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Il Sofista e l'Uomo politico/Il Sofista/XXIII

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Il Sofista - XXIII

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Platone - Il Sofista e l'Uomo politico (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Giuseppe Fraccaroli (1911)
Il Sofista - XXIII
Il Sofista - XXII Il Sofista - XXIV
[p. 155 modifica]

XXIII.


For. Ed ora, su via, è già nostro impegno di Bnon lasciar più fuggire la fiera: perocchè l’abbiamo forse circondata in uno di quei calappi che i discorsi apprestano in questi casi, così che da questo essa non ci scapperà certo più.

Teet. Quale calappio?

For. Ch’egli non sia forse uno qualunque della specie dei giocolieri.

Teet. Questo pare anche a me.

For. È inteso dunque che si deve dividere al più presto l’arte di fare immagini, e digradando1 per questa divisione, qualora il sofista [p. 156 modifica]ci attenda lì subito, mettergli anche sopra le mani, come il discorso regio2 prescrive, Cconsegnarlo ad esso, e dichiarargli la preda. Che se poi egli continui a nascondersi per entro alle specie dell’arte imitativa, gli si tenga dietro, continuando a dividere di volta in volta quella sezione che lo accoglie, fin tanto che possa esser preso. Assolutamente nè questi nè alcun’altra specie potrà mai vantarsi di sfuggire all’indagine di chi sappia investigare così e partitamente e complessivamente.

Teet. Dici bene, e questo si ha a fare in questo modo.

For. Ora seguendo il precedente modo di dividere pare a me di vedere anche qui due specie Ddi arte imitativa; ma la figura che andiamo cercando, in quale delle due abbia a trovarsi, non mi pare ancora di esser capace di discernere.

Teet. Tu però dimmi prima quali sono queste due che dici, e dividile.

For. L’una ch’io vedo è l’arte del copiare3. [p. 157 modifica]E questa si ha sopra tutto quando uno eseguisca l’opera dell’imitazione secondo le proporzioni in lunghezza, larghezza ed altezza del suo esemplare, Eaggiungendovi anche i colori a ciascuna cosa appropriati.

Teet. Come mai? Ma non tentano di far questo tutti gli imitatori?

For. Non già quanti plasmano o dipingono delle cose grandi. Perocchè se applicassero la 236vera proporzione delle membra4, vedi bene che le parti superiori apparirebbero più piccole del giusto e le inferiori più grandi, per esser viste da noi quelle da lontano, queste da vicino.

Teet. Certamente.

For. O non è vero dunque che, lasciata andare la verità, gli artefici applicano alle loro immagini non già le proporzioni reali ma quelle che pajono esser belle?

Teet. Precisamente.

[p. 158 modifica]For. Non è dunque giusto che quella di prima, essendo una riproduzione, si chiami copia?

Teet. Sì.

BFor. E la parte dell’arte imitativa che fa ciò si chiamerà, come abbiamo detto prima, arte del copiare.

Teet. Si chiamerà.

For. E che? Ciò che per esser visto non dal punto buono5 pare che riproduca una bella cosa, ma, se uno si mettesse in grado le opere così grandi di vederle acconciamente, non sarebbe affatto simile a ciò che vuol riprodurre, 〈questo〉 come lo chiamiamo? Poichè pare bensì 〈che riproduca〉, ma non riproduce, non lo chiameremo parvenza?

Teet. Perchè no?

For. E non è molto abbondante questa specie, sia nella pittura, sia in tutta quanta l’arte Cimitativa?

Teet. Come no?

For. E l’arte che eseguisce parvenze e non immagini, non la potremo chiamar benissimo fantastica?

Teet. Con molta ragione.

For. Queste pertanto sono le due specie che dicevo dell’arte delle immagini, l’arte del copiare e la fantastica.

[p. 159 modifica]Teet. Benissimo.

For. Ma per altro ciò di cui anche allora era incerto, in quale delle due sia da porre il sofista, non posso neanche ora vederlo chiaramente; e davvero che questo è un uomo meraviglioso e difficilissimo da riconoscere, poichè anche ora bellamente e bravamente si è rifugiato dentro Dad una specie che non si sa come fare a investigare.

Teet. Si vede.

For. Ma mi assenti tu perchè sia persuaso, o è come un dirizzone che, per l’abito acquisito con questo nostro discorso, ti ha tratto ad assentire anche adesso?

Teet. Come e per che scopo hai detto questo?

Note

  1. καταβάντας = discendendo gradatamente dal genere alla specie. Si badi che l’arte imitativa (μιμητική), di cui si parlerà tosto, è la stessa dell’arte delle immagini.
  2. Qui si allude all’ordine che dava il re di Persia quando voleva assoggettare del tutto un paese, ed è descritto, tra gli altri, da Erodoto VI. 31. I soldati si disponevano intorno, sulla spiaggia se era un’isola, e si pigliavano per mano stringendo insieme sempre più il circolo, per poter riferire al re che non ne era scappato nessuno. Cfr. Menex. p. 240 BC, Legg. III p. 698 D. L’espressione scelta discorso regio (λόγος, non ἐπίταγμα o simile), dice chiaro che esso è la ragione, la quale deve poi giudicare in via assoluta.
  3. La εἰκαστική altri la intende per l’arte del ritrarre, e per ritratto rendono l’εἰκόνα di p. 236 A. Ma poichè nel ritratto sono ammesse le alterazioni di misura che qui saranno espressamente escluse, mi pare che copia e copiare corrispondano con maggiore approssimazione.
  4. εἰ γὰρ ἀποδιδοῖεν τὴν τῶν καλῶν ἀληθινὴν συμμετρίαν. Sebbene accettato dal Burnet e difeso dall’Apelt, καλῶν dei codici non ha senso, e perciò ho accettato come certa la congettura del Badham κώλων. H. Mueller, men bene, propose μεγάλων. Non si ha da trascurar di notare che qui c’è già un’insigne modificazione della teorica dell’arte quale era stata fissata nel decimo della Repubblica: l’alterazione delle proporzioni che qui si ammette, dà dell’arte subito un concetto diverso da quello di imitazione pedissequa di modelli naturali.
  5. Proprio l’opposto di ciò che diremmo noi: per noi il punto buono da veder l’opera d’arte è quello in cui essa pare secondo le intenzioni dell’artista; per Platone, che bada alla verità scientifica, è quello dal quale si vede come essa è.