Il Fiore delle Perle/3. La fuga

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3. La fuga

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Capitolo III

La fuga

I due chinesi ed il malese si erano slanciati verso la giovanetta credendo che quella notizia, la quale doveva essere stata tremenda per lei, l’avesse uccisa, ma prima ancora che le loro mani l’avessero toccata, Than-Kiù, con uno sforzo supremo di cui ella sola poteva essere capace, si era risollevata, mormorando con voce semispenta:

— No... Than-Kiù è forte!... —

Poi guardando Sheu-Kin, disse:

— Parla... parla... narrami tutto!... Ah!... L’aveva sognata la catastrofe!... È morto?...

— No, Than-Kiù — rispose il chinese. [p. 16 modifica]

— Tu vuoi ingannarmi... perchè non dirmi tutta la verità?... Non l’ho più veduto nel sogno, dopo che le onde coprivano la cannoniera... Sventura!... Sventura!... Egli lo sapeva di essere fatale a tutti!...

— Calmati, Than-Kiù; forse egli non è ancora morto.

— Non lo è... forse?... È una speranza che tu cerchi d’infiltrare nel mio cuore e che forse non esiste?...

— Sheu-Kin ha detto il vero, — dissero Hong e Pram-Li, che fino allora erano rimasti silenziosi.

— Ebbene, narratemi tutto quanto sapete, — disse la giovanetta, con esaltazione.

— Quello che finora si sa, — riprese Sheu-Kin, — è che la cannoniera si è arenata sulle spiagge orientali della grande isola di Mindanao, presso un fiume, a quanto sembra. Una nave proveniente dalle Sulù e giunta a Manilla tre giorni or sono, ha recata la notizia di aver trovato, a circa venti miglia dalla costa, quasi di fronte alla punta Tapian, a 7° 05’ di latitudine Nord e a 130° 2’ di longitudine Ovest, un pezzo di fasciame sul quale si leggevano queste parole: Concha-Manilla. Non si chiamava così la cannoniera sulla quale si era imbarcato o meglio era stato imbarcato Romero?...

— Sì, — rispose Than-Kiù, con voce soffocata.

— Aggiungerò che il governatore di Manilla ha fatto telegrafare a Dapitao per cercare d’avere maggiori notizie, ed ha potuto sapere che la cannoniera, dopo essersi arenata, era stata assalita dai pirati.

— E sono stati tutti massacrati? — chiese Than-Kiù, rabbrividendo.

— Forse i pirati non l’avranno osato, — disse Hong, — avendo essi una certa paura degli uomini bianchi, sebbene quei nativi siano crudeli e godano una fama sanguinaria.

— Ah!... Se fosse vero!... — esclamò la giovanetta.

— Cosa faresti? — chiese Hong, impallidendo.

— Andrei a salvarli.

— Chi, Romero e la donna bianca?...

— Sì, — rispose Than-Kiù, risolutamente.

— Ecco una generosità che si può chiamare una pazzia.

— Than-Kiù non scorda di essere stata salvata da Romero, — disse la giovanetta con nobile fierezza. — Romero era l’amico di Hang, ed io non lascerò nel pericolo un uomo che mio fratello amava come se fosse suo figlio.

— Sì, un uomo che ha abbandonata l’insurrezione per la donna bianca, — disse Hong con ironia.

— No, Hong, un uomo che ha combattuto fino all’ultimo istante per la libertà delle isole e che per salvare la mia vita era andato [p. imm1 modifica] [p. 17 modifica] a mettersi nelle mani dei suoi nemici, sacrificando la sua esistenza. No, tu non sai quanto era generoso Romero Ruiz e quanto avrebbe amato la fanciulla del paese del sole, se non avesse data la sua parola alla Perla di Manilla.

Egli ha salvato me ed io salverò lui dovessi morire nell’impresa.

— E salverai anche la donna bianca, la tua rivale.

— Ebbene, sia!... Forse che Romero, per strappare me dalle mani del colonnello spagnuolo che mi aveva catturata sulle rive del canale di Malabon, oltre la sua vita, non sacrificava l’amor suo per la Perla di Manilla?... Egli per me andava incontro alla morte, pur sapendo di essere amato dalla figlia del maggiore d’Alcazar.

— Ma cosa vuoi fare tu?...

— Andarlo a cercare.

— A Mindanao?...

— Sì, Hong.

— Tu!... Una fanciulla!...

— Questa fanciulla si chiama Than-Kiù e tu l’hai veduta come combatteva fra le file degl’insorti.

— È vero, tu sei più ardita d’un uomo, ma mi rincresce che tanto valore e tanta audacia vadano perduti per l’insurrezione e trovo strano che tu vada ad affrontare mille pericoli e mille disagi in quell’isola selvaggia, per cercare di salvare Romero e la donna che esso ama.

— Ti ho detto che Than-Kiù ha un debito sacro da pagare.

— Od è la speranza di rubare Romero alla donna bianca?...

— No, — mormorò la giovanetta, chiudendo gli occhi e crollando mestamente il capo.

— Io invece lo credo, Than-Kiù.

— No, — ripetè ella. — Romero è ormai perduto per me.

— Me lo giureresti? — chiese Hong, mentre nei suoi occhi brillava un lampo di speranza.

— Perchè strapparmi questo giuramento, Hong? — mormorò Than-Kiù, con un singhiozzo.

— Perchè l’amore per quell’uomo finirà coll’uccidere la più bella fanciulla del Fiume Giallo.

— Il tempo avrà allora rimarginata la ferita che ancora sanguina.

— Grazie, Than-Kiù, — disse Hong, con emozione.

— Perchè mi ringrazi, amico?...

— Lo saprai forse un giorno. Sei risoluta a partire?...

— Sì.

— Pensa Than-Kiù che un giorno rivedrai la Perla di Manilla felice, a fianco dell’uomo da te amato. [p. 18 modifica]

— Sarò forte quel giorno e preparata alla prova terribile.

— Quando partirai?...

— Appena Sheu-Kin e Pram-Li avranno trovata una nave in partenza per Mindanao.

— E credi tu, che gli spagnuoli ti permetteranno di lasciare tranquillamente Manilla?...

— Gli spagnuoli!... — esclamò la giovane chinese, impallidendo.

— Dimentichi tu che la sorella di Hang era una delle più fiere ribelli e che valeva più d’uno dei più famosi capi dell’insurrezione?...

— Essi ignorano che io sia viva ancora.

— Sanno invece che la ferita non è stata mortale.

— Nessuno mi ha veduta venire qui.

— T’inganni: guarda!... —

Il capo del Giglio d’acqua aveva aperte lentamente le tende, che Sheu-Kin aveva abbassate ed aveva indicato il molo di Binondo.

Than-Kiù, spinta dalla curiosità, si curvò sul davanzale e vide, fermi dinanzi alla casa, due uomini che riconobbe subito per due gendarmi.

— Spiata!... — mormorò, ritirandosi prontamente. — Grande Budda!... Non bastava loro d’avermi quasi uccisa!...

— Sì, sei sorvegliata, — disse Hong, — e questi uomini non attendono altro che tu sia guarita per arrestarti, processarti e condannarti alla deportazione alle isole Marianne, o alle Caroline od a Yolo.

— Io fuggirò prima che mi arrestino.

— Te lo impediranno.

— Cosa mi consigli di fare?...

— Lasciarti arrestare.

— E poi?...

— Penserà il Giglio d’acqua a salvarti.

— In quale modo?...

— Lo saprai più tardi, ma io metterò una condizione.

— Quale?...

— Che tu rinunci a Romero e che tu riprenda le armi nelle file degli insorti.

— No, Hong; non mi strapperai mai questa promessa.

— Allora ti arresteranno.

— Fuggirò.

— Lo vedremo. —

Hong si era alzato e si era rimesso in capo l’ampio cappello di fibre di rotang, come se si preparasse ad uscire, ma dopo d’aver fatto due passi verso la porta, si volse verso Than-Kiù, dicendo:

— Sei proprio decisa ad imbarcarti?... [p. 19 modifica]

— Sì, Hong — rispose la giovanetta, con suprema energia.

— E cosa pensi del Giglio d’acqua?...

— Pensavo che mio fratello, dopo d’esser stato il capo delle società segrete, dopo d’aver sparso il proprio sangue per la libertà delle isole e di essere morto da eroe, non ha più nessun amico fra i suoi compatrioti, fuorchè Sheu-Kin. —

Hong era ritornato verso Than-Kiù.

— Ho voluto tentarti fino all’ultimo, — le disse, — ma vedo che tu sei irremovibile e sempre generosa. No, Than-Kiù, il Giglio d’acqua non abbandona i suoi affiliati nel momento del pericolo ed Hong conta sempre numerosi amici. La valorosa Than-Kiù avrà ancora la protezione della società e può vivere tranquilla.

Gli spagnuoli vegliano su di te, ma anche i membri del Giglio d’acqua e del Loto bianco vegliano: se essi attendono il momento opportuno per arrestarti, noi aspettiamo il buon momento per salvarti. Ne vuoi una prova?... Guarda! —

Spense la grande lanterna di talco che illuminava la stanza e che Pram-Li da alcuni minuti aveva accesa, staccò dalla parete uno di quei meravigliosi specchi la cui fabbricazione è anche oggidì un segreto conosciuto solamente dai chinesi e dai giapponesi, composto d’un metallo lucentissimo che pare abbia la proprietà inesplicabile di godere la trasparenza del cristallo, perchè proietta sui muri, allorchè è illuminato, le figure a rilievo che si vedono sul di dietro, e s’avvicinò alla finestra.

La luna si era alzata allora sopra le creste della Sierra e splendeva purissima in un cielo senza nubi, proiettando la sua pallida luce sul molo di Binondo e sulla candida casetta di Than-Kiù, dal tetto a punte arcuate ed a tegole di porcellana gialla.

Hong guardò la baia e indicò a Than-Kiù, che gli stava dietro, una scialuppa che vogava lentamente sui flutti d’argento, a tre o quattrocento passi dal molo.

— Sta’ attenta, — mormorò.

Espose lo specchio alla luna e lo fece scintillare tre volte, mandando in alto un raggio di luce così nitida, così viva, che pareva un piccolo fascio di luce elettrica.

Un istante dopo sulla scialuppa si videro alzarsi dei piccoli razzi, i quali producevano dei crepitìi così acuti, da udirsi fino alla gettata ed anche più oltre. Gli uomini che la montavano bruciavano degli p’ ao chu, ossia quei razzi crepitanti che sono così cari ai chinesi, poichè ricordano loro lo scoppiettìo dei bambù verdi che usavano bruciare i loro antenati quando volevano scacciare gli spiriti maligni.

— Hai veduto? — chiese Hong. [p. 20 modifica]

— Sì, — rispose Than-Kiù, stupita. — Tu hai fatto un segnale e gli uomini della scialuppa hanno risposto.

— E senza che gli spagnuoli che vegliano dinanzi alla tua casa si siano accorti di nulla.

— Lo credo; e chi sono quegli uomini?...

— Otto membri del Giglio d’acqua, d’un coraggio provato e armati fino ai denti, pronti a farsi uccidere per salvare la sorella di Hang-Tu. Puoi affrontare la lotta?

— Cosa vuoi dire?...

— Se tu dovessi fuggire per evitare un inseguimento, saresti capace di farlo e di adoperare la rivoltella per difenderti?...

— Sono pronta a tutto.

— E le tue forze?...

— Non temere: sono forte e decisa a tutto.

— E poi ci siamo noi, — dissero Sheu-Kin e Pram-Li.

— Allora agiamo senza perdere tempo. Forse la polizia ha saputo che tu sei guarita e domani potrebbe essere troppo tardi per salvarti.

— E che cosa faranno i tuoi uomini? — chiese Than-Kiù.

— Lo vedrai, — rispose Hong, con un sorriso. — Ero qui venuto per farti fuggire, poichè il Giglio d’acqua aveva saputo che le autorità spagnuole avevano deciso il tuo arresto. Questo è stato lo scopo principale della mia visita improvvisa, in un’ora così insolita. —

Si riaccostò alla finestra con lo specchio in mano e lo fece scintillare altre volte. Quasi subito si vide la scialuppa accostarsi alla gettata, poi si udì pure un vociare concitato, intercalato di bestemmie chinesi. Pareva che fra gli uomini che montavano l’imbarcazione fosse scoppiata una violenta disputa.

— Cosa vuol dire ciò? — chiese Than-Kiù, con inquietudine.

— Ciò significa che i nostri uomini si preparano ad aiutare la tua fuga, — rispose Hong, con aria misteriosa.

— Non odi che altercano fra di loro?...

— E quando saranno a terra leveranno dalle cinture i coltelli e minacceranno di scucirsi il ventre a vicenda, ma saranno le guardie che correranno il pericolo di provare la buona tempra di quelle lame. Hai dei gioielli da raccogliere?... Affrettati, poichè fra pochi minuti noi lasceremo per sempre questa casa.

— Ho rinchiuso tutto in una cassetta, gioielli e valori, tuttociò che Hang ha potuto salvare dalla confisca dei suoi beni. —

Il capo della società del Giglio d’acqua si levò dalla cintola una rivoltella e la porse a Than-Kiù, dicendole:

— Tieni: può esserti utile. —

Intanto, verso la gettata, le grida degli uomini che montavano la [p. 21 modifica] scialuppa diventavano più acute. S’insultavano reciprocamente, minacciavano di accoltellarsi e sbattevano furiosamente i remi sui bordi dell’imbarcazione.

Le due guardie che vegliavano dinanzi la casa di Than-Kiù, attirate da quel fracasso, si erano un po’ allontanate per vedere di cosa si trattava.

— Presto, — disse Hong, che non aveva lasciata la finestra. — Sei pronta, Than-Kiù?...

— Eccomi, — rispose la giovanetta, gettandosi sulle spalle un mantello di grossa seta bianca adorno di fiocchi.

— I miei uomini cominciano il giuoco. Se nessun’altra guardia o soldato accorre, fra un quarto d’ora noi saremo tutti al sicuro. —

I fidi amici del chinese erano sbarcati sul molo e strepitavano a piena gola. Erano otto, parte chinesi e parte tagali e parevano pronti a venire alle mani e fors’anche a ricorrere alle armi che scintillavano nelle loro cinture.

— A noi ladri! — urlavano i chinesi, alzando i pugni.

— Gettiamo in acqua queste canaglie, — vociavano i tagali.

— Andrete voi in acqua! — rispondevano i primi.

— A te, prendi! — gridò ad un tratto un chinese.

Con un rapido gesto aveva afferrato un tagalo per la gola e l’aveva gettato sconciamente a terra. I compagni del caduto estrassero i kriss e s’avventarono sui coduti figli del celeste impero, i quali avevano pure impugnati i coltelli. Le due guardie, vedendo scintillare le armi, avevano attraversata velocemente la gettata, slanciandosi in mezzo ai rissanti.

D’improvviso però la scena cambiò. I quattro chinesi ed i quattro tagali, che un momento prima pareva fossero in procinto di scannarsi, con un accordo ammirabile si scagliarono sui rappresentanti della legge e prima che questi, stupiti per simile assalto, potessero prendere le armi, si trovarono a terra ben legati e bene imbavagliati.

Quando furono ridotti all’impotenza, gli otto membri del Giglio d’acqua li afferrarono, li sollevarono e li deposero nella scialuppa, dicendo loro, con voce ironica:

— Buon viaggio!... —

Poi con una vigorosa scossa spinsero al largo l’imbarcazione, la quale, trascinata dal riflusso, s’allontanò dalla gettata, filando verso l’uscita dalla baia.

Hong, che fino allora era rimasto alla finestra, prese Than-Kiù per una mano e la trasse rapidamente verso la porta, dicendo:

— Affrettiamoci prima che giungano altri soldati. Le due guardie, per ora, non ci impediranno l’uscita. —