Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro I/II

Da Wikisource.
Libro I - Cap. II

../I ../III IncludiIntestazione 7 luglio 2023 75% Diari di viaggio

Libro I - I Libro I - III

[p. 17 modifica]

CAPITOLO SECONDO.

Si descrive la Città di Manila, e’ suoi Borghi.


M
Anila è situata a 14. gr. e 40. m. di latitudine, e 148.gr. di longitudine. Gode perciò d’un perpetuo equinozio; non variando più che un’ora, in tutto l’anno, i giorni dalle notti: è nondimeno caldissima, come posta sotto la zona torrida. Ella è allogata in quella punta di terra, in cui esce in Mare il fiume, che viene dalla laguna; e dove, essendosi il Ragia Moro fortificato con terrapieni di palme, forniti dì piccioli pezzi; Miguel Lopez ne lo discacciò, a’ 19. Giugno del 1571. Ha la Piazza di circuito due miglia, di lunghezza un terzo di miglio. La figura è irregolare; stretta nelle due estremità, e larga nel mezzo. Tiene all’intorno sei porte, cioè Almazenes, S. Domingo, del Parian, Porta Real, S. Lucia, e Prostrigo. La muraglia, dalla parte di Cavite, è guernita di cinque piccioli Torrioni, con artiglieria di ferro; però nell’angolo di Terra si scorge un famoso baloardo, detto della fondazione; e più avanti un’altro deli’istessa bontà; fra’ quali sta [p. 18 modifica]situata la Porta Reale, che medesimamente è ben munita di cannoni di bronzo, e di ottime fortificazioni esteriori. Più oltre poi si truova la Porta del Parian, fortificata di pezzi di bronzo, e di lavori esteriori: e quindi il baloardo del Parian (così detto, per esser a fronte del Borgo di tal nome) sul quale si vede una famosa artiglieria di bronzo. Continuando dal lato del fiume, s’incontra il Torrione di S. Domingo (per esser vicino al Convento de’ PP. Domenicani) e poscia camminando più avanti, si viene a compire il giro della Città, nel mentovato Castello, che termina la lunghezza di essa. In questa maniera, da Mezzodì viene ad esser bagnata dal Mare; e da Tramontana, et Oriente dall’istesso fiume; sul quale sono ponti levatoj, per entrare alle porte del Parian, e Reale.

I palagi di Manila, benche dal primo appartamento in su siano di legno, non lasciano d’esser vistosi, per le leggiadre loggie. Le strade sono spaziose, sebbene la frequenza de’ tremuoti ne abbia renduta difforme la simmetria; vedendovisi caduti più palagi, e case, con poca speranza di rifabbricarsi: e questa si è anche la cagione, per la quale i Cittadini vivono in case [p. 19 modifica]di legno. Farà Manila circa tre mila anime; però di persone nate tutte dall’unione di tanti, e sì differenti semi in qualità, e colore, che bisogna distinguersi con varj, e stravaganti nomi. Ciò è accaduto, per essersi congiunti Spagnuoli, Indiani, Cinesi, Malabari, Neri, ed altri, che abitano l’istessa Città, e l’Isole dipendenti: siccome avvenne anche nell’Indie di Portogallo, Regni del Perù, Nuova Spagna, ed altri dell’Indie Occidentali. Dan nome di Crioglio a colui, che nasce da Spagnuolo, et Indiana, o al contrario; di Mestizzo da Spagnuolo, e India; di Castizzo, o Terzeron, da Mestizzo, e Mestizza; di Quartaron da Nero, e Spagnuola; di Mulato, da Nera, e Bianco; di Grifo da Nera, e Mulato; di Sambo da Mulata, e Indiano; di Capra da Indiana, e Sambo, ed altri nomi ridicoli.

In Manila vestono le donne nobili alla Spagnuola; le plebee non han bisogno di sarto; perche una tela d’India, detta Saras, avvolta dalla cinta in giù, serve di gonna, e un’altro panno, che chiamano Cimina, dalla cinta in su, di giubbone. Per le gambe, e piedi non fa d’uopo calze, o scarpe, a cagion del caldo. I Spagnuoli vanno vestiti alla Spagnuola; se non che a’ piedi portano [p. 20 modifica]zoccoli di legno, a cagion delle pioggie. Agl’Indiani è vietato ii portar calze, e necessariamente deono andar colle gambe nude. Per ripararsi dal Sole, i bene agiati si fan sempre portar un’ombrella ben grande dal servidore. Le donne usano belle sedie, o pure xamacche; ch’è una rete appesa a un lungo legno, portato da due persone, dentro la quale si va agiatamente.

Quantunque considerata la cinta delle sue mura, e’l numero degli abitanti, sia picciola Manila; è nondimeno ben grande, se si porrà mente a’ Borghi: poiche uscendosi per la porta del Parian, si truova un tiro di schioppo vicina l’abitazione de’ Mercanti Cinesi, detti Sangley; che, in più strade, tengono ricche botteghe di drappi di seta, di fine porcellane, e d’altri generi di fine mercanzie. Quivi si truovano tutte l’arti, e mestieri; onde in mano di detti Sangley sono tutti gli averi de’ Cittadini; i quali vendono, e comprano il tutto per loro mani; per difetto degli Spagnuoli, et Indiani, i quali non s’applicano ad alcuna cosa. Di ess ne saranno circa tre mila nel Parian, et altri mille per l’Isole: ciò che loro si permette, se non come Cristiani, almeno [p. 21 modifica]per la speranza di divenirvi; benche molti se ne convertano, per non esser discacciati. Per l’addietro ve n’erano 40. mila; ma per le rivoluzioni suscitate in varj tempi, particolarmente nel 1603. nel Vespro di S. Francesco, ne furono molti trucidati; e vietato poscia da S. M. Cattolica di restarsi per l’avvenire nell’Isola. Quest’Ordina poco, o nulla s’eseguisce; imperocchè sempre vi restano nascosti molti di quelli, che vengono ogni anno in 40. e 50. Ciampan, carichi di mercanzie; trovando nell’Isole molto guadagno, che non potriano avere in Cina, per lo vil prezzo delle manifatture.

Sono governati i Sangley del Parian da un’Alcalde, al quale pagano un buon soldo, siccome all’Avvocato Fiscale loro Protettore, al Maggiordomo del medesimo, ed altri Officiali; oltre i tributi, e gabelle al Regio Patrimonio. Per la permissione di giocare alla Metua, nel principio del loro anno, pagano al Rè dieci mila pezze d’otto; e nondimeno la licenza è per pochi giorni, acciò non consumino gli averi altrui. La metua è un giuoco di pari, o caffo: e lo fanno, scommettendo un monticello di ciappe, o monete, da darsi a colui, il quale ne indovina il [p. 22 modifica]numero pari, o impari. Coloro, che tengono il giuoco, sono giunti a tale accortezza, che dalla misura, e lunghezza del monticello, ne conoscono, e discernono il numero; e talvolta ne fan saltare destramente una moneta, per sfar rimanere il numero proposto. Gli Spagnuoli tengono strettamente nel lor dovere questi Cinesi; non permettendo loro, che di notte dimorino in casa di Cristiani, e che nelle loro botteghe, e case stiano senza lume, per arretrargli dall’abominevole vizio, naturale alla nazione.

Passato il ponte del fiume contiguo al Parian, s’entra ne’ Borghi di Tondo, Minondo, S. Crux, Dilao, S. Miguel, San Iuan de Bagum baya, S. Jago, Nostra Señora dela Eremita, Malati, Chiapo, ed altri, che fanno in tutto il numero di 15. abitati da Indiani, Tagali, ed altro Nazioni; cui comanda un’Alcalde.

Perlopiù le case sono di legno, vicine al fiume, e situate sopra colonne. Vi si entra da Barche, alla maniera di Siam. Il tetto è coperto di nipa, o foglie di palma; i lati di canne; e in alcune si monta per mezzo di scale; poiche il basso è umido, e talora pieno d’acqua. In tempo del Regolo Matanda, la Terra [p. 23 modifica]di Tondo era fortificata con terrapieni, et artiglieria; poco però potè resistere all’armi Spagnuole.

Nello spazio, che giace tra’ Borghi sono situate sull’una, e sull’altra riva del fiume, sino alla Laguna di Bahi, giardini, poderi, e casette di campagna; assai vistose; onde considerato bene il tutto unito, ha molta simiglianza co’ distesi, ed ampj Villaggi di Siam.

Il Mercordì 9. andai a visitare Don Alonso de Villafuerte, D. Juan la Sierra d’Asturias, e D. Girolamo Barrera Avvocato Fiscale; ch’ebbero molto piacere di sentirmi discorrere di varj paesi. Dopo desinare andai a far lo stesso al P. Provinciale de’ Gesuiti; e come che egli si era un Religioso molto scienziato, e che avea molto viaggiato, particolarmente in America; passammo il rimanente del dì in varj discorsi; e sopra tutto: se las Californias, erano Isole (come alcuni stimano) o terraferma, unita alla nuova Spagna. Era di parere il Padre Provinciale, che fusse terraferma; posciache, essendo alcuni Padri della Compagnia entrati per la bocca (ch’e larga 6o. leghe) ed innoltratisi per moltissime leghe dentro; alla fine aveano trovato, che [p. 24 modifica]l’acqua del Canale andava mancando di fondo; e non poterono passar avanti. Laonde giudicava, che quel lungo Seno non avesse comunicazione col Mar Settentrionale, in guisa, che la California rimanesse Isola.

Il Giovedì 10. entrai in Santa Chiara. La Chiesa è picciola, ma con tre ragguardevoli altari. Nel Monistero abitano 40. Monache claustrali dell’Ordine di San Francesco; che vivono di limosine, che loro dà il Re, e molti gentiluomini particolari; non ammettendo, per la stretta osservanza della regola, nè dote, nè serve. Vennero queste buone Religiose nel 1621. dalla nuova Spagna.

Andai poscia a veder la Cappella Reale, posta avanti il Castello, separatamente dal palagio del Governadore. Ella è ben adorna di stucchi; e’l suo grande altar maggiore è tutto dorato; siccome gli altri due allato, e quello, ch’è nel muro a destra. Nell’estremità della Cappella sono due Cori, l’uno sopra l’altro, assai ben lavorati. Assistono al culto della medesima otto Cappellani (con 15. pezze d’otto al mese, e 50. al Cappellano maggiore, che si pagano dalla Cassa Reale) i quali ponno esser mutati a piacere del [p. 25 modifica]Governadore. Essi sono tenuti di sepellire i soldati, con determinata limosina, per le messe, che celebrano, in suffragio delle loro anime. Nelle solennità si pone il Governadore dal corno del Vangelo, con una sedia posta sopra uno strato; e gli Auditori della Regia Audienza, in quello dell’Epistola; appresso a’ quali stanno gli Alcaldi della Città.

Andai il Venerdì 11. nella Chiesa della Misericordia, detta S. Isabel, nel cui Monistero entrano le figliuole orfane di Spagnuoli, e mestizzi; e maritandosi, si dà loro la dote di 300. ed alle volte 400. pezze d’otto. Volendo farsi Monache, ricevono il necessario per l’entrata. Per lo più ve ne saranno da 40. in 50. La Chiesa ha un bell’altar maggiore, e due laterali.

Il Sabato 12. entrai nel Convento de’ Padri Agostiniani; ch’è molto grande, e con dormentorj spaziosi a volta. La Chiesa è parimente a volta, ma bassa. Vi sono 15. altari ben dorati, ed alcuni con avanti altari di argento massiccio. La Sagrestia è anche ricca, e vistosa. Al di fuori la Chiesa ha un buon frontispizio; però la maggior parte della fabbrica è di legno, a cagion de’ continui tremuoti; onde fu [p. 26 modifica]facile, che restasse incenerita nel 1582. Abitano nel Convento da 30. Religiosi.

La Domenica 13. dopo desinare, passai a vedere il Castello di San Giacomo, posto (come di sopra notai) nella punta Occidentale della Città; e bagnato da un lato dal Mare, e dall’altro da un fiume. Il fosso, che lo separa dalla Città, è ben profondo, e vi entra l’acqua, quando cresce la corrente; si passa nondimeno con un ponte levatojo. Sulle due estremità di tal fosso, sono due buoni baloardi; uno bagnato dal fiume, l’altro non lungi dal Mare; forniti amendue di buona artiglieria. L’altra punta del triangolo verso Occidente, presso al Mare, è difesa da un Torrione, che guarda anche la bocca del fiume, e’l porto (idoneo solamente per navi picciole) con due piccioli rivellini a fior d’acqua. Passate due porte, si truova il Corpo di Guardia, e poi una gran Piazza d’armi; a fronte della quale è il secondo corpo di guardia, la casa del Castellano, e un’altra Piazza d’armi.

Il Collegio de’ Padri della Compagnia è ben grande, et adorno di lunghissime, ed alte volte, e spaziosi dormentorj; però dal primo piano in su tutto è di legno, [p. 27 modifica]per temenza de’ tremuoti. Per la stessa causa il tutto vien sostenuto da alte colonne; acciò il peso non poggi sopra le mura, che non potriano reggere a tante scosse: ciò che si pratica eziandio in tutte le case dell’Isole. Nel mezzo si vede un famoso Chiostro; e la Chiesa, ch’è delle migliori della Città. L’altar maggiore è in forma di mezzo circolo (che gli Architetti Italiani direbbono alla Borromina) tutto bene adorno di colonne, e di bellissimi intagli, riccamente dorati; che maggiormente risplendono per la vicina cupola. Al maggiore corrispondono sei altri altari, eziandio ben dorati. Il frontispizio sulla porta maggiore è di pietra ben lavorata, che fa una vaga veduta. Viene appellato questo Collegio di S. Ignazio e fu fondato, allor che venne il primo Vescovo di Manila, nel 1581. dal Padre Antonio Sediño, e Alonzo. Contiguo al medesimo è il Collegio di San Giuseppe, dove di presente sono 40. Collegiali, per apprendere Umanità, Filosofia, e Teologia; poiche ha privileggio di dare i gradi di Licentiado, di Maestro, e di Dottore. Tiene rendite particolari, oltre le Regie; ed alcuni Collegiali pagano centocinquanta pezze [p. 28 modifica]d’otto l’anno. Vanno essi vestiti di color morato, con zimarre di panno rosso. I Graduati, per andar differenti da’ Grammatici, portano un come collare del medesimo panno.

Andai il Lunedì 14. a vedere la Chiesa Arcivescovale. Ella è grande, però al di dentro poco ornata; vedendosi le mura nere, e gli altari in male ordine. In tutto vi sono dodici Cappelle, et altari, oltre il maggiore. Il tetto è sostenuto da dodici pilastri, sei per parte. Il Coro è vicino la porta maggiore; e quivi siede l’Arcivescovo (che ha sei mila pezze l’anno) con 12. Canonici, che ne hanno tre, quattro, e cinque cento dalla Real Cassa, per non esservi decime. Venne F. Francesco Domingo de Salazar, Domenicano, nel 1581. per primo Vescovo di Manila; e per primo Arcivescovo nel 1598. F. Ignaçio de Santi Bañez, dell’Ordine dì S. Francesco.

Il Martedì 15. andai a vedere la Chiesa de’ Padri Agostiniani Scalzi, la quale, sebbene picciola, è nondimeno bene ornata; avendo sette altari ben dorati, e’l Cielo assai vistoso. Il Mercordì 16. entrai nella Chiesa di San Domenico; la quale certamente, se non fusse oscura, sarebbe [p. 29 modifica]delle migliori della Città. Vi si veggono otto altari ben dipinti, ma poco ben dorati, come anche il cielo. I dormentorj, e corridoj sono bastantamente capaci. Vennero questi Religiosi in Manila nel 1587. a fondar la loro Provincia. Allato della stessa Chiesa è il Collegio di San Tommaso, dalle cui rendite sono sostentati 50. Collegiali, per apprender le scienze. Vanno essi vestiti di drappo verde, colla zimarra di raso incarnato. Vi è un’altro Collegio, detto di San Gio: a Laterano, appartenente a gli stessi Padri Domenicani; dove sono insegnati circa 70. fanciulli a leggere, e scrivere; per passare poscia in quello di S. Tomaso, ad apparare Umanità, Filosofia, e Teologia; e ricevere in fine i gradi, come s’è detto del Collegio di San Giuseppe. V’ha questa differenza però, che nel Collegio di San Tommaso, non entrano che figli di Spagnuoli; ma nell’altro anche mestizzi, i quali vanno vestiti di color turchino; e sono tenuti d’assistere, ne’ dì festivi, alla Cappella Reale; siccome alunni d’un Collegio di fondazione Regia. In amendue è gratuita l’entrata.

La pietà di Sua Maestà Cattolica a tutte le mentovate Chiese, e quante altre [p. 30 modifica]ve n’ha per l’Isole, dà olio per le lampane, e vino di Spagna per le messe. Ne’ luoghi però di Encomienda o Baronia, fa pagare dall’Encomendero il Curato; e da ogni cinquecento tributi, o fuochi contribuire venticinque libbre d’olio.