Il cavallarizzo/Libro 2/Capitolo 61

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Cap. 61. Del modo d'insegnar à inginocchiarsi, & abbassarsi al cavallo & prendere una bachetta di terra; & far che altro non lo possi cavalcare eccetto il patrone, over cavallarizzo.


Gia mi pare havervi detto, che appresso à Persi era molto usitato costume, il far chinare il cavallo à terra; così vi dico hora che se l’istesso costume s’usasse da noi sarebbe utile, & molto bello. Perche in quello inchinarsi da se stesso dimostrarebbe obbedienza infinita; & ne risultarebbe che piu aggiatamente si potrebbe cavalcare. Oltra che pareria che il cavallo, che facesse questo, havesse non so che quasi dell’humano; sapendosi così bene mettere sotto la soma del suo signore, & adorarlo inginocchione col muso in terra. Hor il modo di ridurlo a questo è; che gli farete il medesimo sulla stalla che li facesti quando gl’insegnasti di fare la gambetta, ma battendolo però dinanzi al ginocchio; & con voce contraria à quello aiutandolo. Perche se allhora dicesti: sù, sù, leva, leva hora devete dire giù, giù, abbassa, abbassa. Ma quando li sarete à cavallo, & che lo vorrete inginocchione con tutte e due le gambe, voi lo devete in quel medesimo tempo, che lo battete di bachetta sul ginocchio dritto, dargli con il piede sinistro; & con la medesima voce aitarlo ad abbassarsi, & inginocchiarsi, Et quando lo havrete ben ridutto à questo con i castighi ch’io vi ho detti, e che intende bene ingenocchiarsi hor con l’uno, & hor con l’altro ginocchio; & con tutti due insieme; voi per farcelo stare tanto quanto vi piace gli tenerete la bachetta bassa verso i ginocchi, et gli direte sta giù sta giù, et volendo che si levi, levando la bachetta di là et [p. 106r modifica]battendo pian piano col mezzo d’essa à traverso dell’inarcatura del collo, gli direte sù, leva; & quando volete, che nel levarsi venisse subito à salti con calci, sapendoli fare, gl’usarete quella voce, che à salti si richiede e gl’altri aiuti. Ma se volete, che stando inginocchione chini il muso fin’in terra, e che prenda una bachetta ò altro così di terra, usarete le guardie del freno curtissime, & il barbozzale lentissimo, & forse anco dislacciato; & fate, che dove s’inginocchia, e volete che metta il muso sia un poco d’herba, & ivi tenendolo inginocchione fate che uno la prendi, e ce la mostri, & volendola pigliare il cavallo dalle sue mani, egli non gliela dia, ma vadi calando la mano infin in terra, & ivi la lasci dove era, che calando il cavallo anch’esso il muso, la piglierà di terra; & voi in questo momento mentre direte piglia, piglia; & presa che l’ha, lo farete alzar subito à salti, ò come vi pare, accarezzandolo pur assai; & il tenerli la mano calcata sopra l’inarcatura mentre magna quell’erba in tessa, gli gioverà molto à farlo stare col muso in terra; dove à poco à poco lo redurete à metterlo senz’herba ò altro, che li gusti molto. Vero è, che dipoi alzatosi gli lo dovete dare, losegandolo sempre piu che sia possibile. Ma se volete, che prenda bachetta ò spada di terra, ò altro, voi alla bachetta accomodarete l’herba, o quello che piu li gusta, & farete il simile: che per prender l’herba prenderà anco la bachetta; & presa fate che subito si levi; & levato, fate, che voi tantosto gliela togliete di bocca piacevolmente, dandoli subito altra herba da mangiare; che in questo modo s’avezzarà benissimo à prenderla da terra senz’herba, quando voi con l’herba prima legata anco in tal modo in essa, che non la possi mangiare gli la mostrarete, & la lasciarete cascare in terra calando anc’esso ingenocchione, quando vorrete. Ma se volete, che da altri non si lasci cavalcare che da voi solo, fate che tutti quelli che lo cavalcheranno gli facciano una bruttissima guardatura, lo sgridino, & lo battino; & massime quando lo cavalcano; & aspreggiandolo molto lo affatichino senza misura; & sgridandolo, & battendolo subito ne dismontino, dove voi immantinente con piacevolissima vista, havendovi però prima fatto conoscere per molti giorni sulla stalla et in altri luoghi per suo amatore, in donargli quelle cose à magnare, che piu gli dilettino, et rimuover da esso quelle che piu li dispiaceno, et in farvi sentire con bonissimi odori, et con mill’altre carezze fattegli per più tempo, e per più volte al giorno; all’incontro de gl’altri, che l’aspreggiano nel cavalcare, e nel dismontare, che deveno haverli fatto anco tutto il contrario; il che devete fare ancora, che ogn’altro faccia; accostandovi dunque voi con guardature piacevoli, con guanti profumati in mano, con parole piacevolissime gli darete qualche cosetta à magnare, che gli gusti; annettandogli con i guanti in mano, over con un fazoletto bianco, et odorifero gl’occhi, e tutto il muso et massime le narici: perche dell’odore, e della nettezza et massime in questi luoghi, si diletta infinitamente il cavallo secondo, che vi fu detto di sopra al suo luogo. [p. 106v modifica]Et così fregandoli tutta la testa, & tirandoli due ò tre volte il ciuffo, & con piacevoli parole allhor allhora montandoli sopra, lo tenerete fermo; accarezzandolo assai nel collo, nel guidaresco, e nella croppa: & con carezze anco lo avierete di passo, e di poi nel medesimo luogo facendoli medesime carezze ne dismonterete, non comportando, che altri che voi lo accompagni alla stalla; dove saria bene che vedutolo governare, voi stesso gli deste à mangiare alcuna cosa saporosa. Et se tal cavallo teneste solo in una camera con tutte le sue commodità, come à dì nostri han’ fatto alcuni Capitani valorosi, & alcuni Prencipi, & che sol voi gli faceste carezze; e tutti gl’altri lo sgridassero, & li facesse qualche dispetto non però da invilirlo ma voi tutti ributaste in dietro in sua presenza, vi riuscirebbe assai meglio alla volontà vostra. Ma notate, che quel che vi è stato detto di sopra del inginocchiare, e del resto, e di questo che vi dic’hora del cavalcarlo il sol padrone, over maestro, non si deve usare se non à cavalli di gran spirito, & intelletto, & che siano molto atti à questo. Et ancor ch’io habbi visto alcuni c’habbino fatto l’un & l’altro effetto, non dimeno io non mi ricordo in vita mia haver visto mai dui cavalli più atti à far tutto questo di dui che (nell’ultim’anno del Pontificato di Paolo quarto) ne cavalcai io nell’Aquila Città degna per molti degni rispetti, ma sopra tutto per la cavalleria, & cortesia che usa à forastieri, l’un cavallo di quali era schiavo e pel morello senza segnale, & era di Messer Bartolomeo P...., gentilhuomo Aquilano molto honorato, & cortese, il qual morello al sol cenno s’inginocchiava con l’un ginocchio, & poi con l’altro, & dipoi con tutti dui insieme; stando così, e col suo musino in terra quanto da chi lo cavalcava si voleva, & questo faceva anco di poi, che haveva maneggiato in tutte quelle guise, che l’huomo voleva, le quali così ben sapeva fare come cavallo, che son hoggidì in mezz’Italia, & di poi si alzava in un subito con uno, & più salti con calci, li quai salti con calci, à un passo, e un salto, & in tutte le guise faceva miracolosamente; & havrebbe fatto anco il resto di quello, che havemo detto, & farebbe quanto il suddetto gentilhuomo havesse voluto, over volesse. Perche io lo vedo di gran spirito, & intelletto, accompagnato da una gran forza, dispositione, & amarevolezza. L’altro cavallo è un baio del Signor Marino di Antonelli pur anch’esso gentilhuomo Aquilano, & cortesissimo, il qual baio, è di bellissime fattezze, di estrema forza, di spirito, & intelletto incredibile, & anco che facci bene ogni cosa, che si pò desiderare ne i maneggi per quello, che l’ho cavalcato io, che non più di tre mesi è stato, havendolo cavalcato prima, e ben accomodato Messer Giovanmaria de Pasquali gentilhuomo anc’esso Aquilano mio amicissimo, & alla cortesia grande del quale mi trovo molto tenuto, per i piaceri, e servigi ricevuti da lui, mentre ch’io in quel tempo dimorai nell’Aquila, il quale veramente è degno di gran lode: da che non solo in cortesia è uguale alla cortesia stessa, ma nel mestier dell’armi [p. 107r modifica]è valorosissimo, & nel cavalcare, & aggitar cavalli, è eccellentissimo, dico che pur sperarei tal cavallo dever fare nell’avenire le antedette cose, & altre maggiori, quando il suo padrone si curasse d’avezzarlo à tante isquisitezze.