Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 23
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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 23 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
I» QUALE covro E AVUTA
Al presente la musica
In Italia.
}c?-/V^?na delle cagioni per le quali
■ife- le arti spettanti al teatro lirico
I&onon progrediscono in Italia
nello splendido modo a cui
dovrebbe darle diritto il vivacissimo
naturale ingegno del suo popolo,
è senza dubbio il poco conto in che la
musica è avuta tra noi al tempo presente.
Parrà questa a primo tratto una bizzarra
e impertinente assertiva, ma noi pensiamo
che non varrà a cpnfularla il rispondere
additando i teatri zeppi di spettatori;
i tanti impresarj orgogliosi delle loro
ricchezze; le anticamere degli agenti teatrali
rigurgitanti di virtuosi che si affollano
per essere inscritti nell1 immenso catalogo
di quell’esercito artistico melodrammatico
che con tanta irrequietudine si agita
tra l’uno e l’altro confine del gran stivale;
i maestri, i professori di musica d1 ogni
genere affaccendati, ecc. Tutti questi fatti
indicano veramente che la musica mena
un gran rumore nella nostra Italia, e che
lo spirito di traffico ha pur trovato il
modo di convertire i diversi rami dell’arte in altrettante professioni lucrose,
intorno alle quali si dimena irrequieta ed
affannosa una turba più presto sospinta
dal bisogno di sostentamento che non dal
vero amore dei più eletti piaceri dell’arte
stessa; ma non provano per nulla che ella
sia avuta nell’alto conto in che dovrebbe
tenersi, ove pur si volesse poterne degnamente
vantare i progressi.
Onde procedere coll1 ottimo mezzo dei
confronti, cominciamo a gettare uno sguardo
ad altri paesi d’Europa, ove non si può pretendere
come da noi ad una incontrastata
superiorità nella musica, e vediamo un po’
se ivi l’arte di Guido d’Arezzo non si onora
molto più, e non con sole vuote ciance e
schiamazzi inutili, ma si con sodi studii ed
importanti istituzioni.
In Inghilterra, ove l’istinto musicale è
pressoché nullo ed ove il genio della melodia
è sì povera cosa paragonato a quello
onde risplende il nome italiano, in Inghilterra
si ha l’arte in molto maggior conto.
- E ci spieghiamo:
Colà i principali giornali scientifici e letterarii
escono spesso con assennate e meditate
dissertazioni sopra argomenti di dottrina
e di estetica musicale; colà i dotti
più stimati non isdegnano tal fiata di leggìi
gere dinanzi ai corpi accademici de1 lunghi
ed elaborali discorsi intorno alla parte storica
e filosofica della musica; colà le più
accreditate Riviste letterarie non si fanno riguardo
di interpolare alle più fine dissertazioni
di politica e di scienze, dei lunghi
articoli musicali, delle diligenti disquisizioni
sul valore delle diverse scuole; e ne ricorda
di avere letto tempo fa sulla Quartrely
Reviecv^ se non isbagliamo, la più estesa ed
ingegnosa disamina del sistema di composizione
del nostro Rossini che mai stasi
finora dettata intorno al grande compositore;
e quello scritto era lavoro di un erudito
statista inglese, il quale non aveva
sdegnato di dedicare le sue meditazioni ad
un tema che sembrerà frivolo solo a coloro
che non sono capaci di pensare di quanta
efficacia la musica può essere sul civile
progresso delle società. Più di un giornale
vanta la Gran Brettagna appositamente consecrato
agli studii teoretici ed estetici della
musica, e l’Hat nio11icori e la Cecilia sono
accreditatissimi presso i dotti musicali.
Nientemeno che in Inghilterra, vale a dire
nel paese che a torto è creduto esclusivamente
tutto ligio alle cose di interesse materiale
ed economico e noncurante dello
splendore che potino riflettere le arti d ornamento,
in Inghilterra, dicevamo, a’ tempi
del celebre Burney, e crediamo anche al
presente, davasi il grado accademico di dottore
a chi nella cultura, non solo scientifica
ma ben anco storica, filosofica e letteraria
della musica, rendevasi benemerito
e distinto.
Andremmo per le lunghe se qui volessimo
annoverare tutte le istituzioni che la
sola città di Londra può vantare destinate
alla cultura della musica e alla conservazione
delle più savie sue tradizioni. Ne basti
accennare la Società dC concerti della
musica antica, ove le prime celebrità musicali
del tempo nostro, e i più dotti conoscitori
e studiosi si raccolgono spesso ad
udire ed ammirare i capolavori delle vecchie
scuole classiche; e la Società filarmonica
destinata a far gli onori della musica
moderna, e meno severa dell’altra nella
redazione de’suoi programmi, ma senza dubbio
più generosa di qualunque simile istituzione
cìel mondo incivilito nel premiare
splendidamente l’ingegno dei più famosi
lions musicali che o tosto o tardi ottengono
il tanto bramato onore di farvi le loro
prove. Passiamo sotto silenzio i molti Istituti
Musicali che la Gran Brettagna può
vantare, più specialmente fondati allo scopo
di favorire lo studio e i progressi della
musica nazionale, tra1 quali è famosa la società
dei Melodisti ed Armonisti, e l’altra
che ogni anno si produce con un’Accademia
di genere singolare chiamata Eisteddvood.
Nè si creda che a codeste società
piglino parte soltanto persone frivole, o filarmonici
oziosi e amanti di passatempi; ma
i primi lord de’ tre regni, i più insigni
personaggi (’) si fanno un pregio di appartenervi,
e ben di rado mancano d intervenire
alle sedute che si destinano alle
deliberazioni riguardanti il buon procedere
e il prosperamento delle Società stesse.
Se dall lngliilterra ci volgiamo ad osservar
la Germania, vediamo, se non più splendidamente,
certo con maggior convinzione
■. " i-i
e gravita e vero amore onorata di altissimo
culto la musica. Ivi il più modesto
suonatore d’orchestra, il più umile organista
di villaggio arrossirebbero di non sapere
mostrarsi versati nella storia della loro musica
nazionale, e stiam per dire saprebbero
additarvi colle partiture alla mano le bellezze
dei capolavori dei loro Bacii, dei loro
Haydn, Beethoven, Mozart; e non diciam
già le sole bellezze materiali dell’armonia e
dei passaggi, ma sì quelle clic veramente alla
parte caratteristica filosofica della musica
si riferiscono. Chi poi ha letti gli articoli
del sig. Wagner dati in questa stessa Gazzetta
avrà potuto farsi miglior ragione del
modo col quale in Germania è apprezzata e
stiam per dire venerata la musica. Dovremmo
stendere una lista troppo lunga solo che volessimo
dare qui il titolo delle tante e tante
opere scentificlie, dissertazioni, memorie accademiche,
ec.,riguardanti la musica, nel solo
corso di questi ultimi anni pubblicate nella
patria degli autori del Don Giovanni, e del
Fidelio. Quanto a’ giornali musicali chi non
sa che la Gazzetta Musicale di Lipsia, la
quale si pubblica da circa ottantanni, gode
una fama europea, ed è un vero magazzino
di stupende cose intorno a tutù i rami
tecnici, estetici e storici della musica, scritte
dalle più dotte penne tedesche?
In Francia poi è comunemente noto che
que1 medesimi fogli, quelle medesime più
gravi periodiche pubblicazioni che con tanto
impegno e sì vivo fuoco attendono a svolgere
gli argomenti politici e sociali più rilevanti,
si fanno un onore, anzi un dovere
di occupare di tempo in tempo i loro lettori
con articoli critici, con discussioni, con
analisi musicali, non giti affidate a soarabocchiatori
inesperti, ma sì alle più dotte, alle
più stimate penne! - Ivi non solo i BerIioz,
gli Adam, i Castil-Blaze. i Blanchard,
i d’Ortigue; ma e gli Sthendal, i Villoteau,
(t) Il Cardinale ili.ìorek è ora il presidente della Società
de’Concerti della Musica antica. i Balanche, i Gueroull, i Delecluze e tanti
altri insigni scrittori filosofi e scienziati non
credettero nè credono umiliarsi dettando
5 articoli di musica, i quali sono accolti con
favore dai primi giornali di Parigi, come
a dire il Moniteur, i Débats. il Courrier
Français, il Constitutionnel, ecc.
All’incontro fra noi italiani, che pur siamo
vantati i grandi dittatori della musica, si
vede mai sorgere qualche accreditato uomo
di lettere, il quale con apposito lavoro
prenda ad illustrar l’arte, e col nobile esempio
sproni i più pigri a coltivarla con acconci
studi letterarii e ad amarla pe’ suoi
pregi estetici assai più che pe’ suoi materiali
allettamenti? Ci si indichino più di
due o tre opere o storiche o letterarie o
scentifiche che siansi pubblicate in Italia ai
giorni nostri, e le quali possano dirsi veramente
degne di essere considerate come
monumenti dell’arte! Fra’ letterati e filosofi
italiani del passato secolo, celebrati per aver
rivolto con frutto le loro dotte speculazioni
alla musica, poiché avrete accennato un Martini
che in tre grossi volumi in 4.° stese
la storia dell’arte musicale presso i greci,
un Cesarotti, un Borsa, un Carpani, un Arteaga
(il quale può darsi per italiano,perchè,
quantunque spagnuolo, scrisse nel nostro
idioma le sue molto lodate Eivoluzioni del
Teatro Musicale Italiano), un Nicolai, un
Perolti, un Bertini e ben pochi altri, i
quali per la maggior parte dettarono non
più di qualche dissertazione, avete bell’e
finito; tra i viventi non trovate più di quattro
o cinque nomi che davvero siano degni
di alta rinomanza, nè più di quattro o
cinque libri meritevoli di fregiare una scelta
biblioteca.
Nè ci si tronchino le parole in bocca
col dirci che tanta erudizione musicale letteraria,
estetica e storica poco o nulla conta
a quel paese che ebbe, ha ed avrà sempre
il primato del genio dell’arte; a quel paese
che vanta a centinaia i cantanti, i compositori,
i professori di musica d’ogni specie!
E che? Perchè la natura fu prodiga a
noi italiani del migliore istinto melodico ci
crederemo in diritto di disprezzare tutti quegli
studi che maggiormente varrebbero a
svilupparlo e ad addurlo a quel grado di
perfezionamento che solo può renderne degni
davvero della fama di cui godiamo, di
popolo musicale per eccellenza?
Grazie al grande progresso della moderna
civiltà, tutte le arti, e non ultima la
musica, a"tempi nostri hanno in certo modo
contratto l’obbligo di soddisfare alle alte
esigenze della generale raffinata cultura. Ora
non bastano più i soli diletti ch’esse ponilo
procacciare, ma vuoisi che mirino a ben
più alto scopo, vuoisi che l’impressione
tisica non sia che un mezzo più o meno
opportuno e felice di ottenere la impressione
morale; vuoisi che non solo al piacere
de’ sensi esse adoperino, ma veramente
si esige che per mezzo di questi
giungano più diritti al cuore e colpiscano
lo spirito e parlino all’intelletto. - Ammesso
ciò, per quanto riguarda più specialmente
la musica, come mai potranno il compositore,
il cantante, il poeta melodrammatico
toccare l’eccellenza nell’arte loro se
mancheranno in tutto, o pel meno in gran
parte, del corredo d’istruzione necessaria a
farli consapevoli della via battuta dall’arte
prima di essi, dei modi usati dai loro antecessori
a giugnere ad una data perfezione,
dei vari sladj percorsi dall arte stessa e nella
loro patria medesima e presso le rivali nazioni?
Ed a ciò quale miglior mezzo degli
- 102
-. P: ràdica, estetica dei diversi rami dello scibile
musicale? Ma dicasi in tutta buona
fede: in qual modo sono essi coltivati codesti
studii nella nostra Italia? Quanta e
quale erudizione letteraria musicale ponno
vantare i nostri tanti maestri e professori
di musica? E mestieri confessare una verità
che ormai troppo spesso ci vien rinfacciata
dagli stranieri. 11 culto della musica
è tra noi poco più che limitato a un
solo ramo pratico, vale a dire alla esecuzione
delle sole Opere della giornata (per
la maggior porzione deboli e immaturi parti
di immature e deboli intelligenze), eseguite
a tamburo battente nei nostri teatri, ai
quali molto più di un sano e sincero amore
dell’arte presiede di solito lo spirito di guadagno
e l’aritmetica speculativa. All’infuori
di codesto limitato cerchio di melodrammatica
firoduzione che altro vi viene trovato sia fra
e pareti del dovizioso dilettante, o sotto la
splendida soffitta de’fastosi mecenati delle
virtù teatrali? Meschine riduzioni per pianoforte
di duetti e cavatine; fantasie variate sopra
temi volgari tratti da recenti partizioni
destinate alla celebrità di sei settimane, indi
sepolte nella dimenticanza de’secoli; qualche
raccolta di valz e contraddanze, qualche
album di canzoncine e poco più. Ma
della musica de’ grandi antichi maestri italiani
quando si ode mai croma tra noi?
Quando è mai che ne si offra un solo di quei
grandi capolavori che formano il vero patrimonio
dell’arte? Quando è mai che le
classiche opere degli Jomelli, dei Pergolese,
dei Cimarosa, dei Paesiello, di questi grandi
che fondarono la vera gloria della scuola
italiana, quando è mai che si traggono dalla
dimenticanza in cui giacciono sepolte, per
essere date a pascolo di quella brama di
pura emozione artistica che da tanto tempo
agita indarno il petto de’pochi nostri buoni
e colti amatori? Oltre la prima e la più
splendida tra le scuole musicali altre ve ne
hanno ben degne di fermar l’attenzione di un
popolo come il nostro capace di apprezzare il
bello e il buono sotto qualunque cielo sia ispirato,
e di farne profitto. Vi hanno le scuole
tedesca e francese o mista, e queste vanno
superbe dei nomi dei Bach, degli Hasse,
degli Handel, dei Beethoven, dei Mozart,
dei Weber, dei Mayerbeer, dei Gretry, dei
Delay rac, dei Mehul, degli Auber, degli Halevy.
Orbene: quali e quante composizioni
di questi insigni si conoscono in Italia?
Quando, da alcun tempo in qua, si odono
sulle nostre scene le mirabili ispirazioni di
questi rappresentanti del genio musicale
straniero W? Nè valga il risponderci che il
poco conto in che sono avute tra noi le
opere dei compositori or nominati è naturale
conseguenza della poco favorevole
impressione eli’ esse destarono quasi ogni
volta si vollero offrire al nostro pubblico.
A questo è facile il replicare: Sapete voi
la vera cagione per la quale quei capolavori
riprodotti fra noi fallirono per la più
parte, dopo aver fatta l’ammirazione di
tutti i popoli dotati di civiltà di certo non
più elevata della nostra?
Le vere cagioni furono l’ignoranza di
coloro che, sconsigliatamente e per mero
spirito di speculare sulla curiosità della
moltitudine, vollero farli eseguire tra noi
senza riflettere alla gravità dell’impegno
in cui si ponevano; l’ignoranza e la irati)
È qui ila farsi onorevole menziono del sig. Lanari,
benemerito impresario di Firenze, il quale si provò non
infelicemente a render accette agli Italiani alcune delle
buone partizioni di compositori stranieri.
scuratezza de’ cantanti cui furono affidati
e che o non compresero o non vollero
darsi la pena d interpretar degnamente il
carattere di quelle musiche d ìndole si diversa
della nostra; per ultimo.(e qui si
gridi pure finché si vuole, ma la è verità
innegabile), l’indifferenza e la sbadataggine
del pubblico chiamato ad udirle ed o non
abbastanza educato o non convenientemente
preparato ad apprezzare i Corti concepimenti
di que’compositori di indole sì
elevata; i quali concepimenti, perchè improntati
di fisonomia nuova per la turba
de nostri così delti buongustai, e ricchi
di idee non corrispondenti allo speciale
concetto che in generale si ha tra noi del
bello musicale, parvero non degni dell’ammirazione
italiana e vennero alla cieca ripudiati,
e talvolta anche posposti a tante
languide inspirazioni indigene accolte con
favore per la semplice ragione che invece
di affrontare il volgar gusto dominante, lo
blandivano con servile accondiscendenza.
Ora, si domanda se tutti questi fatti
(e per brevità si tace ora di molti altri
della natura stessa che pur si potrebbero aggiungere
a sostegno del nostro assunto (J.))
si domanda, dicevamo, se tutti questi fatti
sono tali da provare che l’arte musicale sia
avuta tra noi nell’alto conto che di essa
vien fatto presso le estere nazioni, o se
invece non è considerata troppo frivolamente
dal pubblico al quale ne sono dedicati
i prodotti, e non altrimenti che con
gretto spirito di traffico coltivata dalla maggior
parte di coloro che avrebbero obbligo
di rialzarne l’importanza, dedicandole un
nobile culto, e facendola oggetto di studii
severi e coscienziosi. E.
(t) In altro articolo si accennerò la Irascuranzajalla quale
è abbandonata in Italia la musica stromentale, c quanto
poco sicno favoriti i compositori di musica da camera, al
qual genere tanti nostri maestri saprebbero dedicarsi con
felice esito se meglio fossero incoraggiali e premiati.
DELLE PRESENTI CONDIZIONI
IH I.M [MUSICA.
ARTICOLO III.
(Vedi i N. 17, 20 e 22 di quest a Gazzetta).
Ma ritornando sul nostro proposito deifi
incremento, raffrontando la musica alla
pittura, bisogna anche aggiungere che se
Raffaello e Michelangelo sono i due più
grandi genj delle arti del disegno in Italia,
fu altresì da alcuno asserito, che l’uno e
l’altro non fecero che avvicinarsi agli artefici
greci delle migliori olimpiadi; e che
lo stesso Michelangelo, posto al paragone
di questi, non è che un artista di second’ordine.
Apelle, assicurano molti, fu il
più gran pittore del mondo. Se noi non
abbiamo avuto che i Michelangeli. speriamo
che sorga in Italia anche un Apelle;
un genio egualmente grande può sperarsi
che nasca nella musica; ed allora si renderà
palese che non corse dietro una chimera
chi si pensò al nostro tempo di migliorarla.
L umana natura è troppo feconda
per volerla sì presto condannare alla sterilità.
11 gettar l’occhio nell’avvenire, ove
non s’argomenti dal passato, è cosa altrettanto
incauta quanto fallibile. Il perchè quel
veramente maraviglioso intellètto dell’Alighieri,
il più grande de’ poeti filosofi, condannò
a camminar colla faccia rivolta ir
su la schiena chi pretese essere indovino.
Mira, ch’ha fatto petto delle spalle:
Perchè volle veder troppo davante,
Dirietro guarda c fa ritroso calle.
(&egwe il féwÿiplemenUt). Nè l’affaticarsi’ che parecchi degli scrittori
fanno in esaltare la musica presente
sopra la musica di lutti i secoli, ancorché
sia cosa non mancante d’un certo fondo
di verità, è una prova abbastanza valida
per inferirne che veramente ella sia al
punto insormontabile del suo cammino.
Chi scorse le istorie è uso a sentir gli
scrittori innalzare alla sfera del prodigio
le opere e gli artisti de’ loro tempi. Si potrebbe
anche dire che l’essere divinizzati
viventi è un privilegio quasi unicamente
riserbato ai soli cultori della musica, i
quali per un singoiar contrapposto con
quelli della poesia, mentre questi, destinati
a sopravvivere nei secoli, sono in vita
il bersaglio della sfortuna, dei dolori e
dell’esiglio, essi, cessando di vivere prima
di morire, furono e sono sempre i beniamini
delle loro età, gli acquistatola dell’oro,
degli onori e della felicità. Coloro che più
che la mente attesero a dilettare i sensi
degli uomini, furono i mignoni favoriti
dagli uomini. Non è quindi meraviglia se
da Orfeo in poi ai soli fortunati coltivatori
del canto furono cosi aperte le porte
dell’Eliso come quelle dell’Averne. Le storie
son riboccanti delle glorie dei figli di
Euterpe, delle lodi loro profuse dai poeti,
e degli onori loro prodigati dalle nazioni.
Pressoché pojjolari sono i moltissimi esempi
che si potrebbero recare dell’antichità. Ma
solo discorrendo di qualche moderno basti
quello notissimo del Farinelli, che, chiamato
in Ispagna per cantare nell’Opera
Italiana ivi sostituita alla francese stata introdotta
in occasione delle nozze di Carlo 11
colla regina Anna Maria, s’ebbe dal re Filippo
Y una pensione di lire ottantamila,
fu insignito come cavaliere di S. Giacomo,
e tenuto come primo ministro, perchè
col suo canto, dice il dotto Lichtenthal,
l’avea guarito d’una malattia.
Trattando poi dei maestri, benché mille
e più mille esempi sarebbe agevole citare,
ci sarà bastevole il darne un solo, tolto
da queste stesse pagine della Gazzetta,
quello di un celebre scrittore di storia che
•aria d’un celebre scrittore di musica,
elle sue Rivoluzioni del teatro ragionando
l’Arteaga di Pergolesi, mentre narra che
egli divenne inimitabile per la senqilicità
accoppiata alla grandezza del suo stile, per
la verità dell’affetto, per la naturalezza e
vigore dell’esjaressione, per l’aggiustatezza
ed unità del disegno, onde venne meritamente
chiamato il Raffaello e il Virgilio
della Musica, soggiungendo ch’ei maneggiò
con felicità incomparabile i diversi stili
de’ quali si fa uso, mostrandosi grave,
maestoso, sublime nello Stabat Mater,
vivo, impetuoso e tragico nell ’Olimpiade
e nell’OrJ’eo. grazioso, vario e piccante,
elegante e regolato nella Serva Padrona,
giungendo in seguito a parlare dell’inimitabile
addio di Megaele e di Aristea, e
del bel duetto della Sei va Padrona,, li
chiama entrambi modelli di gusto il più
peijetto cui possa arrivarsi in codesto
genere.
Se l’Arteaga vivesse al tenqjo nostro, jier
quanta venerazione si debba a quel venerandissimo
padre della musica d’Italia, non
cancellerebbe egli, o jjer lo meno non modificherebbe
quelle espressioni d inarrivabili
ta, d’inimitabilità, d’incompàrabilità e
d’ogni possibile perfezione di gusto, a cui liu
dal suo tempo lo credeva arrivato? In quali
teatri d’Europa, dopo i capolavori della
moderna scuola, si cantano ancora le opere
di Pergolesi? Rossini non ha egli creduto
8
(li fare alcun che di meglio dando mano a
creare un nuovo Stabat Mater come prima
aveva fatto del Barbiere di Siviglia di Paisiello?
E Paisiello prima di Rossini non
aveva egli pensato di fare alcun che di
meglio riformando l’Olimpiade e la Serva
Padrona di Pergolesi?
Il costume di esaltare ciò che colpisce
i nostri sensi a preferenza di ciò che non
si conosce, o solo si conosce per fama,
è antico come la stirpe degli uomini, come
1 istinto d’amare ciò che seduce la nostra
vista. Quelle cose che molti dicono della nostra
età si dicevano, nò in più. nè in meno,
a quella di Cimarosa, di Paisiello e di Guglielmi;
furono ripetute al tempo di Mozart,
al tempo di Paér, al tempo di Mayer,
al tempo di Pavesi, di Generali, di Zingarelli:
forse saranno ripetute ancora: e
nondimeno dopo tutti cotesti Raffaelli, e
Michelangeli, e Tiziani, e Leonardi e Coreggi
della musica sopravvennero altri ingegni,
che il mondo ha reputati prevalenti
a quei primi. La vera sublime età della
musica può per avventura essere nel passato,
ma può probabilmente essere nell’avvenire’,
ed ella non sarà nota che a coloro,
che questo tempo chiameranno antico.
E innegabile che, progredendo viejjpiù
sempre, verrà mancando l’originalità delle
idee, perciocché tutto quello che esiste è
un tanto di meno che può essere creato,
e un tanto di jjìù che sussiste a pregiudizio
della novità, prima essenza della musica.
Ma il ritenere che l’arte abbia già
prodotto quanto di bello e di grande può
da essa sperarsi, e che migliori opere artisticamente
parlando, non possano venir
dopo a quelle che già sono famose, è un
errore che fu un tempo comune anche a
chi scrive queste parole, ma del quale s’è
ravveduto poiché ebbe meglio conosciuto
il Guglielmo Teli, e gli ultimi spartiti di
Mercadante, nei quali, se manca il genio
inventore delle immagini melodiche, ed
una conveniente sobrietà di mezzi stronientali,
v’è tuttavia tanto elemento di
bello artistico, e tanto magistero scientifico
da far intravedere tutto il massimo sviluppo
dell’arte nelle joromesse delfavvenire.
Geremia Pitali.
BIBLIOGRAFIA.
MEMORIA STORICA
del signor Biche-Eatouii
Ecco un opuscolo d’un genere assai raro
in Francia, al quale i musicanti non danno
tanta importanza quanta ei ne merita. Io
voglio dire d’una memoria sulla musica, testé
coronata all’Istituto Istorino di Parigi, della
quale è autore il sig. Ricbe-Latour. Questo
libercoletto di trentadue pagine o poco jiiù
vuole essere apprezzato per l’eccellente spirito
filosofico onde si distingue non meno
che per 1 eleganza dello stile. La questione
proposta, mostruosa di proporzioni al jjar
di quelle che formulano le accademie digiune
jier lo più nella materia di che si
deve trattare, la questione, dico, era concepita
in questi termini: Determinare l’ordine
di successione, dietro il c/uale i dive/si
elementi che costituiscono la moderna
musica sono stati introdotti nella composizione; indicare le cause che hanno fatto
luogo all’introduzione di (juesti elementi.
Siccome appare, non è questa impresa da
jjigliare alla leggera. Si_ tratta niente meno
che di tracciare un sunto completo della
storia della musica. Ma per compendioso che
fosse questo sunto, esso addomanderebbe
non pertanto laboriose ricercbé, immensa
lettura preparatoria, serie e mature considerazioni,
e un gran capitale di critica avvedutezza
per disvilupjiare e quasi toccar
col dito i punti essenziali del soggetto.
Cbi mai non si è avventurato fra i tenebrosi
labirinti dell’istoria della musica,
non potrà riconoscere quanto sia difficile
a compiersi un’opera di questo, genere.
E quantunque il sig. Riclie-Lat’our
non sia il primo (ed egli lo afferma) che
abbia portato luce per mezzo a questa fitta
oscurità, egli ha però il vanto di avére presentate
sotto nuovo e migliore asjietto le
discoperte de’ suoi predecessori. Dalla lettura
di questa importante memoria si vede
che 1 autore si è specialmente prevalso degli
eccellenti lavori de’signori Fétis e Botlée
de Touhnon, che hanno entrambi molto
spinto innanzi l’esplorazione delle antichità
musicali, e sono alla testa del movimento
istorico in questa parte. A questi due dotti
dobbiamo la rettificazione di molti fatti
adulterati, e manomessi dalla ignoranza, dalla
credulità,e dal falso spirito di critica de’primi
storici. La chiarezza che essi hanno latto
rifulgere sopra le principali epoche dell’arte,
fa che con sicurezza possiamo seguire le
successive fasi di questo lungo e penoso
inganno. Il sig. Biche-Latour cavando partito
da queste cognizioni raccoglie dapprima
in succinto e con chiarezza d’idee le trasformazioni
capitali della musica de’ Greci,
la dottrina di Pitagora falsamente fondata
in sul calcolo, e viziosa per ciò, il sistema
empirico di Aristossene, conosciuto sotto il
nome di temperamento, e le mille sottili
e vane sofisticherie assopite oggidì nell’óblio.
L’autore parte di colà per riconoscere
ragionevolmente nella musica greca il principio
eli ei chiama di successività. Poscia
entrando nel vasto campo delle rivoluzioni
operate dal cristianesimo, egli crede vedere
la riabilitazione dello spirito e l’abolizione
della materia nella distruzione del ritmo,
elemento carnale dell’arte jiagana. Affé, che
se questo non è vero, egli è però bene
imaginato! La memoria del sig. Biche-Latour
è zejipa di sottili osservazioni che dimostrano
un bell’ingegno, quantunque di
queste sottigliezze egli abusi alcun poco,
sino a vedere il simbolo del bene nell’accordo
perfetto, e il simbolo del male nelle
dissonanze. Questo tiene trojipo del misticismo
scolastico del medio-evo. L’autore
è stato meglio inspirato e più consentaneo
al vero quando ha rilevato ohe il ricomparire
e i progressi del ritmo hanno avuto
luogo nelle epoche in cui l’eresia e l’incredulità
davano forti scosse ai fondamenti
dell’unità cristiana. Duoimi che lo sjjazio
non mi consenta di seguirlo per attraverso
la schiera de sistemi che egli percorre da
Sant’Ambrogio sino a Beethoven passando
jier San Gregorio, Ilucbald, Guido d’Arezzo,
e tutti que’ teorici del medio evo i
cui nomi sono conosciuti solamente da pochi
dotti; il rinascimento, o più veramente
il nascimento della musica moderna,
che jjuò datarsi da Palestrina è ottimamente
analizzato sino al secol nostro.
In somma noi confortiamo grandemente
il sig. Biche-Latour a seguire questa via
trojqjo trascurata, e così jiiena eli interesse
e d utilità. Egli è un gran fatto se alcun
artista oggidì se ne dà pensiero. Essi in
questa jiarLe sono quasi affatto digiuni;
e intanto farebbero le maraviglie che un!ì pittore, uno scultore od un architetto ignorasse
Ustoria della propria arte. Tempo
Terrà che gli sludii musicali non saranno
aruti per completi senza che F elemento
isterico n’abbia fatto parte; ma questo
tempo è ancor pur troppo lontano.
Maurizio Bourges
(G. M. de P.J.
ESTETICA.
FILOSOFIA DFIiliA MUSICA
ARTICOLO III.
(Vedi i N. 19 e 22 di questa Gazzetta).
XIV. Rivendicata alFarmonia la facoltà di
concorrere all’espressione musicale,non sarà
inutile indicare il motivo che ha fatto attribuire
al ritmo tutta la potenza rappresentativa
dell’arte da quei sommi che abbiamo
citati. Se mal non ci apponiamo furono
essi indotti in quella opinione dalla
potenza che ha questo elemento di ravvivare
e rallegrare il tòno maggiore, e render
cupo e serio il tono minore. E conviene
confessare essere questo un forte argomento
-, ma a ben riflettervi verremo a sciogliere
ogni dubbio e sceverare il vero dalle
apparenze.
Uno dei segni di cui argomentiamo gli
affetti interni di una persona è certamente
il modo con cui si move, talmente che la
filosofia osservando la relazione delle mosse
collo stato morale giunse a cogliere tanti
fatti da formare una norma per giudicare
dalle medesime persino del carattere. Genere
di segni e di giudizi connaturali, e se
non così profondamente, pure conosciuti
da qualsiasi uomo volgare. Egli è perciò
chiaro che quando il muoversi sia talmente
pronunciato da servire, a così esprimerci, di
parola assoluta, assorbirà qualunque altro
raen forte segno di gioja, e l’andar lento
soffermandosi di tanto in tanto dimostra
0 infermità o animo assorto in pensieri.
Così dal portamento argomentiamo della
dignità, dell’alterezza, della bontà, della leggerezza,
dell’importanza delle persone. Così
le varie età, siccome dotate di forza fisica
diversa, e in diverso modo impressionate
dagli oggetti esterni e dalle eventualità,
hanno movimenti di carattere analogo. La
fanciullezza salta e corre, la gioventù ha
passi celeri e franchi, la virilità procede
gravemente, la vecchiezza a passo lento e
incerto.
Da tali riflessi possiamo conchiudere che
la mestizia del tono minore debb’essere
affatto collisa da tutti quei ritmi che ricopiano
i moti delle più allegre danze; così
come la vivezza del tono maggiore debbe
acquistare alcun che di grave e di solenne
con un ritmo pesante e lento. Ciò premesso
facciamci ad osservare negli spartiti
meglio elaborati quei pezzi appunto in
cui sembravi contraddizione fra il tono e
1 affetto, epperciò la verità dell’espressione
venir tutta dal ritmo. Vedremo la modulazione
correggere ben tosto il tono e porlo
d’accordo col sentimento: vedremo i punti
i più salienti, essere trattati nel tono analogo
e la contraddizione non essere che
un apparenza che rende più sensibile l’accordo
e la verità di quei punti. Nè può
essere altrimenti, poiché un ritmo concitato
associato a toni costantemente minori
e modulati costantemente con armonie analoghe
al tono non produce altra espressione
che di un’ansia affannata anche nella
sestupola che è il più danzante di tutti
i ritmi.
Il ritmo spiegando un movimento di accenti
per lo più uniformi e determinali serve
a rappresentare la determinazione di un
corso qualunque di azioni o di affetti, in
opposizione al recitativo che è 1" immagine
dell’azione indeterminala. E siccome
nello avvicendarsi delle impressioni e delle
idee cresce o diminuisce o si muta l’affetto,
così si altera il ritmo; più rapidi o più
lenti ne divengono i movimenti.
XV. Il ritmo è marcato I.°) dai tempi
forti e deboli che rispondono alle sillabe
accentuate e senza accento, lunghe o brevi.
2.°) Dalle cadenze sospese o finite che
siano, le quali nel giusto fraseggiare si
succedono per lò più a intervalli eguali.
5.°) Dal movimento delle parti sì principale
che d accompagnamento, e specialmente
del basso. 4.°) E finalmente dall’articolazione
dei suoni, ossia dal legalo e staccato
con cui anche il movimento eguale e piano
può produrre l’effetto delle sincopi e dei
contrattempi.
Sviluppiamo alquanto queste riflessioni.
È noto che i tempi musicali si riducono
in ultima analisi al binario (o quadernario)
in cui il tempo forte è alternato con un
tempo debole; ed al ternario in cui ad
un tempo accentato succedono sempre
due tempi senza accento, e che poi ogni
tempo di frazione di battuta è pure divisibile
in elementi pari o dispari.
Questa divisione non è indifferente all’espressione
musicale. Infatti l’alternarsi
con perfetta eguaglianza dei tempi forti
coi deboli indica forza, insistenza, e quasi
irrevocabilità sia che si riferisca al soggetto,
sia che appartenga alla potenza che
lo impressiona.
Così nella Romanza dell’Otello il tempo
pari degli accompagnamenti fa fede della
profonda mestizia che irrevocabilmente domina
l’infelice Desdemona. Così le melodie
con cui si regola il passo dei soldati
e si eccitano al valore, all’ardore marziale
sono piuttosto in ritmo pari che dispari
presso tutte le nazioni.
Il tempo dispari per l’opposto ne porge
l’idea di un passo incerto o mal fermo
quando è lento, scherzevole ed anche agitato
quando è celere. Epperciò la terzina
nell’adagio suona un tal quale turbamento,
mentre nell’allegro diviene danzante, e se
alcun poco si accelera, e si combina con
modulazioni cromatiche prende il carattere
del tumulto, dell’accorrere frettoloso. Qualunque
sia l’andamento del ritmo basta
che siasi una volta determinato perchè provisi
un vero urto ogni volta venga a scomporsi
quell’ordine. Quindi nasce l’agitazione
elei contrattempi, e 1 ansia affannosa,
il singhiozzo delle sincopi, le quali
(perchè non sono in ultima analisi che
un disordine degli accenti musicali oratorio
e grammaticale) ogni volta che la modulazione
non si aggiri su accordi molto
cromàtici e la melodia sia vivace, possono
significare il commoversi di una pazza gioja,
come si scorge nella musica di ballo di
Strauss e Lanner, e nelle polacche.
XVI. La convenienza del ritmo coi movimenti
addattati all’affetto, è pur quella
che deve guidare l’artista compositore nella
scelta dei canti e della mossa degli accompagnamenti,
e fargli preferire ora il
canto spianato, ora le melodie fiorite, ora
movimenti d’orchestra quieti, ora tumultuosi,
ora frementi, ora suoni prolungati,
ora battuti seccamente.
Un canto semplice, spianato, e sobria- I
mente mosso conviene sempre agli affetti <
dolci e soavi profondamente sentiti, e che
partecipano della mestizia. j
Un canto abbondevole di note non
può convenire che agli affetti irrompenti,
quali sono il ribollire d’ira subitanea, e
la vivissima gioja. A questa però si conviene
in particolar modo la leggerezza dei
trilli è dei gruppetti; a quella i passi di
forza. A questa accompagnamenti leggermente
scherzevoli, e modulazioni diatoniche;
a quella accompagnamenti agitati e
modulazioni cromatiche.
Un attento esame esteso a quanti sono
i modi che internamente o esternamente
accompagnano gli affetti guiderà l’artista
nella scelta del ritmo sì della melodia
principale che delle secondarie, ma conviene
persuadersi, che questo elemento da
sè solo non dice abbastanza. Poiché se a
giudicare dell’affetto dai segni esterni non
al solo muovere della persona, ma a quante
sono le alterazioni che ne derivano allo
sguardo, ai lineamenti, al tuono della voce,
al colore istesso del volto, ci rivolgiamo;
uopo è si unisca all’espressione del ritmo
quella pure del tono e dell’armonia affìncliè
in una sensazione si comprendano tutti
quei segni che l’arte può produrre.
Così praticò lo stesso Rossini il quale
nell’introduzione del Mosè, a cagion di
esempio, per esprimere l’abbattimento della
corte di Faraone non solo assegnò alle
voci ed agli stromenti a fiato un ritmo di
lente sincopi, immagine dello stento d’azione
e di respiro, non solo dispose nei
violini un giro di note eguali che sempre
ravvolgesi sulle medesime forme, immagine
dei vortici del caliginoso vapore che quasi
palpabile l’aere ingombrava e la luce toglieva;
ma aggiunse l’espressione del tono
minore, e di analoghe modulazioni. E per
l’opposto nella brillante sortita di Figaro
voi scorgerete che il ritmo danzante del1
allégrissima sestupla, è accoppiato colla
vivacità del tono maggiore che non vien
punto turbata dalle modulazioni.
XVII. Oltre al tono, alla melodia, al1
armonia ed al ritmo conviene tener conto
del carattere speciale degli stromenti e voci;
poiché uno stesso canto, una armonia
stessa, un suono cambiano bene spesso
significazione secondo che son resi da un
istromento debole o forte, dolce od aspro,
da una voce soave od imponente, d’uomo
0 di donna; e per qualunque studio si faccia
dall’esecutore per domare il proprio
istromento o la voce, non potrà però mai
cambiare natura.
Che cosa è un’orchestra pel compositore?
È una tavolozza che gli fornisce tutti
1 colori, tutte le tinte di cui può abbisognare
pel suo quadro, e per dir meglio è
un mezzo che ha di far parlare ogni fibra
commossa dall’affetto che lo agita. Per
ben servirsene conviene eli’ egli sappia
quale stromento sia atto a rendere quel
suono che dovrebbe dare la fibra, supposto
che questa venisse a dar suono, cioè
a quale istromento vorrebbe, quando fosse
in lui, assomigliare la propria voce onde
esprimere la propria commozione al vivo.
Conviene afferrare in mezzo allo scorrere
fuggevole dei suoni quelle note sparse qua
e là che più toccano, determinarne il senso
per quanto è possibile, sceverare l’effetto
dei diversi elementi, e registrarlo nella memoria,
lavoro difficile e lungo ad agevolare
al quale soccorreranno i seguenti cenni.
(Sarà continuato). M. A. Bouciieron. VARIETÀ.
ISA RISPOSTA DI ROSSI AI.
Egli è indubitato che un errore sfuggito
dal labbro o dalla penna di persona
celebre nellarti o nelle scienze deve essere
di ben maggiore danno che non il più
majuscolo sproposito di uno di que’scrittori
od artisti la cui gracilina fama non esce
mai di casa per non prender la tosse.
Questa considerazione mi passeggiava pel
capo quando ebbi letto nel N.° 17 di questa
Gazzetta musicale di Milano che Rossini
rispondesse a chi appuntava di non abbastanza
giande talento drammatico la Miss
Clara Novello: Ciò è vero, ma spero ben
anco ch’essa non V avrà giammai:... col
loro furore drammatico i cantanti del
giorno d’oggi ci danno piacere sei mesi e
poi ci straziano le orecchie pel rimanente
della loro vita — Io vorrei che questa
( un cotal poco enigmatica ) risposta del
gran maestro fosse letta e meditata da molti
maestri, e non la si leggesse da nessuno
degli artisti cantanti. — Io, unità dell’immenso
numero di quelli che ammirano il
genio di un Rossini, di colui che sa fare
musica che vive sempre gradita, sempre
esilarante in mezzo a tante seccanti, annojatrici.
rapsodiche musiche, sempre giovine,
in mezzo al precoce invecchiare ui neonate
armonie, sempre viva frammezzo alle
tante che muojono in ancor fresca età, sempre
di buon gusto in mezzo al frequente
variare de’ gusti del Pubblico; io dirò con
rispettosa franchezza a questo onore delr
arti italiane che quella sua risposta può
arrecare cattive conseguenze all arte da lui
tanto illustrala, e che non auguro alla
signora Novello il verificarsi la speranza
di lui, sì pel bene della brava artista clic
pel bene dell1 arte.
Pur troppo riboccano le scene di cantanti
che io chiamerei volentieri 1Macchine
vocalizzanti, e dico macchine perchè
i loro movimenti, atteggiamenti, gestire
non rivelan certo un1 anima., e l ente che
agisce senz’anima è un ente macchina: e
dissi vocalizzanti perchè i più de1 canori
non s1 impiccian (li consonanti, che vai
quanto dire non s’impiccian di farsi intendere.
E difficile il pronunziare chiaro in
cantando perchè è difficile il pronunziar
come si deve le consonanti senza menomare
la dolcezza melodica; è difficile la
mimica, e come già mi sembra aver dimostrato
in questa Gazzetta Musicale (N. 18),
è più difficile pel cantante drammatico che
non pel comico, ma i più de1 cantanti
vincono la difficoltà col più disinvolto spediente,
la saltano a pie’ pari, e se fin qui
non potevan far altro che guatare di sbieco
con faccia arcigna la critica che li chiamava
suonatori di gola, canitanti, e via
discorrendo, ora rideranno in viso ai giornalisti
ed al buon-senso, e canteranno per
tutta risposta: Li ha detto Rossini!...Ipse dioriti...
ma poveretti!È verissimo che Rossini
dovrebbe pensare che gli uomini celebri nel1
arti o nelle scienze devono misurare le loro
proposizioni a peso d’avoir poids, perchè
i loro errori sono raccolti con avidità
da quelli che non sanno vivere che d’errori,
loro vitale elemento; ma sappiate o
cantanti che l’Orfeo di Pesaro ha spirito
superiore,, e caldissimo e sincero amore per
quell’arte che in lui dev’essere immedesimata
coll’anima se tant’anima traluce nei
più de’suoi armonici parti, e Rossini non
solo non isdegnerà, ma deve amare che
i coll’analizzare la sua risposta, che già a
j quest’ora avrete imparata a memoria, io: vi provi che non dovete farne capitale per
i difendere le vostre drammatiche pochezze.
E troppo vero che Rossini scrisse la mas|
sima parte delle sue Opere (direi meglio
tutte) su drammi che non si posson leggere
senza un senso di sonnolenza, e lo
spiegare come abbia potuto inspirarsi a sì
belli, sì poetici concetti melo-armonici con
que’ drammi, infelici come abbia potuto ingemmarli
è quistioue estetica più ardua che
non si creda da taluni, e in ultima analisi
opinerei esser uno di quegli enimma
che non sa sciogliere che il genio: ma, e
con lutto questo si vorrà credere che Rossini
non risconosca nell’Opera un complesso
musico - drammatico? che non sappia
che la sua musica teatrale cantata colla
sola valenzia di ben educate gole non gli
avrebbe fruttato il decimo di quella fama per
cui giunse per fino (ed è tutto dire!)a vincere
l’invidiade’colleghid’arte? Oh! sarebbe
10 stesso che un bravo avvocato possa ignorare
che la migliore delle leggi senza il potere
esecutivo è una predica al deserto.-Rossini
ispirato dal dramma veramente poetico
avrebbe forse rinnovato i decantati portenti
musicali delfantichità; Rossinicoll’elettosuo
spirito ba dato spirito ai più insipidi versi,
ha comunicato una cara, incantevol poesia
di suoni ai concetti di poeti affatto brulli
di poesia; sì. ma provatevi un po’ a cantare
^Otello, il Guglielmo Teli, la Gazza ladra,
11 Barbiere, il Mosè con tutte le vèneri
melo-armoniche, ma senza azione, senza
Jorza drammatica, e bellamente vedrete
que" capolavori sparger di dolce sonno le
teatrali arene: e questo fisico-psicologico
esperimento quante volte l’abbiam visto
ripetuto ne’ teatri, per virtù di coloro nel
cui petto arde tutt’altro fuoco che non
il drammatico? — E come dunque dovremo
interpretare la risposta del grande
artista?... Io crederei dover raccogliere da
quella proposizione che Rossini d accordo, col buon senso, disapprovi altamente il! furore drammatico die invade i cinque
sesti de’ Librettisti rapsodi che imbrattano
la scena, che in mancanza di genio, di vera
lena poetica, tentano coprire la poetica loro
miseria coi così detti colpi di scena, siano
pure colpi fatali allo scopo per cui l’incivilimento
moltiplica i teatri e dal teatro
spera giovamento; scene d’orrore rubate
eli botto da Romanzi del genere satanico,
scene degne del terzo girone dello inferno,
è pur forza die i Maestri le vestano di una
musica schiamazzante, strillante, musica» Dello (limonio cerbero, che ’ntrona
«L’anime sì eli’ esser vorrebber sorde!
e queste non commoventi, non dilettevoli
ma laceranti, affliggenti scene quale arlecchinesca
figura farebbero se non venissero
declamate, cantate, gridate con furore
drammatico!’.... Lo sviluppo di questo
tema vorrebbe maggiore spazio che non prestino
le colonne del giornale, epperciò conchiuderò
col persuadere e la signora Novello
e tutti gli altri Artisti che hanno
doni di natura e pregi d’arte a non supporre
mai che l’autore di Otello sia caduto
nel grave errore di condannare la forza,
neppure il furore drammatico quando il
melo-dramma cui sono dannati a cantare sia
melo furente dramma. Piuttosto che cantare
colla placidezza di Tirsi amabile le furie di
un barone del medio evo econvertirin dormitorj
i teatri, rassegnatevi alla triste ma inevitabil
conseguenza che Rossini vi pone
sott’occhi, perchè n’ha visti troppi esempi,
quella di poter dare piacere sei mesi, e
dover poi straziare le orecchie fino all’amen
di vostra carriera musicale, al quale
sfete presto ridotti a forza di cantare col
furore voluto dal furore de’Librettisti odierni,
cui natura uè arte non diedero in sorte
1* essere Poeti.
Nicolò Eustachio Cattaneo.
SCHERZI.
DIAI.OGO COMICO
Tra un Impresario «li Provincia
ed un Maestro esordiente.
Imp. Mio caro, no» c’è caso: ho preso impcpilo col
pubblico, od entro un mese al più tardi voglio pronto
10 spartito.
Maes. Ma ciò c impossibile... Un’Opera nuova non
si lira giù a doppio: l’ispirazione non si può mica chiama
re a suo» di campanello collie i piccoli d’osteria...
bisogna aspettarla (piando viene... e un solo mese...
per bacco, mi pare!. ■.
Imp. Tant e; o accettate o non accettate a questo
patto...
Mucì. (con amarezza, fra sè) Quattro eterni anni
che sto aspettando l’occasione di esordire! (fortej Ebbene,
accetto; ma dite amico, il libro almeno sarà già
pronto.
Imp. Oibò: finora il poeta non ha in ordine che due
recitativi del prologo, e il rondò finale della prima donna.
Muesl. Ma se non altro l’argomento del dramma sarà
già stabilito...
Imp. Nient’alTatto.
Maes. Ma almeno ch’io sappia se sarà tragico, serio,
bullo...
Imp. Questo poi io c il poeta lo lasceremo in vostro
arbitrio dopo che avrete ricevuto il libretto...
Maes. (fra sè, sospirando) A meraviglia! (forte) E
dite; come stiamo a cantanti?...
Imp. Eccellenti! tutti di primo cartello. A voi, vedete
i nomi. (sciorina un a/fisso grande corno un lenzuolo).
IIars. (fra sè leggendo) Ah sciagurato me!
Imp. La prima donna per verità è un’esordiente, ma
di luminose promesse... Il tenore, non ve lo nego, fu
fischiato in Ire teatri consecutivi.... Ma i giornali lo
hanno portato alle stelle... Il basso, poverino, ba scssantacinque
carnevali sulle spalle, non ba mica la
voce d’uii toro... e nondimeno nei pezzi concertati...
Eppoi, nn sceneggiare, un possesso di palco A Milano,
a Torino, a Roma, venti anni fa, gli hanno fatto il
ritratto in litografia... dunque vedete...
Maes. E come stiamo a cori!...
Imp. Uh! buònissimi! fra tenori, bassi c soprani, quattordici
gole tanto falle! Vivete sicuro clic grideranno
per sessanta.
Maes. E l’orchestra!
Imp. Una delle prime d’Italia! Dicci violini, due contrabassi... tre grancasse... quattro timballi,sci tromboni... Di questi ultimi sappiate scrvirvenc con garbo
nelle melodie e farete grand’effetto. Perchè già, sapete,
al tempo presente è di gran voga il colorito slromentale.
Dunque vi raccomando robustezza di accompagnamenti,
in ispccie alla romanza notturna della prima donna,
per la quale, se crcdelc, potrò anche servirvi della banda
militare sul palco scenico... Vedete clic non bado a
spese io! Sono generoso io c so fare le cose in grande...
Non sono mica un impresario idiota io... Ho fatto i miei
bravi stridii c me ne intendo di poesia, di filosofia, dì mimica...
Oli approposito: il tenore ha un magnifico mi
di petto; lo cava con una forza che fa stordire. Dicono
clic qualche volta stuona, 11111 le sono sofisticherie de’
pedanti... Eppoi al presente che e di voga Instile declamato
farà ottimo eficlto! Quanto alla prima donna
badate di attenervi al genere piagnoloso, alle note tremolate;
schivate le agilità c i liori del così detto bel
canto; la poverina vi servirebbe male, ella è educata al
cauto tragico, ed ba degli acutissimi clic toccano proprio
11 cuore; qualche volta, è vero, passano gli orecchi, ma
fanno piangere perché imitano a meraviglia i singhiozzi
e i gridi di disperazione; c voi sapete che al presente
i singhiozzi e i gridi sono la passione del pubblico....
Maes. (sogghignando) Eli capisco che ve ne intendete
di estetica musicale.
Imp. Ma se ve l’bo detto io! Orsù,alle corte, maestro,
sono nelle vostre mani!
Maes. Farò il possibile per non essere ammazzato
a colpi di panche...
Imp. Mi impegno io a farvi far furore... Non dubitate..
fidatevi nella mia esperienza. Conosco io una certa
tattica...
Maes. Alla buona ora: a rivederci alle prove d’orchestra.
Imp. Oh approposito delle prove di orchestra, è ben inteso
clic vorrete limitarvi a due sole!... perché i professori
bisogna che li paghi ogni sera che suonano, c voi
capite bene...
Maes.,Capisco benissimo! L’economia...
Imp. E la musa di noi altri poveri impresarii..
Maes. Una musa inolio nobile clic fa progredir l’arte
alla maniera de’ gamberi. SCHIZZI NECROLOGIO.
— Luigi Maroni, di Varese, uno de’ più valenti fabbricatori
d’organi della Lombardia, il degno nipote erede e continuatore
di Eugenio Biioldi,distinto artista lodalo dal Ge*vasoni,
dal Lichlenthal, dal Fétis, ecc., per aver nc’primi
lustri di questo secolo introdotto varie importanti modificazioni
nella maniera di costruire gli organi, colpito d’apoplessia
nel fiore della sua età, nel giorno di domenica 15
passato prossimo cessò di vivere in Novara. Il Maroni
fra noi crasi acquistato grande riputazione tanto per
l’importanza, solidità e quantità de’suoi istromenti
quanto per la qualità de’ suoni, e per la varietà e prontezza
del meccanismo. Egli veniva in ispecic ricercato
sul Novarese, ove si può dire che quasi tutti i migliori
organi a lui appartenessero, ed in Milano ove esistono
alcuni istromenti che provano la rara valentia di lui;e
per non dir di altri, basti il nominare quello da poco
tempo rinnovato nella nostra chiesa di Santa Maria del
Carmine, nel quale trovatisi ingegnose nuove applicazioni
meccaniche. In esso organo il Maroni per la prima volta
ebbe ad introdurre un registro, che dà i suoni imitanti
la lisarmonica del più delicato ed insinuante effetto.
— Elleviou. I giornali di Parigi hanno annunziato la
morte di Giovanni Elleviou, Cavaliere della Legion d’onore
c rinomato attoredelf Opera comica. Eglinacquca Rennes
il giugno 1769. Invece di applicarsi allo studio della
chirurgia, come era desiderio di suo padre, il primo
aprile 1790, oscuramente esordi alla Commedia italiana
in una parte di basso. Ben tosto mercè un assiduo travaglio
per sviluppare i suoni acuti, la sua voce cangiò
di carattere, perdette l’una dopo l’altra le note più
gravi e da basso si trasformò in tenore. Cantante pieno
di gusto, di espressione, di agilità e d’intelligenza,
attore notevole per nobiltà c sensibilità c dotato di ogni
più eletta dote dalla natura egli contrastò al celebre
Marlin il primato nella pubblica opinione e qualche volta
n’ebbe maggior fortuna. Gretry nelle sue Memorie tributò
encomjad Elleviou. Molti nuovi spartiti vennero per
lui composti e tra gli altri il Giuseppe capolavoro di
MchuL ed il Gianni dì Parigi, opera europea di Boieldieu.
Gli assegni di Elleviou ottenuti negli ultimi anni
della sua carriera drammatica s’innalzano a 84,000 franchi.
Ciò non pertanto le sue pretese si aumentarono col
successo ed a tal punto giunsero che nel 1812 per un
anno ebbe a domandare 120,000 franchi. Napoleone proibì
che gli si accordasse una sì esagerata paga; ed Ellevieu,
già fatto ricco mercé i suoi avanzi e con un matrimonio
assai vantaggioso, approfittò di quella circostanza per
abbandonare la scena, e per ritirarsi nella sua terra di
Roncicrcsnel dipartimento del Rodano, nel quale divenne
membro del consiglio generale, ed ove le sue belle qualità
gli meritarono la stima di tutti. Repentinamente
morì a Parigi il 6 corronte nel discendere da una scala.
RETTIFICAZIONE.
Veniamo pregati dal maestro Balbi di Padova a volere
inserire la seguente sua nota.
«Nella lettera del sig. Fétis intorno allo stato presente
della musica in Italia, data nei N. 18 e 19 di questa
Gazzetta, si legge il seguente pcriudo: «A Padova, nella
chiesa di Sant’Antonio v’è perpetuo silenzio, quantunque
vi sia un maestro di Cappella e quattro organi
nel Coro». A questo noi rispondiamo. «11 signor Fétis
è forse passato per Padova a volo, o nel più fitto
della notte per non aver potuto nemmeno procurarii una
esatta cognizione di ciò che si ha in quella Basilica!...
Bastava soltanto che si degnasse, se non voleva direttamente
esser informato su tale argomento, o leggendo
quanto fu scritto su quell’augusto Tempio o discorrendola
con quelli che ne hanno cura, di parlare alcun poco
in proposito, col più basso custode della prelodata Basilica,
col più incalcolabile servo di Piazza, co! passaggero
perfino che s’incontra per via, ed avrebbe, su tal
conto, avute tali informazioni, da consigliarlo a quel silenzio
che egli in vece, male a proposito rimarcò nella
prefata sua lettera. Non parli adunque di ciò che pienamente
ignora, o lo si potrà accusare di menzogna, o
per Io meno di capriccio. Sappia a suo lume, il sig. Fétis
che appunto nella summenzionata Basilica, vi è una
Cappella fornita di maestro, cantanti, due organi d’accompagnamento
ed orchestra completa, che tutto questo
Corpo Filarmonico giusta il Capitolano, deve fino da
qualche secolo, prestarsi ad oltre 420 annue Funzioni
fra le quali ne abbiamo circa 20 di grande Concerto;
che senza un corredo di valenti maestri ed esecutori
questa Cappella non avrebbe certamente acquistata quella
rinomanza e celebrità, che Io stesso sig. Fétis non ha
potuto nè negare, nè oscurare allorché ci spacciò la sua
erronea asserzione.
«> Sia dunque più cauto il sig. Fétis nel dire ciò che è,
per assicurarsi sempre più quella stima generale, che
per lo suo sapere ed amore all’arte seppe meritamente
acquistarsi». 31. Balbi.
• II grande Ifàndel, il primo compositore di fuga, di«mostrò innegabilmente coi suoi capolavori pratici, che
«la fuga può e deve essere chiara; a lui era riserbato
«il patetico (pathos), e non conosco nessuno che gli» sia eguale a tale riguardo. So già anticipatamente di
«offendere con ciò i ciechi adoratori dei grande Se«bastiano Bach. Le fughe di Bach sono lavorate
«con grande artificio, sotto molteplici forme; ol°
trechè essendo i suoi temi talora bizzarri, egli mostra
«nell’elaborazione di essi il primo ingegno sulla terra,
«un ingegno veramente invincibile. Gli artifici contrap«puntistici di Sebastiano Bach sono così fecondi che
«niun maestro lo eguaglia; sono modelli, che non si
«possono ammirare bastantemente, e presentano anda«menti mai immaginati da alcuno. I suoi contrasoa:getti
• sono originali, e a chi giammai sarebbero venuti in
«testa?.. Ma! hanno bensì un aspetto bellissimo e sim«metrico sulla carta; e il linguaggio, è egli rotondato?
«non vi sono de’ passi ineguali ed aspri, e relazioni non
- armoniche, che spregiudicano ogni regolata cadenza?
«Vi sono alle volte delle inconseguenze che offendono
<«le orecchie, per cui il loro effetto è più sorpendente,
«più artificioso che conforme all’arte; si stupisce, e si
«dimentica la regola, consistere la grande arte di cc•
lare l’arte. Quindi preferisco le fughe chiare, sem«plici di Hiindcl in rispetto rcttorico, logico ed esle«tico. Raccomando però (avuto riguardo alla scelta) agli
• allievi la fecondità di Bach. Vi sono molti materiali,
• e Hàndel avrebbe fatto sèi fughe con una sola di
«Bach, e con una sola di esse avrebbe acquistato mag•
gior applauso». (Ab. Vogler Sistema per la costruzione
della Fuga, pag. 2 4 seg. )
NOTIZIE Y ARIE.
— - Parigi. II teatro alemanno per insufficienza di uditorio
ha dovuto sospendere il corso delle promesse rappresentazioni.
Ottanta persone addette alla compagnia
da prima diretta ed ora abbandonata da Sehumann, si
trovarono senza risorsa e quasi senza asilo. Onde procurare
ad esse i mezzi di ritornare al loro paese il 24
maggio si diede una rappresentazione col Fidelio e con
due atti del Nachtlager von Granada.
— Londra. Thalberg ha dato il primo concerto. L’incomparabile
suo studio in la venne replicato, e la grande
sua fantasia sulla Semiramide eccitò la più viva ammirazione.
Dicesi che il sommo pianista abbia fatto un
contratto con Beai per tutto il tempo che passerà in
Inghilterra.
— Francoforte sul Reno. Da novecento parti fra
dilettanti ed artisti si eseguì la Creazione di Haydn a
benefizio degli incendiati di Amburgo. L’effetto della
meravigliosa musica fu tanto grande che si decise di
eseguirla un’altra volta. Anche Berlino, Praga, Lipsia e
varie altre città della Germania hanno già annunziato
delle accademie per uno stesso benefico scopo.
— Le Mans. Il Festival di musica religiosa per l’inaugurazione
della nuova sala cominciò colla marcia funebre
di Bccthowcn, a cui tenne dietro lo Stabat di Rossini
nel quale piacquero a preferenza l’aria del tenore, egregiamente
eseguita da Dupont; I’ fnflammatus, ed il duetto
delle due donne. Pare che prima del prossimo autunno
la partitura di questo tanto decantato lavoro rossiniano
sarà finalmente fatta di pubblica ragione: è ormai tempo.
— Amburgo. Venne riaperto il teatro con un trattenimento
musicale drammatico che produsse grande introito
il quale era destinato per sovvenire agli urgenti
bisogni degli infelici che nella fatai disgrazia da cui fu
colpita questa città, perdettero ogni loro avere.
— Fra le cose lasciate dal defunto Immcrmann a Dusseldorf
trovossi un flauto di Federico il grande; il Re
l’aveva regalato nel giugno del d‘773, al sig. Quanz,
suo maestro di flauto, poco prima della di lui morte,
come rilevasi da un biglietto attaccato al flauto, scritto
di mano propria da Federico. Il sig. Schladcnberg, possidente
di quei contorni Io comperò per 1! 54 fiorini renani.
— L’Antigone, tragedia di Sofocle con cori composti dal
sig. Mendelssohn.è stata rappresentata il 43 aprile per la
primavoltaal teatro reale di Berlino. La corte tutta è stata
presente; e l’impressione prodotta è stata grandissima.
La musica del sig. Mendclssohn venne generalmente
ammirata. Si è ripetuta l’Antigone il l i e 15 aprile.
Madama Crelinger, la prima tragica della Germania,
nella parte d’Antigone del pari che il sig. Rolt in quella
di Creonte sono stati eccellenti. Il coro dei vecchi era
composto de’ nostri primarii cantanti, dei signori Bader,
Bcettichcr, Mantuis, c Sicher.
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