Gli assempri/Del giudicio d'un grande usuraio ne la città di Padova

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Del giudicio d'un grande usuraio ne la città di Padova

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Del giudicio d'un grande usuraio ne la città di Padova
Del giudicio d'un uomo, el quale aveva fatto fascio d'ogni mal guadagno Del giudicio d'un grandissimo e crudele usuraio del castello di Radicofani

[p. 47 modifica]Del giudicio d’un grande usuraio ne la città di Padova.

CAP. 11.º


Ne la città di Padova fu un usuraio forestiero, el ’quale d’usura raccolse grandissima; moltitudine di robba, intanto che si diceva che lasso doppo se tra in denari e in derrate, ben trecento migliaia di fiorini d’oro: e pochi fondachi o bottighe erano in Padova, dove non fussero de’ suoi denari. Costui andava sempre abbottonato d’ariento,1 contrafacendo tutti e frutti dell’anno; e quando mangiava, teneva su la mensa un carro d’oro per salettiera co’ buoi e col bifolco; et, ancor alcuna volta quando mangiava, si faceva ponare dinanzi in su la mensa quattordici borsegli con quattordici migliaia, di ducati d’oro dentrovi; e questi diceva che era l’uno Gesù Cristo, e l’altro la Vergine Maria, e gli altri e’ dodici apostoli; et era abominevole cosa quello che faceva [p. 48 modifica]de’ suoi maledetti denari. Avvenne che Idio volendo ponar fine a tanta abbominazione, sì ’l percosse d’una grave infermità, sicchè ‘l misero spesse volte el dì si levava a sedere sul letto e facevasi ponare in grembo grandissima quantità di ducati d’oro, e poi gli pigliava e ponevasegli al volto e piangendo diceva: Oimè denari! che non m’aitate? Oimè! che per voi ho durata tanta fatiga in acquistarvi, e ora mi lessate così miseramente partire da voi! Oimè denar’ miei! che in voi ho avuto tutto ’l mio amore, e tutta la mia fede, e tutta la mia speranza! e ora che io ho bisogno del Vostro aiuto, non m’aiutate! Oimè! quanto diletto ho avuto di voi, e ora mi vi conviene lassare! E cosi si rifaceva da capo, e diceva: O speranza mia, o voi non m’aiutate! e pigliavagli, e rifregavasegli al volto. E con queste e con altre simili parole dolorose e abbominevogli piangendo, parecchie volte el dì faceva sopra questi suoi maladetti denari grande lamento, et altro acconcime non fece per l’anima sua misera, se non che lassò reda el Signore che era allora di Padova, cioè misser2 [p. 49 modifica]Francesco da Carrara; el quale dopo la sua morte, poco tempo stette che i Viniziani tolsero Padova al figliuolo e fecergli tagliare la testa. E veramente a questo sopra detto usuraio gl’intervenne come è scritto; che l’uomo che vivendo dimentica Dio e non se ne vuole ricordare, cosi morendo permette Idio che dimentichi se medesimo e non si ricordi de la sua salute. Cosi el misero non si ricordò mai di veruna cosa c’apartenesse a la salute dell’anima sua misera, e de la salute dell’anima sua non ne li fu mai ricordato veruna cosa, però chè la sua misera fameglia per non dargli isbigottimento, non gli ricordar mai nè Dio nè Santi nè cosa ch’appartenesse a sua salute, e cosi fur cagione e partefici de la sua dannazione; e come miseramente visse cosi miseramente e peggio morì. E però prego ciascheuna persona che non si lassi mettare al diavolo questo errore nel capo, cioè di credare mal vivare e ben morire, però chè non è [p. 50 modifica]possibile. E morto egli el Signore fece sotterrare e dipositare el corpo suo onorevolmente, e poi fece fare una bella cappella per l’anima sua. E quando fu fatta, la notte che la mattina vi si doveva mettere el corpo e sotterrare le sue ossa, parbe che tutti e’ dimoni dello ’nferno venissero per la lor chiesa con tanta tempesta e con tanto busso e romore che intorno a la chiesa per tutte quelle contrade non vi potè dormire persona. E la mattina quella chiesa era stata gittata nel fiume che era ine presso. E anco daccapo el Signore la fece rifare e simigliantemente la notte dinanzi che l’ossa sue vi si dovevano mettare, fur sentiti e’ sopra detti bussi e romori e la mattina la chiesa si trovò caduta infino a le fondamenta. Anco la terza volta el Signore la fece rifare e anco la notte vi fur sentiti quelli medesimi bussi e romori, ma la mattina la chiesa non avevadanno nessuno; sicchè3 quando si scavò colà dov’erano dipositate le sue ossa, non vi fu trovato di lui veruna cosa. Queste sopradette cose udii da un mio compagno, che in quel tempo era a Padova istudiente, uomo di buona conscienzia e degno di fede.


Note

  1. Sembra che portasse per ostentazione bottoni d’argento foggiati a frutti. E in quei tempi si poneva sulle vesti di bottoni gran numero. Erano usate fibbie d’argento perlino al peso di 12 once l’una, che più era vietato.
  2. Francesco da Carrara detto il Vecchio, per dislingerlo da Francesco Novello suo figlio. Il vecchio morì prigione di Gian Galeazzo Visconti nell’anno 1393, ed era vissuto in tal prigionia 4 anni; onde il fatto deve attribuirsi a un tempo anteriore al 1389. Francesco Novello poi vinto da’ Veneziani e spogliato di Verona e di Padova, fu strozzato con due suoi figli, e le vite degli altri Carraresi messe a prezzo.
  3. Sicchè, stà invece di sino a che o bensì.