Il buon cuore - Anno XIV, n. 50 - 11 dicembre 1915/Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

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DOMENICA QUINTA D’AVVENTO

Testo del Vangelo.

Giovanni rende testimonianza di Lui, e grida dicendo: Questi è colui del quale io diceva: Quegli che verrà dopo di me è da più di _me perchè era prima di me. E della pienezza di Lui noi tutti abbiamo ricevuto e una grazia in cambio di un’altra: perchè da Mosè fa data la legge: la grazia e la verità per Gesù Cristo fu fatta. Nessuno ha mai veduto Dio; l’Unigenito Figliuolo, che è nel seno del Padre Egli ce lo ha rivelato. Ed ecco la testimonianza che rendè Giovanni, quando i Giudei mandarono a Gerusalemme i sacerdoti e i leviti a lui per domandargli,Chi sei tu? Ed ei confessò’, e non negò; e confessò: Non sono io il Cristo. Ed essi gli domandarono: E che adunque: Sei tu Elia? Ed ei rispose: Nol sono. Sei tu il Profeta? Ed ei rispose: No. Gli dissero pertanto: Chi sei tu, affinchè possiamo rendere risposta a chi ci ha mandato? Che dici di te stesso? Io sono, disse, la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate le vie del Signore, come ha detto il profeta

Isaia. E questi messi eran della setta dei Faris’i, e lo interrogarono dicendogli: Come adunque battezzi tu, se non sei il Cristo, nè Elia, nè il profeta? Giovanni rispose loro e disse: Io battezzo nell’acqua: ma v’ha in mezzo a voi uno; che voi non conoscete: questi è quegli che verrà dopo di me, a cui io non son degno di slegare i legacciolt delle scarpe. Queste cose successero a Betania al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando. (S. GIOVANNI Cap. I).

Pensieri.

Un completo insegnamento di umiltà alcuno ha ravvisato nella condotta di Giovanni nell’odierno Vangelo. L’insegnamento è praticamente troppo prezioso per non sforzarci di renderlo nostro. L’umiltà è una delle virtù più importanti e più difficili della vita cristiana; delle più importanti perchè l’umiltà è la verità, delle più difficili perchè urta direttamente il nostro orgoglio. L’umiltà è giustizia e fortezza a un tempo; giustizia perchè ci porta a dare a noi ciò che solo ci appartiene, fortezza perchè, per compiere questo atto, ci vuole una energia di volontà, della quale solo poche anime elette sono capaci; fortezza- tanto più difficile perchè molte volte deve presentarsi sotto l’aspetto di fiacchezza, di impotenza. Fra i molti pregiudizi che si annidano nella coscienza pubblica vi è quello di ritenere che una persona umile non può essere che una persona da poco.

Che Giovanni sia una persona grande, risulta dai prodigi che accompagnavano la sua nascita, dalle virtù praticate nel deserto, dalla missione di precursore che esercita nell’apostolato e coll’amministrazione del battesimo, dai pubblici elogi che ne ha fatto Cristo, e dalla venerazione e dall’affetto di cui lo circondavano i suoi discepoli. La sua grandezza risulta dalla elevatezza del linguaggio che usa nell’odierno Vangelo: quali frasi più elevate di queste, parlando di Gesù: chi è dopo di mè è da più di me, perchè era prima di me? In questa frase è confessata la divinità di Cristo coli’ evidente accenno alla sua eternità. Da Mosè fu data la legge; la grazia e la verità per Gesù Cristo fu fatta. E’ una pennellata che in poche parole riassume e presenta!la caratteristica dei due Testamenti, nelle due più grandi persone che li rappresentano, Mosè, Cristo, coll’opera loro speciale. Mosè la legge, Gesù la grazia. Nessuno ha mai veduto Dio; l’Unigenito figliuolo, che è nel seno del Padre, egli ce lo ha rivelato. Queste parole sono il più splendido riassunto della più alta filosofia e della più sublime teologia: Dio spirito non è oggetto percettibile ai sensi, non è comprensibile nella sua infinita perfezione neanche alla mente umana; Dio non è conosciuto perfettamente che da Dio; e il suo figliuolo lo conosce, perchè è nel seno di Dio; dunque il Figliuolo è Dio come il Padre; è la consostanzialità del Figlio col Padre, predicata da Giovanni quattro secoli prima che la Chiesa la definisse nel Concilio Costantinopolitano. [p. 347 modifica]Vediamo ora come quest’uomo così grande, parli di sè. I Giudei mandarono da Gerusalemme i sacerdoti e i leviti a Giovanni per domandargli: Chi sei tu? In questa domanda era implicita l’altra: Sei tu il Cristo? L’ambasciata è solenne, l’argomento è il più importante, non solo di quell’epoca, ma di tutte le epoche. Quale tentazione in Giovanni di dare risalto alla sua persona, nella sua qualità di precursore? Risponde; ei confessò, e non negò; e confessò: non sono io il Cristo. Ed essi gli domandarono: E che dunque? Sei tu Elia? San Giovanni avrebbe potuto rispondere affermativamente: Gesù Cristo lo aveva già salutato con questo nome; anzi aveva detto che Giovanni era Elia, e più di Elia per la missione: i Giudei avrebbero potuto confondere la missione colla persona, e credere che Giovanni fosse veramente Elia. E’ un equivoco che, sebbene in proprio onore, Giovanni non può permettere. Risponde subito: Nol sono. E i sacerdoti: Sei tu profeta? Giovanni avrebbe qui potuto rispondere con verità: sì, sono profeta, anzi più che profeta. Avrebbe ripetuto la parola stessa di Cristo a suo riguardo: e pure ancor risponde: No. Così egli ci insegna che il primo carattere dell’umiltà è il rifiutare risolutamente gli onori immeritati, e declinare quelli che ci potessero convenire. E noi invece, dice un pio oratore, non abbiamo mai la forza di respingere onori e lodi che non ci competono, e ce ne pascoliamo con gran compiacenza del nostro amor proprio. Anzi, andiamo più avanti, e li desideriamo quegli onori, li bramiamo con grande avidità, quantunque siamo persuasi di non meritarli. E non contenti di bramarli, ne stiamo sempre sull’intento, e facciamo di tutto per averli, anche quando nessuno pensa a darceli. Che se questi onori e queste lodi ci possono in qualche modo convenire, allora li richiediamo risolutamente, e guai se alcuno ce li nega. In questo proposito sono celebri le frasi colle quali alcuni cercano di coonestare, sotto le esigenze della giustizia. Le pretese dell’ambizione; non è per me che chiedo; è per non pregiudicare l’avvenire;.è. per non compromettere i diritti dei miei successori.

Chi sei tu dunque, insistettero i sacerdoti, affinchè possiamo dare risposta a chi ci ha mandato? Quante cose in tal punto Giovanni poteva rispondere di sè! Eppure egli si limita a dichiarare: io sono la voce di colui che grida nel deserto: raddrizzate la via al Signore. Non tace la sua reale missione; tacendola non avrebbe reso testimonianza alla verità; ma pur confessandola, usa le frasi ’più modeste, dice il meno -ossibile. Giovanni ci insegna qui un altro carattere dell’umiltà, che è di parlar poco di sè, e di sentire di sè bassamente. Quanto diverso è il nostro contegno molte volte! Noi parliamo di noi il più che possia

mo, delle nostre cose, delle nostre opere, parliamo di quello che abbiam detto, di quello che abbiam fatto, di quello che abbiamo pensato. E instituiamo dei paragoni cogli altri per far risaltare che noi abbiamo pensato meglio, che abbiamo veduto meglio, che abbiamo operato meglio degli altri, per concludere che noi siamo più virtuosi, più temperanti, più pazienti, più lontani dal peccato, più buoni, insomma, più bravi degli altri. Abbiamo già di noi un grande concetto, idolatriamo quasi noi stessi, credendoci superiori a tutti, e vogliamo che gli altri abbiano di noi una stima, che è assai superiore al merito, e guai a chi non ci rispetta, a chi non ci tratta coi guanti! Una piccola mancanza di riguardo la si lega al dito, e si è capaci,, pel risentimento che se ne prova, di rompere un’amicizia, di far delle scenate, di ostentare indifferenze, di recare odi, che si prolungano indefinitamente. E si cerca di coonestare queste piccolezze d’animo col pretesto della dignità, della giustizia, del non lasciarsi sopraffare, del rendere gli onori a chi si deve, col dare una meritata lezione di educazione e di buona creanza.

Andiamo innanzi. I mandati a Giovanni, udito che egli non è Elia, nè un profeta, pare che si adontino, e con piglio evidente di arroganza e quasi di rimprovero, gli dicono: Perchè dunque battezzi tu, se tu non sei nè Cristo, nè Elia, nè un profeta? Quasi dicessero: tu sei un usurpatore di un’autorità che non hai: nessuno ha mai battezzato, e tu battezzi: tu sei un inganna popoli... Giovanni rispose modestamente: è vero, io battezzo, ma il mio battesimo è semplicemente di acqua; il mio battesimo è semplicemente di penitenza, per preparare gli animi alla remissione dei peccati. Qui Giovanni ci insegna un altro carattere dell’umiltà, che è di non adirarsi quando altri ci tratta con arroganza, e di dare a cattive domande buone risposte. Ma quanto diverso è il nostro contegno n molte circostanze! Fate che alcuno ci dica qualche parola offensiva, ci rivolga qualche rimprovero, qualche termine un po’ ingiurioso, o che censuri o condanni ciò che facciamo, o che ci rinfacci una condotta che non sia la più corretta; eccoci subito a ribattere le parole offensive con parole offensive, i rimproveri con rimproveri, le ingiurie colte;ngium; è ben raro che sopportiamo rassegnatamente censura che ci venga fatta del nostro prossimo, Ma quel rimprovero, si grida, non lo meritiamo, ci vien fatto a torto. Anche a Giovanni venne fatto rimprovero a torto, e non si adirò. Ma sono stato toccato sul mio punto più vivo; è il punto dell’onore, della sincerità... E Giovanni non fu toccato precisamente sul punto più delicato, quale era l’esercizio di un ministero il più grande, il più santo?... E Giovanni chiarì l’equivoco, ma rispose con dolcezza... Ma non è tanto la cosa che mi ha indignato; è il [p. 348 modifica]modo, la forma mordente, è l’aver fatto l’osservazione in faccia agli altri... Ma anche a Giovanni l’osservazione venne fatta in modo duro, venne fatta dinnanzi ad altri.... e Giovanni rispose con parole di pace! Quale la ragione di questa diversità di contegno tra Giovanni e noi? Una- sola: Giovanni era umile, e noi....

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Un ultimo carattere dell’umiltà ci insegna Giovanni, un carattere squisito, gentile, spassionato, generoso, carissimo a riscontrarsi in quelli che l’hanno. Non è l’umiltà di non esaltare noi, che è già un grande atto di virtù; è l’umiltà di esaltare gli altri, riconoscendo negli altri i meriti che hanno, anche se questo riconoscimento, tornasse, nel confronto, una diminuzione dei meriti nostri; è l’umiltà del parlar bene degli altri, e di mettere noi al disotto degli altri. Che bella umiltà, ma quanto rara, quanto difficile! E’ l’umiltà che ebbe Giovanni. Non solo disse: io non sono nè Elia, nè un profeta; io battezzo solo nell’acqua. Disse: c’è chi è da più di me; è in mezzo di voi e voi non lo conoscete; egli verrà dopo di me; io non sono degno neanche di sciogliere i legami delle sue scarpe. Caro Giovanni, come sono belle queste parole! come tradiscono un animo nobile, gentile, generoso, giusto, una dispozione abituale a riconoscere il merito dove esiste, un timore di lasciarsi indurre a coprirlo, a tacerlo, una gioia di vederlo presente, di farlo conoscere agli altri, di esaltarlo! E’ un’umiltà fatta di giustizia e di carità, di verità e di amore. E’ l’umiltà che abbiamo noi? Noi non cerchiamo mai di abbassare, ma anzi di innalzare nei nostri discorsi coloro che si fanno forse da emuli, e che, innalzandosi, sembra che facciano andare al disotto noi? Noi non cerchiamo anzi di abbassarli più che possiamo? Per abbattere gli emuli, emuli spesse volte creati più dalla • nostra morbosa ambizione, che dalla realtà, non v’è osservazione che non si faccia, non v’è pretesto che non si giudichi buono. Si sta sempre in agguato come per cogliere una preda, e a proposito e a sproposito si vuol pur dire qualche cosa contro quel tale che si mette di fronte ’a noi e accenna a volerci sorpassare, se non per volontà, per superiorità di meriti! Si dice che l’umiltà è il fondamento della virtù cristiana. Quanto è vera questa frase! A provarlo basterebbe un solo riflesso: l’umiltà e la virtù che Cristo ha ricordato come praticata da sè in esempio da presentarsi e da imitarsi dagli altri: imparate da me che sono mite ed umile di cuore. Giovanni fu un riflesso anticipato di questa virtù. Quanti altri, nel seguito dei secoli, nella storia dei Santi, furono il riflesso fedele posticipato dell’umiltà di Cristo! Essere umili è il più bello degli auguri che io possa fare a me e a voi. Essere umili è il più bello degli auguri che io possa

più grandi nell’acquisto e nel possesso della virtù, ed essere sempre piccoli nell’affermare questo possesso della virtù, e specialmente nel non pretendere che lo riconoscano e lo affermino gli altri. L. V.

La chiesetta di montagna

Guerra delle nazioni Torvo consiglio le ree menti occupa: L’odio martella in core degli umani, Cupa è l’ora presente; assai più cupa E’ l’ora di domani. A sereni orizzonti, a dolci aurore, A giornata che l’anima consola, Tutti invita alla pace ed all’amore Divina una parola.

O Chiesetta sui vertici locata D’aprico monte, fra il silenzio grande, Tal parola da te sorge, o beata, E d’intorno si spande. Tu sei l’amica che lo spirto anelo Chiami alla pace dall’atroce guerra: Tu dalla terra l’uomo adducci al cielo, Tu porti il cielo in Terra. L. VITALI.

Libriccino confortatore

in tempo di guerra

(Continuaz. vedi num. 49).

Il Santo Sacramento ci comunica il Divino- Amore più che non sappia ogni altra cosa. Se il Crocefisso è l’immagine dell’Amore, l’Eucaristia ne è l’incorporazione e la perpetua manifestazione. Una fede vive nella reale presenza di Nostro Signore nel Santo Sacramento rende impossibile di disperare o dubitare dell’amore di Dio per noi. Innanzi all’Altare noi possiamo pregare con la più grande confidenza, non solo per noi e i nostri cari, ma per le anime dei morenti e dei trapassati e per tutti che patiscono perdite e spogliazioni in guerra. La presenza di Gesù sull’Altare e il dono del suo Corpo in nostro cibo, sono pegni sicuri che ci saranno elargiti anche i doni minori se giudicati vantaggiosi per noi. Di più il dono Eucaristico comprende il sacrificio della Messa in cui è ripetuto il sacrificio del Calvario e perfettamente fino Alla fine del mondo; e con questo sacrificio i Cattolici sono in grado di ottenere rilevante riduzione delle paurose calamità della guerra. E’ perfino consolante che nel continente europeo, il teatro della crudele guerra attuale, ci sono innumerevoli chiese cattoliche in cui dimora Nostro Signore per impartire conforto e pietà [p. 349 modifica]a; colpiti e dove è offerto il Santo Sacrificio per gli uccisi, affinchè le anime loro possano entrare nell’eterno riposo; per altri, poichè le loro vite vengano risparmiate; per gli impoveriti, affinchè loro venga data la consolazione divina che sorpassa le gioie più acute date dal mondo. Non aumenteremo noi le nostre visite, la nostra presenza alle Benedizioni eucaristiche, ed alla Messa, sopra tutto, le nostre Comunioni in questi giorni di collera e di lutto? Il venerdì potremmo comunicarci coll’intenzione che il Sacro Cuore di Gesù si degni concedere la vittoria alla causa della giustizia, e una pace accelerata il sabato in onore della Madonna, a favore dei derelitti, degli spogliati, dei feriti e dei moribondi; in altro giorno della settimana, per le anime degli uccisi. Se i cattolici adottassero questa pratica, non solo ne otterrebbero essi stessi confcrto, fortezza e pace interiore, di cui tutti abbiamo tanto bisogno, ma otterrebbero altresì innumerevoli benedizioni, aiuti e. consolazioni per l’immensa moltitudine della famiglia umana, afflitta dalla così estesa, presente calamità. L’età passata noi demmo prova, testimonio fra noi di grande sviluppo di devozione e di frequenza al Santo Sacramento

Santo Sacramento — a prendere solo le dottrine di cui parlammo fin qui — non dovrebbe mancare di prestarci coraggio e consolazione. Ed è contutto ciò questa realizzazione appunto quella che ci riesce tanto difficile — difficile in sommo grado per avventura allora quando il mortale conflitto delle nazioni e l’enorme cumulo di umani patimenti che ne derivano, occupano tutto il campo della nostra mentale visione. E’ ben vero che ci ha Uno il cui speciale ufficio è di farci riflettere a codeste verità rivelate, immmedesimareene ed applicare alle anime nostre il loro conforto. Esso è lo Spirito Santo, il Confortatore. In virtù del possesso della grazia santificante, Egli dimora in maniera particolare nelle anime nostre come in un tempio. Col volgere le potenze dell’anima verso di Lui, noi lo mettiamo, per così dire in grado di compiere la sua benedetta opera n noi. Egli farà sentire la sua presenza coi doni di fortezza spi•ritu^le e di conforto. In questo tempo in cui ci troviamo in così partilare bisogno di un Confortatore, tanto nel senso letterale di fortificatore e nel senso derivato di consolatore, Egli non ci mancherà. A noi a pregarlo di manifestarci con tali conforti la sua presenza, tanto alle anime nostre che a quelle di coloro che

Questo si mostrerà nostro conforto e sostegno nella attuale tribolazione. Benchè «il soffio del potente sia come un turbine», noi troveremo in Gesù, presente nella Santa Eucaristia, «un

o combattono, oppure sono in angoscia pei soldati che si trovano nel conflitto. Esso illuminerà le nostre menti perchè com rifugio contro» quel «turbine, un’ombra a difesa dal caldo, forza e sostegno del povero» ed «al bisogno in queste an prendano il consolante significato della fede. Esso le farà di• ventare delle realtà per noi, come mai lo furono prima. Ci

gustie». Nell’Eucaristia c’è «la dimora» del nostro Dio, «nella pace; e il suo soggiorno lassù in Sion: ivi l’affranto ha in serbo l’arco, lo scudo, la spada ed il combattimento». «Oh, quanto grande è l’abbondanza delle tue dolcezze che tu, o Si abiliterà a compiere bravamente il dovere assegnatoci. quale che sia, tanto di combattere come d’attendere in calma fiducia. Conforterà le nostre angoscie e spogliazioni. Scaccerà da noi malinconie e timori, folli millanterie e facili scoraggiamenti, nonchè il furore brutale che la guerra sveglia in uno spirito non rigenerato.

gnore, hai riposto ), nella Eucaristia «per coloro che ti temono, e che Tu hai preparato per coloro che sperano in Te, al cospetto dei figli degli uomini. Tu li nasconderai nel segreto del tuo cospetto», cioè nelle misteriose comunicazioni col Salvatore nell’Eucaristia, «al coperto delle molestie degli uomini. Tu li proteggerai nel tuo Tabernacolo dalla contradizione delle lingue )1, gli strepiti della guerra che ora è accesa da tutte le parti. Perciò noi vorremo cantare colla Chiesa, innanzi al trono eucaristico d’Amore: «O vittima di salute, che apri le porte del Cielo all’uomo della terra, i nostri nemici ci premono da

Se si dovesse compilare un manuale di preghiere ad uso dei cattolici in tempo di guerra, nelle sue pagine dovrebbe avere la preminenza l’inno delle Pentecoste che assomma la divozione allo Spirito Santo, come le Litanie Lauretane compendiano la divozione alla Madonna. Esso si indirizza allo Spirito Santo, invocandolo a venire alle anime per spandere su queste la pienezza dei suoi sette doni». Scendi a noi o Padre del povero, ed arrichisci tutti coloro che sono destituiti dall’interiore ric Sacramento noi potremo «gustare e vedere quanto è soave il

chezza necessaria per sorreggere l’anima in questi giorni di desolazione. Vieni o Luce dei nostri cuori perchè essi non vengano avvolti tra le negre nubi della disperazione, dell’ambascia, conforto non possiamo ricevere la consolazione degli altri doni

Signore», e potremo tornar ad affrontare col cuore rianimato da Nostro Signore e confortato dal senso della sua inabi e verità di Dio. Vieni ospite diletto delle anime nostre; se Tu dimori con noi, nè la collera degli uomini, nè quella di Satana

tante Presenza.

potrà nuocere a noi. Vieni dolce Refrigerio, perchè l’oppressione dell’ansia, della responsabilità o delle privazioni non metta a troppo dura prova la nostra debolezza. Vieni, Riposo del Lavoro; il lavoro rude del corpo, della mente e dell’anima deve essere portato da molti di noi nell’ora presente. Vieni Sollievo nelle pene e asciuga le lagrime che oggidì sgorgano e dovranno

tutte le parti; dacci la fortezza, concedici il tuo aiuto». Le nostre preghiere non resteranno inascoltate. Nel Santo

VI Conforfo dello Spirito Santo. «’lo pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Confortatore che possà restare sempre con voi:). «Il Confortatore, lo Spirito Santo che il Padre vi manderà in mio nome. Esso vi insegnerà ogni cosa e vi suggerirà tutto quello che vi avrà detto n.

goccie della pioggia dagli occhi dei parenti, delle spose e dei figli di tutta Europa. Vieni e compi la benedetta opera per la

E’ difficile davvero realizzare le dottrine di fede. Se noi potessimo per poco realizzarle, cioè, renderle reali a noi stessi„

Quale 31 nostro Salvatore Ti ha dato alla sua Chiesa la mattina di Pentecoste nel Cenacolo di Gerusalemme. Vieni, Santo Spi non potremmo mancare di conforto anche per gli orrori e le miserie della guerra. Una fede vigorosa nella vincitrice Pas rito e riempi i nostri cuori di fortezza amore, gioia e pace, che

sione di Nostro Signore, nella sua gloriosa risurrezione e nel

continuare a cadere nei giorni avvenire innumerevoli come le

nè terrori possano bandire nè patimenti valgano a distruggere.

(Continua..)

Trad. di L MEREGALLL. [p. 350 modifica]VALORE ITALICO

Un milite italiano con pochi e scelti fanti va su nemico piano.

Ma un veglio austriaco a loro appar a un tratto innanzi; pronti i soldati, in coro,

lo voglion fucilar. Si oppone l’ufficiale, clemenza vuole usar.

«Forse ha i figlioli non fategli alcun male . Ognun l’arme rinserra.

Dal vil, così salvato, il prode occultamente rimane trucidato!...

nè impreca al traditor, ma «Italia!» invoca, e muor.

SAMARITA