Gazzetta Musicale di Milano, 1844/N. 9

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N. 9 - 3 marzo 1844

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N. 8 N. 10
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GAZZETTA MUSICALE

ANNO III.
N. 9

DOMENICA
5 Marzo 1844.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


(I) Questa Opera fu dedicala dal Maestro Pacini all esimia cantante signora Montenegro. Quanto prima l’Editore Ricordi pubblicherà i principali pezzi dello Sparlilo ridotti. L. R. I

IZEBHEA, dramma lirico del «ig. CHÉro posto in musica dal cav. F ieni. ed eseguito dalle signore IVIomtlmgbo ed Amo», e dai signori IvAtorr, Iehlotti e IUarink (la sera 27 febbraio p. p.) (1) signor Sacchéro, autore del ^libretto VEbrea, di cui ora im(j^lprendiamo a parlare, ne avvin te,2^l’argomento del suo dramma esser (ratto da uno noto dello [ Scribe. E da osservarsi però che l’italiano poeta ha ritenuto opportuno ili cangiarne I l’epoca ed i costumi, facendo succedere fazione al secolo primo sotto 1 impero di Vespasiano. Questo cangiamento fu in parte lodevole, perchè offriva un campo al nostro gran teatro di sfoggiarvi con maggior pompa i suoi grandi mezzi, ed al compositore della musica d’innalzare lo stile della sua partizione al fare grandioso dell’epopea. Se poi volessimo uno a uno confrontare i caratteri de’ singoli personaggi del Sacchéro con quelli dello Scribe, troveremmo che la parte della protagonista, l’Ebrea, fu abilmente resa anche dal poeta italiano, come pure quella d’Antioco conserva fedelmente il tipo originale. Non cosi quelle di Eleazaro e di Manlio: il primo dei quali ha lasciato sotto le nuove vesti assai di quella fiera selvatichezza che contrasta tanto bene colla dolcezza della figliuola. ed il secondo è diventato un personaggio se non inconcludente, almeno antipatico alquanto, poiché tracciato d’un carattere indeciso, o meglio sia senza carattere. Prova ne sia per esempio il principio dell’atto quarto, dove Manlio, un po’ tardi in vero, confessa che il rimorso punitore d’aver trascinalo i due israeliti al patibolo gli avvolge il cor di sangue e © sull’anima, gli pesa. Per lo che chiede e spera lare ammenda de suoi falli e cancellarli^ ed anzi assicura essere suo petisiero di trac salci o vendicare pii oppressi. Al che sorpresi non poco gli astanti israeliti tanno atto di meraviglia, esclamando: Tu! - Manlio risponde: Si. In qual modo poi egli intenda di trai’ salvi pii oppressi non si sa, perchè intanto, appena risposto che si, egli cangia discorso, e promette a que’ raminghi israeliti di non sollevare più pii sguardi apridoli bugiardi, e di prostrarsi anch’esso d’Israeliti al giusto Dio, ed in fatto si converte con solenne atto di fede al Dio d’Abramo, della quale conversione noi gli siamo tenuti lino a un certo segno, poiché prima di tutto poco ne importa ch’egli sia o ebreo o idolatra, che anzi per noi torna affatto lo stesso: e perchè in secondo luogo, ella ne sembra un semplice mezzo termine per levarsi d attorno quella trentina di ebrei, de’ quali può darsi ch’egli avesse un tantino di paura. Faut’è vero, che con tante belle promesse di salvare e vendicare pii oppressi, segue a fuggire e più non si ha nuova di lui, e la bella Rachele se ne va tranquillamente all altro mondo, senza che Manlio se ne dia nemmeno più per inteso. - La ragione di questa piccola incongruenza sapete qual si è? Aon è che quella di dare un’aria da cantare ad Ivanoff. Nei dramma francese, dopo la scena della festa nuziale, il principe non vedesi più, ed in fatto non deve più vedersi. Ma noi italiani ancora non sappiamo liberarci da certe abitudini, e sacrifichiamo ancora buon senso e criterio ad una convenienza artistica. La scena del giudizio al contrario, che nel dramma di Scribe non viene die accennala, è in questo del Sacchéro ben condotta e sviluppata con dialogo vivo,e con lodevole scopo d’offrire al compositore una scena, se non eminentemente drammatica, a sufficienza atta a dare alla musica una tinta locale, che si (stacchi e risalti dal rimanente dell azione. La tessitura pure è in buona parte commendabile, quantunque quasi sempre secondante quella dello Scribe. Ravvi però alcuna scena or anteposta ed or posposta, alcun’altra soppressa, con buon intendimento teatrale. Per esempio fu giustamente idealo di dare cominciamento con quella della cena pasquale } quel momento là offre subito f occasione di dare una bella impronta caratteristica alla musica: nel libretto francese, ciò non succede Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e alla Musica è di effellive Austriache L. 12 per semestre, ed effettive Austiache. L. Li affrancata di porto fino ai contini della.Monarchia Austriaca; il doppio poi T associa rione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio /ticordi, nel modo indicato nel Manifesto. - Le associazioni si ricevono in Milano presso I Lllieio della Gazzetta in casa Ricordi. coni rada degli Omenoni N.p 172(1; all’estero presso i principali negozianti di musica c presso gli l (Ilici postali. — Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. che al second ano e con meno forse d’imponenza. Pasceremo ad altri I incarico ili osservare se la verseggiatura sia più o meno ligia alle severe regole de’ Cruscanti: ella è nel suo complesso.scorrevole, e perciò musicale, qualora se ne tragga alcuna affettazione di frasi, e alcune parole troppo lunghe ed in conseguenza anti-musicabih, come sarebbe a cagione <1 esempio quella di Tabernacoli, che il maestro si compiacque anche di ripetere nel primo solo di Marini, e che disgusta non poco. Ma veniamo alla musica. A cinsi metta a leggere questo libretto non può non dare subitamente nell’occhio quel1 affastellamento di pezzi d assieme di cui è tessuto. Quando se ne tragga la breve cavatina di Berenice, e il semi-duello di Rachele e Manlio, tulli gli altri non sono che sestetti, quintetti, o quartetti, o per lo meno terzetti, e quasi tutti con cori} nel qual numero di pezzi concertati non esito punto ad includere anche f aria d Ivanolf, la quale pure, intrecciala coni è col coro, non può non essere qualificata quale un altro pezzo d’assieme. Aggiungasi che buon numero di questi pezzi hanno una forma somigliante, poiché i larghi in ispecial modo vengono sempre proposti da una sola voce, che solitamente è quella della Montenegro, e susseguiti da un assieme concertalo sulla medesima proposta con una coda cadenzala da un crescendo più o meno lungo, il quale si chiude con una esplosione finale. Notisi che alcuno di questi brani è anche piantato su quel sistema che piacemi appellare sistema d’esagerazione, del quale, se la memoria non rn inganna, noi dobbiamo a Merendante finlroduzione nelle opere teatrali, ed anzi dal suo Giuramento in poi} non prima. Era naturale che un fare così grandioso, che chiameremmo anzi ampolloso, lutto basato sulla sola ricerca di effetti acustici, indipendentemente da ogni ragione o carattere del dramma, dovesse le prime volte in parlicolar maniera fare una profonda impressione su di menti ancora tutte raccolte nella quiete dell ultime ispirazioni di Bellini, le quali, come ognun sa, aborrivano invece da tutto che poteva avere carattere d’artifiziato e non rispondesse alla verità dell azione. Quel melodiare, chiaro e largo bensì, ma sostenuto ed anzi basato da robuste e ricercale armonie, quelle masse vocali così ampiamente disposte, que’ lunghi e larghi cre_ [p. 36 modifica]— 36 — scendo e quelle grandi cadenze finali con tanto magistero stentate e prolungate, non potevano non trascinarsi seco l'entusiasmo degli indotti, che maravigliavano alla potenza di così nuovi effetti, e dei dotti che ammiravano l'artifizio del profondo compositore. Ma e gli uni e gli altri erano lungi dall'immaginare a quale rovina inevitabile del canto dovesse condurre quel genere di musica. Ora ce ne accorgiam noi; noi che non abbiamo più non solo cantanti che sappiano cantare, ma nemmeno gridatori che possano urlare. Egli è infatti proprio lì che perdesi anzi tutto ogni buona scuola, e per di più si sacrifica anche ogni mezzo vocale. Questo nuovo stile, anziché volgere a migliore via, divenuto necessità per lo appunto per mancanza di buoni cantanti, andò sempre più aumentando d'esagerazione; in guisa tale che, se al suo cominciamento aveasi cura ancora d'una certa quale ragionata distribuzione delle parti, in giornata, atteso che l'energia vocale è già per continui sforzi scemata d’assai, si ritiene di essere costretti a non più scrivere né arie, né duetti, insomma nulla di ciò che può avere relazione colla parola canto; ma invece a raddoppiare, triplicare, moltiplicare gli unisoni vocali, vale a dire a fare strillare due soprani all’unisono coi contralti all’unisono anch'essi fin dove possono arrivare, e poi giù all’ottava, e poi su ancora all unisono, con due o più tenori pure all unisono tra loro, all unisono coi contralti, all'unisono coi soprani, e con due o tre bassi rinforzati da un assieme di cori, di tromboni e d oficleidi; alla quale massa ancora troppo debole, aggiungesi ormai indispensabilmente la banda, la quale rinforza, supplisce, ajuta, anima alla gran tenzone soprani, tenori e bassi, finché li guida ad incontrare da prodi onoratissima morte. - Ma questo non può durare: ormai queste vere esplosioni militari devono essere vicine a raggiungere il loro scopo che è quello di intronare ogni orecchio, e forza è che si cominci fra non molto ad implorare di nuovo la calma. Non indagheremo adesso il perché, ma è cosa di fatto che il signor Pacini, come prima ho notalo, ha voluto in parte anch’egli pagare il tributo alla moda. Prova ne sia il suo second'atto, il quale, quantunque eminentemente travagliato, fondasi su questo sistema di esagerazione, dal quale sono certissimo che il buon senso del maestro stesso rifugge. Ma tale osservazione non va applicata, come accennava, che a questo solo finale, mentre il rimanente dell’opera, se ne traggi brevi tratti, è trattato bensì colla severa grandezza che al soggetto s’appartiene, ma senza quella esagerazione e pretensione di effetto di masse, che non può se non condannarsi dagli uomini di buon gusto. Pacini deve ambire al vanto di raddrizzare l'arte deperente; non a quello di sapere imitare qualunque scuola, tanto più se cattiva. Il colorito generale di questa nuova e pensata partizione è quasi ad ogni singola parte più che consentaneo alle richieste del libretto. - Lo strumentale è più largo e poggiato che quello delle altre opere dello stesso autore, e que' minuti ricami d’orchestra, che Pacini sembra solitamente prediligere, trovansi qui più rari e castigati. I recitativi pure ed i parlanti o tempi di mezzo sono più sostenuti ed hanno molto dimenticato di quello stile balzano, che la Gazzetta Musicale ebbe ancora a condannare, parlando, or sono due anni, della Saffo. Il primo tempo della sinfonia dell'Ebrea è di lavoro ingegnoso e delicato. L'introduzione é degna d'ogni elogio senza restrizioni. In questa il colorito solennemente tranquillo e biblico che demanda il dramma vi è reso a perfezione. Conosco poche cose di Pacini più nobilmente trattate di questa. Il recitativo susseguente di Eleazaro e la sua invocazione (da Marini stupendamente eseguila), cui chiude un Terzettino con Cori formano un pezzo di rara eleganza, e di severità non scolastica, ma sentita. Non trovo però sufficientemente motivata la modulazione improvvisa dal Do al Re bemolle. Il pezzo d’assieme che sussegue alla sortita d’Antioco ridonda pure di scorrevolezza e novità. L’attacco di Eleazaro sulla bella strofa Non degli orrendi sabati, cui si appigliano e connettono le altre voci è trattato con disinvolta e nobile maestria. La cabaletta della stretta di questo pezzo lascia desiderare un compimento più nuovo, e più analogo al carattere delle prime misure: è bello invece per caratteristica ruvidezza il movimento d'orchestra che le succede. Gentile è il preludio della Cavatina di Berenice; più gentile ancora il primo tempo di questa. La cabaletta, improntata del far brioso di quell'inesauribile fantasia paciniana, modula, se la memoria non ni inganna, nella sua seconda parte alla seconda del tono, perlocchè la ripresa del motivo principale resta alquanto fredda ed appare irresoluta, almeno le prime volte che si ode: fa l'effetto ch'essa venga ripetuta alla quinta del tono. L'a due del duetto tra Rachele e Manlio, benché un po' saltellante, è pure una vezzosa ispirazione, accompagnata scherzosamente dall'orchestra, il di cui gioco sembra per verità far eco alle parole de' due amanti «Tutto sarà delizia, sempre con te, mio bene»; quando però si vogliano eliminare que' colpi troppo secchi di quella benedetta gran cassa, la quale sturba la poesia di quel grazioso cicaleccio di stromenti che tanto ingegnosamente si sposano alle due voci. Non ho però potuto ancora capire una certa scala che la Montenegro fa avanti l’attacco della cabaletta sul verso: L’ira sfidar saprò. Vi ha sotto un accordo di sesta accresciuta: quella specie di scala diatonica non mi ha suonato bene. Avrò. forse male inteso. Il terzetto è trattato drammaticamente, massime al suo aprirsi. Veniamo al secondo atto che non componesi se non di quel pezzo, di cui poc’anzi ho incolpata l’esagerazione. Rachele scopre Manlio nell'alto di porgere la mano di sposo a Berenice. La posizione drammatica è pressoché simile a quella di Saffo allorché trova Faone presso ad impalmare Climene. Non è meraviglia perciò se all’atto di dover sovrapporre la musica a questa scena, il compositore abbia sentite scosse le sue libre musicali da un movimento unisono a quello onde fu ispirato componendo il magnifico finale della Saffo. Ed è forse per tal cagione, che, come quello, questo pure è piantato in Si bemolle minore, in tempo ternario, staccato dal rimprovero della donna tradita; e sarà perciò pure che il canto modula come quello di Saffo al Re bemolle maggiore, sviluppandosi poi gigantesco in Si bemolle maggiore istessamente come nella Saffo colla sottopostavi medesima esclamazione di tutte le altre voci. Dopo tutto questo chi non ha sentita quest’opera, potrebbe oppormi, che Pacini vi ha trascritto il finale della Saffo per intero. Niente affatto: cosa volete? La è una reminiscenza che parla agli occhi e non alle orecchie. Benissimo quello e benissimo questo. Questo anzi è ancor meglio lavorato: le parti vi sono accuratissimamente disposte; la ripresa in massa della cantilena sul Si bemolle maggiore trasporta ad entusiasmo, e verso la fine l’isolamento delle voci abbandonate a sé stesse e rispondentisi le une alle altre, è nuovo e prepara con arte maestosa l'ultimo crescendo che irrompe su quel fortissimo. Qualche sofistico volle notare che le ultime battute hanno la leggera pecca di ricordare la chiusa d'un noto pezzo d'assieme del Bravo. Ma che importa? - Infatti egli è questo un brano senza eccezione. quando tuttavolta lo si guardi dal solo lato dell'effetto acustico, e non dall'altro, che sarebbe pure più ragionevole, della ragion drammatica. Devesi aggiungere che a maggior rinforzo è qui anche introdotta la banda, la quale non può assolutamente suonare in quel momento senza contrastare colla situazione del dramma. Ma tant'è: la banda s'é da qualche tempo adottato di incaricarla dell'ufficio d'una seconda orchestra, senza più por mente se le drammatiche convenienze possano permettere che in dati momenti ella suoni sì o no. Intendiamoci bene: (ho già altra volta toccato quest’argomento); i bandisti, allorché presentansi sul palco, sono personaggi suonatori, è vero: ma in ogni modo personaggi essi stessi inerenti al dramma, ed al quale con viene chie prendano parte, perciò non devono suonare se non quanto le esigenze del libretto richiedono. Vuolsi dal poeta una marcia trionfale, una marcia funebre, una festa da ballo? La banda suoni pure la marcia, le danze. Ma allorquando in mezzo a queste danze sopravviene un grave incidente che mandi sossopra e danze e feste, la prima cosa che si deve fare, mi concederete, è quella di licenziare o almeno far tacere i sonatori. Se però si voglia sostenere il contrario, cioè che la banda possa starsene sul palco, non come facente parte dell'azione, ma solamente ad oggetto di rinforzare od accompagnare il canto, allora non so perché non la si faccia piuttosto discendere in orchestra, o meglio ancora non si faccia invece montare l'orchestra sul palco. Sarebbe cosa un po’ curiosetta il vedere i nostri buoni amici e colleghi professori d'orchesla vestiti da Romani o da Ebrei, o come meglio si voglia, volgere sul palco scenico a destra e a sinistra i loro archetti de’ violini e contrabbassi. La sarebbe una eccellente innovazione alla quale ogni impresario farebbe per certo buon viso, perché potrebbe in siffatto modo risparmiare la spesa d’un centinajo di comparse, ed ingrandire lo spazio del parterre a maggior comodo de’ concorrenti e lucro della cassetta. Lasciamo lo scherzo, ma conveniamo che di poco meno è ridicolo anche questo controsenso così invalso in giornata. Torniamo a Pacini. La stretta del finale apresi con una melodia sommessa e seccamente spezzata, a ritmo assai marcato che gira crescendo poco a poco dal Re minore al La minore e viceversa. Questa seconda modulazione urtò le rigorose massime di qualche classicista. Un’altra melodia più cantabile si sviluppa più tardi: ambedue si alternano, e una grandiosa cadenza chiude questo eccellente secondo atto, che non ha, lo ripeto per 1*ultima volta, che il solo difetto, as [p. 37 modifica]- 37 sai grave d’altronde, di appartenere ad una scuola antidrammatica e di esagerazione. Il coro in Re bemolle dell atto terzo nel tempio va pure annoverato fra le migliori cose severo-eleganti di Pacini. La cantilena è tanto affettuosa e soave! Il breve corale che la interrompe è oltremodo caratteristico. Il lungo pezzo che succede è sostenuto con una certa maestà religiosa, e la cabaletta è dolce e nobile, massime nella prima sua parte. L'aria di Ivanoff nel quart’atto, è più presto, come dissi, un pezzo d’assieme di quello che un aria: tanto v’hanno parte integrale i cori. La preghiera Dio d'Abramo, è largamente condotta e forse un po’ lunga e stentatella nella chiusa. Ivanoff la dice superiormente bene. Peccato che questo egregio cantante sia in quest’opera parcamente posto in bella luce. Non avete che a far cantare Ivanoff per essere certi d’effetto, e nell'Ebrea, bisogna convenire, ch’egli ha ben poco campo a far valere i suoi mezzi e la sua invidiabile arte di adoperarli. Una marcia funebre, che prepara la scena finale, fece la prima sera una cattiva impressione. Io non intendo di fare adesso gli elogi di questo pezzo ai quali forse non ha voluto giammai pretendere nemmeno il compositore: ritengo però che questa cattiva impressione sia stata in gran parte motivata da quei clarinettini, della garrulità dei quali ebbi occasione di far cenno parlando della ripresa della Norma. Sono strumenti quelli che non devono essere adoperati se non che in una musica di carattere festivo: in una marcia funebre non possono assolutamente convenire. Ora sì che ci vorrebbe ben altra penna che la mia a descrivere la bellezza di quell'ultima visione di Rachele:

Oh! vedi tu - si schiudono

Lieti a questi occhi i cieli;

Guarda le dolci vergini

Che m'offron fiori e veli!

Oh! non si poteva davvero gettar più! di poesia di quello che ha fatto Pacini su ’ questi versi. Quel fino gentilissimo tremolo sugli acuti de’ violini, quel flauto, quei clarinetti, quell’oboe, che sorridono, che scherzano cosi soavemente, aereamente, quell'arpa che tratto tratto attraversa l’angelica ispirata cantilena, que’ violoncelli gementi che affratellandosi al canto gettano un velo di melanconia sulla letizia di quell'estasi: quel tacersi de’ contrabassi, che fa sì che tutti quei suoni, abbandonati per così dire a sé stessi, s'innalzino da terra, si librino sull'ali, svolazzino per l’aere, si chiamino l’un l’altro, si rispondano, ed invitino l’anima della martire a muovere il volo alle regioni celesti, tutto questo, dico, non può essere veramente che l'ispirazione del genio. La Montenegro comprese la sublime portata del concetto del maestro, e fu sublime anch'essa nell’interpretarlo.

Alberto Mazzucato.




MUSICA E GIORNALISMO

Sulla musica di Adam, nel balletto,

La Gigella.

I Giornali hanno parlato del merito di questa musica in un modo poco conveniente, avuto riguardo, e alla riputazione di un celebrato autore ed al successo riportato sulle scene, ove la prima volta si produsse. Rispettando l’opinione di essi giornali sarà lecito però a chiunque di manifestare in proposito la propria, corredandola di opportuna analisi, ben diversamente in ciò operando da coloro che così avventatamente la dichiararono cattiva, languida, ecc., ecc.!! Nello stato di violento orgasmo in che vive al presente l’arte dei suoni, egli è certo che una musica quieta, leggiera e poco fragorosa cagiona un tale scandalo, quale, l’apparizione di un uomo sobrio in mezzo ad un’orgia. Se poi aggiungesi al dissesto delle nostre orecchie, la diversità del genere, la poca importanza che la comune degli uditori nostri suol dare a' pregi estetici e descrittivi, la poca o nessuna attitudine a comprendere certe bellezze di pura convenzione, non rimane più alcun dubbio intorno alle cause del cattivo effetto che codesta specie di musica suole tra noi produrre di consueto. A proposito di queste bellezze di convenzione, acconsento anch'io che i Francesi spingono le cose troppo oltre, volendo dar ragione di effetti che non esistono che nella loro immaginazione. Per esempio, cosa non si è trovalo nel Roberto il Diavolo? il genio del bene e del male, lo spirito e la materia, il cattolicissimo e la mezza età!!. Che si voglia prestare, il colore della località, o la tinta generale, della morale atmosfera in cui la scena si agita, anche questo può comprendersi; ma che si cerchi rilevarne i dettagli e le minime parti impercettibili, non fia mai, poiché la musica ha nulla a che fare colle sottigliezze dello spirito. Ed ecco appunto il maggior torto di cui puossi accagionare il sig. Adam nella musica in questione. Egli nel volere esprimere troppo sensibilmente certi tratti, o per dar un’idea di non so che di vaporoso, ha lasciato l'istrumentale alcun po’, mancante ed esile. Il maestro Bajetti, con sano giudizio ha rimediato a tale inconveniente, applicando qua e là, un'istrumentatura più conveniente al nostro gran Teatro. Epperò, nello stato in cui ella è ridotta, la musica della Gisella può esser considerata quale una graziosissima musica, piena di sentimento, di gusto e di filosofia.... (1) Ora, tratto dalla circostanza, mi volgerò per poco ad esaminare come viene trattala in Milano, e così nell’Italia tutta l'arte di scrivere sopra la musica nei giornali. L’importanza della stampa in materia di musica non è abbastanza conosciuta in Italia, e prova ne sia il vedere a che si riduca la redazione speciale, come, ed a chi venga affidata questa partita dell’arte, che è, e deve essere di grande interesse, o maggiore, per lo meno, di quello in cui è generalmente tenuta. No: non è abbastanza avvertita l’influenza ch’ella può esercitare sulle inclinazioni delle moltitudini e sul gusto delle masse. Eppure, quale avvi mai più vigorosa potenza, quale maggior forza d’azione morale sul pubblico, quanto il predicargli l’amore dell’arte, avvezzarlo ad analizzare le proprie sensazioni, e a rendersene conto, educarlo al vero bello, ed istruirlo, mettendo la scienza e l’arte alla portata della di lui intelligenza, ed innalzando la di lui intelligenza più dappresso che fia possibile alle produzioni dell’arte e della scienza? Volete voi del progresso nelle masse? Volete dei veri apprezzatori dell’ingegno di un artista? Dove li prenderete voi (poiché parlando del pubblico in generale, a volere o non volere, bisogna prenderlo com'è), dove li prenderete, se lasciate questo pubblico vagare co’ suoi giudizi in balia del primo vento, che li disciolga, o se, ciò che è peggio, voi gli inculcate i vostri falsi principj, le vostre personali inimicizie, o le vostre amicizie sospette? In paesi che non sono i nostri, ed in cui le colonne di un giornale di Teatro sono redatte da uomini dell’arte, o di coltura

(1) La musica adattata alla scena del delirio e del vaniloquio di Gisella, (nella quale la signora Elssler fa prova di una incomparabile finezza di sentire) è un vero modello di espressione affettuosa e di verità descrittiva. In questa musica il pensiero melodico dominante, pieno di soavità, si intesse con raro artifizio in una concertazione strumentale mirabile per semplicità, leggerezza e garbo. Il momento in cui Gisella, vinta dalle sue ambasce, cade mandando l’ultimo sospiro nelle braccia della madre, è poi tratteggiato con commovente evidenza da un bellissimo movimento musicale e chiarisce nel signor Adam un compositore dotato non solo di ingegno distinto ma anche di squisito sentimento.

B.


speciale, il pubblico, fidando nella loro superiorità intellettuale, ama d'informare al loro il proprio giudizio, e quindi per rettificarlo dice fra sé stesso, vediamo un po' cosa ne dice il giornale. Come vanno invece le cose fra noi? Un galantuomo che voglia rapportarsi al giudizio di qualche giornale, non trova in esso che proposizioni troppo spesso erronee, opinioni senza convinzione, e qualche volta fors’anco mancanza assoluta di buona fede; dal che, come natural conseguenza, ecco derivarne l'aberramento, i pregiudizj e la diffidenza nelle vergini impressioni del pubblico. Perché prima della Gazzetta Musicale di Milano, non si è mai pensato di istituire in Italia un giornale unicamente consacrato alla musica, ed esclusivamente redatto da persone non del tutto estranee all'arte ed alla scienza, e quindi per loro mezzo ismascherare cosi una volta e far giustizia di que’ trafficanti di notizie teatrali vere e false, che non solo fra noi, ma ciò che è il maggior torto, ancora fra gli esteri vanno a spargere il ridicolo e l’onta della loro esistenza? E quando si penserà di imporre silenzio, ed un eterno silenzio a que' letterati, o facienti-funzione, i quali ignari de' primi elementi della musica si arrogano il diritto di emanare in proprio nome ed in quello del pubblico, opinioni che spacciano per dottrine, e principii da applicarsi ad un’arte, della quale non comprendono un’acca? Ed in grazia, se non siete in grado di poter parlare di quest’arte da buoni e sensati conoscitori; se siete inabili di rilevare per voi stessi le bellezze o i difetti, non sarebbe cosa molto più onorevole per voi il tacere, poiché immensa più che non si crede, si è la responsabilità di un giornalista, come grande e seriosa si è la missione di uno scrittore letterario-musicale? Che un uomo di mondo incappi in erronee sentenze, parlando di musica, la è cosa naturale; la sua punizione sta nel ridicolo ch’ei si attira, ed i suoi giudizj che non hanno valore che per lui che gli ha pronunciati, non lasciano traccia di sorta. Ma che possano darsi persone le quali abusando della loro facilità di scrivere, si mettano innanzi audaci a sentenziare quali aristarchi: che possano darsi persone le quali approfittino di una riputazione o giustamente od ingiustamente acquistata, per usurparne una seconda in una partita, che assolutamente non è la loro (1), egli è questo un tale arbitrio, che ormai non si dovrebbe più tollerare, gli è uno scandalo, inconciliabile col progresso dei lumi, e col buon senso di una società, che così svisceratamente si è data alla musica...

Pier-A rigelo Minali.


(1) Noi non ci sottoscriviamo interamente, all’opinione del nostro collaboratori’ per «pianto riguarda il divieto assoluto ch’ei vorrebbe dato alle persone, educate in genere ma digiune di nozioni artistiche, di dettare giudizi in fatto di cose musicali. E certo che fra due persone chiamate a giudicar di musica, colui che, a pari condizione di coltura, di criterio e di naturai sentimento musicale, possederà di giunta delle più o men fondate cognizioni dell’arte, sarà men soggetto a dare fallaci sentenze; ma da ciò non debbe trarsi la conseguenza assoluta che a chi nulla sa tecnicamente di musica debba interdirsi il parlarne, né che il parlarne abbia ad essere esclusivo diritto «ielle persone più o meno iniziate negli sludii della musica. Veggansi gli articoli dati in questa nostra Gazzetta intorno ai Giudizi musicali, ne' quali articoli è questo tema sufficientemente svolto. E nondimeno altre ragioni non poche potrebbero aggiugnersi a dimostrare che, se nel recar sentenza dei pregi e dei difetti estetici delle musicali produzioni, un maggiore o minor corredo di tecniche cognizioni può tornar giovevole, è però tutt'altro che indispensabile alla manifestazione di opinioni imparziali e assennate, e che anzi talvolta l’erudizione tecnica, non corroborata da savia cultura e natural criterio e sentimento del bello, è fonte di sentenze pregiudicate e di sofistiche e pedantesche astruserie e sottigliezze. A nostro avviso le condizioni necessarie in chi si fa a dettar giudizii d’arte sono: sentimento ingenito del bello sviluppato da sufficiente cultura, finezza logica, gusto educato, e anzitutto spassionata imparzialità: chi a queste doti aggiugner possa anche un fondo di pratica e tecnica erudizione, a pari condizione nel resto, giudicherà sempre più argutamente e assennatamente di cose d’arte; ma guai però, se per voler far pompa di dottrina, esce dal campo della schietta estetica per ispaziare in quello più arido della scienza!

B.

[p. 38 modifica]AOHZIE MUSICALI DIVERSE — Torino. Fra i maestri che conscienziosamente in Italia coltivano la mugica religiosa occupar deve un eminente posto il sig. Luigi Rossi generalmente più conosciuto per le accurate sue illustrazioni didattiche a’trattati del Fcnaroli e del Mattci e per le (lolle sue critiche. Le composizioni di lui vati pregiate per correzione di stile e per ingegnose combinazioni istrumenlali ed armoniche. Di tali qualità diede prova anche negli Avventurieri; ma, dall’epoca in cui quest’opera semiseria si rappresentò al presente. l’autore, mercè non interrotti assidui sludj, si elevò a travagli di maggiore entità, quasi tutti appartenenti al genere sacro, e pervenne a comporre la messa da Requiem, qui decantata come il suo capolavoro e da qualche tempo edita presso Magrini. - Sabbato 24. p. p. rendevansi gli estremi uflizj ad un egregio medico, e per tale solenne circostanza veniva scelto il Rossi a far risuonare il tempio di s. Cario delle nobili e patetiche sue melodie, che venivano degnamente interpretate dai migliori professori e — • La Fantasia brillante per cembalo, sopra motivi delle Juive del signor A. di Rontsky, testò pubblicata, ottiene successo d’entusiasmo in tulli i concerti; è un lavoro degno d’un pianista c compositore di molto lalento. R. e G. M. de Paris. dilettanti di canto e di suono pur ne vanta non pochi. Ogni rilavasi encomio e sopra lutti note or larghe, or maestose, giusta la svariata [espressione di (piesta capitale, che pezzo della messa meil Dies irne vestilo! di or flebili, or concitale de’ sublimi sacri testi Con quanto accorgimento i commoventi suoni della mesta viola preludevano all’inno! Con quale magistero elaborato il pezzo a voci sole! Quanto criterio nel preparare l’esplosione del tuba mirum, squarcio di elevalo concepimento. Dopo una sola udizione ricscirebbe malagevole voler render ragione di ogni particolarità in una musica profondamente calcolata per concentrare i sentimenti de’fedeli verso l’immensità d’iddio e verso la fragilità umana. - Dopo il Pies trae ammiravasi un mottetto assai bene eseguilo dal valente dilettante sig. Peratloni ed accompagnato da penetranti suoni della fisarmonica c dell’arpa. F. S. — Giuseppe Unia, che coll’insegnamento qui si rende di vantaggio all’arte del pianoforte, testé presso l’editore Bocca ha fatto imprimere un brillante Capriccio sopra favoriti motivi de’ Montecchi di Bellini, il (piale verrà ricercalo da’ pianisti di società che con esso potranno ad un tempo far valere la loro bravura ed il loro sentire. {Da lettera} — Il Chiroginnasta è un istromcnto immaginalo a Parigi da Casimiro Marlin allo scopo di facilitare il movimento delle dita, o per mezzo di esercizj progressivi, distinti, individuali per ciascun dito di ottener maggior istruzione, agilità, scioltezza, forza ed uguaglianza. Jn Francia ebbe un successo compiuto e lutti i principali pianisti rilasciarono al suo inventore i più onorevoli attestati e l’adottarono. Più volte coleste Gazzetta Musicale si occupò del Chiroginnasta, ma finora è dubbio se taluno in Milano lo possegga, e pertanto riuscir deve costi più interessante sapere che a Torino se ne sono costrutti varj i quali trovatisi vendibili ad un prezzo alla portata di ogni studioso. Il Bertinotti, intarsiatore e fabbricatore di mobili nolo anche fuori del Piemonte), fedelmente riprodusse il Chiroginnasta, a tale precisione toccando che è quasi impossibile accorgersi di alcuna differenza tra le copie c l’originale. Questa ingegnosa macchina è tanto più da raccomandarsi in quanto in qualsiasi esercizio le dita agiscono in modo attivo e non passivamente, come per esempio nel trillografo di Maelzcl. — Da una lettera di Bologna si rileva che il sommo Pesarese, accondiscendendo allo vive preghiere fattegli da varie nostre autorevoli persone, degnossi contribuire al maggior lustro della festa secolare dei che — Lipsia. Il nostro Conservatorio conta al dì d’oggi sessanta allievi; esso è diretto da uomini di un merito conosciuto, quali sono i signori Mendelssohn-Bartoldy, Robert Schumann. David, ecc. Robert Schumann ha fallo ultimamente eseguire al Gewandhaus un gran poema musicale, il Paradiso e la Peri, il di cui soggetto è tolto dal Lalla Rook di Moore. Questa nuova opera dello spiritoso compositore non viene gustata generalmente. Il sogno d una notte d’estate tradotto letteralmente da Shakspeare con la musica di Mendelssohn, fece fiasco’, poco mancò che l’immortale autore dell’z/niZeìo non venisse fischialo in pieno teatro. — La France Musicale epiloga ne’ seguenti termini il suo giudizio intorno al valore della musica della nuova opera di Adam, Cagliostro, data al Teatro Reale dell’Opéra Comique di Parigi. • La sinfonia trattata coi principali motivi dell’opera, è piena di finezza e di garbo; il Largo principalmente è d’un effetto delizioso. I violini colla sordina fanno udire una bella frase nella quale il corno intreccia i suoi lamentosi accenti; trovasi in questo passaggio qualche cosa di melanconico e di soave che vi accarezza mollemente 1 orecchio e il cuore. Nel primo atto, si applaudì un’aria cantata abbastanza lodevolmente dalla signora Thillon, un duetto adattato mollo bene alla situazione e cantalo dalla signora Boulanger e Chollet, filialmente un bel pezzo d’insieme che ba provocato gli unanimi applausi. Al secondo atto, noi dobbiamo far cenno speciale delI’aria di Chollet, molto bella, molto distinta, pezzo originale, di ima fattura elegante e destinato a un gran successo nei Salons-, alcune strofe cantate dal signor Henry, un altro pezzo d’insieme attraente e un grazioso duetto fra Mocker et Chollet. Rimarcheremo pure la Polacca cantata dalla signora Chiffon: Tutoria, vittoria. Sparsa di brillanti vocalizzi, che faranno di questo pezzo un degno riscontro all’aria della Uosa di Péronna. Il terzo alto apresi con un Coro a mezza voce, il di cui motivo non è privo nòdi grazia nòdi giusto. Viene per ultimo la gran scena del magnetismo, che è il pezzo capitale dell’opera. E soprattutto rimarchevole (piesta parte come lavoro d’orchestra, e bisogna lodare il signor Adam di aver saputo inspirarsi in un momento dove l’originalità della situazione poteva competerla cogli sforzi del maestro. — La melodia per cembalo, il Sospiro, che ha ultimamente composta Thalberg, è uno dei più deliziosi pezzi del celebre pianista. Egli mise in quattro pagine maggior numero di idee e siile che in tante altre composizioni di più alta importanza. Questa melodia, che potrebbe benissimo chiamarsi Studio, merita d’essere fatta nota a tutti gli amatori. F. M. col giorno i t marzo avrà riducendo, ed amplificando il del L.ago ed adattando la sia del conte Marchetti. luogo in questa capitale, coro de’ Bardi nella Donna musica ad una nuova poe(Da lettera}. — Parigi. Chiamiamo l’attenzione dei nostri lettori sopra un corso di Storia e Teorica dell’Armonia che il signor Félis, maestro di Cappella del re dei Belgi e direttore del Conservatorio di musica di Bruxelles, ha di fresco annunciato, e che si aprirà nella sala del signor Herz contrada della Vittoria. Il nome del celebre professore, la stima di cui godono i suoi lavori concernenti tulle le parti della storia e teorica della musica, nell’Europa intiera, non lasciano dubbio intorno all’interesse che questo corso inspiri: a tutti gli artisti e amatori di musica. — Leggiamo con vera soddisfazione nella R. e G.M.di Parigi. «Nelle ultime Soirées date dalla signora Contessa Merlin, si è fatto udire e fu molto applaudito un violoncellista italiano signor Piatti, che arditamente si può citare a paro di Servais, Batta, Seligrnann e OtTenbach. Avremo occasione di udirlo una seconda volta e parleremo più a lungo di questo distinto artista. • — Le composizioni del signor Panseron hanno ottenuto il sufragio il più lusinghiero che possa bramare un artista tanto distinto quanto il valente professore di canto del nostro Conservatorio di musica. Ecco la lettera che Rossini indirizza da Bologna al signor Panseron, il 5 di questo mese. • Come vi promisi nel mio ultimo viaggio fatto a Parigi, ho fatto adottare le vostre eccellenti composizioni per canto al Conservatorio di Bologna; ella è questa un’opera che riuscirà a mio giudizio di una utilità assai grande agli allievi destinati alla carriera teatrale. Io non faccio con ciò che rendere giustizia al vostro merito che sarà sempre apprezzato dai vostro affezionatissimo servo.» Gioachino Rossini (G. M.) — Madrid. Si assicura che va a stabilirsi in questa capitale un Museo di Cantanti nel quale saranno ammessi tutti i giovani d’ambo i sessi che vorranno seguire la carriera lirico-drammatica. Una delle principali basi che potrà offrire immensi vantaggi alla gioventù spaglinola sarà quella dell insegnamento gratis a coloro i quali avranno buona voce e molta disposizione. Desideriamo che presto venga attivato un tanto utile stabilimento. Iberìa Musicale. ERRATA-CORRIGE. Nel foglio scorso a pagina ol nella nota sul fine della prima colonna ove si parla del signor Raimondo Bcuclicron alle parole u Maestro di cappella presso la cattedrale di Casale» — • soslituiscansi queste altre a Maestro di cappella presso la cattedrale di Vigevano». NUOVE PUBBLICAMI MUSICALI Di GIOVANNI RICORDI DELL5]. R. STABILIMENTO NAZIONALE PR1V1LIG.° COMPOSTO E DANZATO ALL* 1. R. TEATRO ALLA SCALA NEL BALLO min mma cd accompagnalo dalle signore M. UTTHIIK E T. MARZAGORA MUSICA DEL MAESTRO SÏDTLMSI 3.M33JÏI ridotta pci’ Pianoforte llil lo Fr. 5 — NEL BALLO riftottn iter tinnii forte 16147 BAL K0ÂE3TÎ1S) iraygs] Fr. 1 50 Scena ultima iteli’ CAtto Scarnito PAZZA (E3ZJÌZA3 MUSICA DI ridotta iter Pianoforte DAL MAESTRO <6146 TROIS DIVERTISSEMENTS Itour le Piano Kilt DES AIKM 1>JE IIALIETg DE DOM SEBASTIEN MUSIQUE DE G. D0NIZETT1 COMPOSÉS PAH HEHRI KER3 1 5996-97-98 Op. 139. Fr. 3 GIOVANNI RICORDI EDITOBE-l’BOPBILTABIO ’ Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVATIVI RICORDI Contrada degli Omenoni N. 1720, con deposito per la vendita in dettaglio nei diversi locali terreni situati sotto il mitro portico di fianco aliI. ft. Teatro odia Stala.