Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro II/X

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Libro II - Cap. X

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CAPITOLO DECIMO.

Della grande industria, e navigazione de’ Cinesi.


L
A magnificenza, e’l gran numero dell’opere pubbliche della Cina, non viene solamente dalla grande spesa, che vi si fa, ma dalla loro grande industria altresì. Così fanno ogni sorte di lavori meccanici, con molto meno strumenti, e con più faciltà che noi. Hanno invenzioni mirabili per comprare, e vendere, e trovare modo di vivere: e siccome in tutto l’Imperio, non vi è un piede di terreno inutile; così non vi è uomo, nè donna, giovane, vecchio, zoppo, monco, sordo, o cieco, che non abbia il modo di procacciarsi il vitto, con qualche arte, ed impiego. Quindi dicono per comun proverbio, Chùm qùe vù y vo, dentro il Regno della Cina non vi è niente d’abbandonato; e in vero per inutile, e vile, ch’una cosa apparisca, ella ha il suo uso, e se ne trae profitto. Per ragion di esemplo, dentro la sola Città di Pekin vi sono più di 10. m. famiglie, che non hanno altro mistiere, per vivere, [p. 310 modifica]che vendere solfanelli, per accendere il fuoco: altrettante, che vivono col raccogliere solamente per le strade, e dalle spazzature, stracci di drappi di seta, e di tela, di cottone, e di canape; petacci di carta, ed altre cose simili, che poi lavano e nettano, e vendono ad altri, che l’adoprano, per diversi usi profittevoli. L’invenzione, per portare i fardelli, è anche da notarsi, perche non gli portano, o a forza di braccia, o di spalle, come si costuma fra di noi; ma gli attaccano con corde, o pure uncini dentro due ceste, le quali pongono poscia alle due estremità d’un legno piano, ed acconcio a tale effetto. Quello legno si recano in ispalla come una bilancia, in maniera che pesi tanto l’una estremità, quanto l’altra; e così per mezzo dell’equilibbrio scemano gran parte della fatica.

In ciascheduna Città dell’Imperio vi sono due Torri: l’una detta del Tamburo, e l’altra della Campana, che servono per segnar le ore alle sentinelle nella notte. Dividono i Cinesi la notte in cinque parti; più grandi, o più picciole, secondo che le notti sono più lunghe, o più corte. Sul cominciamento della notte la sentinella tocca con più colpi, il [p. 311 modifica]tamburo, e la campana risponde dell’istesaa maniera: indi, durante ancora il primo quarto, una sentinella dà un colpo sui tamburo; e l’altra corrisponde subito, dandone un’altro, con un martello sulla campana. Passato lo spazio d’un Credo, danno nel medesimo tempo sul tamburo, e sulla campana, e così continuano sino al cominciare della seconda parte della notte. Allora cominciano a dar due colpi, e seguitano nell’istesso modo sino alla terza parte; e parimente nella terza ne danno tre, nella quarta quattro, e nella quinta cinque. Al far del giorno poi raddoppiano i colpi, come nel cominciamento della notte. In questa maniera a qualsivoglia ora, che uno si svegli, in qualunque parte della Città, sente il segno (purché il vento non l’impedisca) ce sa anche che ora è. Si vede dentro il Palagio del Re in Pekin, in una Torre, un gran tamburo, e in un’altra una campana ben grande, d’un suono molto piacevole, ed armonioso: ed in quelle della Città una gran campana, e un tamburo, che ha di diametro 15. gombiti.

Eglino han trovato un’altro modo, per misurare le parti della notte, degno [p. 312 modifica]della loro maravigliosa industria. Fanno pasta della polvere d’un certo legno, (i ricchi, e i letterati di sandalo, legno d’Aquila, e somiglianti odoriferi) e di tal pasta formano corde, e bastoncini di diverse figure; passandogli per un forame, acciò vengano d’ugual grossezza. Ne fanno anche più ordinarj, lunghi una, due, e tre canne, poco più, o meno grossi d’una penna d’oca, per bruciargli avanti le loro Pagodi, o Idoli; o per servirsene come di miccia, per comunicare il fuoco da una cosa all’altra. Questi bastoncini adunque, o corde le attorcigliano in giro, cominciando dal centro, e ne formano una figura spirale conica, simigliante a una nassa di pescatore; sicchè l’ultimo giro avrà uno, due, e tre palmi di diametro; e durerà, uno, due, e tre giorni, e più ancora, a proporzione della grossezza: avvegnaché se ne veggano ne’ Templi di quelle, che durano 10. 20. e 30, giorni. Or tal macchina si sospende per lo centro, e s’accende dall’estremità inferiore, donde il fuoco gira lentamente, e insensibilmente per tutta la corda; sopra la quale d’ordinario sono fatti cinque segni, per distinguere le cinque parti della notte. Questa maniera di misurare [p. 313 modifica]il tempo è così giusta, e certa, che giammai non vi si osserva alcuno errore considerabile. I letterati, i viandanti, e tutti coloro, che si vogliono levare a una ora determinata, per loro affari; sospendono al segno, che dinota l’ora, che loro fa d’uopo, un picciol peso, che il fuoco giunto a quel segno, fa cadere in un bacino di rame, postovi sotto; e così quel rumore, che fa cadendo, gli sveglia. S’assomiglia ciò, in quanto all’effetto a’ nostri orologgi a svegliarino; però con questa differenza, che una macchina di tal sorte è semplicissima; e una di quelle, che dura 24.ore, non costa, che circa un grano di Napoli: quando gli orologgi sono composti di tante diverse ruote, e sono sì cari, che non possono essere comperati, che da’ ricchi.

La navigazione è universale per tutto l’Imperio; perche non vi è quasi Città, nè Villaggio (principalmente nelle Provincie Meridionali) che non goda della comodità di qualche fiume, lago, canale, o d’alcun braccio di Mare navigabile; di maniera tale, che non v’ha meno gente sull’acqua, che in Terraferma. Certamente è uno spettacolo, non men dilettevole, che maraviglioso, il vedere [p. 314 modifica]giugnendo in qualche porto, una Città di barche sopra acqua, ed una di case in terra. Quando si parte a buon’ora, o quando si arriva un poco tardi in alcun luogo, si passa per più ore tra le barche, che stanno da ambe le rive del fiume. Vi sono Porti talmente frequentati, che si consuma mezza giornata, per passare a traverso di tante barche; e così si può dire, che vi sono due Imperi nella Cina, un marittimo, l’altro terrestre; e che vi siano altrettante Vinegie, quante Città. Queste barche servono di case a’ padroni, i quali vi sono nati, ed allevati, ed ivi muoiono; ivi cucinano, ivi tengono cani, e gatti; nutriscono porci, galline, anitre, ed oche.

Vi sono differenti spezie di barche, grandi, e picciole; per lo Re, per gli Mandarini, mercanti, e popolo. Fra le barche del Re, quelle, che si chiamano co chuên, servono a portare, e riportare i Mandarini da’ luoghi, ove esercitano le loro cariche. Sono fatte come le nostre caravelle: ma così alte, e così ben dipinte (particolarmente la camera, dove alloggia il Mandarino) che pajono più tosto fabbriche, fatte per qualche solennità pubblica, che barche ordinarie. Quelle, che si chiamano Leâm [p. 315 modifica]Chuên; cioè barche destinate, per portare dalle Provincie alla Corte ogni sorte di provvisioni, sono meno grandi, e al numero di novemila novecento novantanove. La vanità della nazione non vi aggiunse l’altra, per far 10. m. perche cotal numero si scrive con due sole lettere Cinesi, Y, e Van; le quali non hanno niente di grande, e di magnifico, nè in iscrittura, nè in pronunziandole; e per conseguente, non meritano d’essere impiegate, per esplicare tanta moltitudine di barche. La terza sorte di barche dell’Imperadore, si chiama Lum y chuen, cioè barche, che portano alla Corte gli abiti, e pezze di drappi di seta, e i broccati dell’Imperadore. Ve ne sono tante, quanti sono i giorni dell’anno, o 365. perocchè chiamandosi l’Imperadore figlio del Cielo, tutte le cose, che tiene, tolgono ordinariamente il nome dal Cielo, dal Sole, dalla Luna, e dagli altri pianeti, e stelle. Così Lum y, significa abito del Dragone, perche la divisa del Re è composta di Dragoni, con cinque unghie; e perciò i suoi abiti, e mobili denno necessariamente essere ornati di figure di Dragoni, ricamate, o dipinte. Vi sono in fine altre barche leggiere, chiamate Làm [p. 316 modifica]chuen, sottili, e lunghe, che servono a’ letterati, e persone ricche, che vanno, e vengono dalla Corte. Hanno dentro le medesime una sala, un letto, una tavola, e sedie, per poter dormire, mangiare, studiare, scrivere, e ricever visite, con altrettanta comodità, come se fussero in casa propria. I marinaj se ne stanno alla prora; e’l padron della barca, colla sua moglie, e figli alla poppa, dove prepara il mangiare a chi toglie in affitto la barca. Queste ultime, con altre di diverse forme, appartengono a’ particolari, e sono quasi innumerabili.

Egli si è incredibile il numero di Zattere di tutte sorti di legna, che vanno per gli fiumi, e Canali della Cina; e se si legassero insieme, basterebbono a fare altro ponte, che quello di Serse. Si naviga alle volte fra queste Zattere (che si fanno anche di canne) più ore, e qualche volta mezza giornata; perche la mercanzia di legna è di molto spaccio, ed utile a’ mercanti. Vanno costoro a tagliarle nella Provincia di Su chuen sulle frontiere Occidentali della Cina; e poi le fanno condurre sulla riva del fiume Kian (detto da’ Cinesi, figlio del Mare, per essere il più grande dell’Imperio) che quindi entra [p. 317 modifica]nel Regno; e formatene Zattere, le conducono poscia, con poca spesa, nella più parte delle Provincie, dove le vendono con grand’utile. La larghezza, e lunghezza di queste Zattere è più, o meno, secondo la ricchezza del mercante: le più lunghe sono mezza lega spagnuola; elevate sopra l’acqua due, e tre piedi. Le fanno della maniera seguente. Prendono le legna necessarie, per dar loro l’altezza, e larghezza; e foratele nelle due estremità, vi passano corde fatte di canne; e a queste corde infilzano altre legna, lasciando continuamente scendere la Zattera per lo fiume, sino a tanto, che sia della lunghezza desiderata. Poi si pongono nell’estremità quattro uomini, con remi, e pertiche, per governarla, e farla andare, come vogliono; ed altri per lo mezzo, in distanza uguale, per ajutare a condurla. Vi fabbricano sopra case di legno, da spazio in spazio, coperte di stuoje, o tavole; che vendono tutte intere ne’ luoghi, dove approdano. Eglino dormono dentro queste case, e vi rinserrano i loro mobili. Si conduce, in tal forma, quantità grande di legna in Pekin, benche lontana più di settecento leghe Portughesi dalle montagne, dove [p. 318 modifica]si tagliano. Da tutto ciò, ch’è detto, potrassi giudicare facilmente, se vi sia paese al Mondo, che in marineria possa uguagliarsi alla Cina.