Filocolo/Libro terzo/5

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Libro terzo - Capitolo 5

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Non poté il duca, che con dolente animo ascoltava quello che non gli era mica occulto, vedendo Florio supino ricadere sopra il suo letto, ritenere le lagrime con fortezza d’animo; ma pietosamente piangendo, si recò lo ’nnamorato giovane, a cui in vista niuno sentimento era rimaso, nelle sue braccia; e rivocati con preziosi liquori gli smarriti spiriti ne’ loro luoghi, così gl’incominciò a dire: - Valoroso giovane, assai compassione porto alla tua miserabile vita, tanta che più non posso, e forte mi pare a credere che vero sia che tu da amore così compreso sii come tu narri, con ciò sia cosa che amore sia sì nobile accidente, che sì vile vita non consentiria menare a chi lui tiene per signore, come tu meni; e io l’ho già provato: e massimamente avendo tu vera cagione di doverti rallegrare come tu hai, se io ho bene le tue parole ascoltate. Tu, secondo il tuo dire, ami più ch’altra cosa Biancifiore e similemente di’ che più che altra cosa ella te ama. Adunque se tu ben riguarderai a quel che io intendo di dirti, niuno uomo maggiore festa fare dee di te, né essere, secondo la mia oppinione, più allegro, però che quello che più amando si disidera si è d’essere amato; però che, se tutte l’altre cose, che ad amore s’appartengono, sanza questa s’avessono, niuno intero bene né diletto porgere porieno, però che gli animi sarieno disiguali. Dunque questo più che gli altri amorosi beni è da tener caro. A questo acquistare suole essere agli amanti molto affanno e noia, il quale se procacciando l’acquistano, tutta la loro fatica pare loro essere terminata, o la maggior parte: e di questo è l’antica età tutta piena d’essempli. Già hai tu inteso quello che Mimaleone sostenne da Ileo per acquistare la benivolenza d’Atalanta: quante volte portò egli sopra i suoi omeri le pesanti reti, e l’altre necessarie cose alle cacce, per acquistare quella, in servigio della cruda giovane, e quanto contentamento giunse nell’animo d’Aconzio, sentendosi con inganno avere acquistato l’amore di Cidipe? Questo amore tu l’hai dirittamente. Per questo niuno affanno ti conviene durare. Niuna turbazione né malinconia dovresti avere nell’animo. E avendo questo, come tu hai, gelosia e ogni spiacevole sollecitudine dovria essere lontana da te: e là ove tu ti contristi, ti dovresti dell’acquistato bene rallegrare. Ancora ho compreso nel tuo parlare te avere gl’iddii e la virtù del tuo anello in aiuto. Or qual cosa pensi tu che contraria ti possa essere, se sì fatto aiuto hai con teco, come è quello degl’iddii, alla cui potenza niuna cosa può resistere? Lascia piangere a’ miseri alle cui sollecitudini solo il loro ingegno è rimaso aiutatore. Tu dei pensare che avendo gl’iddii cura de’ tuoi bisogni, se essi non concedono che tu al presente sii con la tua Biancifiore, non è sanza gran cagione. L’uomo non sa delle future cose la verità: a loro niuna cosa si nasconde. Tu dei credere ch’essi pensano alla tua salute, e io credo sanza dubbio che questa dimora non sia sanza gran bene di te. Il loro piacere si dee pazientemente sostenere. Se elli volessero, tu saresti ora con lei; e il volere contra ’l piacer loro andare fece alla molta gente di Pompeo perdere il campo di Tesaglia, assaliti dal picciolo popolo di Cesare. Mostra ancora che molto ti dolga l’essere stata Biancifiore voluta dal tuo padre fare morire, la cagione della qual morte dubiti non sia stata il re avere saputo te dolorosa vita menare per lei, e temi forse non a simile caso ritorni: la qual cosa se ritornasse non saria maraviglia, ma ragione, con ciò sia cosa che tu conosca il tuo padre muoversi ad ira contra Biancifiore per te, che tristo per lei vivi; e tu, non come disideroso della vita di Biancifiore, ti rallegri per che ella viva, ma in pianti e in dolori consumi la tua vita per abreviare la sua. Certo non è questo atto d’amarla, ma di mortale odio è sembiante. E posto che mai nulla novità seguire le dovesse dal tuo padre per lo tuo attristarti, sì dei tu volere il bene e il conforto e l’allegrezza di lei, se così l’ami, e se ella così t’ama come tu di’: le quali cose tu cerchi di torle, menando la vita che tu fai, però che tu dei credere che se questo le sarà raportato di te, ella di dolore si consumerà sentendo che tu ti dolghi. Adunque niuna cagione né ragione vuole che tu questa vita meni. Tu ami e se’ amato, de’ quali il numero è molto piccolo a cui questo avvegna, tu se’ con l’aiuto degl’iddii, i quali hanno sempre sollecitudine della tua salute, e questo hai tu per opera veduto. Dunque confortati; e se per te non ti vuoi confortare, confortati per amor di lei e di noi, acciò che ella e noi abbiamo ragione di rallegrarci. Ben se’ lontano a lei, che credo che sanza comparazione ti sia noioso; ma non si può sì dolce frutto, come è quello d’amore, gustare sanza alcuna amaritudine; e le cose disiderate lungamente giungono poi più graziose. A Penolope parea dolce appressarsi alla morte, sperando che ogni domane dovesse tornare Ulisse prima da Troia, e poi non sappiendo da che luogo. Pensa che tu non sarai tutto tempo qui, né sanza lei. Se io fossi in tuo luogo, io userei per più sano consiglio il simulare. Io mostrerei, faccendo festa, che più di Biancifiore né mi calesse né me ne ricordassi, e ristrignerei l’amorose fiamme dentro con potente freno. Forse, così faccendo, il tuo padre si crederebbe che dimenticata l’avessi, e concederebbeti più tosto il tornare a rivederla. Quello che detto t’ho tu hai udito, e io te l’ho detto sì come colui che in simil caso il vorrei da altrui udire; ma non per tanto se altro consiglio più savio vedessi, arditamente lo scuopri a me, ché io non intendo di contradirti né partirmi mai dal tuo piacere. Priegoti quanto più posso, come congiunto parente e vero amico, che da te ogni paura e pensiero cacci, perciò che delle tue dubitazioni di lieve accertare ci possiamo. E i pensieri, come di sopra t’ho detto, non dei avere: e però levati su, e vinca il tuo valore i non dovuti pensieri i quali t’occupano per lo solingo ozio. Piglia alcuni diletti, come per adietro abbiamo già fatto, acciò che in quello né i pensieri t’assaliscano, né la tua vita sì vilmente si consumi. In questo mezzo spero che gl’iddii per la loro benignità provederanno graziosamente a porre debito fine a’ tuoi disiderii, forse ora da te né da alcuno già mai pensato -.