Gazzetta Musicale di Milano, 1844/N. 15

Da Wikisource.
N. 15 - 14 aprile 1844

../N. 14 ../N. 16 IncludiIntestazione 15 settembre 2021 25% Da definire

N. 14 N. 16

[p. 59 modifica]GAZZETTA MUSICALE ANNO Ili. - N. 15. DI MI LANO DOMENICA 44 Aprile 1844. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a compone un robinie in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio si intitolerà Anioiogia classica misicai.e. — Per quei Signori Associati che amassero invece altro genere di musica si distribuisce un Catalogo di circa N. Situo pezzi di musica dal quale possono far scelta di altrettanti pezzi corrispondenti a N. 150 pagine, e questi vengono dati gratis all’atto che si paga I associazione annua; la metà, per la associazione semestrale. Veggasi l’avvertimento pubblicato nel Foglio N. 50, anno lì, 1S43. La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations, • et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres a l’émouvoir. ■> J. J. Rousseau. Il prezzo dell’associnzionc alla Gazzetta e alla Musica è di effettive Austriache L. 12 per semestre, ed effettive Austiache!.. 14 affrancata di porto lino ai confini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. -- Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ilflicio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica c presso gli l’Ilici postali. — Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. AVVERTIMENTO | Ripetiamo un’altra volta ai nostri signori Associati che. già si è dato unito agli ultimi fogli di questa Gazzetta il compimento del Catalogo di A. 2000 pezzi di musica, dal quale è libero ad essi il farne, scelta di un numero equivalente, a pag. I 50, I e ciò confórme all’avviso pubblicato all’occasione che si annunciò P associazione alla nuova annata, il (piale avviso, a scliia- j rimento (ledici cosa, per coloro che non Pavessero ancora ben compresa, si ripete in nota a queste. righe (0. Quei signori Associati poi, cui piacesse. a preferenza dei pezzi succitati, continuai e a ricevere, i pezzi dell’Antologia classica, sono pregati a farne domanda al nostro Ufficio se trovansi in Milano, e a nostri corrispondenti, se all’estero, onde vengano loro rimessi i pezzi A. 1 e d (2) della terza annata di questa Raccolta già pubblicati. (1) Lo condizioni dell’associazione rimangono le stesse fin qui praticate. L’Antologia Classica Musicale continuerà a pubblicarsi anche pel prossimo venturo anno, c la scella I de’ pezzi verrà fatta inalterabilmente colle norme fin (pii seguile, c nello scopo lodevole cui fu destinata, di favorire cioè lo.studio dei capolavori dei grandi maestri antichi. l’ultavolla, desiderando il sottoscritto Editore proprietario dare a quest’uopo maggiore estensione all’.lnZo/ogót stessa, avverte che col principiare del 1841 la medesima si pubblicherà anche con apposita e separata associazione al prezzo, netto di sconto, di franchi 20. Però, ai signori Associali alla Gazzetta Musicale, si continuerà a dare gratis hi detta Antologia Classica, così piacendo ad essi; e coloro invece, i quali in luogo di questa amassero altro genere di musica potranno 1 sceglierla da mi Elenco, estratto dal Grande Catalogo Ricordi, e composto di N. circa 2000 pezzi di musica di vario genere, per canto c per islromcnli diversi; dal (piale Elenco, che si distribuirà ai signori Associati, avranno i medesimi facoltà di fare scella di al-! trcllanti pezzi corrispondenti a N. IbO pagine. In esso Elenco si comprenderanno anche i diversi pezzi componenti l’Antologia Classica dei decorsi anni 1842-45. I pezzi, che i signori Associati alla Gazzella Musicale vorranno scegliere dall’Elenco suddetto, saranno dati gratis ai medesimi all’alto del pagamento anticipalo dell’associazione annua alla Gazzèlla Musicale. Chi poi amasse pagare anticipatamente la sola metà dell’assoeiazionc annua alla Gazzella Musicale non riceverà che una corrispondente ipianlilà di pezzi di musica in dono, per l’ammontare di sole pag. 73 circa. La scelta però, tanto di un’annata che della metà, dovrà esser fatta in una sola volta c non in diverse riprese.! I signori associali nelle piazze lontane vorranno ri- j volgersi ai relativi corrispondenti della Casa Ricordi. (2) N. 1. Terzetto, Vadasi viti di qua, per S. T. c B. di Martini. N. 2. Prima suonata per Pianoforte dell’Op. 2 di Beethoven. GOMMAMI O. I. Studi Biografici. Dell’indole, dei pregi». dei difetti delle composizioni di Meyerbeer. - IL Musica e poesia. - III. Rivista della settimana. - IV. Carteggio. Firenze. - V. Notizie musicali diverse. - VI. Nuove puhdlicazio.ni musicali. STUFI J BIOGRÀFICI DELL’INDOLE, DEI PREGI E DEI DIFETTI DELLE COMPOSIZIONI (Vedi N. 6, 8, c il, anno 1844). Ber degnamente apprezzare la fatica del sig. Meyerbeer, debbono considerarsi le difficoltà ch’egli aveva a vincere nella fattura del personaggio di Marcello; l’effetto solenne e comico della qual parte risultava unicamente dallo side usato dal compositore nella medesima. Lo (die ottimamente conobbe il sig. Meyerbeer, e la costante elevatezza del suo pensiero ha salvo quel personaggio} perocché la costui famigliare condotta potuto avrebbe eccitare nel pubblico tutt’altra emozione da quella delle lagrime. Toglietegli infatti il grande stile che lo distingue, che altra cosa è Marcello, se non una specie di Leporello, sentenzioso e curioso al par di quello, che s intromette, senza volerlo e ad un modo grottesco, in avventure politiche, e finisce, in un momento terribile, a impor le sue inani e benedire in un crocevia due sposi morenti? Avrei voluto maggiore franchezza nelle melodie cantale da Marcello, principalmente negli ultimi atti. Sebbene, tale coni" è questa parte, avvanleggerà grandemente la fama del sig. Meyerbeer. Se tuttavia vivesse Gualtiero Scott, invidierebbe all’autore degli Ugonotti la scarna e sparuta figura del soldato puritano. Quanto ai caratteri di Kaoni e Valentina, il sig. Meyerbeer gli ha, fin da principio, trascurati anibidue. Aveva sciupate le forze al doppio lavoro surriferito. Scorgendo che travagliose vigilie gli sarebbero ancor bisognate a riformare quegl incredibili concepimenti dell autor del libretto, si senti venir meno il coraggio, nè io so fargliene carico. Che può far ella dunque la musica, costretta a vestire somiglianti soggetti, che può altro fare, dico io, se non se calare le braccia e sottomettersi? Che significano personaggi sforniti di ogni semplicità, inetti a vagheggiare e ad amare, in cui tutto è gesto, lutto scontorcimento, tutto demenza? Come è compatibile la melodia con quei cuori arsi ed incenerili? Ciò che resta di meglio a operare alla serena vergine è il non ininiischiarvisi punto. Questa volta il sig. Meyerbeer 1 ha fai ta da vero musico francese: ha scruto per queste due parti delle arie e duetti là dove glieli ha somministrati il poeta: e noi non parleremo che di questi duetti e di queste arie. Quanto alla generale composizione de" due caratteri di Valentina e di Raoul, la non può sottomettersi a una seria etilica. L’opera degli Ugonotti, si divide naturalmente in due parti molto distinte: l una allegra, viva e rischiarala da) più giocondo raggio di sole; l’altra imponente, grandiosa, tetra e terribile. Come codesto spartito, il quali* comincia in una sala di convito, in cui sono raccolti i più cospicui gentiluomini della Corte di Francia, finisca in mezzo agli urli, al suono della campana a martello, e a tulli gli orrori della morte} come codesta candida musa che canta sotto a cespugli di gelsomini e di rose e nelle acque de! Cher bagna le nude e delicate sue membra, guidi poscia pe’trivi! la banda de soldati cattolici alla carnifìcina de’ protestanti. senza che nulla di troppo precipitato venga a violare od offendere le leggi della gradazione drammatica, quest’è un portentoso segreto dell arte de’ contrasti posseduto eminentemente dal sig. Meyerbeer. Il prim’alto è appassionato, petulante e rapido; il secondo pieno di calma, freschezza e serenità: vi respira un non so che di voluttuoso e lascivo che ti accarezza di care illusioni; le melodie non esalano più dall’orchestra} le diresti in iscambio spirate dall’olezzo fragrante dì (pie’ fioriti cespugli, dietro a (piali si occultano le nuotatrici. Verso la fine del secondo alto scorsesi nell’orizzonte, sino allora sereno, apparire d un tratto, come un punto nero, la prima nuvola della tempesta formidabile che si sta preparando nel cielo. L’aria, piena di squisita soavità, che canta la regina Margherita di mezzo alle sue donne, troppo chiaro rammenta la prima cavatina d’Riti ianta. In generale il sig. Meyerbeer fa trasparire in tutto a questo secondo allo una troppo marcata preoccupazione, se non della stessa frase. [p. 60 modifica]almen dello stile e del colore dello spar• tito di Weber. Non dirò che il sig. Meyer■jA beer ne copiasse le note ed il tempo; ei Ùj non attinse che quella specie di mattutino profumo esalante dal detto spartito, quel fiore che la ricopre come un bel frutto; codesta musica olezza Eurianta. come l’abito d’una fanciulla che si è assisa in un prato, sa di viole e di timo. Quanto alla frase principale del duetto ira Margherita e Raoul, mi fa maraviglia che la ricorresse al pensiero del signor Meyerbeer, e che egli non rigettasse una cabaletta cosi sdolcinata, altra virtù non avente luor quella di piacere assaissimo agli uomini di gusto corrotto. Nè a un musico pari al signor Meyerbeer, declinando dalla sua dignità, si conviene grattare gli orecchi ai dilettanti di simili frascherie. La stretta del finale, sebben difettiva di sviluppo e respiro, è robusta e molto efìeltiva. Havvi negli Ugonotti, un paggetto visibìle ne due primi atti e scomparso nel terzo, senza che nessuno vi badi. Ala fa appunto codesto paggio ciò stesso clic hanno fatto prima di lui tutti i paggi d’opera; è invaghito della sua padrona, trema e arrossisce ogni volta che le favella, e dietro a’ salici si nasconde per vederla entrare nel bagno. Del resto nessuna melodia, nessun tratto lo distingue da tutti coloro che Khan preceduto, e probabilmente da tutti anche coloro che gli verranno dappoi. Ora, trattandosi di un’opera del sig. Meyerbeer, non so passare sotto silenzio l’inopportunità di cosi fatto carattere, il quale potrei bensì comportare a un mediocre compositore. Come mai il sig. Meyerbeer s’assoggettava a rifare ciocché tant’altri avevano fatto prima di lui? Perchè non istudiarsi in iscambio di dare una fisonomia originale al suo paggio, cugino de’ paggi tutti di commedia, salvo il Cherubino di Mozart?! Le masse corali costituiscono la massima parte del terz’alto. 1 protestanti cantano e bevono; sopravvenuti i cattolici si vilipendono e sfidano. Dal (piale urto dei cattolici co’ protestanti derivano molti cori condotti dal musico con maravigliosa destrezza. Tutte le quali cose si eseguiscono per mala sorte a spese della melodia, e senza il bel duetto fra Valentina e Marcello, che par ivi posto perchè possa appunto Io spirito ricrearsi un istante e prenj dee lena in mezzo a tante laboriose combinazioni; senza quel vago duetto, non sarebbe quest’atto da capo a fondo che un vasto coro quando svolto con magnificenza, quando imbrogliato in istrana maniera, quasi sempre concitato e fragoroso. Possono siffatti espedienti conseguire un grand’esito i primi giorni, ma sembrano a noi fuori adatto del dominio dell’arte. Certamente che tutto codesto apparato è bellissimo, ma non è cosa, occorre di dirlo, musicale: nulla ha a che fare la musica cou que’ chiassi da mercato, con quelle ignobili querele di genti avvinazzate, che a pugni si contendon le pinte. Se gli vien fatto di aggruppare talvolta insieme tutte codeste voci, la non è che fantasia da sua parte. Chi voglia prolungare un coro oltremodo, difetta non solamente d’industria, ma di senso comune. Ditemi che cosa è adunque egli un coro, se non se un sentimento unanime espresso da cento voci? Ma non può l’espressione d un sentimento sopravvivere a sentimento stesso e se interviene per caso a cent* uomini radunati di essere dello stesso avviso, figuratevi se tale stato può durare gran pezza. Il coro di Weber nell1 Eurianta e Freyschùtz, di Beethoven nel Fidelio è unanime, vale a dire che tutte le voci cantano i medesimi voti, i desiderj medesimi, la medesima volontà. Un sentimento comune a tutti, compresso gran tempo nel cuore sprigionasi nelle voci e diffonde possenti armonie. Il coro di Beethoven e Weber è un inno, o di gioja o di dolore non servo;. Quanto a’que’cori di controversie e querele, la elaborazione dè’quali costa al musico sudori di sangue per vincere, non con altro che con mezzi artificiali, la discordanza morale, e far poco men dissi cantare le voci intuonate quando stuonano i sentimenti, sono pezzi che potrà gongolare in udirli il Conservatorio, e buon prò gli faccia. La musica vive di trasparenza e chiarezza; le abbisognano passioni sublimi e semplici, grandi arie in cui 1 anima sfoghi i suoi più nobili pensieri; melodiosi e facili cori. Il coro insomma è un1 aria cantata da un popolo che come un sol nomo ha senso, moto e favella. Eccovi per esempio, la scena d*Tdomeneo: non è ella una grandiosa musica e di magico effetto? eppure che semplicità, che moderazione! non v* ha nulla nell’arte dei Greci, nulla in Omero, nè in Sofocle, nè in Platone, che sia più puro, più maestoso epiù bello della detta musica divina di Mozart. Un intiero popolo è immerso nello stesso pensiero, piange e querelasi; sgorgano spontanee te lagrime, i lamenti salgono al cielo concordi. Osserva questa magnifica scena di tristezza: il re Idomeneo, in mezzo la piazza, in piè rassegnato; gli sono d’intorno i compagni; gli uni immobili al fianco suo, col capo chino e i capelli disciolti in atto di cordoglio; gemono gli altri appoggiati sopra una tomba; questi distesi sui marmi nel tempio di Minerva e concentrati nella loro afflizione; quelli girano intorno, cercando cogli occhi i proprj figliuoli che non si ardiscono di chiamare. Tutta questa immensa epopea è un coro, un semplice coro di Mozart. Ora metti che,in cambio di cosi fatta tragedia,il musico avesse a trattare una scena di studenti e di popolazzo, la varietà del soggetto trascinerebbelo pur suo malgrado, oltre i confini dell’arte. Fra tanti sentimenti diversi che si premono e si combattono, come può egli sceglierne un solo per isvolgere? Nè trovar potendo gli effetti d una schietta e franca espressione d’uno stesso pensiero, cercherà nelle combinazioni d’orchestra degli strani ripieghi; chiamerà in suo soccorso le campane e altri istromenti di musica, ai quali nè Mozart nè Gluck avevano mai posto mente. MUSICA E POESIA {Continuazione, Vedi il N. 14). Articolo II. Della musica e poesia si può istituire quel ragguaglio che è tra la poesia e la prosa. Ma premettiamo questo processo: l’uomo prima balbetta, poi parla, quindi favella, dopo declama, e finalmente canta. Non dico che nella natura sia quest’ordine cronologico; ma osservo che il canto, cioè i versi cantati suppongono lo sviluppo dei termini antecedenti. Certo il gorgheggiare, e canterellare debbono essere antichi; ma il metter parola sotto nota, cantar davvero è cosa più recente. Ora torniamo al pro: posto ragguaglio. Quale è la somiglianza, M quale la dissomiglianza che passa tra poesia e prosa? Quanto all’anzianità se trattasi di scrittura più antica sembra la poesia. ma se guardasi al parlar naturale la prosa precede. Questo linguaggio dalla natura datoci pei bisogni nostri allorché o maraviglia. o passione, od entusiasmo invadono la mente ed il cuore, piglia tale forza, tal colore, tale struttura, che di esso si avvera assai più quello che Cicerone notava, i poeti, cioè, parlare una lingua diversa dagli oratori. Il linguaggio affettuoso ridotto a questi termini non manca che d’uri elemento per diventar poesia, del metro; e quando ciò abbia ottenuto, la trasformazione è compiuta, la prosa è poesia. Se questo è un fatto, noi possiamo compatire le vane fatiche di coloro che sudarono a trovare la differenza tra la poesia e la prosa, onde meglio definire 1" una e l’altra. Coloro che la videro nel metro non poterono passare per poetiche certe composizioni didascaliche, certe filosofie dettate in versi; quelli che la trovarono ne sentimenti. nell’entusiasmo, nella fantasia e nello stile, non poterono negare avervi prose ridondanti di siffatti pregi. Il Telemaco p. e. fu sempre riputato poema, mentre VItalia del Trissino chiusa in versi non ha fior di poesia Anche alcuni drammi moderni non verseggiati abbondano di virtù poetiche, mentre certe tragedie nulla bau di poetico che lendecasillabo. D’altra parte un divario tra l una e l’altra si sente; un sublime prosatore come Platone e Livio ha un non so che di dissimile da un Omero, da un Virgilio; ma definire in che consista è fatica perduta. La prosa adunque a cui, oltre l’affetto sopraggiunga il metro,mutasi in poesia; ma non c’ingannino i nomi. Poesia, vocabolo a noi venuto da Greci, non è molto antico; che anzi antichissimo è quello di canzone siccome Omero ed Esiodo la chiamano, d onde essi toglievano il titolo di Aedi o cantori, trovatori, o menestrelli di quel medio evo greco. Perciò la favella prosastica dell entusiasmo non poteva assumere movimento poetico che col canto, cioè la necessità del carattere introduceva naturalmente il verso. - Ora come troveremo noi il divario tra la poesia e la musica che fu l’antico e semplice canto sostenuto dalla lira o cetra? È da proporre un premio a chi la trova, si veramente che non riduca la musica al puro fenomeno dell’aria percossa, nè la poesia alla misura delle sillabe, od all’artifizio della simmetria. Con questa condizione si lasci cercare. Ma se uno dicesse: la differenza tra la poesia e la musica è che quella serves! delle parole, e questa degli.stromenti. che bisognerebbe rispondere? Primo ti» che il mento per il ajuto musica gorgozzule umano è pure uno slro, secondo, che quelle parole sono canto, il quale vuole avere in suo gli stromenti, e finalmente che la strumentale essendo solo una speeie non può assumersi per contrapporla alla poesia; ella è poi anche di tale natura che sempre suppone il canto, o vi supplisce con analogo stromento. E questa osservazione mi agevola vieppiù la strada a quanto voglio dire. Imperocché mettiamo per un momento che la strumentale sola esista, e la vocale sia come morta, e sepolta da molli anni, che direm noi udendo sinfonie, suonale, fantasie, ed altri ghiribizzi ad uno o più stromenti avere tale andamento nelle parti, ■

0 [p. 61 modifica]- 61 — —

e nel tutto da scorgervi una poetica, o metrica struttura? Perchè, in grazia, che mai significano i periodi, le frasi misurate, ripetute, imitate, variate, il ritmo, il tempo, le cadenze, le transizioni, l’agitato, Tespressivo. e quanti elementi informano, animano, coloriscono celesta musica che esce da corde, da legni, da metalli, se non una poetica contraffazione? Una volta scrivevano suonate drammatiche come battaglie, incontri, avventure, sinfonie funebri che intendevano rappresentar qualche cosa; le stesse armonie hanno talora significato storico o morale; vedo pure alcuni pezzi per pianoforte che portano titoli a cui non so se il testo corrisponda. Tutto questo ci avverte che la musica strumentale lavora, o finge di lavorare sui dati a lei posti da un1 altr’arte, la quale non può essere che la poesia, perchè nè la pittura, nè 1 architettura, siccome arti mute nulla possono somministrane. Essendo adunque tale cotesta musica senza canto, che diremo della vocale? Questa lavora direttamente sul canto, che le vieil dato dalla poesia, non fa altro che ricamare una tela poetica, contrappuntare un canovaccio, colorire un disegno colla poesia piglia essa le mosse, e 1 accompagna imitandone gli andamenti, secondandone i pensieri, sviluppandone i concetti, collaboratrice di quelTestetica che generata dalla parola delTuomo meglio che nelle altre arti è rivelata alia maggior parte del volgo per il doppio mezzo della poesia e delia musica. Veduta ora la genesi non che le rassomiglianze che sono tra prosa, poesia e musica, e come tutte e tre si riducano alla parola, o declamazione affettuosa, a meglio mostrare questo intimo legame che annoda insieme le due ultime sarebbe da proporre una forinola che dichiarasse tosto di quale e (pianta importanza sia questo argomento che trattiamo. Quando si dicesse che La poesia genera la musica. tosto ciascun vedrebbe come la seconda debba servire, e prestar ubbidienza alla prima, come questa a quella debba cedere per dovere di figliuolanza. Ma siccome questa soggezione non basterebbe a farci toccare quel legame che le congiunge, e d’altra parte gli officj sono scambievoli, cosi invece proporrei questo problema: Quali ajuti dalla musica esiga la poesia^ o nella sua insufflelenza, o per la maggiore espressione. In ogni modo la musica è sempre subordinata alla poesia^, ma essa non debbo vergognarsi di soccorrere un’arte cosi sublime che un giorno fu creduta favella divina, sebbene oggi, e notevolmente sui teatri, sia meno che umana. Ma io prego la musica a prestare gli officj suoi alla poesia maschia,, forte, robusta, profonda di cui Tltalia nostra non ha penuria, e la pregherei pure a dimenticare per qualche tempo quei libretti, che possono averla indisposta contro f amorosa sua genitrice. Prof’. Bili ani. RIVISTA DELLA SETTIMANA Milano. - Molto si parla, ed a ragione, in questi giorni di una nuova composizione sacra del maestro Mandanici. E questa un Gloria in Excelsis a due Cori reali di quattro voci cadauno, vale a dire ad otto voci reali, eseguito per la prima volta il giorno di Pasqua sotto le volte del nostro maggior Tempio. È questo mi componimento che nei fasti della musica sacra contemporanca segn^ un punto di qualche rilievo, specialmente per l’ingegnosissima Fuga, nella quale i due Cori, l’uno: ■=

dall’altro reciprocamente indipendenti, meritano l’attenzione dei dotti per novità, finitezza, e somma complicazione, unita a bella chiarezza di travaglio: doti, le due ultime, quasi impossibili ad ottenersi nella suddivisione sì sminuzzata delle masse vocali. Tutti i selle, pezzi appartenenti ad altrettanti brani, nei quali fu avvedutamente scompartita questa saera orazione, vanno lodati per scioltezza e varietà di forme, spontaneità di frasi, giusta espressione del testo: mai due pezzi giganti sono la Fuga sullodata ed il Qui tollis. Quella, come si disse, in genere severo; questo di carattere sostenuto, ma di fattura più libera: [lezzo svolto a larghe forme, mclodiato con grandezza, ed intercalalo ora dall’ima ed or dall’altra delle voci intermedie con una frase espressiva e piangente, che molto si confà alla supplichevole preghiera che innalzasi a Colui che toglie i peccali del inondo. Mi permetto ciò non pertanto una piccolissima osservazione all’egregio maestro. Nel maggiore di questo Qui tollis, dopo quel bel crescendo praticato su ([nella scala cromatica dei bassi, che. va a cadere sulla seconda del tono con terza maggiore, avrei desiderato che la Dominante re (il pezzo è in sol) che succede a quel forte fosse stala accompagnata dal suo accordo di settima, sembrandomi che altrimenti la tonica non resti domandata sufficientemente; poiché quel lungo accordo di la, se non fa dimenticare il sol, almeno ne allontana l’idea in modo da ritenere che l’autore non voglia cosi repentinamente ricadere sulla tonica. Perciò il bisogno, a mio modo di vedere, di caratterizzarne con relativo accordo la dominante.-11 primo pezzo, il Gloria, quantunque lungamente e con mano perita sviluppato, sembra mancare d’una l idea principale abbastanza solenne, per potersi elevare all’altezza del rimanente. Invece trovai nuova ed affettuosa la prima parte del Quartetto Laudamw te; le voci vi si congegnano così spontanee! 11 fugato sulle parole Propler magnani gloriavi tuoni | tende alquanto al comune c le progressioni scmitonate ascendenti che lo seguono, restano assai difficili, forse impossibili, ad una precisa esecuzione vocale. Sembra trascuratene il terzetto Domine (ili; ma forse ciò fu fatto ad oggetto di porgere maggior risalto al Qui tollis che gli succede, c che tanto ho lodalo. Come pure la penna del compositore scorse, se non incurante, almeno rapida, in lutto il rimanente del testo lino alla gran Fuga, [lezzo che, come prima notai, destò la । meraviglia de’ nostri più eruditi ed incontentabili contrappuntisti. Già dissi, che la fuga Beale del Coro primo, c la fuga del tono del secondo, sono l’una af। fatto dall’altra indipendenti, c possono in conseguenza eseguirsi separatamente, senza che nessun vuoto rimanga per chi ascolta. Risulta chiaro da ciò, essere assolutamente tre pezzi differentissimi quelli che si possono ottenere da questa ingegnosa Fuga; vale a dire, uno da quella isolala del primo Coro, un altro da quella del secondo, pure isolala, ed il terzo mediante l’esecuzione complessiva. Strano ed ingegnoso lavoro!- La fuga del primo Coro però è più accurata cd evidentemente prel diletta dall’autore. 11 soggetto ne è chiaro e spontaneo; e pièno di vita è il cantra-soggetto, dal quale il signor Mandanici trasse un divertì mento di sommo effetto, che aggirasi con belle varianti e modulazioni per tutto il corso del pezzo. La fuga del secondo Coro è buona, quantunque apparisca troppo soggetta a’ bisogni della prima. Non amo più che tanto in quest’ultima i nemmeno il contrappunto che i tenori tessono al soggetto dei bassi: questo vi perde in chiarezza. Sembrami che lo stretto della Fuga complessiva poteva essere più grandioso e sviluppato: forse la tensione di tanto fa■ ticoso studio avrà stancata nelle ultime misure la pai zienza del peritissimo contrappuntista. Come pure, avuto riguardo allo sviluppo sì largo di questa fuga, avrei amato il Pedale, e lungo. Esso offre riposo, c prepara con importanza la conclusione di questo genere di lavori. Non ne trovai che imo intermedio, appoggialo al secondo organo e di [iodio battute, e che veramente non si può nemmeno chiamar Pedale, non passandovi sopra che i semplici accordi di terza e quinta, quarta c sesta. - In ogni modo tulio questo pezzo è lavoro assai bene imaginato, destramente condotto e sostenuto, cd anche di buono effetto acustico, qualora ne si eccettui una qualche mancanza di chiaroli scuri; difetto inevitabile in questa circostanza, perchè prodotto dalla voltila indipendenza dei due cori. Poiché eomprcndesi chiaramente che questa indipe.ndcnza fa sì, che nè l’uno nè l’altro abbiano giammai un momento di riposo, c perciò riesca impossibile ottenere neppur un solo de’tanti effetti die rilraggonsi dalla varietà del numero delle masse. - E desiderabile che il maestro Mandanici venga animalo ad al’ri lavori di siimi genere, essendo egli uno de’ pochissimi, che in giornata coltivi con tanto amore e profondità uno studio sì proficuo all’arte, e che tanto è trascuralo da lutti i moderni compositori. Passiamo ora dal sacro al profano. Alcuni de’ nostri teatri si riapersero. Le sorti del (’.arcano non furono sinora gran fatto liete. Vi si die Lucrezia Borgia, vi si darà (almeno così il Cartellone) Boberto il Diavolo; dove darsi, dicesi, C/ii Dura Vince, (ìli Esposti; eccellente miscellanea [>e’fautori dell’eceletismo musicale. Al Re la bell’opera di Rossi / Falsi Monetari, ovvero, come appdlavasi altra volta, La Casa disabitata ebbe meritata fortuna. Anche [ter questa bella musica è dunque venuto il giorno del riscatto. A questo ci vollero dicci anni. - Questa musica ha il vero carattere buffo, senza trivialità. Barinovi assai cose originali, molta scorrevolezza, in mezzo alla quale l’autore fa talvolta uso di un colai genere spezzato, che giunge mollo a proposito il più delle volte a rompere quella monotona quadratura di periodi, che noi italiani prediligiamo un pò troppo, specialmente nelle opere buffe. - L’esecuzione è anche buona in generale. Il baritono sig. Walter, pressoché esordiente, emette una voce buona e bene educata, e mostra del criterio nel fraseggiare. Il buffo Soarcs ha [iure, a dispetto di (piasi tutti gli altri buffi del giorno, della voce, e recita con buon senso. Ma un bello c distinto talento è ([nello della sig.a Riva-Giunti, che. vi sostiene la parte di Sinforosa con un garbo, ed un’eleganza comica tutta sua. Ella [iure possiede una bella e forte voce, che emette anche con giustissima scuola, massime negli acuti; ai quali si desidererebbe d’altronde arca molto più vasladi quella del Re, perchè trovassero campo a spaziare convenientemente, tanto son essi dotati di bello, robusto e pastoso volume. Alberto Mazzucato. CARTEGGIO Firenze, 8 Aprile 1844. Abbenchè il movimento musicale nell’ora scorsa quaresima non apparisse fra noi tanto brillante quanto lo fu negli altri anni, non per questo si creda che non vi fosse tanto da soddisfare i desidera degli amatori. Nel teatro della Pergola la Barbieri, la Brambilla, Roppa, Castellali e De Bassini in sì breve spazio di tempo si produssero in (piatirò diverse Opere, due delle (piali affatto nuove per Firenze. Il valore di questi cantanti vi è già noto, e la loro fama certamente non abbisogna di esser rischiarata dai mici panegirici; nè tampoco posso intrattenervi sul merito delle due Opere nuove da essi rappresentale, La Fidanzata Corsa cioè del maestro Bacini, e Bianca di Santa Fiora del conte Lilla, giacché della prima si è. già discorso in questi fogli, dell’altra aveste a dar giudizio voi, Milanesi, allorché per la prima volta si produsse sulle vostre scene. Il violinista Giuseppe Grassi, il giovine pianista Ilonnorè, e madamigella Bertucat nella sua doppia qualità di cantante e di arpista vidersi sempre uniti a trattenere il pubblico con svariate accademie musicali ora nel teatro del Cocomero, ora in quello dei Filodrammatici Concordi, ora nelle sale annesse al teatro Goldoni, ora nel nuovo Casino di Firenze, ora nel teatro della Piazza vecchia, ora alla Società Filarmonica. Il pubblico trovi» sempre da ammirare nel signor Grassi una perfettissima inliionazione, un bel portamento d’arco cd una, se non mollo animata, certamente assai forbita esecuzione. Il signor Ilonnorè ebbe plauso per la nettezza c precisione con cui fa [tarlare il pianoforte, e per i suoi modi di accentar le ® frasi, mentre la signora Bertucat colla grazia del suo sesso, con la dolcezza dd suo canto, e colla simpatica armonia della sua arpa, Steppe costantemente procurarsi ammiratori. (féVW [p. 62 modifica]- 62 “â ssi Della società filarmonica non vi parlerò giacché riscontro m l N. 15 della vostra Gazzella che altri per questa parte mi ha prevenuto. Soltanto aggiungerò che vi ebbero durante la quaresima diversi esercizj privati sulla musica classica, cd una grande accademia nella sera della domenica delle Palme, ove le più belle toelette masculine e femminine, la copiosa illuminazione e la musica servirono a rallegrare cietà che vi concorse. Egli è pur troppo vero che la musica confronto dei tempi andati si trova oggi la scella soda Chiesa in in Italia in tino stalo di abbandono, di languore e di decadenza; non pertanto in molte città vi han tuttora maestri di cappella abilissimi, c capaci ali’occasione di sostenere il lustro italiano anco in questo ramo il più sublime dell’arte. Fra questi degni artisti è da annoverarsi anco il maestro Geremia Sbolci fiorentino, il quale educato nella musica classica, specialmente della scuola tedesca, per il lungo esercizio in essa fatto come cantore addetto alla nostra I. IL Cappella, diè più volte saggi di simil genere di composizione, non che di somma attività zione. Ed ora targli lode nel e di intelligenza nel dirigerne I csecunuova occasione ci porgeva di tribunella chiesa di S. Frediano in Castello le strofette analoghe. alle ultime sette parole del N. I). IL rivestile di una musica di siile classico e di quel carattere confacente a tal circostanza. La esecuzione di questo bel componimento ricsciva inoltre in una maniera soddisfacentissima, e (ale da non incontrarsi che raramente nelle musiche di Chiesa, nelle (piali per lo più si ha il costume di ciecamente affidarsi ad una esecuzione più estemporanea che. perfezionata da ripetute prove, di insieme. Le più belle e robuste voci che sostenevano un coro che in alcuni momenti spiegavasi imponente, furono rinvenute nella infima classe del popolo, ed educate in una scuola che da poco in qua si è instituila in quella parrocchia sotto la direzione dello stesso maestro Sbolli. Spero che mi si porgerà P occasione di parlarvi più distesamente di questa pia istituzione musicale, c dei vantaggi morali che ella va produccndo. Intanto credetemi, ecc.

  • P.S. — Il celebre pianista Thalberg ha già annunziato

al pubblico che domani a sera darà un’Aecadcmia nel teatro della Piazza vecchia. Tanto le notabilità che le nella più grande desiderar questo grande artista. NOTIZIE nostre mediocrità pianistiche nostre stanno aspettativa, ed il pubblico sembra momento per rendere omaggio al MUSICALI DIVERSE — Vienna. Ai <7 c 24 dello scorso marzo ebbero luogo due concerti negli appartamenti di S. M. la regnante Imperatrice, sotto la direzione del maestro di cappella di camera c compositore di corte signor Donizetti. (G. m. di J’ienna) — Colonia. Gli amatori di musica di quella città godettero mi divertimento raro cd unico per )’ isterico concerto disposto dal direttore di musica, sig. Ferdinando Rahles. Parvero specialmente interessanti, por la novità,le prove di musica del 14° al 16° secolo; c piacque assai la già da un secolo celebre «Chanson Iloland*. Vi si eseguirono altresì dei pezzi di musica sacra di Palestrina, Alessandro Scarlatti, Francesco Duranti, Sebastiano Bach, Hiindel, Leonardo Leo, Pergoleso, Emanuele Bach, Gluck e Haydn. Di mirabile bellezza furono il Crucifixus di Palestrina, la Salve Begina di Duranti, llandel «il Kyrie di Scarlatti, (grande è effetto furono i cori — Pànica. Teatro Opera comica in tre del sig. Auber. il Signore e l’energico coro di; c di indescrivibile di Bach e Haydn. Idem. dell’Opéra comique. La Sirène, atti parole del sig. Scribe; musica Togliamo da un articolo di T. Labarre nella France musicale il seguente brano. «Ci manca lospazio per analizzare in dettaglio la nuova partizione del sig. Auber. Noi citeremo semplicemente i pezzi più notabili, che sono: l’andante deli’oi/rerlure, la di cui istrumentazione dolcemente armoniosa spira della bella melodia; lo scherzo vivo ed elegante di quesl’uuverture; le strofe di Mattea, adorne,in una maniera gradevole dai vocalizzi della Sirena; il finale del primo alto, contenente un bel quartetto a voci d’uomini; il grazioso duetto del secondo atto, fra Marco Tempesta e sua sorella; l’aria del contrablrandiere, abilmente intercalata in un coro energico, e di bella fattura, ecc., ecc. Ingomma, ogni parte dell’opera rivela la potenza dell’autore di far piegare lutti i mezzi dell’arte sotto le sue minori volontà, di connettere la sovrabbondanza deH’idee nei disegno richiesto dell’azione, di ottenere senza sforzi dell’orchestra degli effetti piccanti, seducenti, di mettere in risalto la sonorità particolare a ciascuna voce, a eiascun tutto bien timbro. In una parola, la Sirène è un’opera in degna dell’illustre capo-scuola francese». Accademia reale di musica. Le Lazzarone, o le vient en dormant, opera in due atti; parole del sig. Saint-Georges; musica del sig. F. Halévy. Brano estratto dalla Berne et Gazette musicale. •Determinare il valore del libretto èjùu agevole. L’autore, che diede prova taule volte di spirito e d’abilità, ha voluto evidentemente entrare in una via di reazione. Annojalo senza dubbio, come tutti, di questo labirinto di peripezie romanzesche, d’avvenimenti inauditi, di mezzi impossibili accumulati nella minor opera moderna, egli ha tentalo di ricorrere agli espedienti più semplici. E in ciò, egli è perfettamente riuscito. Pochi libretti son meno intrecciati del Lazzarone. Il difetto principale, a mio parere, è la mancanza del tenore. Le quattro parti sono scritte per un soprano acuto, un mezzo-soprano, un baritono cd un basso. E dispiacevole che la scarsezza di tenori abbia oblili gato il sig. Halévy a rinunciare ad un timbro di voce sì necessario in un’opera. Ne risulta così una certa monotonia indipendente dal talento dell’autore, ma che è nondimeno noeevolc. Nei cinque duetti, nei due terzetti, nei sci pezzi a soli e nei quattro o cinque cori, che formano la parte musicale del Lazzarone, si è trovalo lo stile elegante c distinto del sig. Halévy. Gli effetti d’orchestra sono ben condotti e proporzionati al carattere poco romoroso del poema. L’islruinenlazione, piena di gusto, è dappertutto espressiva e ben intesa. I.a tinta melodica si fa rimarcare in generale per la grazia c per la freschezza naturale; dopo V Eclair, opera che volgeva alla musica leggera e facile, il sig. Halévy non ci aveva date delle melodie cosi facili a ritenere. Vi sarebbe da citare una quantità di passi nella declamazione, che e parsa particolarmente trattata con accuratezza. Diversi passaggi sono impressi di quella finezza franca, di quella vezzosa pienezza naturale a Grétry. Non è la prima volta che i sig. Halévy dimostra questa tendenza. Fra i pezzi che si sono maggiormente applauditi, devesi menzionare: l’ouvertur», il di cui primo movimento a tre tempi, poi fallegro vivo c piccante hanno prodotto un felice effetto; la cavatina di Beppo, l’aria buffa e originalmente concisa dell’improvvisatore, il duetto del Lazzarone e di Mirobolante, i di cui due temi principali sono veramente deliziosi; le strofe eleganti di Battista, il sogno di Beppo, si ben accompagnalo con un effetto di sordine; i due terzetti del miglior stile comico, e contenenti delle melodie deliziose; il coro e le strofe del battesimo, la vivace canzonetta Quand on n’a rien: l’assieme espressivo dei duetto seguente fra Battista e Beppo; finalmente il notevole duetto di Mirobolante e del Lazzarone al secondo atto. Ecco certamente una somma di pezzi sufficienti per assicurare la fortuna d’un’opera. Le rappresentazioni seguenti faranno brillare ancor più ciò che v’ha di vere bellezze in questa nuova partizione dell’autore della Juive e del Charles VI. Sarebbe bene intanto che vi si facesse qualche taglio utile all’effetto. La leggerezza dell’argomento non comporta una si grande quantità di musica. L’assieme camminerà più lestamente dopo qualche intelligente soppressione •. — La questione insorta da uno degli autori del melodramma la Pie voleuse col direttore dei Teatro Italiano. e stata sciolta a favore del primo, che d’ora in avanti godrà dei diritti d’autore a ciascuna rappresentazione della Gazza Ladra. Uno dei motivi del giudizio dato dal Tribunale di prima istanza, è che la rappresentazione dell’opera al Teatro Italiano ha potuto recar pregiudizio agli autori del melodramma originale, l’aro però a noi che dovrebbesi dire il contrario: senza la Gazza Ladra, senza la musica di Rossini, la Pie voleuse e la prosa dei sigg. Caignez d’Aubigny c Poujol, non sarebbero desse da lungo tempo obbliate? {II. et G. m.) — Pestìi. Il professore Stigler arrivato in Pestìi con un nuovo stromento Polymelodicon, da lui inventato, vi si’fece sentire ai 27 dello scorso marzo, con applauso generale dell’uditorio. Lo Specchio così s’esprime su questa invenzione: questo bello stromento che imita il suono del flauto, del clarinetto, ed in parte anche del corno e del violoncello, produce un effetto aggraderolissimo, e tiene in piacevole attenzione gli ascoltanti. (G. M. di Vienna). — Brììnn. Lo Stabat.Water dì Rossini fu rappresentato la domenica delle palme a vantaggio dei poveri. Da gran tempo non offrivasi al pubblico di Briinn una s* grande rappresentazione. Idem. — Il gran violinista Lipinski dava concerti in Warschau, e lo si aspettava a Vienna dopo Pasqua per darvi alcuni concerti. Idem. — Il celebre arpista Parish-Alvars ha suonato a Londra nel concerto filarmonico ed ottenne un generale strepitoso successo. Gli stessi artisti cooperanti applaudirono alla sua perizia. ERRATA-CORRIGE Idem Nel foglio N. 14 di Lunedì scorso pag. Î58 Col. 4.a linea 41, in luogo di Nos applaudiamo a questa fusione, ecc., leggasi Noi applaudiamo a questa fusione, ecc. MOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DEI.L’I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PR1T1LEG." Di GIÜVAVM RICORRI GRANDE IIVHLsIL pour Piano SUR DES MOTIFS DE LOFERA LINDA Di LIIAMOLNIX 4GOO9 46008 Op. 138. Fr. 5 — 5A pour te Piano FAK EHF.I PÀHOFKÀ Op. 4G. Fr. 4 50 pow Piano sub l’opéua DOTE SÉBASTIEN n»; DONIZETTI 16011 PAR ED» AVOLFF Op. 99. Fr. 5 FANTAISIE-CAPRICE BRILLANT jpour Viti letti avec accompagnement de Piano SUR L AIR DE LA 16124 45S2S 15829 inaili saîibïEa Op. 47. fittisi’ le Violon COMPOSÉ Fr. 6 — Op. 44. Avec Piano Fr. S — Avec Orchestre • 45 — CIOVAOI RICORDI KniTOBE-raOPRl ETABIO. Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato <11 Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale <11 GIOVATOSI RICORRI Contrada degli Omenoni X 1720, con deposito per la vendita in dettaglio nei diversi locali terreni situali svilo il nuovo portico di fianco all’I. II. Teatro alla Scala. PO