I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento/Della chiesa Cattedrale di Benevento/Delle porte di bronzo

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3. Delle porte di bronzo

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3. delle porte di bronzo
(Tav. LXI e fig. 15 e 16)


Fig. 15.Di queste porte si sono occupati molti autori, che in parte avrò occasione di citare. Esse formano due battenti, divisi, in uno, in settantadue quadri, chiusi in una specie di cornice con rozzo ovolo intagliato, fermata agli angoli da rosette in maggior rilievo. I due rettangoli estremi del terzo ordine, a contar da basso, contengono teste di grifi in tutto rilievo, sostenenti gli anelli. I rettangoli corrispondenti dello stesso ordine verso la battita di chiusura contengono due teste di leoni con simili anelli. Un rettangolo del battente sinistro è occupato dall’Arcivescovo di Benevento, ventiquattro altri sono occupati dai Vescovi suffraganei, cioè delle diocesi allora tutte dipendenti dall’Archidiocesi di Benevento; e i rimanenti quarantatre sono occupati da istorie del nuovo testamento. A contare dall’alto, dalla sinistra di chi guarda, e percorrendo tutta la serie degli otto quadri per ordine orizzontale, si hanno le seguenti rappresentazioni, o figure.

1. L’Annunziazione di M. V. Vi si vedono la Madonna e due Angeli, e per fondo un muro merlato, che dovrebbe rappresentare la città di Nazarette.

2. La visita di S. Elisabetta a sua cognata.

3. La Natività, rappresentata dall’artefice a suo capriccio, contrariamente al testo dell’evangelio.

4. L’annunzio della Natività ai pastori.

5. I tre Re Magi.

6. L’incontro di essi con Erode.

7. L’adorazione di essi.

[p. 435 modifica]Fig. 16.8. L’apparizione dell’Angelo loro in sogno per avvisarli di cambiare via al ritorno, per non imbattersi con Erode.

9. L’apparizione dell’Angelo in sogno a S. Giuseppe per avvisarlo di fuggire in Egitto col figlio e con la Madonna.

10. Il viaggio di essi per l’Egitto.

11. La strage degli innocenti.

12. La Circoncisione.

13. La disputa di Gesù in Gerusalemme con i dottori.

14. Il battesimo di Gesù nel fiume Giordano.

15. Le nozze di Canaan in Galilea.

16. L’apparizione di Gesù ai discepoli in riva al mare.

17. Gesù che cammina sull’acqua per raggiunger quelli.

18. Cristo che sazia quattromila persone con sette pani e pochi pesci.

19. Il colloquio di Gesù con la Samaritana.

20. Gesù che dona la vista al cieco.

21. La resurrezione di Lazzaro.

22. L’ingresso trionfale in Gerusalemme.

23. La cena di Cristo con i discepoli.

24. Cristo che lava loro i piedi.

25. L’orazione di Gesù all’orto.

26. Cristo che rimprovera la pigrizia ai discepoli, perchè li trova dormendo.

27. Cristo tradito da Giuda, che lo svela ai Giudei, i quali alla parola di lui cadono a terra tramortiti.

28. I giudei legano Cristo, e lo conducono ad Annam.

29. Cristo condotto a Caifas. [p. 436 modifica]

30. Cristo venduto da Giuda per trenta danari.

31. Giuda appiccato.

32. Pietro che nega tre volte Gesù, e il gallo canta.

33. Pilato che si lava le mani1.

34. Gesù menato al flagello.

35. Gesù, vestito di rosso dai giudei e coronato di spine, è percosso come pazzo.

36. I giudei, incontrato un uomo a nome Cireneo, l’obbligano a portar la Croce.

37. Cristo in croce.

38. Seppellimento di Gesù.

39. Gesù che discende all’Inferno.

40. L’Angelo e le tre Marie alla tomba di Gesù che trovano vuota2.

41. Il Vescovo di Monte Corvino. Questo vescovato fu soppresso.

42. Cristo che apparisce ai discepoli in Emaus.

43. S. Tommaso che tocca Cristo per creder che sia Lui.

44. Il Vescovo di Larino.

45. L’Ascensione di Cristo al Cielo (fig. 16).

46. Il Vescovo di Avellino.

47. L’Arcivescovo di Benevento con la tiara che esso un tempo usò portare. È in atto di ricevere l’offerta di due torce da un suffraganeo.

48. Il Vescovo di S. Agata dei Goti.

49. Testa di grifo con anello in bocca.

50. Il Vescovo di Limosani. Questo vescovato è stato soppresso, e aggregato all’Archidiocesi.

51. Il Vescovo di Telese. Ora è rappresentato dal vescovato di Cerreto.

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52. Testa di pardo con anello in bocca.

53.  Idem idem

54. Il Vescovo di Monte Marano. Sede abolita.

55. Il Vescovo di Volturara. Sede abolita.

56. Testa di grifo con anello in bocca.

57. Il Vescovo di Lesina. Sede abolita.

58. Il Vescovo di Alifi. Questo vescovato fu trasferito a Piedimonte d’Alife.

59. Il Vescovo di Boiano.

60. Il Vescovo di Trivento. Soppresso.

61. Il Vescovo di Figento. Idem

62. Il Vescovo di Ariano.

63. Il Vescovo di Ascoli di Puglia.

64. Il Vescovo di Bovino.

65. Il Vescovo di Guardia Alfiera. Soppresso.

66. Il Vescovo di Dragonara. Idem

67. Il Vescovo di Civitate. Idem

68. Il Vescovo di Termoli.

69. Il Vescovo di Lucera.

70. Il Vescovo di Fiorentino. Soppresso.

71. Il Vescovo di Tortinoli. Idem

72. Il Vescovo di Trevico. Idem

Oltre al disegno generale di queste porte (Tav. LXI), do un saggio delle loro sculture nelle figure 15 e 16, la prima delle quali rappresenta il Vescovo di Dragonara e la seconda l’Ascensione, cioè rispettivamente i quadri 66 e 45. La cornice del quadro rappresentato dalla fig. 15 è di due generi diversi: i due lati orizzontali sono, come tutti gli altri, ornati con l’ovolo, mentre i due verticali sono lavorati a viticci e fogliame graziosissimi e minuti, di un disegno e di una tecnica di gran lunga superiori. Questi due ornati molto più perfetti (di cui si ha un altro pezzo sul quadro 68) qui messi per un restauro, non so se provvengano da altro monumento del genere o sieno stati lavorati appositamente; ma sembra più probabile la prima ipotesi. Il Vescovo tiene la destra alzata in atto di benedire, e con la sinistra regge il pastorale. Veste i sacri paludamenti stolato alla greca, ed ha in testa la mitria. Due colonnine con capitelli a due [p. 438 modifica]grandi foglie sorreggono una specie di frontespizio triangolare. Nel quadro dell’Ascensione (fig. 16) in alto vedesi Cristo seduto sull’Arcobaleno e circondato da un’aureola ovale che è sorretta da quattro angioli. Cristo con la destra benedice alla maniera greca, e con la sinistra trattiene sul ginocchio il libro della sua dottrina. Egli ha i piedi nudi e il nimbo crociato quali attributi della sua Divinità. Sotto di Lui vedesi Maria in mezzo a quattro apostoli.

Schulz3 dice che queste porte non sieno per nulla da paragonare per bellezza degli ornamenti e per finezza di esecuzione alle porte di Trani e di Ravello; ma io credo che non sia possibile il paragone per la diversità degli stili. Quelle di Ravello presentano pochissimo rilievo ed una semplicità di figure, laddove nelle nostre il rilievo è assai pronunziato e tutti i quadri della vita e morte di Cristo presentano un’azione molto drammatica. Checchè si voglia dire, esse hanno una grande importanza. Alcuni, come il Salazaro4, il Barbier de Montault5 e il Lenormant6 ritengono che esse sieno opera di Oderisio Beneventano, che fu l’autore delle porte del Duomo di Troia e di quelle della basilica di S. Bartolomeo in Benevento. Egli costruì la grande di Troia nel 1119, la piccola nel 1127; e dei due battenti della porta di S. Bartolomeo in Benevento costruì l’uno nel 1150 e l’altro nel 1151, secondo rilevasi dalla seguente iscrizione che leggevasi sulle porte stesse7:

Girnundus de Palata cum uxore et filiis Opus Oderisii

De donis populi cura studioque Pagani

Has sacra praecipuas haec iubet aula fores Anno Dominicae Incarnationis MCL

Haec porta erecta est Apostolo Bartholomeo de fidelium oblationibus Mense Augusto. [p. 439 modifica]

Pompeo Sarnelli8 dice che le iscrizioni che si leggevano incise sulle sudette porte (deve intendersi i due battenti) erano le seguenti: in una: «Anno Dominicae Incarnationis MCL haec porta erecta est Apostolo Bartolomeo de fidelium oblationibus mense augusto», la quale corrisponde alla seconda parte della iscrizione ricordata nella S. Visita di Orsini; nell’altra «Et haec porta erecta est Apostolo Bartolomeo de fidelium oblationibus A. Dominicae Incarnationis mense Septembri MCLI» Dunque Oderisio era vivo e lavorava ancora al 1151.

Avendo già molto sofferta col tremuoto del 1688, con l’altro del 1702 questa basilica rovinò completamente, e le porte andarono perdute. La qual cosa reca meraviglia grandissima, quando si pensi alla somma diligenza dell’Arcivescovo Orsini. Ma reca assai più pena leggere che esse sieno state rifuse per restaurare quelle della cattedrale al 1693 per ordine di Lui. Il documento, prezioso, ce lo fornisce il libro delle spese di Orsini, conservato nell’Archivio Metropolitano, donde Barbier de Montault9 estrasse le notizie seguenti:

«1693. Fattura, legnami, chiodi della porta maggiore al maestro Ignazio Manuto, (che fu il restauratore) con aver levato la porta vecchia di più Ducati10 44,50
«Ottone rotola centoquarantotto e tre quarti per accomodo di detta porta, l’istesso che si prese dalla porta di S. Bartolomeo Ducati 50,51 9/12
Fattura di N.° 24 rose, N.° 18 cornici, ed uno mascherone di leone che erano mancati in detta porta Ducati 21,59
Ad Antonio Russo per politura delli pezzi vecchi e fè anche li pezzi nuovi Ducati 2,00
Piombo rotola cinque e mezzo per detta opera Ducati 00,70
Gorgione e Terra per fondere l’ottone Ducati 1,10 »

Ha ragione Barbier de Montault di insorgere contro questo scempio, perchè se quelle porte fossero state inutili per il [p. 440 modifica]tempio sarebbero state sempre un monumento importantissimo per valore artistico, e degno di essere tramandato ai posteri. Questo dimostra che se Orsini fu uomo munificentissimo, laboriosissimo e santo, non ebbe però nessun gusto per l’arte, e quello che fece di bene fu sempre limitato alla religione e alla carità.

Tra i vescovi suffraganei scolpiti sulla porta della Cattedrale v’è quello di Guardia Alferia, nominato soltanto nei diplomi pontificii del 1151 sebbene lo si trovi pure sottoscritto nel Concilio Provinciale di S. Milone del 1075. Per la quale ultima coincidenza Sarnelli11, Ciampini12 e De Vita13 son di parere che esse possano essere state costruite tra la fine dell’XI.° e il principio del XII.° secolo. Borgia14, sulle orme di costoro, le ritiene costruite circa il XII secolo. Barbier de Montault, che vi ha dedicato una monografia15, ritiene che sieno state lavorate queste porte intorno al 1160, pel fatto che solo nel 1154 alcuni Vescovi che figurano in essa furono aggregati all’Archidiocesi di Benevento da Papa Adriano IV, e sia opera di Oderisio Berardi Beneventano, considerando che questi abbia ben potuto lavorare la grande di Troia al 1119 e queste di Benevento verso il 1160, a distanza cioè di 40 anni, quando si sa che dieci anni prima lavorò quelle della basilica di S. Bartolomeo.

Egli ritiene pure che le nostre porte sieno di stile bizantino, ma che vi si veda la mano di artefice latino, non orientale, e che quest’arte latina ritemprata alle ispirazioni dell’arte greca abbia avuto sviluppo maggiore in quest’Italia meridionale che nella superiore16. Aggiunge che questo Oderisio fu certo una gloria artistica di Benevento del XII.° secolo, e che, se questa porta fosse stata proprietà degli Inglesi, gente pratica, ne avrebbero sparsa la conoscenza per tutto il mondo artistico17. [p. 441 modifica]

Egli non trasanda di osservare che gli sembra strano che un artista di quel valore, e di queste regioni che si eran sottratte all’influenza romana, abbia potuto incorniciare i quadri con quelle cornici ad ovolo, sebbene un esempio simile egli pur trovi di Nicola da Pisa del 1266 nel duomo di Siena; e notando la presenza di quei tratti di cornice che fiancheggiano il quadro 66 (fig. 16), cosa già da me fatta osservare, di lavoro assai più fino, inclinerebbe a credere che essi o sieno stati l’antico finimento o provvengano dalla distrutta porta di S. Bartolomeo. La prima ipotesi menerebbe pure a quella di un restauro radicale che sarebbe stato fatto nei secoli posteriori.

Siamo sempre là, Barbier de Montault ebbe la ventura di vedere e di esaminare molto da vicino i due battenti della nostra porta di bronzo, ma non vide quelle del duomo di Troia; Lenormant per contrario vide queste ultime, ma non ha mai viste le nostre. Di tal che entrambi hanno asserito essere le une e le altre opera dello stesso artefice senza averne fatto il confronto. Questa è una grave negligenza per coloro che scrivono della storia dell’arte.

Se io avessi qui avuto presente un qualsiasi avanzo delle porte di bronzo del distrutto tempio di S. Bartolomeo, opera, come vedemmo, di Oderisio, avrei potuto definire proprio sul posto la quistione, paragonando quell’avanzo qualsiasi alle sculture delle porte del nostro duomo. Ma, poichè sventuratamente gli avanzi delle porte di S. Bartolomeo andarono perduti, restava un altro termine di paragone, le porte del duomo di Troia, opera certa dello stesso Oderisio. Ora per conoscere se questo istesso artista abbia potuto lavorare eziandio le porte del duomo di Benevento non mi sono accontentato dell’affermazione dei due autori francesi sudetti, ma mi son voluto portare sul posto, in Troia, per conoscere da vicino i due monumenti di Oderisio Beneventano. La mia meraviglia è stata grandissima nel vederli e nello scorgere a prima giunta essere un lavoro di uno stile e di una tecnica che non hanno nessun rapporto con quelli delle nostre porte del duomo di Benevento.

I quadri delle porte di Troia si riducono ad una semplice lamina piana di bronzo, sulla quale Oderisio a colpi di scalpello [p. 442 modifica]ha inciso con semplice contorno le sue figure. Di sculture in rilievo non vi sono che i rosoni con le teste di grifo portanti in bocca l’anello. La cornice in giro ai quadri è formata da un semplice bastone prismatico. Nelle loro intersezioni, cioè agli angoli di ciascun quadro, quattro rozzissime foglie vorrebbero rappresentare un rosone. In giro al campo occupato dai quadri nella porta maggiore vi è una larga fascia ornata di viticci e fogliame, lavorati pure a scalpello, di bassissimo rilievo piatto. Da tutto ciò appare che l’arte di Oderisio sia molto bambina rispetto a quella delle porte del nostro duomo; e che, per quanto si voglia considerare che sien passati oltre quarant’anni tra il tempo in cui egli fece la prima del duomo di Troia e la seconda della basilica di S. Bartolomeo di Benevento, e che in tal lungo periodo di tempo egli abbia potuto apprender meglio l’arte, non si riuscirà mai a persuadere che quel rozzo artista Oderisio, il quale sapeva sì poco l’arte del fonditore da ricorrere all’opera dello scalpello, abbia potuto fondere poi con tanta maestrìa le squisite porte del nostro duomo, le quali, checchè ne dica Schultz, costituiscono un monumento importantissimo da giustificare pienamente l’entusiasmo di Barbier de Montault.

Escluso che esse possano essere opera di Oderisio Beneventano, in mancanza di qualsiasi altro documento, devesi ritenere che esse sieno opera di artisti greci, come ci è stato tramandato per tradizione orale che le ritiene eseguite a Costantinopoli, tradizione che Lenormant non volle accettare per volerle attribuire ad Oderisio.

In quale epoca furono esse fuse? Mancando qualsiasi notizia sul riguardo, sembra più probabile riferirle al tempo dell’Arcivescovo Ruggiero tra la fine del XII.° e il principio del XIII.° secolo; imperocchè non si sa che altro Arcivescovo abbia speso più di lui per la nostra cattedrale. Se a lui si deve la facciata del nostro maggior tempio, puossi con molta probabilità attribuirgli anche l’acquisto di queste porte monumentali.

Ho riferito che Barbier de Montault stimò che i tre pezzi di cornice o finimento dei quadri 66 e 68, di disegno, stile e tecnica assai più perfetti della nostra porta di bronzo, sieno stati i primitivi di tutta la porta, ed opera di Oderisio. Quale non [p. 443 modifica]

Tav. LXII.


Ambone destro nella Cattedrale di Benevento

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sarà la meraviglia ora paragonando un lavoro così squisito ai rozzi bastoni prismatici che incorniciano i quadri delle porte di Troia?

Orsini, come ho accennato, fece restaurare questa porta nel 1693, e la prova si ha, oltre che nel citato documento estratto dall’Archivio Arcivescovile, dalla iscrizione che si legge incisa nei quadro 33.°, e che è la seguente:

RESTAVRATA MENS SEPTEB. A. D.
MDCXCIII A CARDINALI VRSINO
ARCHIEPO. POST CONC. PROVLE
AB EO HABITVM MENS. APRILI.

Note

  1. In questo rettangolo è incisa l’iscrizione del restauro fatto da Orsini.
  2. M. X. Barbier de Montault (Les portes de bronze de Bénévent, pag. 16 e 17) avverte che Ciampini (Ioan. Vetera Monumenta, etc. in 3 volumi, Romae, MDCXCIV, pars secunda, pag. 24 e seg.) ha preso un errore, ritenendo che questo quadro rappresentasse invece l’apparizione di Gesù a Maria Maddalena. E veramento Ciampini, come egli stesso dichiara, non vide le nostre porte che nei disegni che gli rimise l’Arcivescovo Orsini.
  3. Op. cit.
  4. Op. cit. pag. 69.
  5. Op. cit. pag. 26.
  6. Gazette des Beaux arts 2eme periode, Tav. XXII, pag. 209, 210.
  7. Dal Vol. I. degli atti della S. Visita di Orsini, pag. 30, ove si parla della visita della basilica di S. Bartolomeo avvenuta il 6 Dicembre 1687, cioè l’anno innanzi del celebre tremuoto.
  8. Memor. Cronol. cit. pag. 95 e 96.
  9. Op. cit. pag. 32.
  10. Il Ducato equivaleva a L. 4,25.
  11. Mem. Cron. cit. pag. 106 e seg.
  12. Op. cit Capo V, pag. 24.
  13. Alter antiq. etc. pag. 6, 7, 8.
  14. Op. cit. parte I. pag. 313.
  15. Egli è stato in corrispondenza epistolare dalla Francia con l’autore di quest’opera, cui mandò in regalo una copia di questa preziosa monografia.
  16. Pag. 26 e 27.
  17. Pag. 43.