Il cavallarizzo/Libro 2/Capitolo 15
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Cap. 15. Delle pesate, & corvette; & perche così si chiamano: dell'utile, e del danno che recano.
Non ho voluto parlarvi da qui in dietro ne di pesate, ne di corvette, perche sempre giudicai, & giudico, che la men necessaria cosa che possi far il cavallo sia questa. Et à me pare, che non si devriano insegnare à cavalli gioveni nel principio del suo ammaestramento, che è fin qui, dove hora siamo. Essendo prima necessario di fermarlo di testa, indurirlo di collo, di sollevarlo nell’andare, e d’aggiustarlo di tutta la vita con gl’ordini suddetti, & altri, che si diranno nelli aiuti, castighi, & credenze d’esso, accio che venghi, per questi, all’essentiale; & à quello, che in sì fatto tempo se gl’appartiene propriamente; che è il trottar sciolto, & leggiero; il galoppar raccolto & voglioso; il parar per dritto fermo, & giusto; & il voltar presto aggratiato, & sicuro. Cose tutte come vedete tanto necessarie, che più esser non possono. Però essendo il cavallo ridutto nel termine che havemo detto, vorrei, che di poi l’haverlo essercitato nel raddoppiare, & nel parare, nelli quali vi risponde con fermezza, & honesta giustezza; che voi lo metteste alle pesate in questo modo. Trovarete una strada stretta, che habbi spallera alle bande, e che sia pendina, lunga come vi pare, & dritta; e dal capo venendo all’in giù, lo aviarete di passo due, ò tre canne innanzi, & facendo vista di volerlo fermare, lo inanimerete con la voce, come vi si dirà, ad alzarsi davanti; aiutandolo con li aiuti, che à questo fare si convengano; tenendo la persona alquanto indietro; & le redine, & corde del capezzone non molto tirate; ma in tal modo però giuste nelle mani, che il cavallo volendosi fare innanzi per fuggirlo, inalzarsi, ò per non intendere la volontà vostra, non possi farlo. Potete anco sporger le mani innanzi un poco, movendole, & sollevandole alquanto, accioche egli sullevando il capo venghi anco più facilmente à sullevarsi con le braccia, e dinanzi, usando però in questo gran temperamento. Et in questo devete sollecitarlo tanto da tre in tre canne, che venghi à levarsi, ò almeno à far mostra di voler alzarsi. Ma inalzandosi troppo, & spengendosi innanzi più del devere, & massime se inaspasse, voi tantosto con la bachetta lo devete correggere su i ginocchi. Et se facesse alcun’altro maggior disordine, come sarebbe disbilanciarsi innanzi, ò di saltar in traverso, non ve ne curate: ma castigandolo destramente, ritornatelo à sollecitare, che si levi alle pesate; che son sicuro che lo havrete in una sol mattina, & forse in meno di un terzo d’hora, ad una, & à più pesate. Nelle quali subito, che lo havrete, accarezzatelo al solito. Ma per haverlo alle pesate, ci sono altri modi ancora, & si possono insegnare in altri terreni, come sarebbe nel solco dritto di una maesa: & anco in strade piane, tenendo gl’ordini però medesimi: & in un fosso cupo, & largo una mezza canna, & lungo quanto saria un repelone almeno; il che gioverebbe assai al cavalcatore non molto perito, & essercitato nel cavalcare. Nelle pesate lo devete asuefare per alcuni giorni, non lasciando però le vostre lettioni ordinarie. Ma come saprà bene accomodarsi in quelle & che non solo sul passo, ma sul trotto le farà volentieri, accioche non si fermi in quelle, che ben spesso lo sogliono fare i poledri, l’usarete al lungo d’una carera honesta; dove andando di passo i dui terzi nel resto lo rimetterete di trotto furioso, & come siete vicino al fine, cominciarete, tirandoli un poco le redine, à inanimarlo con la voce, & anco ad aiutarlo con la bachetta pian piano su quella spalla, che vi sarà più commoda al battere: & che più havrà bisogno di tale aiuto. Non vorrei, se fosse possibile, nel darli queste pesate, che usaste molto i sproni. Eccetto però se’l cavallo non fosse pigro, duro, e freddo; al quale vi è concesso poterlo affiancare di speron pari; per la sua gravezza, poltronaria, e durezza; per sullevarlo à quello, che voi volete. Ma quando debbiate dare i sproni al cavallo io non ve l’ho detto ancora, per havervelo à dire al luogo proprio. Hor perche i cavalli giovani imparano facilmente le pesate, & di poi che le hanno imparate le fanno volentieri, parendoli, che come le hanno fatte, non habbino à far altro: & che battuti per questo col sprone: non habbino se non à fermarsi & pesarsi, si fermano bene spesso à farle contra il voler del cavalcatore; & in luogo dove non si richiede; & le fanno anco più alte di quello non si conviene. Però lasciarete stare il sprone più che potete; similmente quelle polpe di gambe, che fanno bruttissimo vedere à menarle tanto per far questo: & nel corvettare, & parare massime: dove si deve dimostrare saldezza & dispositione, & fermezza; & vi riusciranno ancor meglio, & con più gratia assai. Perche in tutti i luoghi dove voi vorrete, anco da fermo à fermo, col solo aiuto della bachetta, e della voce, & con inalzar alquanto la man della briglia verrà à spesolarsi, & à farle come vorrete. Et anco, che la voce, & i sproni, si debbiamo usare quando nel principio se l’imparano, tuttavia à me pare, che l’uno, e l’altro se li vadi togliendo più che si può. Perchè non sta bene, oltra quello che s’è detto, in presentia d’ognuno usar sempre tanti artifitij, e tante affetationi, auante hoggidì si usano da molti. A noi basterà dunque usarci, di poi, che le saprà ben fare, un poco d’aiuto di man di briglia, accompagnato con la destra altetta nella redine: & con voce sommessa, acuta & presta, come à quelle si conviene, se il cavallo si volesse fermare à farle dove voi non voleste, il rimedio è, di cacciarlo innanzi con debito castigo, e di voce, e di bachetta ne’ fianchi, e de’ sproni; con le mani cacciate innanzi con furia à mezzo il collo del cavallo, & così trottarlo lungo un carriera, & poi pararlo con una, ò due pesate, & senz’altre carezze farli voltarlo al trotto per la medesima strada, & al parare richiederlo pur à quelle che siano giuste, & poche: cioè che non siano più di tre. Perche le di più sono vane, & inutili. E questo osservarete sempre nel parare, e ne i maneggi de i repeloni, che richiedeno pesate: le quali facendo il cavallo con li bracci piegati, non rinculando, poco alte da terra, & che l’una non aspetti l’altra, lo accarezzerete al solito. Così anco si può nelle lettioni seguenti delle altre mattine galopparlo, & nel parare aiutarlo alle medesime; & riuscendovi, accrescerli il galoppo di più furia, & massime nel fine, cioè à un terzo di carriera deve essere quasi di tutto corso, & nel parare, andarlo trattenendo pian piano, con la persona indietro, & con le gambe al suo luogo distese, & ferme; aiutandolo di voce, e di bachetta pian piano su quella spalla, che più richiede aiuto; che così verrà à scorrere innanzi con le anche alquanto calate, & falcando, à pesarsi come si conviene. Ma se freddamente co’ bracci distesi, & non volontieri venesse à farle, li aiuto & castighi deveno essere maggiori, & più aspri, & massime nelle braccia; ma però in tal modo che non se ne disdegni; ma venghi à conoscere, che per castigo di farcele fare, come si deve, lo castigate. Hor perche le corvette sono il parto, à modo di dire, delle pesate, di poi queste subito se li devono imparare. Nelle quali non usarete altro artifitio di più, se non che siano fatte con più prestezza, & in maggior copia: facendo, che il cavallo vadi sempre innanzi nel corvettare, nel principio. Et in questo usarete à tempo l’aiuto della polpa della gamba, & alle volte de i sproni pari, ma piano: & hora più l’uno, che l’altro, secondo il bisogno, che vedrete: come anco nella pesata devete osservare; usando parimente tutti gl’altri aiuti, che si richiedono. Tralli quali uno me ne piace assai, che è un pezzo di canna spaccata in più parti ma non del tutto, con la quale si percota sul collo del cavallo & così percotendo spessegare, & con la voce similmente, come volete, & come si deve affrettare il cavallo in quelle. Perche non sono aggratiate le corvette, se non sono munite, preste, basse, & ribattute. Et vi basterà à farcene fare da diece ò dodeci per fiata: & non come quelli, che li fanno caminare tutt’una strada lunga corvettando, & Dio pur volesse, che fosseno, over havessino garbo di corvette; & non si accorgeno, che sempre il troppo è di soverchio; & noce: & che per questo n’acquistano più tosto biasimo di essere molto affettati, e di leggieri, che lode di cavallieri saggi, & buoni cavalcatori. Oltra che fanno al cavallo con tante corvette non poco danno; & per conseguente dannificano se stessi. Hor per dirla in poche parole à me non piaceno tante corvette innanzi, e tante indietro, e dalle bande meno, ne per dritto à modo di repelone, ne alle volte raddoppiate, ne tante tante da fermo à fermo; nondimeno quando nel raddoppiare si facessino con questa mira di ritirar poi il cavallo alla prestezza, & determinatione del vero raddoppiare le lodarei. Et non sia chi pensi, che’l raddoppiar à corvette sia più difficile, e di più bella vista, che il raddoppiar senza pausa, presto e determinato, che s’ingannarebbe forte, percioche al raddoppiar à corvette ogni cavallo viene volentieri, & lo fa bene, per pigliarci piu fiato, e tempo, ma à quell’altro non può venirci se non è di più forza, e di migliore determinatione, dove li bisogna ritener più il fiato, & unir molto più la forza della schena, la durezza del collo, & la fermezza della bocca. Hor una cosa vi vo dire, e la trovarete verissima, che come havrete il cavallo al corvettare innanzi, facilmente lo havrete al corvettare da fermo à fermo, & ad ogn’altra guisa. Resta ch’io vi dichi perch’e s’addimandino corvette, & perche pesate, e dell’utile, e del danno che recano. E brevemente dico, che corvetta si dice dal corvo, quando ch’egli è in terra, & va così à slatetti innanzi. Pesate dal pesarsi, che fa il cavallo in quello alzarsi dinanzi. E può venire questo nome di pesata dal verbo peso. Perche quella cosa che noi pesiamo, per conoscer di che valore sia, si può addimandare cosa pesata. Così anco per metafora, & somiglianza si può dire, che quel cosi giustamente levarsi di terra con li bracci piegati, come si conviene, & non molt’alto che fa il cavallo si addimandi pesarsi, e da qui poi la cosa in se chiamarsi pesata. Per la quale venete à conoscere l’utile suo, conoscendo per quella l’obbedienza, & in un certo modo il valor d’esso. Ma, si dice anche posata, dal levarsi, che fa, & poi posarsi in terra giusto, & fermo, quasi riposarsi. Et anticamente si diceva orsata, da quel levarsi da terra, che fa l’orso. Et è vero, che gl’antichi, & molto rimoti da i tempi nostri, usavano molto, & parea lor assai bello, il far levar i cavalli in modo dinanzi, che s’havesse potuto veder da i circostanti, tutto il ventre, e i genitali ancora. & bene spesso così così alzati, & per così dire così inalborati, farli caminare due & tre passi innanzi à guisa d’orso. Ma hora, che si puo dire, che veramente havemo la ver’arte del cavalcare, & il vero giuditio, sarebbe molto brutto, & biasimevole. Hor l’utile sì delle pesate, come delle corvette è questo, che per esse venete à conoscere, come ho già detto, di che obedienza, di che leggierezza, & in vero alleggieriscono pur assai il cavallo e di che valore sia. Ma il danno certo è maggiore nelle guerre, negli steccati, & ne’ torneamenti, & anco nè giuochi di canne, e caroselli, come si vedde in un torneo in Roma e nel giuoco de caroselli che molti cavalieri prodi, & valorosi feceno pomposamente i cavalli d’alcuni de’ quali prima, che si voltasseno per essere tanto assuefatti al pesarsi, & corvettare, e di gratia, essendoli anco l’avversario sopra ad offenderli li prima, che girasseno per difendersi. Sono dannose ancora a’ cavalli stessi, che le fanno di soverchio: togliendoli pur assai delle forze, & indebolendo i nervi, facendo anco male a i lombi, & calar humori alle gambe, & unghie, & bene spesso crepar quarti; & massime se sono fatte sopra luoghi sassosi, & mattonati, & in molta quantità. Tutte le cose, che fin qui havemo discorse, si hanno & si possono fare in quattro mesi al cavallo, di poi, che si commincia à cavalcare; & se deveno fare col capezzone, & canone. Ma da qui innanzi si procederà altrimenti.
Cap. 16. Del modo di finir di fare il cavallo terragnolo, e del maneggio di contratempo.
Credo che da che comminciaste ad amaestrare il vostro cavallo fin à quest’hora, non siano più di quattro mesi; eccetto però s’alcuno accidente in contrario non vi fosse occorso; & credi che l’habbiate ridutto in tal fermezza, & obedienza, che già se gli possa levare il capezzone, & metterli le false redine; nel qual tempo non ho voluto parlarvi mai ne di maneggio à mezzo, ne à tutto tempo, ne di volte in un pezzo, le quali à me non piaceno, ne del raddoppiar alto con calci, & senza, ne di capriole, & salti, & galloppi gagliardi, accioche per niente l’usaste mai à sì fatte cose in tal tempo; ne anco per l’avenire; ancor che il cavallo, dimostrasse spirito, & volontà di venire fin tanto però, che del tutto non sia ben fermo in tutti i maneggi & andari che à cavallo terragnolo s’appartengono. Perche (non havendo anco le debite forze) voi forse se pensareste di fare un effetto, & ne causareste un’altro tutto contrario. Hor havendo voi ridutto in quattro mesi al termine, che havemo detto, il cavallo, non vorrei, che faceste come fanno alcuni, che non si sanno quasi mai partire dal capezzone, e stanno gl’anni, e i mesi, & una età d’huomo à far il cavallo, che pur si deve, e si può far presto, per godercelo quel poco di età che gl’avanza, che è ben poca in vero, merce de i cattivi governi, che dall’avaritia & poca cura, che n’hanno i padroni, e ministri procedono. Devete adunque voi levarli il capezzone, e da qui innanzi essercitarlo in tutte le sue lettioni con le false redine, per un’altro mese almeno; & vedendo che vi riesca, lo potete astrengere del tutto al maneggio de i repeloni di contratempo. Alla giustezza, & prestezza del quale, lo ridurete agevolmente osservando quel che più volte n’è stato detto, dell’accrescerli à poco à poco nelle volte più strettezza, & più prestezza, & à ridurlo à questo giovarà molto, se sarà essercitato nell’esse, non molto lungo, & stretto; il quale anco per questa causa vi fu detto. Nel maneggio di contratempo va gran fermezza di mano, e di persona, & per aventura vi va più tempo, & misura ancor che si dimandi maneggio