I bagni d'Abano/Atto III

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Atto III

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Atto II Nota storica
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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA

Camera.

Violante e Riccardo.

Violante. Deh, per pietà...

Riccardo.   Mendace.
Violante. Uditemi.
Riccardo.   Non deggio.
Violante. Son pentita.
Riccardo.   Nol credo.
Violante.   Oh me infelice!
Eccomi a’ vostri piedi. (s’inginocchia
Riccardo.   Ingannatrice.
Violante. Pietà!
Riccardo.   Pietà mi chiede
Chi non sa che sia fede?
Violante.   Eppur voi solo
Amo con cuor sincero.
Ardo solo per voi.
Riccardo.   No, non è vero.

SCENA II.

Monsieur la Flour e detti.

La Flour. Amici, ancor fra voi dura lo sdegno?

Violante. Ah bell’idolo amato! (a la Flour
Riccardo.   Ah core indegno! (a Violante
La Flour. (Non vuò più tormentarli). Via, tornate
Ad amarvi di cor.
Violante.   Dell’amor mio
Una forza fatale in voi discerno. (a la Flour
Riccardo. Amerò prima un demone d’inferno.

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La Flour. Volete ch’io vi mostri

Un oggetto che merta il vostro amore?
Riccardo. Amar più non vogl’io.
La Flour.   Mirate.
Riccardo.   È questi
Uno specchio.
La Flour.   Mirate.
Riccardo.   Oh dei, ravviso
Di Violante, il mio ben, l’amabil viso.
La Flour. Mirate ancora voi. (a Violante
Violante.   Che vedo, oh Dio!
L’effigie di Riccardo, idolo mio.
Riccardo. Cara.
Violante.   Mio ben.
Riccardo.   Qual forza
Mi violenta ad amarvi?
Violante. Son qui, torno a pregarvi...
Riccardo.   È vano, è vano.
Ecco vostra la mano e vostro il core 1.
Violante. Per voi sol, ve lo giuro, ardo d’amore.
  Forza ignota ai sensi miei,
  Il mio cor rese incostante.
  Ma serbare al primo amante
  Sol desio la fedeltà.
  Tal sovente si condanna
  Della donna il core ingrato,
  E sarà colpa del fato,
  Cui resister non saprà. (parte

SCENA III.

Riccardo e Monsieur la Flour.

Riccardo. Quai prodigi son questi? io non li intendo 2.

La Flour. Perchè mi siete amico,

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Vuò spiegarvi l’arcano. In questi bagni

Il libro ho ritrovato
Del mago rinomato
Pietro d’Abano detto, e vi protesto
Che fa cose stupende.
Riccardo.   Intendo il resto.
Dunque è fida Violante?
La Flour.   Ella è per voi
Qual la vedeste nello specchio. Un vetro
Quest’è puro e sincero,
Che delle donne fa scoprire il vero.
  Povere femmine,
  Se ve ne fossero
  Di questi specchi
  Gran quantità!
  Si scoprirebbono
  Le loro macchine,
  Si vederebbono
  Le infedeltà. (parte

SCENA IV.

Riccardo solo.

Questi specchi sariano 3

Scellerati per l’uom. Miseri noi.
Se tutti della donna
Anche i pensier s’avesse
Da esplorar, da veder! Basta, qualora
La sua bella dall’uom fedel si crede;
È un tesoro per noi la buona fede.
  È un dolce tesoro
  La pace, la calma;

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  Felice quell’alma

  Che ignora il timor.
  Non mancan pretesti
  Per esser scontenti.
  Gelosi tormenti
  Non prova il mio cor. (parte

SCENA V.

Pirotto, poi Lisetta.

Lisetta. Pirotto, addio.

Pirotto.   Dove Lisetta mia?
Lisetta. La padrona domani anderà via.
Pirotto. E tu?
Lisetta.   Sciocco che sei!
Me lo domandi? partirò con lei.
Pirotto. Ma perchè dirmi sciocco?
Lisetta.   Perchè già
Non ne dici mai una come va.
Pirotto. Bella grazia che hai da farti amare.
Lisetta. Verrò da te a imparare.
Pirotto. Forse t’insegnerei quel che non sai.
Lisetta. Da un asinaccio non s’impara mai. (alterata
Pirotto. Presto, vatti a bagnar.
Lisetta.   Taci, che or ora
Ti rompo il grugno, e finirò la tresca.
Pirotto. Presto, vatti a bagnar nell’acqua fresca.
Lisetta. Temerario!
Pirotto.   Fraschetta!
Lisetta.   Indegno!
Pirotto.   Pazza!
Lisetta. Pazza a me?4
Pirotto.   Temerario ad un par mio?

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SCENA VI.

Monsieur la Flour e detti.

La Flour. (Si grida).

Lisetta.   Questa volta
Sarà finita.
Pirotto.   Sì, finita sia.
Lisetta. Maledetto.
Pirotto.   Mai più ti guarderò.
Lisetta. Non sei degno di me.
La Flour.   (L’aggiusterò).
(li tocca con una verga, e parte
Pirotto. Possibile, Lisetta,
Che mi vogli lasciar?
Lisetta.   Pirotto mio,
Dunque non mi ami più?
Pirotto.   Cara, quel viso,
Quell’occhietto mi piace
Lisetta. Io per te nel mio core ho una fornace5.
  Maledetto questo vizio!
  Non mi voglio più arrabbiar.
  Vuò godere, voglio amar.
  Non temer, sarò bonina;
  Dalla sera alla mattina
  Ti prometto di tacer.
  Ma di giorno... qualche volta...
  Tacerò, se potrò.
  Sarò buona, non temer. (parte

SCENA VII.

Pirotto solo.

Tacerò, se potrò? Ho gran paura,

Che resister non possa alla natura.

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Eppur le voglio bene.

Anzi mai più l’amai, come ora l’amo.
Anzi adesso la bramo,
E la voglio per me.
Sento che mi cangiai, nè so perchè.
  Donne belle,
  Voi avete
  La magia nel vostro cor.
  Siete quelle
  Che potete
  Far di noi quel che vi par.
  Sdegnosette
  Ci piagate.
  Vezzosette
  Imbalsamate.
  Incostanti nell’amor,
  Ma graziose nell’amar. (parte

SCENA VIII.

Gabinetto, con tavolino che devesi trasformare.

Luciano, poi Marubbio.

Luciano. Ah, che mi sento al fin de’ giorni miei;

Un notaro vorrei.
L’ho detto anche a Pirotto,
Ma non lo vedo più. Deh, caro amico,
Trovatemelo voi, per carità.
Marubbio. Or or lo trovo, e ve lo mando qua. (parte
Luciano. Tanti spaventi, tante stravaganze
Unite a tanti mali?
Vado presto a far terra da boccali 6.

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SCENA IX.

Rosina e detto.

Rosina. Signor Luciano mio,

Son tutta spaventata.
Luciano.   E tremo anch’io.
Rosina. Che pensate di far?
Luciano.   Pria di morire,
Voglio far testamento.
Rosina.   Oh quest’è bella!
Testamento? perchè?
Luciano.   Perchè davvero
Mi sento male, e di guarir dispero.
Rosina. Avete roba da disporre assai?
Luciano. Molta ne consumai.
Ma me ne resta ancora,
Per esser grato cogli amici miei.
Rosina. (Allettarlo vorrei!
Ma se ricco non è,
Coll’ipocondria sua non fa per me).

SCENA X.

Marubbio vestito da Notaro, e detti.

Marubbio. (Io vuò con questo pazzo

Buscar qualche denaro, e aver sollazzo).
Rosina. Chi è costui?
Luciano.   Padron caro,
Vussignoria chi è?
Marubbio.   Sono il notaro.
Luciano. Favorisca, vorrei far testamento.
Marubbio. Quando?
Luciano.   In questo momento.

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Marubbio. Ed io la servirò.

Luciano. Scrivete, ecco la carta; io detterò.
Marubbio. (Siede al tavolino, e Luciano siede poco lontano.
Rosina. (Son curiosa sentir; se fosse ricco,
Vorrei fargli cambiare in un momento
In contratto di nozze il testamento).
Luciano.   Lascio al mio fratel carnale
  Una possession che vale
  Mille doppie, e ancora più.
Rosina.   (Principia assai bene,
  La somma va su).
Luciano.   Lascio a Nardo, mio parente,
  De’ miei mobili il valsente,
  Che a due mille arriverà.
Rosina.   (Due mille, tre mille.
  Crescendo si va).
Luciano.   Lascio il resto de’ miei beni,
  Che son scudi venti mille,
  Dispensati per le ville
  Della mia comunità.
Rosina.   (Va bene. Vogl’io
  La sua eredità).
Luciano.   Scrivete.
Rosina.   Fermate.
Luciano.   Lasciatelo far.
Rosina.   Sentite - badate,
  Vi voglio parlar.
Luciano.   Via dite, parlate,
  Vi voglio ascoltar.
Rosina.   Sarebbe meglio assai,
  Che moglie voi prendeste.
  Felice voi sareste
  In pace e sanità.
Luciano.   La moglie... sì... vorrei...
nota

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  Ma con i mali miei...

  Notaro, scrivete.
Rosina.   Notaro, fermate.
  Vi voglio parlar. (Luciano
Luciano.   Vi voglio ascoltar.
Rosina.   Una sposina bella
  Alfin vi guarirà.
Luciano.   Ah, se voi foste quella...
  Se mi voleste... ma...
  Scrivete. (al Notaro
Rosina.   Fermate. (al Notaro
  Per me vi prenderò,
  E vi risanerò
  Da tutto il vostro mal.
Luciano.   Contento sarò io.
Rosina.   Sarete l’idol mio.
(a due   Notaro, non scrivete,
  Ve ne potete andar.
  Andate, che vi mando
  A farvi soddisfar.
Luciano.   Voi sarete mia cara sposina.
Rosina.   Voi sarete il mio caro marito.
Luciano.   Voi sarete la mia medicina.
Rosina.   Presto, presto sarete guarito.
(a due   Che diletto - mi sento nel petto,
  Bel piacere che amore mi dà.
Rosina.   Ma il contratto
  Delle nozze
  Fra di noi quando si fa?
Luciano.   Il notaro
  Se n’è andato.
  Si è mandato via di qua.
(a due   Ehi notaro, dove siete?
  Dove andato mai sarà?
(Si trasforma il tavolino, e comparisce il Notaro.

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(a due   Eccolo qui... (tremando sempre

  Come così...
  Presto tornò? 8
Rosina.   Presto, la mano... (a Luciano
Luciano.   Ecco la mano...
(a due   Scrivete, signore... (al Notaro
  Mi palpita il core.
  Non posso parlar.
Luciano.   Quest’è la sposa mia.
Rosina.   Quest’è lo sposo mio.
(a due   Facciamo il matrimonio.
  Quel brutto testimonio
  Chi diavolo sarà?
  Amor mi dà contento.
  Colui mi fa spavento.
  Noi siamo maritati,
  Ma mezzi spiritati;
  Fra gioia, e fra timore,
  Il core se ne sta. (partono
(torna il tavolino a chiudersi come era prima

SCENA ULTIMA

Violante, Riccardo, Lisetta, Pirotto, Marubbio e poi
Luciano, Rosina e Monsieur la Flour.

Violante. Presto, Riccardo mio,

Andiamo via di qua.
Riccardo.   Fra questi bagni
Dei prestigi vi sono.
Lisetta. Io più non voglio
Con il diavolo aver qualch’altro imbroglio.
Marubbio. Resto meravigliato ancora io.
Pirotto. Il diavolo si è fatto amico mio.

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Luciano. Schiavo, patroni miei.

Riccardo.   Andate via?
Luciano. Io me ne vado colla sposa mia.
Pirotto. Come, signor padron?
Rosina.   Sì, mi ha sposata.
Son stata maritata da un notaro,
Che un demonio lo credo al parer mio.
(Torna a trasformarsi il tavolino, ed esce
La Flour. L’incognito notar sono stat’io.
Violante. Che vedo!
Luciano.   Oh meraviglia!
La Flour. Ecco il gran libro,
Che oprò tanti prodigi.
Detesto i rei prestigi.
Il libro abbrucierò. Ma voglia prima
L’ultima volta usar della magia.
Vuò che tutti per mare andiamo via.
(Batte colla verga in terra, e sparisce la sala, e comparisce una Scena di mare, con navi alla vela.

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.
(a tre

Che bel piacere è questo!
     Balzare presto, presto,
     Dalla montagna al mar!

Violante.
Lisetta.
Riccardo.
(a tre

Mi piace, mi diletta
     La forza e la bravura.
     Ma un poco di paura
     Ancor mi fa tremar.

  Tutti.

  Andiamo, andiamo via.
  Partiamo in compagnia,
  Pria che sparisca il mar.


Fine del Dramma.


Note

  1. Zatta: Ecco vostra è la mano, è vostro il core.
  2. Nel testo: gl’intendo.
  3. Zatta: sarieno.
  4. Nelle edd. Guibert e Zatta si legge solo: A me?
  5. In tutte le stampe si legge: Io per te ho nel mio core una fornace.
  6. Espressione dialettale volgare, per morire: v. Boerio.
  7. Forma dialettale.
  8. Questo verso manca nelle edd. Guibert e Zatta.