Il Conte di Carmagnola/Atto quinto/Scena V

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Atto quinto - Scena quinta

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Atto quinto - Scena IV


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SCENA V.

ANTONIETTA, MATILDE, GONZAGA e il CONTE.

antonietta.


                                   Mio sposo!...

matilde.


                                                            Oh padre!

antonietta.


Così ritorni a noi? questo è il momento
Bramato tanto?...

il conte.


                              O misere, sa il cielo
Che per voi sole ei m’è tremendo. Avvezzo
Io son da lungo a contemplar la morte,
E ad aspettarla. Ah! sol per voi bisogno
Ho di coraggio; e voi, voi non vorrete
Tormelo, è vero? Allor che Dio sui boni
Fa cader la sventura, ei dona ancora
Il cor di sostenerla. Ah! pari il vostro
Alla sventura or sia. Godiam di questo
Abbracciamento: è un don del cielo anch’esso.
Figlia, tu piangi! e tu, consorte!... Ah! quando
Ti feci mia, sereni i giorni tuoi
Scorreano in pace; io ti chiamai compagna

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Del mio tristo destin: questo pensiero
M’avvelena il morir. Deh ch’io non veda
Quanto per me sei sventurata!

antonietta.


                                                       O sposo
De’ miei bei dì, tu che li festi; il core
Vedimi; io moio di dolor; ma pure
Bramar non posso di non esser tua.

il conte.


Sposa, il sapea quel che in te perdo; ed ora
Non far che troppo il senta.

matilde.


                                                  Oh gli omicidi!

il conte.


No, mia dolce Matilde; il tristo grido
Della vendetta e del rancor non sorga
Dall’innocente animo tuo, non turbi
Quest’istanti: son sacri. Il torto è grande;
Ma perdona, e vedrai che in mezzo ai mali
Un’alta gioia anco riman. La morte!
Il più crudel nemico altro non puote
Che accelerarla. Oh! gli uomini non hanno
Inventata la morte: ella saria
Rabbiosa, insopportabile: dal cielo
Essa ci viene; e l’accompagna il cielo
Con tal conforto, che nè dar nè torre
Gli uomini ponno. O sposa, o figlia, udite
Le mie parole estreme: amare, il vedo,
Vi piombano sul cor; ma un giorno avrete
Qualche dolcezza a rammentarle insieme.
Tu, sposa, vivi; il dolor vinci, e vivi;
Questa infelice orba non sia del tutto.
Fuggi da questa terra, e tosto ai tuoi
La riconduci: ella è lor sangue; ad essi
Fosti sì cara un dì! Consorte poi
Del lor nemico, il fosti men: le crude
Ire di Stato avversi fean gran tempo
De’ Carmagnola e de’ Visconti il nome.
Ma tu riedi infelice; il tristo oggetto
Dell’odio è tolto: è un gran pacier la morte.
E tu, tenero fior, tu che tra l’armi
A rallegrare il mio pensier venivi,
Tu chini il capo: oh! la tempesta rugge
Sopra di te! tu tremi, ed al singulto
Più non regge il tuo sen; sento sul petto
Le tuo infocate lagrime cadermi;

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E tergerle non posso: a me tu sembri
Chieder pietà, Matilde: ah! nulla il padre
Può far per te; ma pei diserti in cielo
C’è un Padre, il sai. Confida in esso, e vivi
A dì tranquilli se non lieti: ei certo
Te li prepara. Ah! perchè mai versato
Tutto il torrente dell’angoscia avria
Sul tuo mattin se non serbasse al resto
Tutta la sua pietà? Vivi, e consola
Questa dolente madre. Oh ch’ella un giorno
A un degno sposo ti conduca in braccio!
Gonzaga, io t’offro questa man che spesso
Stringesti il dì della battaglia, e quando
Dubbi eravam di rivederci a sera.
Vuoi tu stringerla ancora, e la tua fede
Darmi che scorta e difensor sarai
Di queste donne, fin che sian rendute
Ai lor congiunti?

gonzaga.


                              Io tel prometto.

il conte.


                                                            Or sono
Contento. E quindi, se tu riedi al campo,
Saluta i miei fratelli, e di lor ch’io
Moio innocente: testimon tu fosti
Dell’opre mie, de’ miei pensieri, e il sai.
Dì lor che il brando io non macchiai con l’onta
D’un tradimento: io nol macchiai: son io
Tradito. E quando squilleran le trombe,
Quando l’insegne agiteransi al vento,
Dona un pensiero al tuo compagno antico.
E il dì che segue la battaglia, quando
Sul campo della strage il sacerdote,
Tra il suon lugubre, alzi le palme, offrendo
Il sacrifizio per gli estinti al cielo,
Ricordivi di me, che anch’io credea
Morir sul campo.

antonietta.


                              Oh Dio, pietà di noi!

il conte.


Sposa, Matilde, ormai vicina è l’ora;
Convien lasciarci.... addio.

matilde.


                                                  No, padre...

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il conte.


                                                                      Ancora
Una volta venite a questo seno;
E per pietà partite.

antonietta.


                                        Ah no! dovranno
Staccarci a forza.

(si sente uno strepito d’armati)



matilde.


                              Oh qual fragor!

antonietta.


                                                            Gran Dio!

(s’apre la porta di mezzo, e s’affacciano genti armate; il capo
di esse s’avanza verso il conte: le due donne cadono svenute)



il conte.


O Dio pietoso, tu le involi a questo
Crudel momento; io ti ringrazio. Amico,
Tu le soccorri, a questo infausto loco
Le togli; e quando rivedran la luce
Dì lor... che nulla da temer più resta.