori con soave mano li privai, e quelli sotto la mia balia ascosi, cavando loro poi del sinistro lato i sanguinosi cuori, li lasciai sanza vita. Quale vendetta mai di questo si vide? Niuna certo: e perché? Perché la potenza della parte offesa non era tale, e le vendette seguono i meno possenti. Io tale quale sia essa non la curo: e cessi del mio petto che io mai più in tale errore viva, che dii o dee creda che sieno o li coltivi o porga prieghi. Noi siamo dee, e quelli uomini che ci piacciono nostri iddii: e quali celesti regni più belli che questi nostri si poriano trovare? Noi siamo tra quelle cose di che coloro, i quali l’errore rustico chiama iddii, si tengono signori. Chi dubita che miglior partito ha chi nella sua città guarnito dimora, che chi di lontano agognando se ne chiama signore? Noi belle, noi savie, noi possenti siamo e saremo quanto il secolo si lontanerà, e degne di quello onore che Giove e gli altri ingiustamente s’hanno usurpato".