Filocolo/Libro terzo/13

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Libro terzo - Capitolo 13

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Udite queste cose, Florio sospirando disse: - Amici, ben conosco voi prontissimi alla mia salute, e veggo apertamente che la mia vita vi duole, né similemente occulti mi sono i diletti che prendere potrei, a’ quali con tanta efficacia v’ingegnate di trarmi, pensando che io forse del senno sia uscito, perché pure in dolore pensando dimoro: ora, acciò che voi conosciate come io sia a quelli prendere disposto, e ancora come voi del mio dolore non vi dovete maravigliare, io vi voglio dire qual sia la mia vita. Dico che diverse imaginazioni e pensieri m’occupano continuamente, delle quali alcuna ve ne dirò. Primieramente io sopra tutte le cose disidero di vedere Biancifiore, sì come quella che più che niuna altra cosa è da me amata. E dicovi che tante volte, quante ella nella memoria mi viene, tanto questo disio più focoso in me s’accende e togliemi sì da ogni altro intendimento, che se allora io la vedessi, crederei più che alcuno iddio essere beato; e sentendomi questo essere levato, solamente perché io l’amo, e non per altro accidente, niuno dolore è al mio simigliante. Appresso questo, io vivo in continua sollecitudine della sua vita, temendo non ella, la quale so che m’ama come io lei, sostenga simili dolori a quelli che io sostengo, li quali, però che di più debole natura è che io non sono, dubito non la offendano o di gravosa infermità o di morte. E troppo più mi fa della sua vita dubitare l’acerbità del mio padre e della mia madre, li quali io sento prontissimi, e vederli mi pare, insidiatori della vita di lei. E niuna cagione falsa è che a lei inducere possa morte, che non me la paia vedere andare cercando al mio padre per fornire il suo falso volere, il quale altra volta gli venne fallito: e non pensa il misero che quella ora ch’ella morrà io non viverò più avanti. E in gravosissimo affanno mi tiene gelosia, e la cagione è questa: le giovani donzelle sono di poca stabilità e per la loro bellezza da molti amanti sogliono essere stimolate: e gl’iddii, non che le femine, si muovono per li pietosi prieghi a far la volontà de’ pregatori. Io sono lontano da lei, né vedere la posso, né ella me; molti giovani credo che la stimolano per la sua bellezza, la quale ogni altra passa: or che so io, se ella non potendo aver me, se ne prenderà alcuno altro, posto ch’ella non possa migliorare? Elli si suol dire che le femine generalmente hanno questa natura, ch’elle pigliano sempre il peggio. Con questi pensieri n’ho molti altri, li quali troppo penerei a volerli particolarmente spiegare; ma di loro vi dico che essi impediscono tanto la mia vita, che essi me l’hanno recata a noia; e per minor pena disidererei la morte, la quale ancora non pena riputerei, se gl’iddii donare la mi volessero, ma graziosa gioia. Veder potete come io mi posso a prendere alcuno diletto trarre: solo mio bene e sola mia gioia è il pensare a Biancifiore, e questo è quello che la poca vita che rimasa m’è, mi tiene nel corpo. Onde io vi priego che se la mia vita amate, non mi vogliate torre il poter pensare -.