Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante/II Redazioni compendiose della vita di Dante/XI. La vita del poeta esule sino alla venuta in Italia di Arrigo VII

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II Redazioni compendiose della vita di Dante - XI. La vita del poeta esule sino alla venuta in Italia di Arrigo VII

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XI

LA VITA DEL POETA ESULE

SINO ALLA VENUTA IN ITALIA DI ARRIGO SETTIMO Questo fine ebbe la gloriosa maggioranza di Dante, e da’ suoi cittadini le sue pietose fatiche questo merito riportaro. Lasciati adunque la moglie e i piccioli figliuoli nelle mani della fortuna, e uscito di quella cittá, nella qual mai tornar non dovea, sperando in brieve dovere essere la ritornata, piú anni per Toscana e per Lombardia, quasi da estrema povertá costretto, gravissimi sdegni portando nel petto, s’andò avvolgendo. Egli primieramente rifuggi a Verona. Quivi dal signor della terra e ricevuto e onorato fu volentieri e sovvenuto. Quindi in Toscana tornatosene, per alcun tempo fu col conte Salvatico in Casentino. Di quindi fu col marchese Moruello Malespina in Lunigiana. E ancora per alcuno spazio fu co’ signori della Faggiuola ne’ monti vicini ad Orbino. Quindi n’andò a Bologna, e da Bologna a Padova, e da Padova ancor si ritornò a Verona. Ma, essendo giá dopo la sua partita di Firenze piú anni passati, né apparendo alcuna via da potere in quella tornare, ingannato trovandosi del suo avviso, e quasi del mai dovervi tornar disperandosi, si dispose del tutto d’abbandonare Italia; e, passati gli Alpi, come potè se n’andò a Parigi, accioché, quivi a suo potere studiando, alla filosofia il tempo, che nell’altre sollecitudini vane tolto le avea, restituisse. Udí adunque quivi e filosofia e teologia alcun tempo, non senza gran disagio delle cose opportune alla vita. Da questo il tolse una speranza presa di potere in casa sua ritornare con la forza d’Arrigo di Luzimborgo imperadore. Per che, lasciati gli studi e in Italia tornatosi, e con certi rubelli de’ fiorentini congiuntosi, con loro insieme con prieghi, con lettere e con ambasciate s’ingegnò di rimuovere il detto Arrigo dallo assedio di Brescia e di conducerlo intorno alla sua cittá, estimando quella contro a lui non potersi tenere. Ma la riuscita contraria gli fece palese il suo avviso essere stato