Il Negromante/Prologo primo

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Prologo primo

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Il Negromante Prologo secondo
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PROLOGO

COMPOSTO PER LA RAPPRESENTAZIONE FATTA IN ROMA.1


Più non vi paja udir cosa impossibile
Se detto vi sarà che i sassi e gli alberi,
Di contrada in contrada, Orféo seguivano;
Nè vi paja gran fatto se già Apolline
Ed Anfïon montar le pietre fecero
Addosso l’una a l’altra, come montano
Li galli le galline, e se ne cinsero
Tebe di mura e la città di Priamo:
Poi che vedeste in cameval preterito,
Che Ferrara, con le sue case e regii
Tetti, e lochi privati e sacri e pubblici,

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Se n’era sin qui in Roma venuta integra;
E questo dì Cremona vedete esserci
Venuta a mezzo il verno, per difficile
Strada, piena di fanghi e di monti asperi.
Nè vi crediate già che la necessiti
A venir, che si voglia d’omicidii,
Di voti di tai cose far assolvere;
Perchè non n’ha bisogno; e quando avuto lo
Avesse, aría sperato che ’l pontefice
Liberal le averebbe l’indulgenzia
Fatta mandar fino a casa, plenaria;
E se pur non in dono, per un prezio
Che più costan qui al maggio le carciofole:2
Ma vien sol per conoscer in presenzia,
Vedere e contemplar con gli occhi proprii
Quel che portato le ha la fama celebre,
De la bontade, del candor de l’animo,
De la religïon, de la prudenzia,
De l’alta cortesia, del splendor inclito,
De la somma virtù di Leon decimo.
E perch’ella non v’abbia meno ad essere
Grata che fusse Ferrara e piacevole,
Non è venuta senza una Commedia
Tutta nuova, la qual vuol che si nomini
Il Negromante, e ch’oggi a voi si reciti.
Or non vi parrà più tanto mirabile
Che Cremona sia qui, chè già giudizio
Fate che ’l negromante de la fabula
L’abbia fatta portar per l’aria ai diavoli:
Ma quando anche così fosse, miracolo
Saría però. Questa nuova Commedia
Dicevi averla avuta dal medesimo
Autor da cui Ferrara ebbe i Suppositi.
Mo’, se non vi parrà d’udire il proprio
E consüeto idioma del suo popolo,
Avete da pensar ch’alcun vocabolo
Passando udì a Bologna, dove è Studio;

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Il qual gli piacque e lo tenne a memoria:
A Fiorenza ed a Siena poi diede opera,
E per tutta Toscana, a l’eleganzia
Quanto potè più; ma in sì breve termine,
Tanto appreso non ha, che la pronunzia
Lombarda possa totalmente ascondere.3
Or, se la sua Commedia con silenzio
Udirete, vi spera dar materia.
Quanta vi désse Ferrara, da ridere.


Note

  1. Vedasi tra le Lettere del nostro autore, quella diretta a papa Leone X, in data dei 16 gennajo 1520. Dalla medesima si raccoglie, che già dieci anni prima messer Lodovico aveva concepito il disegno di questa Commedia, e condóttone forsanche la maggior parte. Questo Prologo, non senza danno della biografia ariostesca, ed altri che già facemmo osservare, era stato omesso da tutti i moderni editori. Il Barotti avvertì di averlo tratto dall’edizione che il Bindoni e Pasini avean fatta del Negromante, in Venezia, nel 1535.
  2. Parrà, ne’ giorni nostri, quasi incredibile questa pungente ironía, mescolata con le lodi che poco appresso si dànno a Leone X. Il lettore curioso potrà consultare a questo proposito anche la st. 33 del Canto IV del Rinaldo ardito. Di carciofola invece di Carciofo, è esempio anche nella Cassaria in versi, att. II, sc. 5 (pag. 141).
  3. Sopra questo passo, non che di ricordo ma di meditazione degnissimo, ci accadde richiamare altre volte l’attenzione dei leggitori (Vedasi a pag. 383 del Tomo I). Ora ci gode l’animo, se invece di cacciar di luogo o velare ipocritamente i lombardismi che veramente si trovano nell’Ariosto, lasciandoli sussistere e facendoli ancora secondo i casi osservare, ci siamo conformati al giudizio che di sè pronunziava quel sì stupendo scrittore.