Gelopea/Atto quinto

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Atto terzo Atto quinto
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ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Licori e Gelopea.

Lic. O figlia, o Gelopea
     Da me non meno amata,
     Che se mi fossi figlia:
     Odi le mie preghiere:
     Pon mente che tu perdi
     E la vita e l’onore.
Gel. Favella bassamente
     Licori, e credi che non ha periglio
     Il mio proponimento:
Emmi cara la vita,
     E più caro l’onore.
Lic. Come non ha periglio?
     Andarsene una vergine soletta,
     Armata e travestita

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     Per l’ore della notte? in
     Che ti conduce? io già non son si seiocca,
     Ne così poco esperta
     Delle cose del mondo,
     Che non comprenda che ti è fatta forza
     Da stimolo d’amore:
     Se tu sarai scoperta,
     Si come agevolmente
     Ti potrebbe avvenir per mille vie,
     Credi ch’a tuo padre
     Non ne verrà notizia?
     Ed egli credi tu, che sia per starsi
     Dolcemente con teco?
     O tu forse possente
     Sarai per fargli credere, ch’onesto
     Sia stato il tuo viaggio?
     Misera me per certo
     Io son troppo vivuta:
     Vedendo queste cose.
Gel. Nè stimolo d’amore
     Licori mi fa forza,
     Che seco abbia alcun vizio,
     Ne dentro questi panni in mezzo l’ombre
     Della notte è possibile, che alcuno
     Certo mi riconosca;
     E quando io fossi conosciuta, quando
     Ne giungesse notizia anco a mio padre,
     Aprirei la cagione
     Del mio cammino, ed ella mi porrebbe
     Fuore d’ogni molestia.
Lic. Or s’è cotanto giusta
     La cagion, che ti move o Gelopea,
     Almen fammene parte,
     Ch’altramente con l’anima turbata
     Non son per stare in vita
     Non ch’io deggia ubbidirti,
     Or tiriamoci alquanto più lontano
     Del nostro albergo, acciò securamente
     Possiamo favellare.
Gel. Già sai tu, che Filebo
     Faceva apertamente
     Le viste d’adorarmi,
     Non che d’amarmi, or s’egli fintamente
     M’amava io non lo so, so ben che vero
     È stato, ed è l’amore,
     Onde l’ho amato, ed amo;
     lo con gran desiderio mi sarei
     Seco sposata, ed egli
     Mostrava desiarlo;
     Ma pur mio padre è stato sempre avverso,
     Dicendo, che non era
     Onor di nostra casa
     Darmi ad un poverello.
     lo contra voglia sua non ho voluto
     Dispor di mia persona:
     E non vorrò giammai.
Lic. Ottimamente hai fatto
     La mia fanciulla: Dio ti benedica.
Gel. Ma ben dall’altra parte io son disposta
     Di non voler marito.
     Se non solo Filebo..
     Ciò non è biasmo alcuno,
     Col marito per sempre
     Dura la compagnia;
     Altri deve pigliarlo a suo talento.
     In questo stato d’animo vivendo, é
     Viemmi fatto sapere,
     Che Filebo non mi ama;
     Ma che fingendo amarmi, egli procura.
     Guadagnar quella dota,
     Che può sperar dalla ricchezza nostra;
     E così va cercando
     Or questi, or quelli amori,
     E che pur questa notte
     Ha da trovarsi nel fenil d’Alfeo,
     Con esso una fanciulla.
Lic. Ah non fedel garzone,
     Or con si fatto cambio
     Pagarsi dee la vera
     Fede d’una donzella?
Gel. Dunque ho preso consiglio
     Di vestirmi come uomo,
     E gire in quella parte ascosamente,
     E veder se per vero
     Ei vien meno alla fede,
     Ond’è tenuto amarmi.
Lic. Se pur altro non vuoi
     Salvo esser fatta certa
     Se Filebo è per gire in quel fenile.
     Perchè vuoi porti a risco
     D’alcuna disventura?
     Non sono io buona a pormi
     A così fatto aguato?
     Temi, tu, che con fede io non riporti
     Qualunque avvenimento?
Gel. Licori una bugia,
     Ed una verità, ch’è per costarmi
     Tanto di pena, e tanto di conforto
     Io non voglio fidarla,
     Che alla propria vista;
     Tu rimanti in riposo,
     E vegghia volentieri
     Per amore di me queste poch’ore.
     Quando ritornerò trarrotti un sasso
     Alla finestra pianamente, allora
     Mi darai la scaletta,
     Ed io verronne, questo
     In somma è quel servigio,
     Che a te fia nulla il farlo,
     E l’accettarlo a me fia somma grazia.
Lic. E se tuo padre non ti vede a desco,
     E dimandi di te, come poss’io
     Celar la tua partita?
Gel. E tu risponderai,
     Che gravezza di testa,
     M’abbia pigliata, e ch’io
     Però mi son colcata, e ch’io riposo.
Lic. Carissima figliuola
     Questi pensieri a te gli detta Amore;
     Ma pensa che sovente
     Sono interrotti i pensamenti umani,
     Tutto che sian ben cauti.
     A me trema nel petto
     Il core, e sbigottisco
     Solo a pensar, che tu debba soletta
     In questa oscura notte
     Andar per la campagna;
     Or se mai si sapesse,
     Che sarebbe di me? della mia fama?
     E di mia vita? alla mia sola fede
     Ha tuo padre com messo
     L’onor di tua persona, a cui congiunto,

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     E pur l’onor suo proprio;
     Or non ne sarei detta traditrice?
     E dimostrata a dito in ogni loco.
     A me si come a vecchia
     Che così gli secondi?
Gel. Licori tu comprendi,
     Quanto ben cautamente
     Si conviene ammendare i tuoi consigli,
     E tu vuoi, Gelopea,
     Mi metto a questa impresa,
     Ciò ti deve bastare; io risoluta
     Affatto son di trarmi
     Questa spina dal core;
     Or non puoi favellare,
     Che tu favelli al vento.
Lic. Almen serba nel petto i
     Tutte le mie parole;
     E siami testimonio in ogni tempo,
     Come ti ho consigliata,
     E come ti ho pregata,
     E quanto affanno ho preso
     Per questo tuo pensiero;
     lo giuro a questo Cielo, a queste stelle,
     Che su questo momento
     lo cangiarei la vita
     Con ogni tormentata.
     Per me tu non diparti; io non ti lascio;
     Tu mi fai violenza.
Gel. Orsù rimanti omai,
     Che il ciel profondamente è fatto oscuro.
Lic. Quanto è più scuro il cielo
     lo men debbo lasciarti, almen ne porta
     O luce di lanterna, o d’altra face,
     Che ti scorga per vie si tenebrose.
Gel. Se mio proponimento
     E di gir sconosciuta a che vuoi pormi
     Pur lume infra le mani,
     Che altrui mi manifesti?
Lic. Nell’andar, nel tornare
     Può venirti in acconcio,
     La compagnia del lume;
     Porgi la mano, e prendi
     Almen questo focile;
     Se ti farà mestiero, indi trarrai
     Per tuoi bisogni il lume.
Gel. Saggiamente ricordi. Or sta con Dio.
Lic. O Gelopea riguarda,
     Che puoi pentirti ancora;
     Ah figliuola consenti, ch’io ne vada,
     E ch’io faccia la spia,
     Che saperò ben farla;
     Abbi pietà di questa vecchia, certo
     Sento venirmi meno.
Gel. Io più non rispondo.
Lic. Ella ha date le spalle.
     Or poscia, che miei preghi
     Non han potuto ritenerla, sia
     Qualche pietà nel Cielo,
     Che me la custodisca, e la difenda
     Nell’andar, nel tornare,
     E le tolga d’attorno
     Pericoli di morte,
     Pericoli d’infamia.

SCENA SECONDA

Gelopea.

Questa mia buona vecchia
     Parla amorosamente, ed è commossa
     Teneramente per la mia persona,
     lo conosco per certo
     Il suo fervente amore,
     Il qual per mille prove
     Addietro ho conosciuto, e veramente il
     Doverei rimanermi,
     Siccome ella ammonisce;
     Ma mi fa tanta forza
     Il pessimo sospetto,
     Ch’Atalanta mi ha sparso nella mente o
     Che non posso disporre
     Di me stessa a mia voglia
     Voglio alquanto specchiarmittel)
     In quelle gran bellezze,
     Ch’hanno vinto Filebo, ed ha spezzata
     Nel suo cor quella fede,
     Di cui soleva meco
     Tanto spesso vantarsi,
     Ma se questa bellezza a lui pareva
     Degna d’essere amata
     Via più, che Gelopea,
     Perchè tanto seguirmi?
     Perchè tanto pregarmi?
     Era forse obbligato,
     Amarmi oltre sua voglia? o pur temeya
     Non incontrare danno,
     Se forse ei non mi amava;
     Ma, ch’egli mi ami, e segua
     L’amor d’altra fanciulla
     Non è possibil cosa;
     Indarno ei me lo giura;
     Chi ama, ama una sola;
     Infino a questo punto io vivo in dubbio,
     Nè credo, nè discredo interamente;
     Egli per tutti i segni,
     Ch’usano dar gli amanti
     Ha dimostrato amarmi;
     Ma d’altra parte intendo,
     Che gli uomini san l’arte
     Di sottilmente fingere; ne vanno,
     Per altra strada amando,
     Che per quella una sola,
     Che sia più frodolente;
     Essi non ban vergogna,
     Ma prendono diletto
     D’esser chiamati ingrati;
     Ma se si danno vanto
     D’usare ingratitudine, per certo
     Filebo avrà fra loro
     Materia onde vantarsi
     Ch’io di me mi fermai
     Di volere sposarmi
     Con esso seco, ho posto
     Il mio cor in sua mano;
     Da lui s’incominciava
     Ed in lui si finiva
     Ogni mio pensamento;
     Berillo in questa villa
     Di non bassa fortuna,

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     Ma molto ricco, acceso,
     Si come egli diceva,
     Di questa mia bellezza, lungo tempo
     Emmi venuto attorno
     Ben fermo, e ben costante;
     Dicalo egli se mai
     Gli occhi miei lo miraro;
     Ultimamente spinto
     Da questo desiderio
     Mi chiedeva per moglie;
     Mio padre era rivolto,
     E presto a compiacerlo, e reputava
     Fosse per mia ventura
     Un tal suo desiderio,
     E per molte ragioni
     Nol reputava a torto,
     Io gli feci contrasto, e non per altro:
     Che per soverchio amore,
     Ch’ho rinchiuso nel petto;
     Quante dure parole,
     Quante minaccie ho poscia sofferite
     Per tanta mia fermezza?
     E tutto ho sofferito
     Allegra, e volentieri,
     Che così vuole Amore,
     Or di sì fatto amore,
     È questa la mercede,
     Che sola a mezza notte
     Andare investigando io son costretta
     Le frodi, i tradimenti,
     Che contra me son fatti;
     S’alcuna donna è volta
     A pensieri amorosi,
     Certo per mio consiglio
     Non fia lenta a pentirsi,
     0 Filebo darai per alcun tempo
     A questa sfortunata
     Tanto di gioja, quanto
     Or le dai di tormento.
     Ma così passo passo io son venuta
     Al loco designato,
     Ecco il fenil d’Alfeo:
     Loco, che per dolcezza, o per miseria
     Mi sarà sempre fisso
     In mezzo la memoria,
     Or’io fra tante macchie
     Ho da cercarne alcuna,
     Ove possa appiattarini, e discoprire
     Quinci intorno ogni cosa;
     Parmi, che quel roveto
     Potrà ben ricoprirmi,
     Entrerò colà dentro; e quelle spine
     Saranno i primi frutti
     Ch’io raccolga d’amore.
     0 Gelopea se alcuno
     Mi ti richiederà, dove vivendo
     Tu fossi più meschina.
     Fa che tu gli risponda;
     Al fenile d’Alfeo.