Il buon cuore - Anno XI, n. 03 - 20 gennaio 1912/Educazione ed Istruzione

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Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XI, n. 03 - 20 gennaio 1912 Beneficenza

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Per la storia del femminismo

Giuseppe Lelio Arrighi ha in questi giorni dato alle stampe un suo libro La storia del Femminismo, stampato dalla Società Tipografica Cooperativa di Città di Castello, e edito da Attilio Razzolini di Firenze1 Non si può negare che, dato il conflitto moderno d’idee e di vedute tra femministi e antifemministi, in questi giorni in cui dai primi si vorrebbe concedere molto alla donna e dai secondi le si vorrebbe negare tutto, questo libro non assorga a una speciale importanza e non porti impressa una certa nota d’attualità per cui merita di essere letto e studiato.

L’Arrighi ha cercato di ricostruire sulla scorta di buoni documenti questa sua Storia, lumeggiando lo sviluppo storico della questione femminista; e invece di convalidare con osservazioni proprie le idee da altri ritenute le migliori in materia, ha cercato piuttosto di correggere quelli errori che oggi si sentono ripetere da tanti in ordine alla condizione delle donne nel passato, e di ricondurre le correnti del femminismo moderno alle loro vere sorgenti, perchè gli studiosi possano meglio orientarsi nello studio della grave questione, e formarsi così a traverso di un’esposizione confortata e sorretta da validi argomenti un’opinione propria a piacere, basandosi su quei resultati che offre sempre a tutti la storia veramente oggettiva dei fatti.

La questione femminista, piuttosto ardua e complessa, l’Autore la pone nei suoi giusti limiti. «Il femminismo — egli dice — è la questione circa il valore della donna rispetto all’uomo. La quale questione poi, se si voglia porre nettamente, si scinde in varie altre: La donna vale quanto l’ uomo? E’ psichicamente uguale all’uomo, ha le stesse attitudini o no, per cui deve compiere gli stessi precisi uffici dell’uomo, ed esplicare la sua attività in quella stessa orbita ove l’esplica l’uomo, o no? Quale deve essere l’educazione femminile?»

Ma siccome non si ferma soltanto qui il Femminismo, come si potrebbe a prima vista, ma implica anche l’attuazione di quelli usi, di quelle pratiche, di quei costumi e di quelle riforme che devono portare necessariamente ad un notevole miglioramento nelle condizioni della donna, l’Arrighi, distinguendo tra femminismo teorico e femminismo pratico, non si ferma a studiare la questione soltanto nell’800, o nei secoli precedenti, o nell’epoca della Rinascita, o nei tempi apostolici e di Gesù Cristo, ma risale invece ad età assai più remote, ed anzi queste prende come punto di partenza per continuare poi il suo studio e il suo esame sulla questione femminista a traverso i tempi e le generazioni fino all’età nostra.

Lo studio della donna nei poemi omerici presenta all’Autore l'occasione di rievocare le grandi figure di Nausicaa, Elena, Andromaca, Penelope e Clitennestra; come lo studio della donna a Sparta, ad Argo e negli altri paesi dorici gli dà motivo di diffondersi su quella venerazione di cui circondavano gli Spartani la donna, perchè in essa vedevano lo strumento atto a dare alla patria dei bravi soldati e degli onesti più che diritti. E anche le origini del matrimonio e della maternità come funzioni sociali, come doveri di ogni buon cittadino più che diritti. E anche le origini della meravigliosa concezione femminile di Pitagora, che chiama la donna a una vita intellettuale e politica, risentono dell’influenza della dottrina dei Dori. I Greci, o meglio gli Ateniesi, (perchè quando si parla di vita greca s’intende sempre parlare di vita ateniese), non ebbero davvero per la donna quella venerazione che avevan avuto gli Spartani, quella venerazione che le era negata anche per ragione dello stesso ordinamento sociale che la riguardava non come una persona, ma come una [p. 18 modifica] cosa; e soltanto Socrate, dopo aver esercitata mirabilmente la pazienza colla sua Santippe, quella perla di moglie passata alla storia come il prototipo di tutte le mogli tristi, ciarliere, irrequiete, prepotenti, vero tormento dei poveri mariti, dopo avere studiato così tanto da vicino l’anima femminile, poteva sollevare la donna dell’avvilimento in cui l’avevano gettata i costumi d’Atene. E in parte vi riuscì, proponendo dei rimedî e dettando delle dottrine, non esenti da difetti, specialmente in ordine alla verità scientifica e alla purezza del matrimonio; dottrine che verranno poi completate dal Cristianesimo, e che inu n ambiente come quello ateniese non potevano che generare una grande rivoluzione nelle idee e nei costumi.

Platone e Senofonte scolari di Socrate, seguono le orme del Maestro. Platone, da vero femminista, dimostra agli Ateniesi la importanza dell’opera della donna nello Stato, la necessità di toglierla dalla oscurità e dal silenzio del gineceo per darle una accurata educazione, per redimerla dall’ignoranza, mandandola nelle palestre e nelle scuole, perchè viva nello stesso ambiente intellettuale e morale dell’uomo, e perchè possa così portare anch’essa il suo contributo di bene alla città.

Senofonte invece, spirito eminentemente pratico, scrivendo in ordine alla donna, cerca di conciliare gli ammaestramenti di Sparta con gli ammaestramenti avuti da Socrate, e ritiene che, soltanto imitando Sparta, potrà Atene riconquistare la sua primitiva grandezza. E su questo proposito l’Arrighi riporta lo squisito episodio di Pantea, che si legge nella Ciropedia, per continuare poi la sua storia nel periodo della decadenza degli Stati Greci e l’insorgenza delle libertà private, da cui il femminismo trasse dei vantaggi, non per altro che per la parte data alle donne dall’Epicureismo e dallo Stoicismo.

Parlando dell’Epicureismo Arrighi osserva giustamente la necessità di spogliarsi dell’opinione comune, basata su antichissime tradizioni e accolta anche da Orazio e da Dante, secondo la quale l’Epicureismo sarebbe la sensualità più volgare e più bassa eretta a sistema; mentre parlando dello Stoicismo afferma che per gli Stoici l’amore doveva essere cosa della ragione, non degli affetti, e appunto in forza di questo principio essi combatterono i vizi a cui si era abbandonata la gioventù ateniese, nella donna videro la compagna degna dell’uomo, nel matrimonio palestra di virtù, e la loro dottrina suscitò delle figure immortali di donne che seppero emulare gli uomini per costanza, energia e nobiltà d’animo.

Siamo giunti così al femminismo in Roma. E qui l’Autore dopo avere mostrata la condizione della donna romana del buon tempo antico, sotto l’aspetto giuridico e morale, viene a parlare del decadimento che a poco a poco si ebbe in fatto di costumi come conseguenza del decadimento del principio religioso, enumera le cause principali di questa corruzione femminile, come l’abrogazione della legge Appia, il lusso, l’Epicureismo che fece più danno in Roma che in Atene per la falsa concezione che aveva dell’amore e della famiglia; e mostra come invano tentassero giuristi e filosofi di porre un riparo a tanto male dal momento che il cattivo esempio veniva dall’alto, e che le stesse donne dei Cesari il più delle volte non furono davvero un modello di costumanza, anzi furono maestre d’infedeltà coniugali, di delitti e di divorzi, mentre le leggi erano impotenti a frenare un tanto male.

Quello però che non seppero o non poterono fare le leggi romane lo fece il Cristianesimo. Già, prima della venuta di Gesù Cristo, nei libri del Vecchio Testamento si vede spuntare l’aurora di giorni migliori per la donna; gli scrittori ebraici insegnano a rispettare la maternità anche nei bruti; e nel Deuteronomio, nell’Ecclesiaste e specialmente nei Proverbi si trovano sancite quelle leggi che assegnano alla donna il posto che a lei si spetta di fronte all’uomo come sposa e come madre, si trovano gli elogi più belli indirizzati a lei dagli scrittori divinamente ispirati, primo fra tutti il canto del poeta palestinese il quale, descrivendo la donna forte, fa una viva pittura dei costumi della sposa e della madre dall’Oriente semitico.

L’ideale biblico però delle antiche donne israelitiche: Miriam, Debora, Ruth, Giuditta, si perfeziona nel Vangelo, e allora abbiamo la Cananea e la Veronica, la vedova di Naim e la Maddalena, simbolo della donna redenta dal peccato per l’amore; l’adultera, che dà motivo a Cristo di proclamare l’uguaglianza dei sessi e la Samaritana, simbolo della donna-apostolo, figure queste scolpite nel bronzo vivente della Scrittura da mano maestra, e che s’imporranno all’ammirazione di tutte le generazioni future. Profonde per dottrina e per soda argomentazione sono quelle pagine in cui l’Arrighi confuta vittoriosamente le obiezioni dei femministi anticlericali moderni, i quali vorrebbero sostenere che il Cristianesimo ha un triste concetto della donna per la colpa di Eva, che i Padri della Chiesa hanno sempre lanciato le più sanguinose invettive contro la donna, e che la dottrina cristiana è ostile alla donna, perchè propone come ideale la verginità, disprezzando il matrimonio; e le confuta con la stessa dottrina di S. Giovanni Crisostomo, mostrando come la verginità, che è superiore al matrimonio, non vuol dire sia da disprezzare quest’ultimo, e come il Cristianesimo anche sotto questo rispetto ha provveduto ai bisogni e alle aspirazioni della donna col benedire e santificare l’unione dei coniugi, colla diversità dei loro uffici, coll’amore e col rispetto scambievole. Così la civiltà cristiana a differenza della greca e della romana è in gran parte femminile, e nonostante gli ultimi sforzi del femminismo pagano, questa civiltà vedrà accorrere numerose donne al Cristianesimo, e non mancheranno così le martiri, le madri e le educatrici dei Santi, le apostolesse, le ministre della carità cristiana.

E questo benefico influsso del Cristianesimo sulla donna si estenderà ancora di più nei secoli futuri. Le condizioni della donna presso le antiche popolazioni germaniche e feudali sono tristissime e la Chiesa si fa protettrice della donna contro gli usi e i costumi feudali; dichiara il matrimonio un sacramento, si riserva il diritto di amministrarlo, impone delle condizioni alla [p. 19 modifica] validità di esso; par giovare sempre meglio alla causa femminile promuove il culto di Maria, della Madre di Dio, che passa su quella società avida di sangue e di vendette come un soffio benefico dì soavità e di dolcezza, e istituisce la cavalleria, istituzione che rivela gli sforzi fatti dalla Chiesa per porgere una mano alla donna oppressa dal regime feudale.

E si hanno allora nel Medio Evo altri tipi di donne immortali: Chiara dei Scizi, la discipula di Francesco di Assisi, la tenera fanciulla amica del Santo della povertà; Caterina da Siena, la donna forte che a un’energia maschile sa accoppiare tanto bene la tenerezza femminile, e Giovanna d’Arco, la Pulcella d’Orléans, la vergine forte della sua purezza, la guerriera intrepida degna di essere posta accanto a Caterina da Siena sul limitare di due età.

Peccato che l’Arrighi non abbia ricordato Madonna Jacopa dei Settesoli, l’altra Beatrice Francescana, che fu anch’essa consolatrice buona del Santo d’Assisi e che insieme a Chiara dei Scizi fu simbolo vivente dell’eterno femminismo spirituale!

Seguendo il suo studio sulla questione femminile nei secoli, dopo essere passato a traverso il periodo della Rinascita, che dispregiava la donna perchè femmina, mentre poi era costretto ad ammirare quelle donne che accorrevano tanto volentieri agli studi classici sui quali si formarono un’anima virile, e soffermandosi ad esaminare i criteri dell’educazione femminile nel 1600 e nel 1700 che producono degli effetti disastrosi per la donna, in quanto cioè l’allontanano dalle questioni più vitali, facendola apparire inferiore all’uomo e favoriscono in lei la superbia e la frivolezza, l’egregio Autore si avvia alla fine della sua Storia del Femminismo, studiando i caratteri del femminismo moderno prima della Rivoluzione Francese e lo sviluppo del nuovo femminismo durante la rivoluzione stessa, che è anticristiano e che si oppone alla dottrina dei diritti e dei doveri delle donne proclamata dal Vangelo, e confermata più dalle Epistole di San Paolo. E chiude il suo lavoro esponendo la dottrina femminile del Fourier e dei Sansimonisti che egli confuta vittoriosamente, mostrando il loro errore di volere cioè integrare la concezione evangelica del matrimonio con il concetto dell’uguaglianza assoluta dei coniugi, concetto preso in prestito dalla Rivoluzione Francese.

Questo un breve e rapido esame della Storia del Femminismo dell’Arrighi. L’Autore ha voluto con queste suo libro presentare tanti esempi del passato, per ricondurre poi alla considerazione di questi esempi quanti oggi si occupano seriamente e ardentemente del femminismo, che è uno dei più interessanti e urgenti problemi dell’età nostra. Io credo che egli abbia raggiunto lodevolmente il suo scopo e che per questo abbia diritto giustamente al plauso di quanti si occupano delle più gravi questioni morali, religiose e sociali dei nostri giorni.

Poichè ognuno, leggendo attentamente queste pagine, ricche di erudizione e scritte con eleganza di stile e con purezza di lingua, potrà benissimo sulla scorta del passato formarsi un’idea «del come dovrà la donna combattere le battaglie dell’avvenire e della via che ella dovrà tenere per conseguire il riconoscimento di quei diritti che l’egoismo maschile ancora le contesta».

Emidio Frati.

CONTARDO FERRINI


In due volumi, eleganti per veste tipografica, con appropriata semplicità di dizione, il Prevosto Carlo Pellegrini ha rievocato la simpatica figura di Contardo Ferrini. Nel primo dei volumetti è tracciata la biografia di lui: l’innamorato della virtù e della scienza è seguito nelle molteplici manifestazioni di una vita dignitosamente vissuta. Il secondo volume contiene un copioso saggio degli scritti dell’eminente romanista, di carattere ascetico e morale. Ed è in questi scritti una vera rivelazione dell’anima sua — la rivelazione dell’energie segrete che alimentarono la sua attività religiosa e scientifica — c’è la rivelazione di un’anima la cui bellezza, per dirlo con una frase a lui famigliare, vien tutta dal di dentro. La sua religiosità, la sua squisita sensibilità, i suoi più intimi ideali sul valore e sulle finalità della vita, balzan fuori in questi scritti con una sorprendente spontaneità e naturalezza.

Il Prevosto di San Calimero, l’Associazione San Stanislao e l’editore Ghirlanda meritano un plauso sincero: hanno preparato per gli studiosi una pubblicazione che ha tutto il sapore di un prezioso documento umano. Rivela un fenomeno che può certo riuscire una sorpresa per molti profani: fa sentire, calda e pulsante, la linfa della santità nelle vecchie vene di questa nostra società che sembrava ornai disusata ai prodigi delle miti virtù religiose. E questo sorprendente lavorio ascetico lo vediamo compiersi non in ambienti ove forse poteano alimentarlo delle ataviche suggestioni: la santità la sorprendiamo nelle aule e sulla cattedra dell’Università, nella cella dello studioso, fra le spire della vita di un’uomo che seppe le lotte del pensiero e condivise le febbrili agitazioni del suo tempo, sospinto da energie nuove, su vie nuove ed ardite. Un santo professore, un santo giurista, un santo alpinista, un santo assolutamente laico che non, appartenne neanco al cosidetto partito clericale è un fenomeno degno di studio per chiunque ama analizzare Io sviluppo delle idee, che hanno contenuto vitale, di fronte agli atteggiamenti e alle esigenze della mentalità contemporanea.

Per i credenti poi è con un senso di profonda soddisfazione che si scorrono queste pagine ove le voci della pietà e della fede si fondono in accordo suggestivo colle voci della scienza, acquisita con tenacia di propositi e con purità di cuore. Verità vecchia, ma che piace tanto veder riconfermata da sempre nuove esperienze: il sapere non assidera mai la freschezza del sentimento religioso.

Vice.

Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.



  1. G. L. ArrighiLa Storia del Femminismo. — A. Razzolini, Editore. — Firenze, 1911.