Filocolo/Libro terzo/14

Da Wikisource.
Libro terzo - Capitolo 14

../13 ../15 IncludiIntestazione 17 settembre 2008 75% letteratura

Libro terzo - 13 Libro terzo - 15

Cominciò allora il duca così a parlare: - Ben ci è manifesto te essere da tanti e tali pensieri stimolato, quanti ne conti, e da molti più. Ma tu non dei però volere con morte dar luogo al pensare più tosto che con diletto prolungare la tua vita, acciò che più tempo pensar possi. Onde, se nullo priego dee valere, noi ti preghiamo che tu prenda conforto, e da cotesti pensieri con continui diletti ti levi; e se t’è forse occulto, come tu nel tuo parlar dimostri, la cagione per che dei pigliar diletto, noi non ce ne maravigliamo, però che in così fatti affanni le più volte il vero conoscimento si suole smarrire. Ma noi, che di fuori da tale tempesta dimoriamo, conosciamo quali sieno le vie da uscire di quella: e però non ti siano gravi alquante parole, le quali se, ascoltate, metterai in effetto, ti vedrai sanza periglio venire a grazioso porto. Tu ti duoli del focoso disio che ti stimola di vedere Biancifiore però che vedere non la puoi. Certo ben credo che ti dolga; ma credi tu per questo dolore, che tu te ne dai, più tosto vederla? Certo no. Dunque sperando confortare ti dei, e dare alquanto sosta al presente disio, conoscendo, come tu fai, che al presente fornire non lo puoi con tuo onore. Pensa che la fortuna non terrà sempre ferma la rota: così come ella volvendo dal cospetto di Biancifiore ti tolse, così in quello ancora lieto ti riporrà. Similemente ti dico del pensiero che porti, non Biancifiore, per l’amore che ti porta, sostenga o gravosa infermità o morte, ciò è vano pensamento: e per niente il tieni, però che amore mai non porse morte ove le parti fossero in un volere. "Che ella infermasse io il disidererei, solo che per amore fosse, pensando che per quella infermità potrei conoscere me da lei tanto amato, che sì fatto accidente ne le seguisse per lo non potermi avere": oimè, quanto più è da pensare della sanità, la quale i sonni interi e le malinconie lontane essere dimostra: e però questo del tutto dei lasciare andare. Se dubiti non il tuo padre forse, come già fece, la voglia offendere, ciò non è da maravigliare, ché noi di niuna cosa abbiamo tanta ammirazione, quanto che egli ha tanto sofferta la sua vita, sappiendo come sia fatta quella che tu per lei meni. Onde ti dico che tenendo la maniera che fai, ragione hai di dubitare; ma volendo prendere conforto e seguire la via che io altra volta ti mostrai, niuna dubitazione te ne bisogna avere, ché io ti giuro per l’anima del mio padre che il re ama Biancifiore quanto figlia, e niuna cosa ad ira il potrebbe muovere contro ad essa, se non la tua sconcia vita. Se vuoi dire che gelosia ti stimoli, questo è contro a quello che davanti dicesti, cioè che Biancifiore più che sé t’ami, però che gelosia non suol capere se non in luoghi sospetti, e tu prima affermi niuna sospezione esserci, e appresso di’ te esser geloso. Ma certo, come che tu parli, a me pare che niuna cosa sia tanto amata da Biancifiore quanto tu se’: onde per questo niuno pensiero di lei avere ti conviene. Appresso, chi sarebbe quella sì folle, che avendo l’amore d’un così fatto giovane come tu se’, bello, gentile, ricco e figliuolo di re, lasciasse quello per niuno altro? Se vuoi dire: "le femine pigliano sempre il peggio", questo non s’intende per tutte, ma solamente per le poco savie, la qual cosa ancora negli uomini si truova. E veramente Biancifiore è savissima, e ciò nel suo portamento e nelle sue operazioni è manifesto. Or dunque, pensando bene queste cose, chi dovrebbe più confortarsi di te? Tu bello, tu ricco, tu gentile, tu amato da colei che tu ami, per amore della quale dovresti sempre pensare di vivere in modo che grazioso e sano le ti potessi presentare. Se simile caso fosse in me, io mi terrei oltre misura caro per più piacerle, né per niuna cosa disidererei tanto la vita lunga, quanto per lungamente poterla servire. E tu, più vinto da ira e da malinconia che consigliato dalla ragione, cerchi la morte per conforto, e sempre in pensieri e in dolore dimori, e vai imaginando quelle cose le quali né vedesti né vedrai già mai, se agl’iddii piace. Folle è colui che per li futuri danni sanza certezza spande lagrime, e in quelle più d’impigrire si diletta, che argomentarsi di resistere a’ danni. Deh, se tu se’ uomo come sono gli altri, giovino tanti conforti, quanti noi ti diamo: vaglia il mostrarti la verità, come noi mostriamo! E non indurare pure sopra il tuo non vero parere: rallegrati che tanto manca il senno quanto il conforto ne’ savi -.