Il buon cuore - Anno XII, n. 28 - 12 luglio 1913/Educazione ed Istruzione

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Educazione ed Istruzione

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DOPO LA GUERRA

Quelle che saranno obliate Sembra ormai prossima ad attuarsi la grande speranza della pace e sfumar finalmente i rossi cirri insidiosi da tempo lingueggianti nell’orizzonte nubilo di oriente. La tregua seppellisce nel suo silenzio, che pare mite ai lontani, gli aneliti dei feriti, dopo aver stremato nelle agonie ultime le vite esauste dei combattenti, non uccisi dalla guerra, ma da essa estenuati, dissanguati, perchè si spegnessero negli ultimi stenti ignorati, combattessero le ultime lotte oscure con la [p. 220 modifica]miseria, i subdoli assalti dei morbi germinanti dalla strage per alimentare la strage «Non vi sono pause di pace per i feriti» scrisse un giorno durante il primo armistizio un corrispondente di guerra che, invano aveva chiesto di avanzare coi combattenti, e che dovè accontentarsi di poter avvicinare, quando volesse, quelli che non potevano combattere più, raccolti negli ospedali improvvisati, curati con molta volontà buona — non sempre con sufficienti mezzi — da tutti i volontari e le volontarie dell’assistenza e della carità. — Non vi è tregua per i doloranti! — e forse neppur quasi ricordanza: — non vi è riposo per le mani che a loro si tendono lenienti. E sono — noi sappiamo — quasi tutte mani femminee. Mani diverse: fine e bianche le une, per le quali non basta la rude fatica di qualche settimana a togliere il segno delí’aristocrazia di razza, inciso come per tenue lavoro di sbalzo e cesello nella trama delle vene; ruvide, arrossate, olivastre le altre che portano quasi di soppiatto una loro umile offerta; mani povere che cercane) i poveri, con i quali hanno però comune la favella, la patria, spesso la famiglia, la casa. Vi è in ogni grande e piccolo evento che si svolga fra gli uomini e per gli uomini una sorgente limpida e fonda di bellezza: dove palpita un cuore, dove può, per un istantei pur se niuno sguardo lo colga, rivelai-Si e affermarsi in una nuova o inusata forma l’individuo ineffabile, ivi sorride vittoriosa la ricchezza possente e rinnovatrice dell’umanità. La guerra di Oriente ci ha forse dato per i mille suoi aspetti di glorie e di valore, di crudeltà e di barbarie, di generosità e di egoismo, di altezza e di abbiezione morale, uno spettacolo che non si rinnoverà più L’antica voce che chiamò attraverso i tecoli ad ogni bando di guerra, le pie creature misericordiose, che debbono o riaccompagnare ai sentieri della vita, o condurre fino al transito della morte i caduti, risuonò questa volta ampia e varia come non mai. Le prime a giungere all’appello furono, come sempre, quelle che i secoli e la fede hanno addestrato al compito pietoso: le suore che hanno, le parole e gli atti più soavi, perchè più alto è il loro sguardo, avvezzo a cercare i cieli oltre l’orizzonte; che non hanno patria perchè diviene loro patria quella di chi soffre, e di chi muore; che hanno dimenticato il loro nome pur se fu un tempo accompagnato da un fulgido titolo nobiliare, perchè ne hanno accolto uno. solo, venuto a loro dall’età trascorsa, per essere consegnato all’età avvenire: quello di sorelle. Ma oltre queste eroiche messaggere della fede e della pietà superanti, con la virtù di un sacrificio che appar sòvente quasi miracoloso, l’umanità mediocre o normale, risposero al richiamo molte altre coraggiose, cui non sorride certo il desiderio di dare tutta la vita, ma che son pronte ad immolare al bene altrui qualche mese di penoso e faticoso lavoro. La guerra odierna è forse l’ultima che di fronte all’Europa abbia rimesso a contrasto due civiltà, sa rei per dire due epoche diverse. Le primigenie energie di popoli (non ancora conchiusi entro il molle, vischioso, ma tenace cemento della diplomazia) dilaniando le ultime debolezze di una nazione esausta; si sono dispiegate dinnanzi alla colossale compagine d’interessi e di forze di un aggregato di genti, da tempo avvezze al dominio e al comando. Fra i piccoli segni rivelatori di questo dualismo che non più si ripeterà — almeno in Europa — a me piace notare il diverso modo con che le donne hanno partecipato alla guerra, assumendo la missione di aiutare, confortare, assistere i caduti. Irreggimentate e distribuite in candide schiere, vestite di una divisa che non si può non riconoscere leggiadra, le accenditrici dellà simbolica lampada di miss Nithtingale partirono da ogni angolo di Europa, per giungere là ove si soffriva e moriva. Di molte, molte sapemmo subito, per la molteplice complicità dei giornali di tutte le nazioni, il nome gentile: le varie Kodak dei corrispondenti e magari dei dilettanti ci hanno trasmesso altrettante giovani imw.gini leggiadre d’infermiere volontarie. Questo, ne conveniamo, non diminuisce per esse le fatiche e i disagi, spesso inesorabilmente inevitabili, ma aiuta — nevvero? — o offrir gli elementi — a chi compilerà la storia della Croce Rossa -- per una bella, interessante pagina regalmente illustrata. Ed è giusto, dopo tutto, ’che sia così! La civiltà moderna ha disciplinato, diviso, suddiviso, le opere di assistenza e di previdenza, le ha moltiplicate per dare a tutte le donne un posticino, per il quale si può acquistare un poco della pubblica ammirazione, a fare nondimeno qualche cosa di bene. Ancora una volta dobbiamo rammentare che l’eroismo puro, alto, disinteressato, di se stesso dimentico, non si può attendere da tutti. La filantropia non conta sulle dedizioni infinitamente generose di vite di fortunè intere; ma senza dubbio il suo largo richiamo alla assistenza degli infermi, vittime della guerra, è una delle sue più caratteristiche esigenze di quelle che richiedono, da chi l’accoglie, generosità maggiore. V’è chi potrà obbiettare che la pietosa opera lusinga ed attira molte anime femminili anche per le emozioni nuove che dona, perchè seconda il muliebre desiderio di - spettacoli inconsueti, perchè sospinge verso piaghe ignorate e meravigliosamente pittoresche, già sorrise all’ansiosa fantasia; perchè i drammi dei popoli hanno una grandiosità che raramente si ripete; e ciascuna verrebbe cogliere imprigionare nel ricordo un lampo vivido di bellezza tragica che s’accenda e fiammeggi sovra il terribile spettacolo delle ecatombi umane. Ma perchè sottilizzare? Perchè menomare la poesia di che si usan circondare le dame rosso-crociate? Comunque esse impersonano per i malati l’attribuzione più dolce della donna; che tutta la femminilità par talora s’includa nel gesto della mano che porge il balsamo, che passa leggera sulle fronti febbrili, che fa schermo agli occhi deliranti perchè non veggan più le immagini di sàngue, che solleva il volto vergognoso dei vinti i quali possono così, sen [p. 221 modifica]z’onta attingere l’ultimo sollievo. E le dame della Croce Rossa sanno molto, molto bene tutto questo; e sanno anche di rappresentare una forma nuova di civiltà che si tramanderà, senza dubbio, attraverso gli anni vénienti; sanno che la loro opera non sarà dimenticata, appunto perchè proseguirà e si rinnoverà nel tempo... Ma ciò io penso alle molte, alle innumeri donne serbe, bulgare e montenegrine, che senza disciplina e senza divisa penetrarono a forza nei campi di battaglia. Rudi e fiere combatterono e caddero; animarono, nutrirono, sfamarono i soldati, e benché ignare di ogni regola d’igiene, di ogni sapienza di in-. fermiere, medicarono i feriti. Più audaci, e per un certo riguardo meno eroiche, perchè s’immolavano per i propri fratelli, per i propri mariti, per i propri padri, rappresentarono con potente eloquenza di ardore, tutta l’impulsività dell’istinto femmineo, che è sopra tutto istinto materno. Non l’opera umanitaria le chiamava al pericolo, ma il geloso sentimento di salvaguardare, difender il - proprio nido con la vita dei conterranei. Era la devozione antica che fa la donna soggetta all’uomo, ma vuole l’uomo Un eroe, che le ha rese pronte a servirlo umilmente, fra i disagi, con le vesti a brandelli, i piedi sanguinanti, i capelli in disordine. Bsognò per mesi e mèsi fare ogni giorno dei chilometri fra la neve, bsognò passar sotto le palle, per portare un pane ai combattenti. E questo esse fecero, e tornerebbero domani a fare con semplice inconsapevole generosità. Uno scrittore inglese narrava come in questi giorni nell’ospedale di Cettinie, vi siano ancora parecchie fanciulle ferite. Per una strana coincedenza, senza essere parenti, due di esse hanno lo stesso cognome; una ha quindici, l’altra diciotto anni:: Anna la più giovane, fu ferita mentre recava le provviste ai soldati. a Per molti giorni sono stata al campo — ha detto — e ho fatto tutto quello che una donna può fare: ho lavato i panni, cotto le vivande, impastato il pane, E precisamente mentre recavo il pane fui ferita alla testa. Solo dopo tre giorni potei giungere all’ospedale, e ho dovuto fare tutta la strada a piedi... Ma tutto ciò è ben poco se si pensa che venti donne sono rimaste uccise!...». E poichè l’asserzione della giovane Anna parve eccessiva al suo interrogatore, ella ripetè: a Venti! non meno, io ero con loro, io le ho vedute cadere... n. Ebbene, l’Europa che ha guardato con tanta preoccupazione e con interesse alla guerra balcanica, ignorerà sempre i nomi di queste vittime, che — oserei dire — non sa quasi comprendere. Perchè si espongono le donne a simili pericoli?... Non basta l’opera certo generosa, ma alquanto più sicura delle infermiere della Croce Rossa? Non le comprende, e le dimenticherà subito. E senza dubbio, sopraggiunta finalmente la pace, neppure i montani paesi ove vedemmo rifugiate le ultime barbare e un tempo pittoresche tradizioni di guerra, potranno conservare ancora per lungo tempo i quasi leggendari tipi di eroi

e di eroine di antico stampo. Gli uomini seguiteranno nondimeno a fare la storia dei popoli. Le donne anche nei Balcani si prepareranno a un’eventuale guerra dell’avvenire frequentando i corsi per le infermiere. E di femminee vittime che pieghino silenziosamente fra la neve ed il sangue, che prese dal contagio o estenuate di fatica’ o lancirlate dalla fame cadano come i soldati, e vicino ai soldati non ce ne saranno più, e quelle di oggi parranno così antiche che saranno obliate. Teresita,Guazzaroni.

ITALICA GENS

Il Segretariato Centrale di New York durante l'anno 1902

Gli infortuni sul lavoro e le malattie dell’operaio, con la conseguente disoccupazione, sono questioni di vitale importanza nella vita sociale, e c’è da meravigliarsi come la legislazione al riguardo sia finora rimasta in America allo stato di studio e di esperimento, di molto indietro agli Stati civili d’Europa. La ragione di questa grave lacuna va ricercata nell’art. 14 della Costituzione Americana, il quale vieta che il cittadino venga privato della libertà o della proprietà senza un processo legale. Ora il tenere a priori (senza processo legale) un padrone (chiunque fa lavorare) responsabile a indennizzare il suo operaio per infortunio o malattia sopravvenuti mentre era alle sue dipendenze, sarebbe una violazione di questo articolo, secondo vari giudicati di tribunali. Nei vari Stati questa materia è oggetto di studi, discussioni e progetti di legge con diversa fortuna. In generale, però, si può affermare che si è ancora ben lontani da quella legislazione uniforme e liberale che esiste in Europa, ed il dare un quadro completo della legislazione vigente è studio arduo e complicato che riserviamo per un separato articolo. Per ora vorrei soltanto osservare che, dato appunto questo intricatissimo meccanismo di leggi, così varie e spesso opposte, a seconda degli Stati, è urgente pel momento di trovare qualche forma di protezione immediata pel nostro lavoratore che è esposto ai rischi, di ogni genere nelle varie occupalioni in cui spiega la sua attività, sia nelle officine che nelle miniere, e nella stessa vita ordinaria così vertiginosa delle grandi città. Dopo maturo studio io credo che la migliore garanzia, la più costante e la sola per ora universale, [p. 222 modifica]sia appunto l’assicurazione individuale, tanto per gli infortuni quanto per la malattia. Qui vi sono ottime società d’assicurazioni che, con un premio variante da Io a 3o dollari all’anno, secondo il mestiere, assicurano qualunque operaio contro qualunque caso di infortunio, pagando un indennizzo settimanale da 5 doll. (per minatori) a io doli. (per qualunque altro operaio) per 1o¢ settimane in caso di lesioni; di più varie altre somme per operazioni od amputazioni, ed in caso di morte o di invalidità completa, soo doll. (per minatori) e 2000 doll.. (per altri operai) agli eredi. Similmente con la quota di 6 doll. all’anno qualunque operaio può assicurarsi contro le malattie più comuni, percependo in caso di malattia io doll. per settimana e per la durata di 26 settimane, ed inoltre i000 dollari in caso di invalidità totale. Non vi è chi non veda l’utilità di premunirsi con sì modesti premi dalle frequenti disgrazie o sospensione del lavoro per causa di malattia. Come per incanto verrebbero a cessare questi interminabili processi, così dispendiosi, a cui debbono ricorrere i colpiti d’infortunio od i loro eredi, per trovarsi spesso con un pugno di mosche in mano. Non assisteremmo più a quelle scene tristi di miseria che i l’infortunio o la malattia porta in casa del colpito il quale, mentre perde il suo tempo nell’aspettare e sollecitare giustizia, si consuma i poveri avanzi, se ne ha, oppure deve ricorrere alla pubblica carità. Grazie allo spirito pratico ed organizzatore del popolo americano io credo che fr non molti anni anche gli Stati Uniti adotteranno le assicurazioni di Stato, sia per gli infortuni sul lavoro come per le malattie: ma non sarà una lotta nè breve nè facile, perchè troppi interessi del capitale privato si dovranno urtare e rovesciare. Esempio siano i pacchi postali che solo col 1° gennaio 1913 poterono stabilirsi; il che è tipico esempio di questa lotta dell’interesse privato contro il bene comune, perchè ciò fu dovuto a che le grandi compagnie degli express presagivano dolorose falcidie ai loro colossali profitti. E non si sono sbagliate, perchè i giornali parlano già, di oltre venti milioni d’affari di meno nel solo gennaio. Ma questo salasso nelle vene dei Trusts non farà -che incoraggiare la lotta contro tutte le ingorde associazioni che oggi monopolizzano ormai tutte le fonti della ricchezza non ostante la Sherman Law (legge Sherman contro i Trusts, cioè i monopoli). Noi dunque abbiamo cominciato a dif fondere quest’idea della assicurazione personale e lo faremo con

tutte le nostre forze anche meglio in avvenire, per ovviare, provvisoriamente, ad una delle più gravi piaghe che affliggono l’operaio nostro all’estero, ed anche in omaggio a quel principio di economia sociale che ci sembra il più giusto, umano è dignitoso, cioè: l’uomo deve vivere col suo lavoro e provvedere coi suoi risparmi alle vicende ordinarie della vita senza essere obbligato a ricorrere alla pubblica assistenza.

  • • *

Non mi fermo a spendere altre parole sulle pratiche compiute dal nostro ufficio; piuttosto, lasciando l’azione modesta e limitata spiegata nell’ufficio veniamo a considerare l’azione dell’Italica Gens nella sua attività morale e nazionale. E’ stato ’nostro sforzo costante l’insistere presso il nostro reverendo Clero che nelle scuole parrocchiali venisse introdotto l’insegnamento della lingua italiana. Naturalmente una tale novità significava un nuovo aggravio per il bilancio già sovraccarico della parrocchia. Ma i parroci italiani si sono dimostrati anche in questo i pionieri del patriottismo vero ed operoso, sobbarcandosi a nuovi sacrifizi. Il Governo patrio ha dato a poche di tali scuole qualche modesto sussidio, che neppure copre le spese del salario per l’insegnante: i Consolati, specialmente quello di New York, hanno abbondato in libri e carte murali distribuiti gratuitamente. A poco a poco dunque le principali scuole parrocchiali italiane si sono messe sulla via pratica per diffondere e conservare la lingua nazionale tra i figli dei nostri emigrati, il che servirà pure a mantenere in vita quelle parrocchie e chiese italiane tirate su con tanti sacrifizi da parte del nostro Clero. In un altro articolo tratteremo meglio questo argomento augurandoci che il patrio Governo dia una mano più generosa a queste scuole che formano l’unico baluardo nazionale contro la snazionalizzazione dei nostri emigrati e dei loro figli. Altro obbietto importante, cui abbiamo dedicato le nostre cure, è la colonizzazione della quale parlammo in precedenti relazioni. Abbiamo visitato personalmente molti Stati e concretato parecchi progetti che ci paiono attuabili; di questi riferiremo in un prossimo numero di questo. Bollettino. Nel settembre. ultimo abbiamo iniziato la pubblicazione quindicinale di un rapporto completo sulle condizioni dell’industria, del commercio e del la [p. 223 modifica]voro negli Stati Uniti; rapporto che mandiamo a tutti i nostri Segretariati federati e corrispondenti dell’America del Nord e del Sud, del Canadà e d’Italia. Questo rapporto, che è compilato su fonti autentiche, ufficiali e private, ha incontrato molto favore e senza dubbio serve ad illuminare sulla situazione reale degli Stati Uniti, quale indice delle ripercussioni che la politica imprime al lavoro, alla finanza ed al commercio. Sarebbe a desiderarsi che il reverendo Clero in Italia leggesse questo rapporto, onde essere in grado di consigliare coloro che intendono emigrare. Volentieri lo spediremo gratuitamente a chiunque ce ne faccia richiesta. Quando i mezzi ce lo permettano ci proponiamo di ampiarlo e trasformarlo magari in un giornale settimanale: per ora purtroppo ci è impossibile. Due nuovi Segretariati abbiamo aperti nel 1912 a Chicago, Stato dell’Illinois, ed a New Orleans, Stato della Louisiana. Anche questi due nuovi uffici hanno già spiegato una lodevole attività e promettono btrie per l’avvenire. Di essi riferiamo a parte. Conchiudendo, ripetiamo: l’Italica Genes ci pare più necessaria che mai e noi confidiamo in Dio per nuovi successi durante il 1913. Sac. Dott. G. GRIVETTI.

Il comm. rag. GIOVANNI SILVESTRI

Chi non ha conosciuto la nobile, caratteristica figura del comm. Silvestri, che fu dal 1867 al 1908 apprezzatissimo Direttore della Banca Popolare di Milano? Una bella mente da finanziere si armonizzava in lui con un cuore d’oro. La sua voce suonava sempre con autorità, perchè espressione sicura di esperienza e di profonda rettitudine. Dire che era stimato da tutti, è troppo ’poco, e dire che da tutti era amato, è pur frase inferiore al vero, perchè le doti del Silvestri, nel complesso e nei particolari, il tratto cortese, la bontà dell’animo, la superiorità degli intenti lo faCevano riguardare come un prezioso, glorioso, ammirabile avanzo di quella schietta razza ambrosiana ormai scomparsa.

È spirato nella casa del Banco Ambrosiano, dov’era considerato con deferenza particolare, e la dolorosa dipartita è avvenuta dopo un’alternativa penosa, confortata dalla Fede. Ai superstiti le nostre vive, sentite condoglianze. A. M. CORNELIO.

Opera Pia per la Cura Balneare Marina

PER L’OSPIZIO MARINO PERMANENTE MILANESE.

Il Comitato dell’Opera Pia Milanese per la cura marina, in una delle ultime sedute accoglieva la proposta del Dottor Hajech il quale, in attestato del suo compimento per la lodevole decisione dei dirigenti l’Opera Pia di attuare l’auspicata integrazione della cura marina, conchè si moltipli• cano í benefici dell’Ospizio marino, assume a sue spese, la costruzione alla marina di Massa, di un edificio che sarà destinato ad incremento dell’Istituto per la cura permanente che si inizierà nel padiglione dovuto alla munificenza di Luigi Pisa. I lavori che già sono in corso, saranno condotti a termine nel più breve tempo. Il Padiglione Pisa ed annessi, edificati sui progetti ideati ed elaborati dall’Architetto Arrigo Cantoni, il quale ha fatto tesoro di quanto di meglio esiste in Europa in siffatte costruzioni, ci danno un Istituto che, mentre soddisfa pienamente agli ultimi requisiti dell’igiene sanitaria, onora insieme l’arte italiana.