Guida turistica di Dostrento/Rudimenti storici

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Rudimenti storici.

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Viabilità, edifici, manufatti, dati metrici Piedicastello

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Rudimenti storici.


Non ci resta da aggiungere qui che qualche succinta nozione storica. La cosa ci condurrebbe per le lunghe; e rimandiamo il lettore al libro maggiore, e chi volesse approfondirsi ancóra di più in dettagli d’argomento, sia storici che culturali in genere, anche alla ricca bibliografia italiana e straniera del Dostrento e di Piedicastello ivi contenuta (vedi pagine 247-268).

Per la preistoria noteremo che i primi arrivati sul Dostrento dovettero appartenere alle stirpi ibero-liguri (età della pietra); e col loro spirito primordiale di adattamento trassero certo partito dai vantaggi offerti dallo strano e invitevole colle, che poteva difenderli dalle belve e dai loro simili (pianoro superiore, crode e ultimo piede presso le lagune dell’Adige).

Seguirono gli umbro-italici (protoitalici) — età del bronzo — , gli Etruschi e poi i Galli Cenomani — età del ferro — , e così a mano a mano era nata una città, che in processo di tempo, come le viciniori dell’Italia settentrionale, pare sia passata in libera e spontanea dedizione alla Repubblica Romana, col nome di Tridentum.

A fronteggiare la seconda minaccia dei Cimbri il console Càtulo era accampato nella nostra Valdadige, e si crede che la sua difesa sfortunata fosse stata appoggiata al Dostrento e al gran fosso trasversale della vecchia ansa dell’Adige rettificata appena dopo la metà dello scorso secolo all’epoca della costruzione della ferrovia Verona-Trento (1858-1859). (Altri pensano ad un punto più settentrionale della valle, nei pressi di Vàdena).

Istoria d’amore di Lucio Opimio e di Velleda, figlia del re dei Cimbri, gettatasi capofitto dalle rupi di Dostrento.

Certamente il Dosso divenne un fulcro di primo ordine per la difesa e l’offesa in mano dei Romani e n’è prova il materiale archeologico rinvenuto (monete, resti di fabbricati importanti, rocchi di colonne, frantumi di terre cotte e d’embrici, oggetti di metallo, are votive...), un Campidoglio o un’Acropoli: arce e [p. 31 modifica]sede degli dei. Significanti anche i resti della cinta di mura romane della sottostante Piedicastello, la cui piazza dovette essere il Foro di Tridentum.

Documento di primo ordine, la lapide di Augusto a S. Apollinare, dell’anno 23 avanti Cristo, reputata un residuo di dette mura, accennante comunque ad importanti opere militari ordinate nella zona del Dostrento e dell’Adige dall’Imperatore e eseguite dal suo legato (e pare anche parente) Marco Appuleio per la guerra contro i popoli alpini, iniziata già due anni prima, e condotta tanto brillantemente e rapidamente contro i Reti e i Vindelici dai suoi due figliastri Druso e Tiberio, il primo dei quali a settentrione di Trento riportò nella primavera del 15 a. C. una vittoria strepitosa, fondò Pons Drusi (all’incirca Bolzano) e valicò le Alpi incontrandosi col fratello al lago di Costanza — gesta cantate nelle odi di Orazio.

Pochi luoghi possono vantare come Piedicastello col soprastante Dostrento un documento tanto solenne della romanità e dell’impero!

Al Dostrento o a Piedicastello nell’anno 379 d. C. l’imperatore Graziano avrebbe firmato ai 13 Agosto la legge „de auro coronario“.

Nell’epoca barbarica, dopo tante guerre e distruzioni, il Dostrento fu di nuovo additato ai Goti e ai Romani da re Teodorico (m. 526) come luogo di rifugio mirabile, con una famosa lettera che si trova in Cassiodoro, qui tradotta dal latino originario:

„Il re Teodorico a tutti i Goti e i Romani che abitano vicino al castel Verruca.

„Abbiamo ordinato al nostro Leodifredo Saione di interessarsi perchè vi fabbrichiate delle abitazioni intorno al castel Verruca, nome molto adatto alla sua posizione. Poichè in mezzo alla pianura si innalza, simile a una torre, una roccia tondeggiante le cui pareti a picco si vanno restringendo verso il basso così che il ripiano è più largo nella parte superiore come se si trattasse di un fungo. E’ una fortezza adatta di per sè alla difesa, e impossibile a prendersi con qualunque assalto o con assedio. Non c’è nemico che possa presumere di espugnarlo, e chi vi sta dentro rinchiuso non ha da aver timore alcuno. L’Adige con le sue acque limpide gli scorre ai piedi e ne accresce la bellezza e il decoro.

„Esso è la chiave della provincia, è un castello quasi unico al mondo e a ragione si può chiamare il primo in quanto è ancor viva la tradizione che sia stato munito per tenere in freno i barbari. [Egli, Teodorico, si sentiva „romano“ e superiore ad ogni altro re barbaro]. Chi dunque non desidererà di abitare un forte sì importante e un luogo di rifugio tanto meraviglioso che i forestieri si recano costì espressamente con il solo scopo di vederlo?“.

Intanto il Cristianesimo, penetrato anche in queste Alpi nel secondo secolo, e diffuso maggiormente al tempo di S. Vigilio (m. 405), aveva dato origine ad un importante tempio sulla cima del Dostrento per opera dei predecessori di S. Vigilio, finchè sorse la nuova cattedrale al piano. A fianco del tempio comunicava una cappellina sorta in epoca posteriore, munita di un pavimento a mosaico assai bello, forse ancor meno antico della cappellina stessa, attribuito agli anni d’attorno il 540, recante i nomi dei SS. Cosma e Damiano (medici arabi venerati ancóra nel vicino luogo di La Vela) e del vescovo Eugipio, — opera d’arte costituente coi suoi vari elementi decorativi il più antico monumento pittorico del Trentino, dove segna l’ultima traccia dell’arte tardo-romana. Questo mosaico fu scoperto nell’occasione dell’impianto d’un parafulmine l’anno 1900, chiarendo così la vera essenza di quei ruderi oramai livellati al suolo e già ritenuti resti di un tempio pagano o d’altra costruzione.

A quel tempo la vita cittadina si svolgeva pur sempre attorno al vecchio Dosso, presso il quale, forse a San Giorgio (ora villa Salvotti), visse anche [p. 32 modifica]l’importante figura dell’abate Secondo da Trento (m. 612), autore d’una storia dei Longobardi, a cui attinse Paolo Diacono, e che, d’accordo colla regina Teodolinda (della quale e di re Agilulfo battezzò il figlio Adaloaldo in Monza) e col papa S. Gregorio Magno, favorì la conversione di quel popolo dall’arianesimo.

Anche nella seconda calata dei Franchi (a. 590) troviamo i Trentini sulla groppa fida del Dostrento, assediati e riscattati per intercessione dei vescovi Ingenuino di Sabiona (p. Bressanone) e Agnello di Trento.

Estesasi la città definitivamente sulla sponda sinistra del fiume e sorta per gradi la grande mole del Castello del Bonconsiglio inserito nell’ultima maggior Dostrento e Santo Apollinare, acquerello di Alberto Dürer
(conservato in Hannover).
cerchia di mura d’oltre Adige, sopraggiunsero per il vecchio Dosso giorni di riposo, divenendo poi esso parco nobile principesco-vescovile, rallegrato dai cervi, con villa di piacere, restaurata dal principe-vescovo Giovan Michele di Spóro dopo l’incendio seguito al bombardamento della città (a. 1703) nella guerra di successione spagnola per ordine del generale Vendôme. Sul Dostrento in quell’occasione è perito il signor d’Andigny, comandante dell’artiglieria francese, per una palla di falconetto.

Il Dosso era stato ritratto dal Dürer in un acquerello, ora conservato ad Hannover, e poi cantato dal poeta neolatino Niccolò d’Arco (1479-1546); come più tardi (a. 1867) esso diede pure la trama per un interessante romanzo in tre volumi di Adalulfo Falconetti, giornalista veneto, e passò poscia nelle canzoni popolari postbelliche per musica di Luigi Pigarelli e di Teresita Alessandrini.

Carlotta Perini nel secolo scorso scrisse un poemetto: „I Cimbri e il Verruca“ colla istoria amorosa della tragica morte di Velleda, figlia del loro re; e di recente Nedda Falzolgher toccanti graziosi versi dialettali sulla Madonna della chiesa di S. Apollinare a Piedicastello.

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All’epoca napoleonica il Dostrento, venuto anche in proprietà demaniale del Regno d’Italia durante quella dominazione (1810-1813), fu alienato nell’ultimo anno a mani private. Pietro Zanolini lo dovette poi cedere nel 1850 all’erario militare austriaco per una deliberazione sovrana di Francesco Giuseppe colla data di Schönbrunn 26 maggio 1849.

Stranezza delle date — in un 26 maggio salivano invece il Colle sacro le ceneri del Martire. Mentre, in quest’anno del bimillenario oraziano, anche la lapide d’Augusto attenderebbe forse un congruo duraturo segno d’onore. E nel 1937 scadrà anzi il bimillenario augusteo. Nel 1977, poi, quello della lapide stessa.