Il buon cuore - Anno X, n. 05 - 28 gennaio 1911/Religione

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Educazione ed Istruzione Società Amici del bene

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Valgo della domenica quarta dopo l’Epifania



Testo del Vangelo.

In quel tempo disse il Signore Gesù a Nicodemo: Iddio ha talmente amato il mondo, che ha dato il Figliuol suo Unigenito, affinchè chiunque in lui crede, non perisca, ma abbia la vita eterna. Perciocchè non ha Dio mandato il Figliuol suo al mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo per mezzo suo sia salvo. Chi crede in lui, non è condannato, ma chi non crede in lui è condannato, perché non crede nel nome dell’Unigenito Figliuol di Dio. E la condanna sta in questo: che venne al mondo la luce e gli uomini amarono meglio le tenebre che la luce: perché le opere loro erano malvagie; imperocchè chi fa il male, odia la luce e non si accosta alla luce, affinchè non vengano riprese le opere sue. Chi poi opera secondo la verità, si accosta alla luce, acciocchè si manifestino le opere sue, che sono fatte secondo Dio.

S. GIOVANNI, Cap. 3.


Pensieri.

«È venuta al mondo la luce, e gli uomini amarono le tenebre meglio della luce, perché le opere loro erano malvagie».

La guerra alla luce viene dalla malvagità: coloro che muovono guerra allo splendore del vero e del bene sono i malvagi! Chi opprime e denigra i banditori della verità, la luce migliore che sia data agli uomini godere; sono i cattivi!

La parola del quarto Vangelo mi riempie di esultanza ed io vorrei ricordarla a tutti coloro che, per la luce appunto che essi sanno diffondere, vedono contro di essi appuntati gli strali della malvagità! Gioite, vorrei dir loro, d’aver tali nemici, la loro ira contro di voi è testimonianza della eccellenza vostra. E, guardate, mentre voi state sereni, sicuri in mezzo a qualsiasi tempesta, guardate con pietà ad essi che invocan le tenebre per coprire i loro disegni di male, per nascondere le opere loro, per gabellarsi agnelli, mentre son lupi rapaci!

Oh, la luce del vero dà la massima beatitudine possibile ad un’anima umana e la più perfetta letizia ma se qualcosa può ancora farla maggiormente apprezzare è la visione misera e nera dei figli delle tenebre!

[p. 39 modifica]«Chi opera la verità s’accosta alla luce, affinchè si rendano manifeste le opere sue».

I buoni amano la luce: essi nulla hanno da occultare, non temono che non solo le opere loro, ma anche l’intimo della loro coscienza venga illuminato e conosciuto.....

I buoni amano la luce del vero, non ne hanno paura, essi l’adorano, anzi, e ne sono santamente sitibondi.

Più si sa e meglio si opera, più si vede e più si può andare lontano..... I cuori puri, le menti aperte implorano sempre più luce per poter fare sempre più del bene.... essi la sospirano come il viandante assetato sospira una limpida fonte; essi a rei si volgono come i fiori si piegano verso la luce che li nutre e li colora; essi l’accolgono riverenti e docili quale la migliore e più piena manifestazione della divinità. Non son molte le anime così libere da pregiudizi e da interessi da poter accettare ed amare ogni forma di vero.... Ma quelle poche sono l’onore e il modello dell’umanità e formano la sua gloria più bella.

Chi opera la verità s’accosta alla luce.

La frase evangelica contiene un grande e profondo ammaestramento. Non chi aderisce alla verità, non chi la comprende, come si può aderire ad una opinione o comprendere un teorema di matematica, non solo chi accetta con l’intelletto la verità, ma chi la opera s’accosta alla luce.

Chi la opera: è la solenne parola che l’evangelista ha scritto: abbiam noi meditato bene che vuol dire: operare la verità? Vuol dire attuarla, vuol dire che non è tanto una teoria da apprendere, quanto una vita da vivere.

Tutti lo diciamo questo, ma che facciamo in realtà?

Noi esaltiamo la bellezza della sincerità, ad esempio, ma non mentiamo mai?

Noi predichiamo la generosità, ma come siam larghi di perdono a chi ci offende, di amore a chi ci odia, di soccorso a chi langue?....

Oh, mio Dio, mio Dio!....

La verità l’abbiam posta sì in alto che, quasi, non ha più influenza sulla nostra vita, mentre, il suo trono più sacro, dovrebbe averlo nel nostro cuore e la sua manifestazione più efficace nelle nostre opere.

Bisogna vivere la verità, non solo per non temere la luce, ma per averne sempre di più.... Ce lo dice la parola ispirata del quarto evangelista: vorrei a tutti lo potesse ripetere una personale esperienza!

E chi ha missione educatrice cerchi, questa esperienza, di provocare, d’affrettare negli educati: un bimbo imparerà di più a esser schietto, a esser temperante, cominciando ad attuare queste virtù, che non udendo mille prediche in proposito.

E un briciolo di santa gioia, dopo una pace rifatta, gli renderà più dolce la carità, che non le più commoventi parole.


ADELE STRAMBIO MARIETTI


Un altro lutto nella famiglia Strambio che già tanti ne ebbe a provare in quest’ultimo periodo di tempo. Venerdì, 22 corrente, moriva la signora Adele Strambio Marietti. Era vedova del cav. dott. Vincenzo Strambio, che la precedette nella tomba ora è quasi un anno. Vissero insieme fino alla più tarda età; essa aveva 84 anni, e altrettanti ne aveva, quando morì, il suo consorte.

Or sono sette anni, celebrarono insieme, nell’Oratorio dell’Istituto dei Ciechi, le nozze d’oro, come poco tempo prima le avevano celebrate il fratello Gaetano Strambio e la cognata Angela Cicognara. I tardi anni raggiunti erano indizio di un bene assai prezioso e invidiato, la pace e la serenità goduta in famiglia, fra i genitori e i figli.

La signora Adele, buona, gentile, fu compagna devota e affettuosa all’egregio uomo che l’aveva fatta sua, dividendo con lui tutte le aspirazioni e le compiacenze del periodo nel quale il dottor Strambio infaticabilmente lavorò pel bene del paese, come buon padre di famiglia, come integerrimo professionista, e stimato cittadino nella rappresentanza comunale.

Fu madre attenta e pia, nell’allevamento e nell’educazione dei figli, quattro figlie e un figlio. A questa corona si aggiunse poi la nuora Carla Marietti, colla nota gaia di due bambini, venuti a completare la precedente armonia.

La caratteristica della famiglia della signora Adele, ed essa vi portava il notevole contingente che in una famiglia ha la madre, era l’assieme bene contemperato di tutti i più nobili sentimenti, affetto, rispetto, fede, patriottismo.

La salute compromessa negli ultimi anni, dette occasione alla signora Adele di conoscere quanta riconoscenza quanto affetto avesse destato nel cuore di coloro che erano stati, e continuavano ad essere l’oggetto del suo amore e della sue cure. Le figlie, il figlio, la nuora, mettevano tutto il loro studio nel sollevarne le sofferenze e i sacrifici; e fu loro supremo conforto in questa assistenza prolungata e quasi eroica il poter dire: nulla fu da noi risparmiato perchè le sue sofferenze fossero più lievi, perchè il suo distacco fosse meno straziante.

Ella posava sul letto di morte, con atteggiamento del volto così calmo e sereno, che pareva dormisse: il Crocefisso era nelle sue mani: i fiori facevano graziosa corona intorno alla sua persona: cielo e terra sembravano unirsi nel destare una sola impressione; un’impressione formata di pace e di speranza.



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