Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. VI/Libro IV/VIII

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Libro IV - Cap. VIII

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CAPITOLO OTTAVO.

Si nota ciò che si vide sino a Firenze, colla

descrizione di quella Città.


A
Buon’ora il Mercordi io, mi posi in cammino, col corriere; e dopo aver fatte sedici miglia fra gli Appennini (la di cui asprezza non impedisce i contadini, sicche non vi seminino di molte biade) rimanemmo a degnare in Lujano. Quindi continuando il cammino, con un rigoroso e freddo vento, che m’ebbe a [p. 455 modifica]buttar giù più volte da cavallo, entrammo nello Stato del Gran Duca; diviso da quello del Papa, per mezzo d’un ruscello, vicino il casale di Filicaja. Mostrammo la fede della sanità (che infallibilmente bisogna recare da Bologna) in Pietramala; e in fine a due ore di notte, entrammo in Firenzuola, dopo 14. miglia di strada.

Due ore prima di giorno ne partimmo il Giovedi 20. con un vento impetuosissimo, e freddo; e con molta fatica andammo montando le sei miglia, che sono sino alla sommità dell’altissimo monte Giogo (che mi parve la Reggia d’Eolo); per lo quale di spazio in spazio si veggono casette di contadini, che menano vita silvestre. Scendemmo poscia per altre sei miglia sino a S. Pietro a Seve; casale guardato da un Forte; e rimanemmo a desinare nell’Osteria del Ponte, dove fummo ben trattati. Facemmo quindi sei miglia per buona strada (poiche da Bologna a Firenze, è tutta lastricata di selci) e poscia, passato un miglio di salita, e cinque di scesa, giugnemmo alle porte di Firenze; dove fur visitate rigorosamente le mie valige, e sequestrate l’armi, prima di pagar il giulio della permissione, ed entrata. [p. 456 modifica]

Firenze è cosi bella, vaga, e ben fabbricata, che a parer d’un sì gran Principe, come fu Carlo V. dovrebbesi ella mostrare solamente ne’ dì festivi; poiche nella spaziosità delle strade, magnificenza di palagi, ornamento di famose Chiese, vaghezza di edificj pubblici, piazze, fontane, e pellegrine statue, supera le più belle Città d’Italia. Ella è in elevazione di gr. 43. e 20. m. posta in un piano, circondato da monti; e dicesi fondata da’ soldati di Silla nel 645. dopo l’edificazion di Roma. I Triumviri la fecero Colonia: e, dopo la caduta dell’Imperio, e’l dominio de’ Longobardi, divenuta Repubblica Imperiale, tale si mantenne sino al1 530. in cui le fu d’uopo piegare il capo all’autorità di Carlo V. il quale creò Alessandro de’ Medici primo Duca di Firenze. Il suo circuito di presente sarà cinque miglia, fornito di buone mura, con fossi, difeso da un forte Castello, ed abitato da presso a 100. mila persone.

Andai il Venerdì 21. nella Chiesa Collegiata di S. Lorenzo, la quale da 14. colonne vien divisa in tre navi. Si vede quivi la Cappella Ducale (fondata da Ferdinando III.) della cui magnificenza, e struttura meglio è dirne nulla, che poco. [p. 457 modifica]

Di sei tombe solamente, che denno esservi allogate, da novanta anni non ne sono compiute, che quattro; con tanto studio, e maestria sono lavorate le preziose pietre orientali, che le compongono: donde può farsi argomento del rimanente della Cappella. Evvene un’altra, dove son sepelliti gli altri soggetti della famiglia; e in esse si veggono sei statue, fatte per mano del divino Michelagnolo Buonarota, e tre altre de’ suoi migliori discepoli.

Il Duomo è ornato al di fuori d’un bel frontispizio di marmo di varj colori, e di una altissima Torre quadrata. Al di dentro è a tre navi, formate da quattro pilastri, incrustati di marmo. Da per tutto si veggono bellissime statue, ma le migliori sono un’Adamo, ed Eva, un Cristo, e un Padre eterno, (opera di Baccio Bandinelli Firentino) poste nel Coro, e nell’altar maggiore. Questo Coro è ottagono, circondato da colonnette, ed altri artificiosi lavori di marmo. Dirimpetto si può vedere la Chiesa di S. Giovanni, fatta in forma di cupola rotonda, con tre porte di bronzo d’ammirabil manifattura; sopra le quali sono nove statue (tre per cadauna) sei di [p. 458 modifica]bronzo, e tre di marmo, bellissime. Dentro questa Chiesa sono i sepolcri d’alcuni Pontefici Firentini, e famose statue. Nel ritorno passai per lo mercato nuovo; dove, sotto una bella loggia, sostenuta da 20. colonne di marmo, sogliono passeggiare i nobili.

Dopo desinare andai nella piazza, a vedere la statua equestre di Cosimo de Medici, tutta di bronzo, maravigliosamente lavorato; poi la fontana del Gigante, con dodici statue di bronzo all’intorno, ed una nel mezzo, di smisurata grandezza. Avanti la porta del palagio vecchio, che era già la casa del Comune della Repubblica di Firenze, sono due gradi statue; una delle quali d’ammirabil maestria, vien detta d’Ercole. Dentro si truova un cortile, con nove colonne, che sostengono un’altissima Torre; nella sala superiore sedici buone statue di marmo, e sei quadri ben grandi, in cui stà dipinta da maestra mano la conquida di Siena, Pisa, ed altre Città dello Stato. A fronte di questo palagio ne stà un’altro, per abitazione delle guardie del Gran Duca; e nel suo portico sono due belle statue di bronzo, e una di marmo.

Benche avessi vedute due altre volte [p. 459 modifica]la galleria del Gran Duca, volli nondimeno tornarvi la terza. Consiste ella in duo braccia di edificio, non dispregievole, sul fiume Arno (che passa per mezzo la Città): in uno delle quali lavorano insigni artefici, et avvi l’armeria; e nell’altro si conservano le cose pellegrine di esso Duca; amendue ornate di lunghe fila di ottime statue di bronzo, e di marmo. Nella prima danza si veggono i ritratti de’ Pittori più celebri, fatti di lor mano: nella seguente diversi vasi di porcellana finissima della Cina, con bellissimo ordine collocati; e nel mezzo una tavola di pietra paragone, con dilicatissimi lavori di fiori, uccelli, e cose simili di altre pietre incastrate. In un luogo a sinistra, quando si vien dalla Piazza, si mostrano tredici armarj, pieni d’argento lavorato eccellentemente; uno di vasi, e piatti d’oro; un’altro con un’avanti altare d’oro, e d’argento, che, per ademplire un voto, fece fare Cosmo II. ponendovi diamanti, rubini, ed altre pietre preziose. Si vedono in un’altro varj arnesi da cavallo, coperti tutti di pietre preziose: in un simile stà una sedia, guernita di gioje, dove il dì di S. Giovanni siede in pubblico il Gran Duca, a ricevere omaggio da’ suoi [p. 460 modifica]vassalli; e negli altri, dove vasi d’oro, o d’argento, con lavori pellegrini; e dove altre rarità d’inestimabil valore. In un’altra camera mi fecero vedere una custodia, e un’avanti-altare, maravigliosamente ornato di gemme Orientali, che denno servire alla Cappella di sopra mentovata. In un’altra stanza erano più bronzi antichi, e rarità portate dall’Indie; una colonna, e una tavola d’alabastro molto trasparenti; un lampiere d’ambra, donato dal Duca di Sassonia; un ritratto a mosaico, et altre cose di gran pregio.

Presso questa stanza è l’armeria, divisa in quattro separazioni. Nella prima sono vesti, ed armi bianche; nelle due seguenti armi da fuoco, e bianche, di gran maestria, e l’ossame in piedi d’una cavalla, di cui si mostrano i crini lunghi quattro braccia. Nell’ultima sono arnesi, selle, ed armi Turchesche, con lavori d’oro, e d’argento, e pietre preziose.

Nella stanza maggiore vedesi la tanto rinomata statua di Venere (detta de’ Medici) fatta già in Grecia, come si giudica, da ben 2300. anni; e presso la medesima altre cinque insigni statue. Oltreacciò uno scrigno, adorno di gemme; un quadro di notte, fatto da un’Olandese, [p. 461 modifica]in cui stà dipinta una donna, con una candela accesa nelle mani, da cui prende tal lume, ch’è uno stupore; un’altro quadro di Mosaico, fatto poco tempo prima da un Francese; una testa ben grande di un sol pezzo di pietra turchina; ed altre infinite cose, degne di somma considerazione, che per esser brieve tralascio: e di più la forma del pellegrino diamante del Gran Duca, che pesa 552. grani.

Passato nell’altra stanza, vidi famosissime dipinture, una tavola di lapis-lazuli, con lavori d’altre pietre; uno scrigno, fatto in Alemagna, con maravigliose dipinture sopra lapislazuli, rappresentanti tutte le istorie del Testamento vecchio, e nuovo; e dentro vi stan riposti singolari lavori di cera, ed ambra bianca, e gialla.

In una dell’altre due camere si vedono quadri di gran pregio, e uno scrigno fatto di legni Orientali; un tavolino di diaspro, con molte pietre preziose incastrate; e più sedie ricamate venute da Persia. Nell’altra sono mappamondi, sfere, ed altri istrumenti matematici; una calamita di gran bontà, e un gran pezzo di legno aloe. Le pietre Orientali dedicate a simili lavori, si veggono giù in una gran stanza; dove sono anche pelli di [p. 462 modifica]Elefanti, et animali singolari. La sera fui all’opera in musica; e vidi porsi in sedia il Cardinale, il Principe, e la Principessa.

Passai il Sabato 22. per un ponte di pietra, a vedere il palagio del Gran Duca, situato dall’altra riva dell’Arno. Nel cortile si vede una bella fontana: a capo della scala a destra si truovano gli appartamenti della Principessa, con belle statue sull’entrare; a sinistra quelli del G. Duca (anche con statue) nella cui seconda sala, da una parte si va alle di lui stanze, apparate di velluto chermisi, con frangie d’oro; e dall’altra a quelle del Principe, coperte d’arazzi. Andai poscia al giardino, ch’è ben grande; e dalla parte sinistra trovai belle fontane, quadri di mirti graziosamente tagliati; e un vivajo, con una gran statua nel mezzo della Dea Cerere. A destra erano boschetti, e sulla salda del colle una fontana, appellata l’Isola; nella quale sono bellissime statue, e da presso stanze, con varj animali, ed uccelli rinchiusi.

Andai quindi nella Chiesa di S. Michele, la quale è un’edificio quadrato fortissimo, ed altissimo, tutto di marmo. Dentro vi si veggono 14. bellissime statue qual di bronzo, e qual di marmo, e [p. 463 modifica]quattro bene ornati altari. In tornando a casa incontrai un Fiorentino, il quale non avea, che un dito per mano; e mi disse, che due suoi fratelli erano nati col medesimo difetto; anzi uno, avea due dita per piede.

La Domenica 23. vidi la famosa libraria del G. Duca, che si conserva in una gran sala del Monistero di S. Lorenzo. Sulla porta si scorge una maravigliosa facciata, fatta colla direzione del famoso Statuario Buonarota. Il pregio maggiore della libraria consiste in tre mila, e più manuscritti in varie lingue; e fra gli altri, mi dissero, esservi una Bibbia in Ebraico, che gli Ebrei di Livorno avriano voluto pagare 70. mila scudi, per riaverla dal G. Duca, che l’ha loro tolta. Tal prezioso tesoro di manuscritti fu raccolto da Clemente VII. Pontefice della famiglia Medici, riuscendogli d’averne moltissimi della Biblioteca di Costantinopoli.