Il Dio dei viventi/XXI

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Parte XXI

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Certo era intelligente, Salvatore: a dieci anni si sentiva già superiore a Zebedeo e lo considerava con compatimento: ma in fondo sentiva un vago terrore di lui perchè lo credeva colpevole: non lo odiava, non calcolava materialmente il danno che gli veniva fatto, con una fiducia superba nel suo valore di ragazzo studioso che sarebbe andato avanti da sè; ma quell’uomo torvo dalla figura diabolica rappresentava per lui un mistero che lo rattristava nella profondità del suo essere, una forza alla quale solo Dio può resistere: rappresentava il male.

Eppure, nel sentirlo parlare come parlava, [p. 103 modifica]ora propenso a crederlo innocente; no, non aveva distrutto il testamento, come la madre affermava; e questo pensiero e le affermazioni di Zebedeo che nel mondo non esiste poi tanto male gli davano un senso di gioia.

La madre però vigilava; sentiva ciò che passava nell’anima del ragazzo e di tanto in tanto lasciava cadere nel discorso qualche parola che distruggeva l’effetto di quelle di Zebedeo. Non accennava mai all’eredità, evitando anche di nominare il povero Basilio che ella pareva non ricordasse più: ma l’uomo non si illudeva: Basilio era sempre lì, presente, e parlava con la voce di lei.